Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22902 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22902 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME CristianoCOGNOME nato a Lucca il 07/04/1976 COGNOME NOME, nato a Pescia il 10/04/1944
avverso il decreto del 15/5/2024 del Tribunale di Pistoia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procu generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. Letta la memoria nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE, in amministraz giudiziaria, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi in opposizione a stato passi Letta la memoria nell’interesse di NOME COGNOME che insi nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
tut 1. Con decreto del 15 maggio 2024 il Tribunale di Pistoia ha rigettat opposizioni presentate dagli Avvocati NOME e NOME COGNOME nei confron del provvedimento del 31 gennaio 2024 del Giudice per le indagini preliminari d medesimo Tribunale, di esclusione dei loro crediti dallo stato passivo n procedura di liquidazione dei beni della RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione l’Avvocato NOME COGNOME mediante gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che lo hanno affidato a due motivi.
2.1. Hanno premesso, i difensori, che il ricorrente aveva svolto attività professionale in favore della RAGIONE_SOCIALE e di due degli amministratori di tale società, NOME e NOME COGNOME, e che aveva quindi chiesto di essere ammesso alla stato passivo della liquidazione di tale società come creditore privilegiato per la somma di 94.799,09 euro per compensi professionali; detto credito non era, però, stato ammesso allo stato passivo e il Tribunale di Pistoia, adito con atto di opposizione ai sensi dell’art. 59 d.lgs. 159/2011, aveva rigettato l’opposizione proposta avverso il provvedimento di esclusione di tali crediti emesso il 31 gennaio 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale.
Tanto premesso, hanno denunciato, con un primo motivo, la violazione dell’art. 2475-bis cod. civ., con riferimento ai crediti derivanti dalla attiv professionale svolta quale difensore di fiducia di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che, ad avviso del Tribunale, non sarebbe stata svolta anche nell’interesse della società, avendo riguardato condotte realizzate solo in occasione dell’assolvimento delle funzioni di amministratori della società, ma non anche a causa e in funzione di queste.
Hanno precisato, con riferimento all’attività svolta nell’ambito del procedimento n. 2978/2017 r.g.n.r., che in tale procedimento agli imputati NOME e NOME COGNOME erano stati contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata a commettere i reati di falso ideologico e truffa e i reati tributari di agli artt. 2 e 8 d.lgs. 74/2000 e di truffa continuata in danno dell’amministrazione finanziaria, e alla RAGIONE_SOCIALE era stato contestato l’illecito amministrativo di agli artt. 5 e 24-ter d.lgs. 231/2001, cosicché doveva ritenersi, proprio alla luce di tali contestazioni, che i reati contestati agli amministratori della società, che erano stati difesi dal ricorrente, fossero stati commessi nell’interesse della società medesima e fossero quindi a questa riferibili, in quanto le relative condotte erano state poste in essere dalle persone fisiche nell’ambito delle attività di gestione riferibili all’art. 2380-bis cod. civ. e l’incarico era stato conferito al professio dall’organo societario.
Quanto all’attività svolta nell’ambito del procedimento n. 4503/2014, agli imputati, NOME e NOME COGNOME erano stati contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla sottrazione all’accertamento e al pagamento delle accise su prodotti energetici e alla emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti; il reato di cui all’art. 40, primo comma, lett. b), d.lgs. 504/92 relazione a importazioni di prodotto petrolifero dalla Slovenia; il reato di cui all’ar 49, primo comma, del medesimo d.lgs. 74/2000, in relazione a trasporti di prodotti A
soggetti ad accisa; il reato di cui all’art. 2 d.lgs. 74/2000. Nell’ambito d medesimo procedimento alla RAGIONE_SOCIALE era stato contestato l’illecito amministrativo di cui agli artt. 5 e 24-ter, secondo comma, d.lgs. 231/2001.
Anche in relazione a tale procedimento l’attività svolta dal ricorrente doveva, dunque, ritenersi prestata anche nell’interesse della società.
2.2. In secondo luogo, hanno lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli art. 7, quarto comma, e 59, commi 6 e 8, d.lgs. 159/2011 e la contraddittorietà della motivazione, con riferimento alle dichiarazioni integrative di NOME, NOME e NOME COGNOME allegate all’atto di opposizione, con le quali era stato attestato che le nomine a difensore penale conferite al ricorrente dovevano intendersi conferite anche nell’interesse della società e che l’onere del pagamento del relativo compenso era a carico della RAGIONE_SOCIALE, erroneamente ritenute irrilevanti dal Tribunale, i quanto provenienti da soggetti portatori di un interesse contrario a quello della società, benché gli autori di tali dichiarazioni non fossero più amministratori della società.
Sarebbe, inoltre, errato il rilievo della inammissibilità di tali produzio documentali, a causa della loro tardività, non essendone stata provata la scoperta successivamente alla proposizione dell’opposizione per causa non imputabile ai ricorrenti, in quanto detti documenti erano stati prodotti con l’atto di opposizione, dunque, ai sensi dell’art. 59, comma 8, d.lgs. 159/2011, tempestivamente.
Avverso il medesimo decreto ha proposto ricorso per cessazione anche l’Avvocato NOME COGNOME anch’egli mediante gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che lo hanno affidato a sette motivi.
3.1. In premessa, hanno esposto che anche l’Avvocato NOME COGNOME aveva chiesto di essere ammesso in via privilegiata per crediti professionali nella liquidazione giudiziale della RAGIONE_SOCIALE derivanti dalla attività di consulenza assistenza svolta nell’interesse di tale società nonché di NOME NOME e NOME COGNOME, legali rappresentanti di detta società, per complessivi euro 324.613,87; che tale richiesta non era stata accolta dal Giudice per le indagini preliminari e che il Tribunale di Pistoia, con ordinanza del 27 maggio 2024, aveva respinto l’opposizione avverso tale esclusione. Hanno, ulteriormente, precisato che il ricorrente aveva svolto la propria attività professionale anche quale procuratore della RAGIONE_SOCIALE, nel procedimento con l’Agenzia delle Entrate e quale difensore di fiducia nel procedimento penale a carico della società.
Tanto premesso, hanno lamentato l’illogicità della motivazione e l’inapplicabilità delle condizioni di cui all’art. 52, comma 1, lett. b), d. 159/2011, non essendovi alcun elemento per affermare la cointeressenza dell’Avvocato COGNOME nell’attività delittuosa della RAGIONE_SOCIALE che aveva
assistito, e dunque anche il credito per attività professionali svolte nell’interess di soggetto sottoposto a una misura di prevenzione doveva essere soddisfatto nella liquidazione giudiziale, indipendentemente dal requisito della buona fede.
3.2. In secondo luogo, hanno lamentato una ulteriore violazione dell’art. 52, primo comma, lett. b), d.lgs. 159/2011 e la mancanza di motivazione, dovendo essere estesa la tutela apprestata dall’ordinamento ai creditori del sottoposto a una misura di prevenzione anche ai professionisti che abbiano svolto la loro attività in favore dello stesso, salva la dimostrazione, nella specie mancante, della cointeressenza del difensore stesso con le attività illecite del sottoposto, non desumibile dal solo svolgimento di attività difensiva, né con il fatto di aver svolt attività stragiudiziale consistita nel rispondere alla richiesta di chiarimenti del Agenzia delle Entrate.
3.3. Con un terzo motivo hanno nuovamente lamentato la violazione del medesimo art. 52, comma 1, lett. b), d.lgs. 159/2011 e un vizio della motivazione, con riferimento alla ritenuta mancata dimostrazione della attività difensiva svolta nell’interesse e per conto della RAGIONE_SOCIALE, essendo sufficienti le allegazioni e l produzioni offerte dal professionista allo scopo di dimostrarne la sussistenza per l’effettivo riconoscimento del credito; ha aggiunto che tale attività era stata svolta con l’assenso degli amministratori giudiziari della società, fino a quando lo stesso Avvocato COGNOME non sottoposto alla loro attenzione la questione del conflitto di interessi.
3.4. In quarto luogo, hanno censurato la motivazione del provvedimento impugnato anche nella parte relativa alle attività professionali svolte quale difensore di fiducia nei procedimenti penali a carico di NOME e NOME COGNOME nei procedimenti penali nn. 2879/2017, 4503/2014 e 16279/2017 r.g.n.r., in relazione ai quali era stata esclusa la riconoscibilità dei crediti in quanto no generati da attività svolte nell’interesse della società ma solo avvalendosi della veste di amministratore della stessa.
Hanno precisato, analogamente a quanto esposto nel primo motivo del ricorso di NOME COGNOME con riferimento all’attività svolta nell’ambito d procedimento n. 2978/2017 r.g.n.r., nel quale agli imputati NOME e NOME COGNOME erano stati contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata a L, , commettere i reati di falso ideologico e truffa e i reati tributari di cui agli artt 8 d.lgs. 74/2000 e di truffa continuata in danno dell’amministrazione finanziaria, e alla RAGIONE_SOCIALE stato contestato l’illecito amministrativo di cui agli artt 24-ter d.lgs. 231/2001, che doveva ritenersi, proprio alla luce di tali contestazioni, che i reati contestati agli amministratori della società, che erano stati difesi da ricorrente, fossero stati commessi nell’interesse della società medesima e fossero quindi a questa riferibili, in quanto le relative condotte erano state poste in essere
dalle persone fisiche nell’ambito delle attività di gestione riferibili all’art. 2380 cod. civ. e l’incarico era stato conferito al professionista dall’organo societario.
Nell’ambito del procedimento n. 4503/2014, agli imputati NOME e NOME COGNOME erano stati contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla sottrazione all’accertamento e al pagamento delle accise su prodotti energetici e alla emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti; il reato di c all’art. 40, primo comma, lett. b), d.lgs. 504/92, in relazione a importazioni di prodotto petrolifero dalla Slovenia; il reato di cui all’art. 49, primo comma, del medesimo d.lgs. 74/2000, in relazione a trasporti di prodotti soggetti ad accisa; il reato di cui all’art. 2 d.lgs. 74/2000. Nell’ambito del medesimo procedimento alla RAGIONE_SOCIALE era stato contestato l’illecito amministrativo di cui agli artt. 5 e ter, secondo comma, d.lgs. 231/2001.
Anche in relazione a tale procedimento l’attività svolta dal ricorrente doveva ritenersi prestata anche nell’interesse della società.
Nel procedimento n. 16279/2019 r.g.n.r. del Tribunale di Firenze, a carico di NOME COGNOME l’attività difensiva era stata espletata a favore dell’imputato in relazione a un decreto penale di condanna per un reato ambientale, attinente all’attività di impresa, tale da rientrare nei poteri gestori dell’amministratore.
3.5. Con una quinta doglianza hanno lamentato, analogamente al secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME, la violazione degli art. 7, quarto comma, e 59, commi 6 e 8, d.lgs. 159/2011 e la contraddittorietà della motivazione, con riferimento alle dichiarazioni integrative di NOME, NOME e NOME COGNOME con le quali era stato attestato che le nomine a difensore penale conferite al ricorrente dovevano intendersi conferite anche nell’interesse della società e che l’onere del pagamento del relativo compenso era a carico della RAGIONE_SOCIALE, erroneamente ritenute irrilevanti dal Tribunale, in quanto provenienti da soggetti portatori di u interesse contrario a quello della società, benché gli autori di tali dichiarazioni non fossero più amministratori della società.
Sarebbe, inoltre, errato il rilievo della inammissibilità di tali produzio documentali, a causa della loro tardività, non essendone stata provata la scoperta successivamente alla proposizione dell’opposizione per causa non imputabile ai ricorrenti, in quanto detti documenti erano stati prodotti con l’atto di opposizione, dunque, ai sensi dell’art. 59, comma 8, d.lgs. 159/2011, tempestivamente.
3.6. Con un sesto motivo hanno lamentato l’omessa pronuncia in ordine all’attività professionale svolta quale difensore di NOME COGNOME nel procedimento penale n. 5165/2015 r.g.n.r. del Tribunale di Bolzano, non essendo stata considerata la relativa domanda di ammissione al passivo della procedura di liquidazione giudiziale.
3.7. Con un settimo motivo hanno lamentato la violazione degli artt. 1321, 1325 e 1976 cod. civ. e un vizio della motivazione, con riferimento alla attività
professionale svolta nella causa civile tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, essendo i termini della transazione con cui era stata conclusa la controversia stati definiti dal ricorrente prima della nomina degli amministratori giudiziari della RAGIONE_SOCIALE e dunque il relativo credito avrebbe, anch’esso, dovuto essere ammesso al passivo della liquidazione giudiziale della RAGIONE_SOCIALE; ha censurato anche l’affermazione, contenuta nel provvedimento impugnato, della pretesa accettazione a titolo satisfattivo delle somme percepite per lo svolgimento di tale attività, essendo ciò incompatibile con la domanda di insinuazione.
3.8. Con un ottavo motivo hanno lamentato la violazione degli artt. 7, comma 4, e 59, commi 6 e 8, d.lgs. 159/2011 e la contraddittorietà della motivazione con riferimento al credito inerente alla attività professionale stragiudiziale svolta relazione alla pratica con l’Agenzia delle Dogane nell’anno 2018, in quanto l’autorizzazione prodotta con la domanda di insinuazione al passivo ne costituiva, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, prova idonea e la documentazione prodotta con l’atto di opposizione doveva ritenersi tempestiva, con la conseguente erronea applicazione da parte del Tribunale della preclusione di cui all’art. 59, comma 8, d.lgs. 159/2011, relativa alla fase in udienza e non anche alla proposizione della opposizione, mediante la quale erano anche state chieste delle prove testimoniali, da ritenere pienamente ammissibili.
3.9. Infine, con un nono motivo, hanno lamentato analoga violazione di legge e carenza di motivazione, oltre che l’errata individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine decennale di prescrizione, con riferimento alla attività stragiudiziale svolta nella pratica con l’Agenzia delle Dogane negli anni 2008 e 2009, conclusasi nel 2012 e in relazione alla quale era stata presentata domanda di ammissione al passivo il 6 dicembre 2023, sottolineando che la prescrizione del diritto dell’avvocato al compenso decorre dal momento dell’esaurimento dell’affare per il cui svolgimento fu conferito l’incarico dal cliente, che nel caso in esame consisteva nella pubblicazione della sentenza di appello, non ancora avvenuta
Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando il rigetto di entrambi i ricorsi, evidenziando l’adeguatezza e la correttezza della motivazione con la quale era stata rigettata l’opposizione proposta con riferimento alle prestazioni svolte nell’interesse degli amministratori della società, dovendo l’attività professionale ritenersi svolta non nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE bensì nell’interess esclusivo delle persone fisiche che la amministravano; l’inammissibilità delle dichiarazioni integrative, in quanto provenienti da soggetti privi del requisito della terzietà e in evidente conflitto di interessi con la società; l’implicito rigetto d richiesta di insinuazione in relazione alla attività svolta dall’Avvocato NOME COGNOME quale difensore di NOME dinanzi al Tribunale di Bolzano; l’inammissibilità delle doglianze in ordine al perfezionamento della transazione e
in ordine alla mancata ammissione delle prove testimoniali; la genericità del motivo relativo alla erroneità del rilievo della prescrizione di parte dei crediti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi (ad esclusione del sesto motivo di ricorso nell’interesse di COGNOME NOME) che propongono motivi di analogo contenuto e sono ampiamente riproduttivi dei motivi di opposizione, sono inammissibili per genericità e manifesta infondatezza.
I comuni motivi svolti da entrambi gli opponenti con i quali si deduce la violazione dell’art. 2475 bis cod. civ. sono inammissibili perché manifestamente infondati e anche privi di confronto specifico con le ragioni della decisione.
La questione attiene alla prova del mandato difensivo nell’interesse della società e non degli imputati persone fisiche che è stata ritenuta non dimostrata dal Tribunale.
Il potere di rappresentanza conferito all’amministratore di società non implica l’automatica riferibilità a quest’ultima di ogni attività dal primo posta in esser occorrendo a tal fine che detta attività rientri tra quelle di gestione, previs dall’art. 2380 bis c.c. Ne deriva che la difesa personale dell’amministratore nell’ambito di un procedimento penale, per quanto relativo a reato commesso nell’esercizio del potere gestorio dell’ente, non è automaticamente riferibile alla società, non comportando una obbligazione ex lege (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 19737 del 08/08/2017 (Rv. 645690 – 01).
L’art. 2475 bis cod. civ. espressamente riferisce alla società solo ed esclusivamente le attività poste in essere dagli amministratori nell’ambito delle attività di gestione riferibili all’articolo 2380 bis cod. civ., così da far ri automaticamente escluse da tale riferibilità tutte quelle attività che non abbiano una diretta imputazione alla gestione propria degli amministratori.
La difesa personale dell’amministratore di un procedimento penale, pur riferito ad un reato commesso nell’esercizio del potere gestori dell’ente, non è automaticamente riferibile alla società medesima, non comportando una obbligazione ex lege.
Nella specie il Tribunale, nel richiamare i principi sopra enunciati, ha osservato che dalla documentazione in atti si evince che i crediti di cui si domanda la ammissione ineriscono l’attività svolta dai ricorrenti per la difesa approntata nei confronti di NOME e NOME nella qualità di amministratori del citato ente per i reati propri loro riferibili. (cfr. pag. 3).
Ora entrambi i ricorrenti oppongono lo svolgimento di attività professiona nei confronti della società Angeli sul mero assunto dello svolgimento di att nell’interesse dell’ente a cui era contestato l’illecito amministrativo dipend
reato, dimostrato dalle dichiarazioni integrative postume di NOME e NOME di cui si contesta l’omesso esame da parte del Tribunale in violazione dell’art. 59 comma 8, d.lvo n. 159 del 2011.
Le censure, anche dirette a richiedere una alternativa valutazione delle dichiarazioni integrative (vedi infra), sono manifestamente infondate.
E’ pur vero che la riferibilità all’ente dello svolgimento dell’incaric professionale è sussistente se il reato fosse stato contestato alla società, per cui la difesa del legale rappresentante avrebbe avuto un indubbio rilievo nel potere rappresentativo conferito dall’articolo 2745 bis c.c.., ma, come chiarito dalla pronuncia sopra citata, non è vero il contrario, posto che l’imputazione della persona fisica del legale rappresentante per un reato proprio a lui riferibile necessita, per far ritenere riferibile la relativa obbligazione alla società, di incarico comunque derivante da un organo societario, che il Tribunale ha affermato non provato e su cui il motivo di censura non si confronta.
Infatti, i ricorrenti non allegano, come sarebbe stato semplice, il mandato difensivo rilasciato per la difesa delle persone fisiche nei processi penali, documento che rileva per la dimostrazione e la corretta imputazione dell’interesse nei cui confronti viene svolto il mandato difensivo, la corretta imputazione dell’obbligazione, ma anche per individuare il momento temporale per verificare l’attività espletata e il quantum della prestazione di cui si domanda l’ammissione.
Entrambe le difese sono rimaste assertive, lamentando unicamente la violazione dell’art. 59 comma 8. Rammenta, al proposito, il Collegio, che la nomina del difensore di fiducia, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. pen., deve essere depositata dinanzi al giudice che procede e deve essere eseguita in forme tali da non consentire dubbi sul procedimento per il quale la nomina viene disposta e con indicazione della parte a cui si riferisce il mandato, in un contesto nel quale, si rammenta, a mente dell’art. 39 della legge n. 231 del 2001, vige l’incompatibilità della doppia difesa da parte del professionista avvocato.
Le censure non spiegano, da cui la genericità, perché l’attività difensiva dispiegata nei confronti degli amministratori, tenuto conto degli addebiti mossi, sarebbe stata svolta nell’interesse della società, oltre tutto alla luce dell circostanza che alla società sono stati contestati gli illeciti amministrativ dipendenti da reato, e che quindi sono distinte le responsabilità degli amministratori e quella della società. Da cui la conclusione che non sono riconducibili alla società le attività difensive svolte nell’interesse de amministratori per assisterli da addebiti penali commessi nell’esercizio delle funzioni gestorie della società. Tra l’altro esorbitando da queste, perché le funzioni devono essere svolte con diligenza e buona fede, nell’ambito del rapporto di mandato, ed evidentemente senza commettere atti illeciti, sicché questi esulano dal rapporto di mandato e dall’interesse della società, che non può certamente
aver conferito un incarico a realizzare degli illeciti penali e quindi sostenere le spese che da questi derivino, con la conseguenza che le condotte illecite debbono essere ritenute estranee al rapporto di mandato e quindi le relative spese di difesa non possono dirsi sostenute nell’interesse della società.
Anche la dedotta violazione di legge in relazione all’art. 59 comma 8, d.lgs n. 159 del 2011 è manifestamente infondata.
L’art. 59 comma 8 così dispone: 8. All’udienza ciascuna parte può svolgere, con l’assistenza del difensore, le proprie deduzioni, chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile e proporre mezzi di prova. Nel caso siano disposti d’ufficio accertamenti istruttori, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio fissato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in sede di verifica dei diritt vantati dai terzi sui beni oggetto di confisca di prevenzione, non è tardiva la produzione di documenti effettuata con l’atto di opposizione, posto che il divieto di cui all’art. 59, comma 8, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, riguarda i soli documenti nuovi prodotti all’udienza fissata per la verifica dei crediti (Sez. 2, n. 24311 del 01/04/2022, Rv. 283626 – 02).
Nel caso di specie, i ricorrenti muovono da una corretta interpretazione del dato normativo, che non è però pertinente nel caso concreto in quanto le difese non lamentano la mancata acquisizione di documenti, ma chiedono l’ingresso di dichiarazioni rese dai soggetti coinvolti nel processo penale per superare il difetto dell’onere allegativo evidenziato nel provvedimento di esclusione del G.I.P., sollecitando una diversa valutazione delle stesse in ordine al conflitto di interessi tenuto conto, come sopra esposto, della impossibilità di ritenere conferito nell’interesse della società il mandato a difendere i suoi amministratori da illecit penali, che non possono dirsi commessi nell’interesse della società, in quanto esulanti dal rapporto di mandato che intercorre tra società e amministratori, posto che non può certo farsi sorgere tale vincolo da dichiarazioni dei mandatari interessati a essere sollevati dagli oneri della propria responsabilità penale.
Non risulta, invece, che avessero chiesto mezzi istruttori come risulta dall’atto di opposizione dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME attraverso cui avrebbero potuto veicolare nel processo le dichiarazioni suddette, mentre la richiesta avanzata con il ricorso per cassazione di ammissione di prove testimoniali non può avere ingresso in questa sede.
Consegue la manifesta infondatezza dei motivi quarto e quinto del ricorso di COGNOME NOME e del ricorso di COGNOME NOME che deve essere dichiarato inammissibile con tutte le conseguenze di legge.
Proseguendo nello scrutinio dei motivi di ricorso di NOME COGNOME sono manifestamente infondati i motivi di ricorso di violazione di cui all’art. 52, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, qualora venga presentata domanda di ammissione allo stato passivo da parte del terzo creditore, il tribunale è tenuto, in ordine logico, a verificare “in primis” il nesso di strumentalità de credito rispetto all’attività illecita del proposto e, solo all’esito, gli ele dimostrativi di buona fede addotti dal creditore, anche alla luce dei parametri indicati dal comma 3 dell’art. 52, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Sez. 6, n. 12510 del 02/02/2022, Rv. 283108 – 01).
Si è ulteriormente chiarito che in materia di misure di prevenzione patrimoniali, l’art. 52, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, anche a seguito delle modifiche operate dall’art. 20 legge 17 ottobre 2017, n. 161, esclude ogni pregiudizio dei diritti di credito dei terzi preesistenti al sequestro, meno che” – come recita il nuovo testo della disposizione – non risulti accertata la strumentalità del credito da insinuare rispetto all’attività illecita o a quella che costituisce il frutto o il reimpiego, solo in tal caso incombendo sul creditore, ai fi dell’insinuazione al passivo della procedura, l’onere di dimostrare l’ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalità privilegiata (Sez. 6, n. 30153 del 18/05/2023, Banca Ifis, Rv. 285079 – 01).
Si tratta di principio che, diversamente da quanto argomentato dal ricorrente, vale per la verifica di tutti i creditori anche in sede di opposizione allo stato passivo
Non di meno, il ricorrente muove da esposizione dei principi giurisprudenziali in tema di applicazione dell’art. 52 cit., ma poi non si confronta con la ratio decidendi. Il Tribunale ha richiamato l’art. 52 comma 1, lett. b) cit. in quanto richiamato, a sua volta, dal GIP in sede di esclusione del credito dall’ammissione dello stato passivo, ma poi risponde, a pag. 8, alla doglianza difensiva tesa a dimostrare lo svolgimento dell’attività professionale dell’avvocato nei confronti della società, con argomenti tratti da dati di fatto (verbali) da cui risultava, sempre secondo il provvedimento impugnato, che l’attività svolta dall’avvocato COGNOME era diretta a contrastare gli elementi di fatto che fondavano gli addebiti penali degli imputati (false dichiarazioni di intenti e correlate false fatture) e dunque s trattava di attività difensiva non svolta nell’interesse della società.
Il difetto di prova, non superato nel ricorso per cassazione, dello svolgimento dell’attività professionale svolta dall’avvocato COGNOME NOME in favore della società RAGIONE_SOCIALE, rende inammissibile anche la censura, svolta nel corpo del primo motivo, con cui lamenta l’esclusione del credito per attività extragiudiziale svolta nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE.
6. Il sesto motivo di ricorso è fondato. Il ricorrente aveva censurato, con l’atto di opposizione, l’esclusione all’ammissione allo stato passivo del credito per attività professionale svolta davanti al Tribunale di Bolzano. Il Tribunale ha omesso la risposta e sul punto l’ordinanza va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pistoia. m
Residuano le opposizioni dell’avv. NOME COGNOME avverso l’esclusione dei crediti per ulteriori attività professionali qui di seguito indicate.
Quanto al credito causa civile NOME/Petrocar, pacifica è la sottoscrizione della transazione dopo la nomina dell’AAGG del 13/09/2019, avvenuta il 24/09/2019, sicchè, come correttamente argomentato dal tribunale, l’atto di transazione doveva essere preventivamente autorizzato dagli amministratori giudiziari, non rilevando il profilo della forma. Qualunque interpretazione si segua (ad probationem o meno) resta il fatto che l’accordo transattivo è intervenuto il 24/09/2019 e, dunque, dopo che la società era in amministrazione giudiziale.
Quanto al credito per attività svolta con l’Agenzia delle dogane nel 2018, l’esclusione è fondata, secondo l’ordinanza, in ragione del fatto che la documentazione prodotta, fermo il principio che per l’attività extragiudiziale non è necessaria la forma scritta del mandato professionale, non dimostrava l’esistenza di un mandato professionale in sede di domanda di ammissione. Argomento fondato su un presupposto fattuale che non è superato da contraria allegazione difensiva. In relazione alla dedotta violazione dell’art. 58 d.lgs n. 15,9/2011, e alla PY , richiesta di ammissione della prova per testimoni si rimanda suprav§ 3.
Quanto all’ammissione del credito per attività stragiudiziale svolta con l’Agenzia dogane anni 2008-2009, l’ordinanza impugnata ha escluso l’ammissione rilevato il decorso il termine di prescrizione trattandosi di attività svolta fino 2012, essendo decorso il termine decennale ex art. 58 d.lgs n. 159/2011 alla data di presentazione della domanda di ammissione allo stato passivo ed essendo la censura fondata su una diversa ricostruzione del fatto (termine finale dell’attività professionale) che non è ammessa in questa sede.
Conclusivamente il ricorso dell’avvocato NOME COGNOME è fondato limitatamente alla domanda di insinuazione del credito relativo all’attività professionale svolta dinanzi il Tribunale di Bolzano, mentre nel resto il ricorso è inammissibile.
Il ricorso di NOME NOME va dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla domanda di insinuazione del credito relativo all’attività professionale svolta dinanzi il Tribunale di Bolzano e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Pistoia
competente ai sensi dell’art. 324 comma 5 cod.proc.pen. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME NOME
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso 1’11/03/2025