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Credito da reato: ammissione al passivo del sequestro

Una vittima di reato si vede negare l’ammissione del proprio credito da reato al passivo dei beni sequestrati al colpevole, perché il risarcimento è stato liquidato dopo il sequestro. La Cassazione, di fronte a un contrasto giurisprudenziale, rimette la questione alle Sezioni Unite per decidere se conti la data del reato o quella della sentenza che accerta il credito.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Credito da reato: quando la vittima può rivalersi sui beni sequestrati?

L’ammissione di un credito da reato allo stato passivo di un sequestro di prevenzione rappresenta un crocevia fondamentale tra la tutela delle vittime e le finalità delle misure patrimoniali antimafia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha evidenziato un profondo contrasto giurisprudenziale su un punto cruciale: per tutelare il proprio diritto, è sufficiente che il reato sia avvenuto prima del sequestro, o è necessario che anche la sentenza di condanna al risarcimento sia anteriore? Data la rilevanza della questione, il caso è stato rimesso alle Sezioni Unite.

I Fatti del Caso

Una donna subiva un furto nel maggio 2021. L’autore del reato veniva identificato e condannato, con una sentenza dell’ottobre 2021, a risarcire la vittima con una somma complessiva di oltre 7.000 euro, incluse le spese legali. Tuttavia, nel giugno 2021, quindi dopo il furto ma prima della condanna, i beni del reo venivano sottoposti a sequestro di prevenzione. La vittima presentava domanda per essere ammessa allo stato passivo della procedura e soddisfare il proprio credito con i beni sequestrati. Sia il giudice delegato che il Tribunale di Torino respingevano la sua richiesta, sostenendo che il credito non era stato accertato con una sentenza avente ‘data certa’ prima del sequestro.

La Questione Giuridica: Il Contrasto sull’Interpretazione dell’Art. 52

Il cuore del problema risiede nell’interpretazione dell’art. 52 del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), che tutela i ‘diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro’. Su questo punto, la giurisprudenza della Cassazione si è divisa in due orientamenti opposti.

L’Orientamento Rigoroso: Necessaria la Sentenza Anteriore

Un primo filone interpretativo sostiene che, per i crediti derivanti da fatto illecito, l’esistenza del diritto deve essere accertata da un provvedimento giudiziario (una sentenza) anteriore al sequestro. Secondo questa tesi, il giudice della prevenzione ha solo un potere di ‘verifica’ documentale, non di ‘accertamento’ del credito. Di conseguenza, senza una sentenza che lo renda certo e liquido prima della misura cautelare, il credito della vittima non può essere ammesso.

L’Orientamento Favorevole alla Vittima: Rileva il Momento del Fatto Illecito

Un secondo e più recente orientamento, invece, ritiene che la norma debba essere interpretata in modo diverso. Il diritto al risarcimento sorge nel momento stesso in cui il reato viene commesso. La sentenza di condanna successiva non crea il diritto, ma si limita ad accertarlo e a quantificarlo. Pertanto, la ‘data certa’ richiesta dalla legge dovrebbe essere quella del fatto illecito, non quella della sentenza. Ritenere il contrario subordinerebbe la tutela della vittima a tempistiche processuali incerte e non dipendenti dalla sua volontà.

Credito da reato e misure di prevenzione: la decisione della Cassazione

Di fronte a questo palese contrasto interpretativo, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha scelto di non decidere il caso nel merito. Riconoscendo l’importanza fondamentale della questione per la tutela dei terzi e l’uniforme applicazione della legge, ha disposto la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite. Sarà quindi il massimo consesso della Suprema Corte a stabilire, una volta per tutte, quale dei due orientamenti debba prevalere.

Le Motivazioni

La motivazione della rimessione si fonda sulla necessità di risolvere un conflitto che genera incertezza e potenziali ingiustizie. La Corte ha sottolineato come la questione non sia meramente formale, ma tocchi il bilanciamento tra l’esigenza pubblicistica di sottrarre patrimoni illeciti alla criminalità e il diritto fondamentale delle vittime di reato di ottenere un giusto risarcimento. La soluzione del quesito determinerà la portata dei poteri del giudice delegato nella procedura di prevenzione e, in ultima analisi, l’effettività della tutela offerta ai creditori che non hanno alcuna collusione con le attività illecite del proposto.

Le Conclusioni

L’ordinanza interlocutoria della Cassazione lascia la questione aperta, ma pone le basi per una decisione di principio di enorme portata. La futura pronuncia delle Sezioni Unite chiarirà se il sistema di prevenzione patrimoniale debba dare prevalenza al momento in cui sorge un diritto (la commissione del reato) o al momento del suo accertamento formale (la sentenza). La decisione avrà un impatto diretto su innumerevoli casi, definendo il perimetro di tutela per le vittime e tutti i terzi creditori in buona fede coinvolti in procedimenti di sequestro antimafia.

Qual è il problema principale affrontato dall’ordinanza?
Il problema è se, per ammettere il credito di una vittima di reato al passivo di un sequestro di prevenzione, sia sufficiente che il reato sia stato commesso prima del sequestro, oppure se sia necessario che anche la sentenza che liquida il risarcimento sia anteriore al sequestro.

Perché il credito della vittima del reato non è stato ammesso al passivo del sequestro?
Nei primi gradi di giudizio, il credito non è stato ammesso perché, al momento del sequestro dei beni del reo, non esisteva ancora una sentenza che accertasse in modo ‘certo e liquido’ l’ammontare del risarcimento. La sentenza è infatti intervenuta solo in un momento successivo al sequestro.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione non ha deciso nel merito il caso specifico. Rilevando l’esistenza di un profondo contrasto giurisprudenziale sulla questione, ha deciso di rimettere il ricorso alle Sezioni Unite, il suo massimo organo collegiale, affinché venga fornita un’interpretazione definitiva e uniforme della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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