Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 47294 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 47294 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PORTACOMARO il 07/05/1952
nel procedimento di prevenzione a carico di: COGNOME nato in Algeria il 30/01/1985
avverso l’ordinanza del 27/03/2024 del TRIBUNALE DI TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME con il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto emesso in data 27 marzo 2024 dal Tribunale di Torino Sezione Misure di Prevenzione, con il quale è stata respinta l’opposizione, presentata ai sensi dell’art. 59, comma 6, del d.lgs. n. 159 del 2011, avverso il decreto del giudice delegato relativo alla formazione dello stato passivo nella procedura nei confronti di NOME, decreto, questo, con cui era stato escluso il credito della Arri, relativo al risarcimento danni e alle spese di giudizio, liquidati con la sentenza penale di condanna nei confronti del predetto NOME
1.1. Va premesso che la ricorrente NOME COGNOME in data 4 maggio 2021, subiva un furto mentre stava parcheggiando la propria auto.
Per tale delitto era ritenuto responsabile, con giudizio abbreviato nel quale la predetta Arri si era costituita (insieme ad altre vittime di fatti analoghi) parte civile, il prevenuto NOME COGNOME giusta sentenza del Tribunale di Torino emessa il 21 ottobre 2021. Tale sentenza condannava l’imputato anche al risarcimento del danno, nella misura di euro 4.000,00 in favore di ciascuna delle parti civili, oltre al rimborso delle spese del giudizio liquidate, per la Arr nell’importo di euro 1.170 oltre oneri di legge.
Tra il verificarsi del fatto e l’emanazione della sentenza di condanna di primo grado, in data 22 giugno 2021, era disposto sequestro preventivo dei beni di NOME COGNOME
La Corte d’appello di Torino, con sentenza in data 9 luglio 2022, divenuta irrevocabile il 22 settembre 2022, riduceva la pena inflitta all’imputato e liquidava in favore della parte civile NOME l’ulteriore importo di euro 1.200,00, oltre oneri di legge per le spese di rappresentanza e assistenza del grado di giudizio.
1.2. NOME COGNOME presentava quindi al Giudice delegato nel procedimento di prevenzione a carico di NOME domanda di ammissione allo stato passivo del credito (per il complessivo importo di euro 7.229,73), ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.
La domanda era disattesa, con provvedimento del 19 settembre 2023, sulla scorta delle seguenti argomentazioni:
-l’art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011 annovera tra i crediti ammissibili solo i diritti di credito dei terzi che risultano da “atti aventi da certa anteriore al sequestro” (viene all’uopo richiamata Sez. I, n. 22222/2022);
GLYPH
-il credito, anche se sorto per un fatto illecito anteriore al sequestro, non era liquido prima del sequestro;
-il giudice della cognizione aveva operato una valutazione equitativa del danno, non distinguendo tra quello patrimoniale e quello non patrimoniale, che potrebbe, a differenza del primo, accrescersi nel tempo;
-il credito per le spese giudiziali era sicuramente successivo al sequestro.
1.3. Contro il decreto del giudice delegato la ricorrente proponeva opposizione dinanzi al Tribunale di Torino, Sezione Misure di Prevenzione, richiamando, a sostegno delle proprie doglianze, l’orientamento espresso da una recente pronuncia della Corte di cassazione (Sez. 6, n. 13474/2023), in forza del quale, in tema di misure di prevenzione patrimoniale, la disposizione di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, che esclude che la confisca pregiudichi i diritti di credito dei terzi risultanti da atti aventi data c anteriore al sequestro, deve intendersi nel senso che il relativo diritto sia sorto antecedentemente all’applicazione della misura cautelare, non rilevando che esso sia divenuto certo, liquido ed esigibile in un momento successivo.
1.4. Il Tribunale rigettava l’opposizione proposta, facendo proprio, pur richiamando le divergenti posizioni espresse a riguardo nella giurisprudenza di legittimità, l’orientamento affermato da Sez. 1, n. 22222/2022.
In particolare, il Tribunale di Torino evidenziava, tra l’altro, in via assorbente che il requisito di certezza probatoria richiesto dall’art. 52 del d.lgs. n. 159 del 2011 non si riferisce alla collocazione cronologica dell’atto dal quale deve risultare l’esistenza di quel diritto ma all’accertamento del diritto e, in particolare, all’atto che riconosce quel diritto, costituito, nel caso in esame, dalla sentenza che accerta il diritto di credito della ricorrente, posteriore rispetto al sequestro di prevenzione.
Con il proposto ricorso per cassazione, NOME COGNOME ha denunciato inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 52, 58 e 59 del d.lgs. n. 159 del 2011 e correlato vizio di motivazione.
Sotto il primo aspetto, la ricorrente deduce che, ai fini dell’ammissibilità del credito ex art. 52, comma 1, del predetto decreto, l’anteriorità del credito avrebbe dovuto essere vagliata avendo riguardo al momento della commissione del fatto illecito, come riconosciuto anche nella giurisprudenza di legittimità dalla sentenza n. 13474 del 2023, fatto che si era verificato prima del sequestro di prevenzione.
Sul piano della motivazione, assume il vizio logico della decisione censurata che, pur richiamando tale precedente e le argomentazioni poste a
fondamento dello stesso, aveva poi deciso facendo riferimento alla precedente sentenza n. 22222 del 2022, che aveva avallato in precedenza l’opposto orientamento interpretativo.
La ricorrente ha concluso, pertanto, per la fondatezza del ricorso od in subordine per la rimessione degli atti alle Sezioni Unite, stante il contrasto giurisprudenziale in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 52 d.lgs. 159 del 2011, od ancora per la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, stante l’irragionevolezza ed il conseguente contrasto del predetto art. 52 con l’art. 3 Cost. nonché con l’art. 111 Cost., nella parte in cui subordina la tutela delle ragioni di credito della vittima del reato a tempistiche di accertamento incerte ed indeterminate non dipendenti dalla vittima medesima.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Sulle questioni sottese al primo motivo del ricorso si è radicato, nella recente giurisprudenza di legittimità, un contrasto che giustifica la rimessione delle stesse alle Sezioni Unite.
2. In termini generali, è opportuno premettere che, allo scopo di evitare che possano soddisfarsi sui beni del proposto soggetti che vantino detti crediti in relazione all’attività delittuosa, il d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nell’ambi del Titolo IV, ha introdotto un’apposita disciplina per la tutela dei diritti dei t coinvolti nel procedimento di prevenzione patrimoniale che prevede, per quel che rileva in questa sede, un procedimento di accertamento delle pretese dei creditori dinanzi al giudice delegato dal Tribunale, sostanzialmente mutuato su quello delle procedure concorsuali di natura liquidatoria.
A ciò si accompagna, sempre in termini analoghi a quanto previsto nelle predette procedure (in passato dall’art. 51 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e, attualmente, dall’art. 150 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14), il divieto, sancito dall’art. 55 del d.lgs. n. 159 del 2011, di promuovere o proseguire azioni esecutive individuali dopo il sequestro di prevenzione.
Sennonché sia le Sezioni Unite della Corte di cassazione che la Corte Costituzionale hanno sottolineato che, se l’accertamento concorsuale dei crediti ai fini dell’ammissione al passivo fallimentare ha l’obiettivo di pervenire ad una graduazione degli stessi in virtù delle limitate risorse dell’imprenditore
insolvente, nel caso delle misure di prevenzione patrimoniale l’interesse perseguito è, invece, evitare le simulazioni fraudolente di crediti, mediante accordi tra il creditore e il proposto che vadano a vanificare gli effetti di ta misure (Corte cost., sent. n. 12 del 2024; n. 26 del 2019; Corte cost., sent. n. 94 del 2015; e Sez. U, n. 29847 del 31/05/2018, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 272978 – 01, in motivazione).
In particolare, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 12 del 2024 ha osservato – nel sottolineare il contenuto analogo del divieto espresso dall’art. 55 del d.lgs. n. 159 del 2011 rispetto a quello in precedenza previsto dall’art. 51 I.fall. e, oggi, dall’art. 150 del d.lgs. n. 14 del 2019 – che «si tr di disposizioni simmetriche, alle quali, in realtà, è sottesa una diversa ratio e anche un distinto fondamento, rilevante al fine di valutare la giustificatezza, rispetto alla garanzia riconosciuta dall’art. 24 Cost., della temporanea preclusione della ordinaria tutela giurisdizionale in executivis. L’impossibilità di iniziare (o proseguire) un’azione esecutiva ordinaria dopo la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale o di fallimento risponde all’evidente esigenza di preservare la par condicio creditorum in una situazione di insolvenza che rende incerto il soddisfacimento di tutti i crediti. Invece, il procedimento di prevenzione non presuppone alcuna situazione di insolvenza del prevenuto, bensì la sua pericolosità, sicché vi è la diversa esigenza di verificare se, per i crediti coinvolti nella procedura di prevenzione (essenzialmente quelli anteriori al sequestro), sussistano le condizioni di cui all’art. 52 cod. antimafia perché la confisca non li pregiudichi e, quindi, possano essere soddisfatti. In particolare, deve trattarsi di crediti non strumentali all’attività illecita e connotati da buo fede e inconsapevole affidamento dei creditori stessi».
Dunque, come è stato più volte evidenziato nella giurisprudenza di legittimità, il giudizio di verifica dei crediti ex art. 59 d.lgs. 6 settembre 2011, 159, si caratterizza per il bilanciamento della tutela dei diritti di credito dei te con la finalità pubblicistica di sottrazione dei proventi di attività illeci destinatario della confisca, che si realizza mediante la verifica dei presupposti dimostrativi dell’estraneità dei diritti di credito all’attività illecita (Sez 46099 del 13/09/2023, COGNOME, Rv. 285821 – 01).
La questione specificamente controversa è quella che attiene all’individuazione del momento nel quale sorge il credito del terzo derivante da un fatto illecito del proposto ai fini dell’ammissione del credito medesimo nel procedimento di prevenzione patrimoniale.
Il contrasto trae le mosse dall’esegesi dell’art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011, laddove stabilisce che la confisca disposta in un procedimento di prevenzione «non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro»: solo nel rispetto di tale presupposto il terzo titolare di quel diritto può invero chiedere e ottenere l’ammissione allo “stato passivo” predisposto e reso esecutivo dal giudice delegato del procedimento di prevenzione a norma dell’art. 59 dello stesso d.lgs.
Il riferimento del richiamato art. 52 agli “atti”, in effetti, ben si attag alle sole ipotesi nelle quali venga dedotto un credito che trova fondamento in un contratto o in altri documenti anche di provenienza unilaterale, ovvero in un atto lecito, mentre si rivela almeno problematico nelle ipotesi, come quella che viene in rilievo nella fattispecie in esame, nelle quali il credito del terzo deriv da un fatto illecito del proposto, atteso che di regola l’accertamento della responsabilità per l’illecito commesso è compiuto in sede giudiziaria e quindi in un momento fisiologicamente successivo a quello nel quale tale fatto si verifica.
Da tanto, la giurisprudenza delle Sezioni Unite Civili di questa Corte ritiene che, poiché il credito risarcitorio da fatto illecito sorge nella data in cu verifica l’evento dannoso conseguente allo stesso, detto credito costituisce per l’obbligato un debito di valore che, una volta accertata con sentenza la responsabilità e determinato l’ammontare del danno risarcibile, comporta che si tenga conto sia della svalutazione monetaria eventualmente intervenuta nell’intervallo di tempo tra la verificazione dell’evento dannoso e la sentenza, sia l’attribuzione al danneggiato che dimostri di aver subito un conseguente pregiudizio degli interessi compensativi del mancato guadagno provocato dal ritardo nel pagamento della somma dovuta rispetto al momento in cui il credito è sorto (Sez. U, n. 1712 del 17/02/1995, Rv. 490480 – 01).
Ad ogni modo, nella giurisprudenza di questa Corte che è stata chiamata ad esprimersi sulla questione in esame il pur problematico riferimento operato dall’art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011, ad un “atto” avente data certa anteriore al sequestro di prevenzione in sostanza non è stato ritenuto ostativo all’ammissione dei crediti derivanti da fatti illeciti nell’ambito della procedura prevenzione.
Il contrasto, come rilevato, infatti, appare stagliarsi, piuttosto sull’individuazione della “data certa anteriore” alla misura di prevenzione patrimoniale che consente al creditore di proporre domanda di ammissione al giudice delegato nella relativa procedura.
4. Sulla questione è intervenuta la sentenza Sez. 6, n. 45115 del 13/10/2015, non mass., che – in una fattispecie nella quale il credito era fatto valere dalla persona offesa di un delitto di truffa per il quale il proposto era stato condannato con sentenza non definitiva anteriore al sequestro in un giudizio nel quale la persona offesa non si era costituita parte civile – anche se ha riconosciuto l’astratta possibilità di far valere nella procedura di accertamento di cui agli artt. 58 e ss. del d.lgs. n. 159 del 2011 il credito derivante da un fatto illecito – ha affermato che, in assenza di una pronunzia definitiva che accerti, in sede civile o in sede penale, l’esistenza del credito risarcitorio, detto credito non può essere fatto valere nella procedura di prevenzione per assenza del presupposto della “certezza” (ossia di un documento avente data certa anteriore al sequestro), essendo i poteri del Giudice delegato di mera verifica e non già di accertamento del credito, vieppiù se solo potenziale come nel caso considerato dalla predetta decisione.
Nel solco di tale sentenza, espressamente richiamata, si è collocata altresì la sentenza Sez. 1, n. 22222/2022, del 26/01/2022, Rv. 283123 – 01, massimata nel senso che: “In tema di misure di prevenzione patrimoniali, ai fini dell’ammissione al passivo dei crediti dei terzi aventi natura extracontrattuale, l’esistenza delle posizioni creditorie in data antecedente al sequestro deve risultare accertata in un separato giudizio di cognizione, in quanto il giudice della prevenzione è tenuto alla mera verifica, ex art. 59 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, delle condizioni di ammissione del credito sulla base dei documenti attestanti il fatto illecito che vi ha dato luogo”.
Per quel che rileva maggiormente in questa sede, nella motivazione di tale decisione si è osservato che il legislatore non configura un generale ‘potere di accertamento’ in ordine alla sussistenza della posizione creditoria (potenzialmente incisa dalla confisca) in capo al Tribunale della prevenzione, ma un più limitato ‘potere di verifica’ (secondo le disposizioni degli articoli 57, 58 e 59 d.lgs. n.159 del 2011) delle condizioni di legge che governano la procedura di ammissione, sulla base di produzione documentale attestante i fatti generatori del credito. Di qui si è evidenziato che la formulazione letterale delle disposizioni normative di riferimento impone di ritenere che l’an del credito, così come la sua tendenziale quantificazione, debbano risultare da ‘documenti giustificativi’ che il creditore istante è tenuto a produrre in sede di domanda ai sensi dell’art. 58 comma 2 lett. c d.lgs. n.159 del 2011. Ciò comporta che, in caso di illecito extracontrattuale, il documento giustificativo non può che essere una decisione cognitiva di accertamento della sussistenza dell’illecito e della sua ascrivibilità al proposto. La verifica spettante al giudi
GLYPH
della prevenzione non può in sostanza sostituire, si è osservato, una procedura cognitiva sull’an del credito, anche in ragione della struttura semplificata del contraddittorio in sede di ammissione del credito, così come risulta disegnato nel procedimento ai sensi dell’art. 59 del d.lgs. n. 159 del 2011.
Il ragionamento così compiuto implica che, ai fini dell’ammissibilità del credito derivante da fatto illecito nella procedura di accertamento dei crediti delineata dal d.lgs. n. 159 del 2011, ne debba essere previamente accertato con sentenza anteriore al sequestro di prevenzione sia l’an che il quantum debeatur.
5. Rispetto alla tesi espressa dalle richiamate decisioni si è posta in consapevole dissenso la più recente decisione Sez. 6, n. 13474 del 21/03/2023, Rv. 284276 -01, massimata nel senso che: “In tema di misure di prevenzione patrimoniali, la disposizione di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che esclude che la confisca pregiudichi i diritti di credito dei terzi risultanti da atti aventi data certa anteriore al sequestro, deve intendersi nel senso che il relativo diritto sia sorto antecedentemente all’applicazione della misura cautelare non rilevando che esso sia divenuto certo, liquido ed esigibile in un momento successivo. (In motivazione, la Corte ha precisato che nel caso di diritto di credito derivante dalla commissione di un fatto illecito l’insorgenza del diritto al risarcimento del danno o alla restituzione è riferibile al momento della commissione dell’illecito, e che la successiva sentenza di condanna, pur non definitiva, svolge una funzione di mero accertamento)”.
Questa sentenza ha contestato l’affermazione, sottesa alle decisioni richiamate nel par. 4, secondo cui il soggetto danneggiato dalla commissione del reato può chiedere al giudice delegato del procedimento di prevenzione di essere ammesso allo stato passivo, affinché sia soddisfatto il suo diritto con il provento della liquidazione dei beni confiscati, solo se il relativo credito sia divenuto “certo e liquido” in quanto riconosciuto con una pronuncia di condanna divenuta definitiva prima che, nel procedimento di prevenzione, sia stato disposto il sequestro finalizzato a quella confisca.
Nella motivazione si è in particolare osservato, a riguardo, che l’art. 52, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, non richiede che i diritti di credito dei terzi possano essere tutelati nel procedimento di prevenzione promosso nei riguardi del debitore, solo se essi siano divenuti “liquidi e certi” in epoca anteriore alla data di adozione del provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione, ma che quei diritti debbano «risultare da atti aventi data certa
GLYPH
anteriore al sequestro». Sicché assumere la necessità, per tali crediti, ai fini dell’ammissione nel procedimento di prevenzione, di un accertamento contenuto in una precedente sentenza di condanna, significherebbe confondere i requisiti di “certezza” e “liquidità” del diritto, intesi come non controvertibil della sua esistenza e del suo contenuto, nonché del suo ammontare, cui fa riferimento l’art. 474 cod. proc. civ. per indicare le caratteristiche che deve possedere un diritto affinché il relativo titolo esecutivo possa dar luogo ad una esecuzione forzata, con il requisito di certezza ‘probatoria’ richiesto dall’art. 52, comma 1, d.lgs. cit., che è collegato, invece, esclusivamente alla collocazione cronologica dell’atto da cui deve risultare l’esistenza di quel diritto.
In particolare, sempre la pronuncia n.13474/2023, ha osservato che, per comprendere il significato del riferimento ad un atto di data certa anteriore al sequestro di prevenzione contenuto nell’art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011, occorre considerare la ratio della norma che ha voluto evitare che, attraverso la tutela di un diritto di credito vantato da un terzo, possano essere ‘aggirati’ gli effetti ablativi derivanti dall’adozione del provvedimento di confisca di prevenzione, esigenza alla quale sono, altresì, collegabili gli altri requisiti richiesti dalla legge per garantire la protezione di quel diritto, quali la buona fede del titolare del credito e, nel caso di atti ricognitivi meramente formali o di titoli cartolari, l’esistenza del rapporto giuridico fondamentale sottostante (v. art. 52, comma 1, lett. b), c), e d), d.lgs. cit.).
A fondamento dell’orientamento assunto, la predetta sentenza ha dunque osservato che esso, nel prisma dell’indicata ratio, è corroborato dall’indirizzo espresso dalla sentenza Sez. 5, n. 22618 del 07/03/2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 283137-01, la quale – pur intervenendo nel differente ambito delle obbligazioni derivanti da un atto o da un negozio lecito – ha precisato che, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, il giudice delegato investito della verifica dei diritti di credito dei terzi nei confronti dei beni ogge di confisca di prevenzione in funzione dell’accertamento della ricorrenza della data certa dei crediti anteriore al sequestro ex art. 52 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, debba tener conto di tutte le ipotesi di rilevanza probatoria contemplate dall’art. 2704 cod. civ. e, dunque, non solo dei fatti tipici, quali la registrazion o la riproduzione in atto pubblico, ma anche di tutti quei fatti non previsti dalla norma che consentano di stabilire, in modo certo, l’anteriorità della formazione di un documento.
Inoltre, sempre in motivazione, ha sottolineato che l’orientamento che àncora per i crediti derivanti da fatti illeciti la data certa anteriore al sequestr di prevenzione nella data di commissione degli stessi è coerente anche con la
GLYPH
giurisprudenza costituzionale e delle Sezioni Unite della Corte di cassazione la quale ha posto in rilievo che le modalità concorsuali dell’accertamento dei crediti sorti antecedentemente al sequestro evochino quelle della procedura concorsuale fallimentare, con la particolarità che il presupposto dell’anteriorità del credito nel procedimento ex art. 52 d.lgs. n. 159 del 2011 assolve alla specifica funzione di «evitare che gli effetti della misura di prevenzione patrimoniale vengano elusi attraverso la simulazione di crediti incidenti sul valore del bene confiscato» (sono richiamate Corte cost., sent. n. 26 del 2019; Corte cost., sent. n. 94 del 2015; e Sez. U, n. 29847 del 31/05/2018, RAGIONE_SOCIALE, in motivazione).
In virtù del complesso di tali argomentazioni si è dunque affermato che l’anteriorità del titolo o dell’acquisto del credito rispetto al momento de sequestro, di cui al menzionato art. 52, indica la necessità che sia accertato che il relativo diritto sia sorto – in ragione tanto di un atto o un negozio leci quanto di un fatto illecito – prima dell’applicazione della misura cautelare del sequestro di prevenzione, e ciò indipendentemente dal fatto che quel diritto sia divenuto certo, liquido ed esigibile in un momento successivo. Ciò che, nell’ipotesi di fatto illecito, comporta che l’insorgenza del diritto al risarcimen del danno o alla restituzione sia riferibile al momento della commissione dell’illecito, rispetto al quale la successiva sentenza di condanna, anche se non ancora definitiva, svolge una mera funzione di accertamento, con estensione degli effetti anche ai crediti accessori quali quelli connessi alla rifusione del spese processuali, senza che, ai fini che qui interessano, rilevi il momento in cui la sentenza diventa definitiva ed acquisisce la veste di titolo esecutivo.
I due GLYPH orientamenti riportati individuano, pertanto, in modo contrastante il momento rilevante, per i crediti derivanti da fatti illeciti proposto, affinché il credito possa, essere ammesso nella procedura di prevenzione patrimoniale in quanto fondato su atto di data certa anteriore al sequestro di prevenzione. Tale contrasto è immediatamente rilevante nella fattispecie in esame nella quale il fatto illecito è stato commesso prima del sequestro di prevenzione ed è stato accertato e liquidato dall’autorità giudiziaria solo successivamente.
6.1. Sullo sfondo delle posizioni contrapposte espresse dai richiamati precedenti si staglia altresì la più generale problematica della latitudine dei poteri del giudice delegato all’ammissione dei crediti nella procedura di prevenzione patrimoniale, ovvero se detto giudice abbia soli poteri di verifica di tali crediti o più ampi poteri di accertamento degli stessi.
GLYPH
In quest’ultima direzione si è posta Sez. 5, n. 22618 del 07/03/2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 283137-01, che ha attribuito al giudice delegato all’ammissione dei crediti nella procedura di prevenzione una serie di rilevanti poteri di accertamento, anche in ordine all’individuazione della data certa dell’atto ai fini del vaglio sull’anteriorità dello stesso rispetto al sequestro prevenzione e ha riconosciuto la possibilità, confermata dalla successiva Sez. 2, n. 24311 del 01/04/2022, Coscia, Rv. 283626 – 01, per il giudice in sede di verifica dei crediti ex art. 59 del d.lgs. n. 159 del 2011 di discostarsi, ove non definitivi, dagli esiti dell’ammissione al passivo in sede fallimentare.
La recente sentenza Sez. 2, n. 46099 del 13/09/2023, COGNOME, Rv. 285821 – 01, ha posto in risalto, in termini non dissimili, quanto alla ricorrenza di specifici poteri cognitivi del giudice preposto alla verifica dei crediti ex art. d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che questi non solo deve vagliare i presupposti dimostrativi dell’estraneità dei diritti di credito all’attività illecita, ma ha a poteri officiosi, funzionali all’accertamento dell’effettività di tali presupposti e qui, ha ritenuto rilevabile d’ufficio la prescrizione presuntiva del credito relativamente al quale sia stata avanzata istanza di ammissione. Nel confermare tale orientamento, Sez. 6, n. 48472 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285561 – 01, ha sottolineato l’esigenza che nell’esercizio del rilievo officioso della prescrizione presuntiva e, più in generale, ove vengano svolti dal giudice delegato accertamenti d’ufficio, sia rispettato il principio del contraddittorio Dacché l’omessa indicazione alle parti di una questione di fatto, oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio, sulla quale si fondi la decisione, pri parti stesse del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva e, pertanto, comporta la nullità del provvedimento (c.d. “a sorpresa” o “della terza via”) per violazione del diritto di difesa quante volte la parte che se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In senso (almeno apparentemente e comunque in parte) diverso si sono posti altri precedenti che hanno invece sottolineato che, ai fini dell’ammissione allo stato passivo, il giudice della confisca, in assenza di una disposizione di legge che estenda in modo generalizzato il suo ambito di intervento, è vincolato agli esiti dell’accertamento, almeno ove definitivo, in sede civile sull’ “an” e sul “quantum” del credito, salvo il potere di verifica della sua strumentalità rispetto alla attività illecita e dell’insussistenza delle condizioni di incolpevo affidamento del creditore (Sez. 1, n. 4691 del 28/01/2020, Francia, Rv. 278189 – 02).
eg
Occorre poi considerare che nella fattispcie in esame viene in questione anche il credito per le spese giudiziali riconosciute al danneggiato rispetto a quello per il risarcimento del danno.
E, invero, posto che la liquidazione delle spese viene effettuata solo con la sentenza che accerta il danno in un momento fisiologicamente successivo a quando lo stesso si è verificato, sorge il problema del se è possibile, anche volendo ritenere che il credito risarcitorio sia sorto nell’an anteriormente alla liquidazione, che detto principio possa essere esteso alla statuizione sulle spese di lite.
Se, difatti, può ostare a tale conclusione la natura autonoma del capo della decisione sulle spese rispetto a quello che decide la domanda principale ritraibile dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite sull’autonomia della statuizione relativa alle spese della parte civile rispetto al capo della decisione che recepisce l’accordo della pena su richiesta delle parti (Sez. U, n. 40288 del 14/07/2011, Tizi, Rv. 250680 – 01), non si può al contempo trascurare la giurisprudenza costituzionale per la quale la statuizione sulle spese del procedimento costituisce corollario della decisione sui capi principali della domanda (Corte Cost. sent. n. 232 del 2004).
Alla luce delle diverse impostazioni della giurisrudenza di legittimità, emerge, pertanto, un contrasto giurisprudenziale che, ai sensi dell’art. 618, comma 1, cod. proc. pen., considerata anche la rilevanza della questione, implicante la risoluzione di problematiche di più ampia portata, giustifica la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite per la decisione della seguente questione oggetto di contrasto:
Se, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, ai fini dell’ammissione allo stato passivo del credito del terzo, derivante da fatto illecito commesso dal proposto, l’art. 52, comma 1, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 – che esclude che la confisca pregiudichi i diritti di credito dei terzi derivanti da “atti ave data certa anteriore al sequestro” – debba interpretarsi nel senso che il relativo diritto sia sorto antecedentemente all’applicazione della misura cautelare, anche se accertato e liquidato successivamente dall’autorità giudiziaria, ovvero se debba essere anteriore al sequestro anche l’accertamento giudiziale del credito.
P.Q.M.
Rimette il ricorso alle Sezioni Unite. Così deciso in Roma il 3 dicembre 2024 Il Consigliere Estensore COGNOME
Il Presidente