Crediti Inesistenti: Quando la Genericità del Ricorso Porta all’Inammissibilità
L’utilizzo di crediti inesistenti per abbattere il carico fiscale è una pratica illecita che integra una precisa fattispecie di reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: per contestare una condanna, non basta una critica generica, ma occorrono motivi specifici e pertinenti. In caso contrario, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna inflitta a un imprenditore, titolare di una ditta individuale, ritenuto colpevole del reato di indebita compensazione di crediti fiscali. In particolare, le sentenze di primo e secondo grado avevano accertato che l’imputato aveva utilizzato crediti IRPEF totalmente inesistenti per un importo di quasi 90.000 euro.
La Corte d’Appello di Napoli, confermando la decisione del Tribunale di Avellino, aveva condannato l’uomo a due anni di reclusione, tenendo conto anche della recidiva reiterata. La condanna si basava sugli accertamenti effettuati dall’Agenzia delle Entrate, che avevano svelato l’assoluta mancanza di fondamento dei crediti portati in compensazione. L’amministrazione finanziaria aveva peraltro già notificato all’imprenditore l’atto di recupero del credito, avviando le procedure di riscossione.
Il Ricorso per Cassazione e l’Uso di Crediti Inesistenti
Contro la sentenza di secondo grado, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva confermato il giudizio di colpevolezza in modo errato.
Tuttavia, la Suprema Corte ha rilevato come il motivo di ricorso fosse manifestamente infondato. La critica mossa alla sentenza impugnata era del tutto generica e non conteneva contestazioni concrete e specifiche al percorso logico-argomentativo seguito dai giudici di merito. In sostanza, la difesa si era limitata a riproporre le proprie tesi senza attaccare puntualmente le ragioni che avevano portato alla condanna, basate sugli inequivocabili accertamenti fiscali.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito, dove riesaminare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione.
Le Motivazioni
La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata solida e razionale. Le prove raccolte, in particolare gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate, dimostravano chiaramente che l’imputato aveva dedotto in compensazione crediti inesistenti. Di fronte a tali evidenze, la difesa ha contrapposto mere valutazioni di merito alternative, che esulano completamente dal perimetro del giudizio di legittimità. La Corte ha quindi applicato il principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui un ricorso è inammissibile se si limita a una critica generica della sentenza, senza individuare vizi specifici di legalità o logicità.
Le Conclusioni
La declaratoria di inammissibilità ha comportato due importanti conseguenze per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. In primo luogo, la condanna a due anni di reclusione è diventata definitiva. In secondo luogo, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia conferma l’importanza di redigere ricorsi per Cassazione con motivi specifici, pertinenti e giuridicamente fondati, evitando critiche generiche che non hanno alcuna possibilità di essere accolte.
Per quale reato è stato condannato l’imputato?
L’imputato è stato condannato per il reato previsto dall’art. 10 quater, comma secondo, del d.lgs. n. 74 del 2000, ovvero per l’indebita compensazione di crediti fiscali inesistenti.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato era manifestamente infondato, generico e privo di critiche concrete al percorso argomentativo della sentenza impugnata, limitandosi a contrapporre apprezzamenti di merito non ammessi nel giudizio di legittimità.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32405 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32405 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME LIVERI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
t
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Napoli del 24 ottobre 2024, che ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Avellino il 22 dicembre 2022, con la quale NOME COGNOME, tenuto conto della contestata recidiva reiterata, era stato condanNOME alla pena di anni 2 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 10 quater, comma secondo, del d. Igs. n. 74 del 2000; fatto commesso in Avella il 9 maggio 2016.
Osservato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si censura la conferma del giudizio colpevolezza dell’imputato, sotto il profilo del vizio di motivazione, è manifestamente infondat in quanto generico e privo di critiche concrete al percorso argomentativo della sentenza impugnata, nella quale (pag. 2-3) sono stati richiamati gli accertamenti compiuti dall’Agenzi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, da cui è emerso che COGNOME, quale titolare della ditta individuale “RAGIONE_SOCIALE“, ha dedotto in compensazione crediti irpef rivelatisi inesistenti, p l’importo di 88.478,72 euro, essendo stato a ciò aggiunto, in replica alle obiezioni difensive, l’RAGIONE_SOCIALE ha anche notificato al contribuente, tramite raccomandata regolarmente ricevuta da familiare convivente, l’atto di recupero del credito e l’avvio del relativo procedime di riscossione, senza alcun pregiudizio per eventuali risoluzioni bonarie della pendenza.
Rilevato che la motivazione della sentenza impugnata risulta sorretta da considerazioni razionali, cui la difesa contrappone differenti apprezzamenti di merito, che tuttavia esulano dal perimetro del giudizio di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma il 13 giugno 2025.