LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Credito da fatto illecito: ammissione al passivo

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione chiariscono un importante contrasto giurisprudenziale sul ‘credito da fatto illecito’ nelle procedure di prevenzione. Una vittima di furto si era vista negare l’ammissione del proprio credito al risarcimento del danno al passivo dei beni sequestrati al reo, poiché la sentenza di condanna era successiva al sequestro. La Corte ha stabilito che, per l’ammissione, rileva l’anteriorità del fatto illecito generatore del diritto, non l’anteriorità della sentenza che lo accerta. L’accertamento giudiziale può quindi avvenire dopo il sequestro, purché entro i termini per la presentazione della domanda. Diversamente, il credito per le spese legali, sorgendo solo con la sentenza, deve essere liquidato in una decisione anteriore al sequestro per poter essere ammesso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Credito da fatto illecito: ammesso al passivo anche con sentenza successiva al sequestro

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con una recente e fondamentale sentenza, hanno risolto un acceso dibattito sulla tutela del credito da fatto illecito vantato dalle vittime di reato nei confronti di soggetti sottoposti a misure di prevenzione patrimoniale. La decisione chiarisce che il diritto al risarcimento può essere ammesso al passivo dei beni sequestrati anche se la sentenza che lo accerta è posteriore al sequestro stesso, purché il reato sia stato commesso prima.

I Fatti del Caso

Una persona, vittima di furti aggravati e uso illecito di carte di credito, si era costituita parte civile nel processo penale contro l’autore del reato. Il tribunale penale aveva condannato l’imputato al risarcimento dei danni. Nel frattempo, i beni dell’imputato erano stati sottoposti a sequestro di prevenzione. Al momento di chiedere l’ammissione del proprio credito al risarcimento nello stato passivo della procedura di prevenzione, la richiesta della vittima veniva respinta. Il motivo? La sentenza che accertava il suo diritto era stata emessa dopo la data del sequestro, e quindi non rispettava, secondo il Tribunale, il requisito della ‘data certa anteriore’ previsto dalla legge.

La Questione Giuridica: Anteriorità del Fatto o della Sentenza?

Il cuore del problema risiedeva nell’interpretazione dell’articolo 52 del Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011). Questa norma stabilisce che i crediti, per essere tutelati rispetto ai beni sequestrati, devono risultare da ‘atti aventi data certa anteriore al sequestro’.

Si erano formati due orientamenti contrapposti:
1. Orientamento restrittivo: Sosteneva che l’ ‘atto con data certa’ dovesse essere la sentenza o un altro provvedimento giudiziale che accerta in modo definitivo l’esistenza e l’ammontare del credito. Di conseguenza, se la sentenza era successiva al sequestro, il credito non poteva essere ammesso.
2. Orientamento estensivo: Riteneva che, nel caso di un credito da fatto illecito, il momento genetico del diritto fosse la commissione del reato stesso. La sentenza successiva avrebbe una mera funzione di accertamento di un diritto già sorto. Pertanto, ciò che doveva essere anteriore al sequestro era il fatto illecito, non la sentenza.

Questo contrasto creava una grave incertezza e penalizzava ingiustamente le vittime di reato, la cui possibilità di ottenere un risarcimento finiva per dipendere dalla durata, spesso imprevedibile, dei procedimenti giudiziari.

La Decisione delle Sezioni Unite e le motivazioni

Le Sezioni Unite hanno aderito all’orientamento più favorevole alla vittima, affermando che bisogna distinguere il momento in cui il diritto sorge dal momento in cui viene accertato giudizialmente.

Le motivazioni della Corte si basano su una logica di sistema e di equità. L’articolo 52 è finalizzato a prevenire accordi fraudolenti tra il proposto (soggetto a misura di prevenzione) e finti creditori per sottrarre beni alla confisca. Questa esigenza, tuttavia, non si pone per il credito da fatto illecito, dove il creditore è una vittima e non un partner colluso. Imporre che anche la sentenza di accertamento sia anteriore al sequestro significherebbe subordinare la tutela della vittima a tempistiche processuali che essa non può controllare, violando i principi di ragionevolezza e di tutela giurisdizionale.

La Corte ha quindi enunciato i seguenti principi:
1. Il credito da fatto illecito sorge al momento della commissione del fatto stesso. È questa la data che deve essere anteriore al sequestro di prevenzione.
2. L’accertamento giudiziale del credito può intervenire in un momento successivo, a condizione che avvenga entro i termini previsti dalla legge per la presentazione delle domande di ammissione al passivo (ordinarie o tardive).
3. Se l’accertamento avviene in sede penale, è necessario un provvedimento definitivo. Se avviene in sede civile, è sufficiente un titolo provvisoriamente esecutivo.

Un’importante distinzione viene fatta per le spese legali. Il credito relativo alle spese processuali non sorge con il fatto illecito, ma viene in essere solo con la sentenza che le liquida. Pertanto, per l’ammissione al passivo delle spese, è necessario che la sentenza di condanna a pagarle sia anteriore alla data del sequestro.

Le Conclusioni

Questa sentenza rappresenta una vittoria per la tutela delle vittime di reato. Stabilisce un principio di giustizia sostanziale, evitando che i diritti al risarcimento vengano vanificati da formalismi e dalle lungaggini processuali. Ora è chiaro che la priorità è data al momento in cui il danno è stato subito, e non a quello in cui un giudice lo certifica. Per le vittime, ciò significa avere una possibilità concreta in più di vedere soddisfatte le proprie pretese patrimoniali sui beni illecitamente accumulati da chi ha commesso il reato, riequilibrando il rapporto tra le esigenze repressive dello Stato e i diritti fondamentali dei cittadini danneggiati.

Per ammettere un credito da fatto illecito al passivo di beni sequestrati, cosa deve essere anteriore al sequestro: il reato o la sentenza che condanna al risarcimento?
Deve essere anteriore al sequestro il fatto illecito che ha generato il diritto al risarcimento. La sentenza che lo accerta può essere successiva.

È necessaria una sentenza definitiva per poter chiedere l’ammissione del credito?
Dipende dalla sede in cui il credito è accertato. Se l’accertamento avviene in un processo penale, la sentenza deve essere definitiva. Se avviene in un processo civile, è sufficiente che la decisione sia provvisoriamente esecutiva.

Il credito per le spese legali segue la stessa regola del credito per il risarcimento del danno?
No. Il credito per le spese processuali sorge solo con la decisione del giudice che le liquida. Pertanto, per essere ammesso al passivo, è necessario che la sentenza che condanna al pagamento delle spese sia stata emessa prima della data del sequestro di prevenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati