Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 44045 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 44045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 16471/2023 della Corte di appello di Napoli del 29 dicembre 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Dopo che il Tribunale di Napoli, con sentenza pronunziata in data 8 febbraio 2023 in esito a giudizio celebrato nelle forme ordinarie, aveva dichiarato COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 10-quater del dIgs n. 74 del 2000, per avere lo stesso, in qualità di legal rappresentante o, comunque, di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, omesso di versare imposte per un importo pari ad euri 208.943,37 utilizzando in compensazione crediti di imposta non spettanti, e lo aveva, pertanto, condannato alla pena di mesi 6 di reclusione, oltre alle pene accessorie, concedendo, altresì, la sospensione condizionale della esecuzione della pena, la Corte di appello di Napoli, adita dalla difesa dell’imputato, ha, con sentenza del 29 dicembre 2023, confermato integralmente la precedente sentenza, condannando il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE ulteriori spese processuali.
Avverso tale seconda sentenza ha interposto ricorso per cassazione la difesa fiduciaria del COGNOME, affidando le proprie censure a 5 motivi di impugnazione.
Con il primo motivo il ricorrente si è doluto del fatto che i giudici di merito abbiano disatteso la eccezione afferente alla incompetenza territoriale dell’Autorità giudiziaria partenopea laddove competente sarebbe stata quella maceratese.
Il successivo secondo motivo concerne il vizio processuale in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel non rilevare la mancata presentazione e la successiva, conseguente, omessa tràsmissione all’appellante RAGIONE_SOCIALE conclusioni rassegnate la AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la Corte di appello in questione.
Il terzo motivo di impugnazione riguarda l’errore nell’applicazione della legge penale sostanziale, avendo i giudici del merito ritenuto la responsabilità dell’imputato, sebbene non fosse stato possibile determinare con esattezza quale fosse stata l’entità dei crediti non spettanti compensati.
L’oggetto del quarto motivo di impugnazione è da riferirsi al vizio derivante dalla mancata assunzione in grado di appello di un prova decisiva consistente, in via alternativa, o nell’espletamento di una perizia contabil volta alla determinazione dell’ammontare dei crediti indebitamente compensati, ovvero alla escussione del teste COGNOME NOME, funzionario della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe già esaminata in primo grado ma la rinnovazione del cui esame si era resa necessaria, secondo l’avviso del ricorrente, a seguito
dell’avvenuto deposito di documentazione da parte di quest’ultimo in un momento successivo all’esame della predetta testimone.
L’ultimo, quinto, motivo di impugnazione, concerne il vizio di violazione di legge e di motivazione in punto di esclusione del beneficio RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche e di determinazione del trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto dalla difesa del Cimmìno, essendo risultati i motivi posti alla sua base, o manifestamente infondati e del tutto inammissibili, deve essere di conseguenza, a sua volta dichiarato inammissibile.
Il primo motivo di ricorso, articolato con riferimento alla pretesa incompetenza territoriale della Autorità giudiziaria che ha proceduto nei confronti del COGNOME, non rilevata in sede di merito sebbene tempestivamente eccepita dalla difesa di questo, è inammissibile in quanto sviluppato sulla base di un presupposto ermeneutico, afferente allo stesso momento consumativo del reato in questione, errato.
Ha, infatti, rilevato il ricorrente che i modelli F24 attraverso i quali sono stati abusivamente utilizzati i crediti di imposta non spettanti all’imputato (applicandosi a tale categoria la regola definitoria indicata dall’art. 1, comma 1, lettera g-quater del dlgs n. 74 del 2000, nel testo novellato a seguito della RAGIONE_SOCIALEa in vigore del dlgs n. 87 del 2024) sono stati “processati” presso la filiale di Civitanova Marche – luogo ove ha la sede operativ . a la RAGIONE_SOCIALE e ricadente entro il circondario del Tribunale di Macerata – del Monte dei Paschi di Siena, istituto di credito presso il quale la predetta NOME intratteneva il suo unico rapporto di conto corrente bancario.
Da ciò il.ricorrente ha desunto che, essendo il luogo di commissione del reato contestato ubicato nel circondario di Macerata, era la autorità giudiziaria di tale centro a dovere procedere nei confronti del COGNOME.
Tanto premesso si rileva che, in materia di reati tributari previsti dal dlgs n. 74 del 2000, l’art. 18 del citato provvedimento legislativo detta una specifica normativa, secondo la quale, per i reati previsti dal capo I di tal testo normativo, cioè i delitti in materia di dichiarazione (fra i quali non peraltro quello ora in esame), è, di regola, competente l’Autorità giudiziaria individuata in funzione del domicilio fiscale del contribuente; per il reato di cui all’art. 8 del dlgs n. 74 del 2000, cioè il caso di emissione di fatture operazioni inesistenti attuata nell’ambito di un medesimo anno fiscale e
finalizzata a consentire a terzi l’evasione fiscale ma realizzata in diver circondari giudiziari la competenza e stabilita sulla base RAGIONE_SOCIALE individuazione dell’Ufficio del Pm che per primo ha iscritto la notizia di reato nell’apposito registro istituito presso le Procure della Repubblica; per gli altri reati, compreso quello che ora interessa, ove non sia possibile determinare la competenza per territorio sulla base degli ordinari criteri di cui all’art. 8 c proc. pen. (cioè, in prima battuta il luogo di consumazione del reato; quindi, se si tratta di reato dal quale è derivata la morte RAGIONE_SOCIALE persone offese, competenza è determinata sulla base del luogo in cui si è verificata l’azione o l’omissione che hanno determinato l’evento da cui dipende l’esistenza del reato, ma se si tratta di reato permanente, anche se dal fatto ne è derivata la morte della persona offesa, la competenza è determinata in base al luogo ove è iniziata la condotta; infine, se si tratta di delitto tentato, è competent giudice del luogo ove è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il reato), la competenza andrebbe attribuita al giudice del luogo ove il reato è stato accertato.
Nel caso che interessa GLYPH non trattandosi, come detto, di un reato “in dichiarazione”, non è applicabile il criterio di cui al comma 2 dell’art. 18 de dlgs n. 74 del 2000, ed esulando, evidentemente, dalla fattispecie l’ipotesi contemplata dal comma 3 della medesima disposizione – si osserva che, stante la tipologia dell’illecito in discorso neppure è possibile accertare il luo ove il reato è stato commesso; infatti, essendo possibile la presentazione, anche con lo strumento telematico, del modello F24, condotta attraverso la quale si realizza il reato de quo, e potendo siffatta condotta essere posta in essere ovunque (e non essendo stati forniti dal ricorrente degli elementi incontrovertibili in base ai quali ritenere che, come da quello sostenuto, la trasmissione è stata fatta da Civitanova Marche), deve concludersi che il giudice competente fosse quello del luogo ove il reato è stato accertato, cioè quella di Napoli, essendo la notizia di reato originata da un accertamento tributario operato dall’Ufficio territoriale di Napoli 1 della RAGIONE_SOCIALE (nel senso di cui sopra, che è lo stesso sposato dalla Corte di appello d Napoli, si veda: Corte di cassazione, Sezione III penale, 24 gennaio 204, n. 3038, rv NUMERO_DOCUMENTO; Corte di cassazione, Sezione III penale, 20 gennaio 2023, n. 2351, rv NUMERO_DOCUMENTO; Corte di cassazione, Sezione III penale, 29 luglio 2020, n. 23027, rv 279755).
Né ha un qualche valore il fatto, invece enfatizzato dal ricorrente, che i modelli TARGA_VEICOLO utilizzati dalla RAGIONE_SOCIALE, cioè la società della quale l’imputato era
l’Amministratore, siano stati inviati, per essere ivi “processati”, presso la filia di un Istituto di credito avente sede in territorio di Civitanova Marche.
Infatti, il momento ed il luogo consumativo del reato di cui all’art. 10quater del dlgs n. 74 del 2000 non è da collocarsi nel tempo e nel luogo in cui il soggetto cui è attribuita la capacità di gestire i pagamenti RAGIONE_SOCIALE impost riceve la documentazione, il modello F24, necessaria per operare il pagamento – o, come verificatosi nel caso che interessa, per eseguire la compensazione con i crediti inesistenti o non spettanti – operazioni che effettivamente si sono verificate nella fattispecie presso la filiale del Monte dei paschi di Siena ubicata in territorio di Civitanova Marche, ma nel tempo e nel luogo da cui, quanto alla presente occasione utilizzando lo strumento telematico, la relativa documentazione è stata inviata al predetto concessionario abilitato per le operazioni di pagamento; ora se il tempus commissi delicti è facilmente ricavabile, essendo esso da collocare, come detto al momento della spedizione telematica, per ciò che attiene al /ocus è onere del soggetto che vi abbia interesse fornire elementi inequivocabili volti alla sua identificazione, posto che, come detto, siffatta trasmissione è, in vi di principio, realizzabile da qualsiasi luogo geografico che sia raggiungibile attraverso la rete telematica di trasmissione dei relativi dati.
Nel caso ora in esame il ricorrente ha dimostrato solamente di avere inviato telematicamente una serie di modelli F24, tramite il quale egli avrebbe realizzato l’illecito a lui addebitato, alla ricordata filiale di Civitanova Marc dell’istituto di credito dianzi richiamato, ma nulla ha dimostrato in ordine al luogo da cui la trasmissione di tali documenti è stata effettuata, avendo egli solo provato il luogo di recapito di essi che è però, come dianzi evidenziato, dato non significativo ai fine della individuazione del /ocus commissi delicti.
La perdurante incertezza su tale dato impone, come correttamente rilevato dalla Corte partenopea, l’applicazione della regola suppletiva dettata dal ricordato art. 18, comma 1, del dlgs n. 74 del 2000, essendosi, pertanto, legittimamente radicata di fronte alla Autorità giudiziaria napoletana la competenza in ordine al reato in contestazione al COGNOME.
Anche il secondo motivo di doglianza, avente anch’esso un contenuto di carattere processuale, non è fondato.
Con esso il ricorrente ha lamentato il fatto che, sebbene la circostanza fosse stata tempestivamente eccepita di fronte alla Corte di appello in occasione della presentazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni scritte rassegnate dalla difesa
dell’appellante, questa non ha tratto le opportune conseguenze dal fatto che la locale Procura AVV_NOTAIO non aveva presentato le proprie conclusioni di fronte al predetto organo giudicante non prendendo proprio in considerazione la eccezione in tale modo formulata.
Ora, è ben vero che, secondo la previsione normativa prevista dall’art. 23-bis, comma 2, del decreto-legge n. 137 del 2020, convertito con modificazioni, con legge n. 176 del 2020 – disposizione ancora applicabile ratione temporis al procedimento in sede di gravame svoltosi di fronte alla Corte di appello di Napoli per effetto della previsione contenute nell’art. 94, comma 2, del dlgs n. 150 del 2022 – “entro il decimo giorno precedente all’udienza il pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria” della Corte procedente, la quale “invia l’atto immediatamente, per via telematica (…) ai difensori RAGIONE_SOCIALE altre parti che, entro il quinto gio antecedente all’udienza, possono presentare le conclusioni con atto scritto”, ma, si osserva altresì (anche in disparte il fatto che, secondo quanto risultante dal testo della sentenza impugnata, nella quale risulta che “il Presidente ha dato atto RAGIONE_SOCIALE conclusioni scritte del P.G.”, circostanza questa che, evidentemente, presupporrebbe l’avvenuta trasmissione di esse), l’omissione di tale adempimento non costituisce di per sé un fattore tale da integrare un vizio rilevante della sentenza emessa in assenza di tali conclusioni, realizzandosi tale effetto solo in quanto vi sia stata la reale compromìssione del corretto esercizio del diritto di difesa spettante alla parte privata.
Come, infatti, segnalato da questa Corte regolatrice, l’eventuale mancata formulazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni nel giudizio da parte del pubblico ministero, seppure si ritenesse integrare un’ipotesi di nullità di ordin AVV_NOTAIO a regime intermedio; necessiterebbe, per essere rilevante nella economia del giudizio nel quale essa si è verificata, che la parte che abbia interesse a farla dichiarare alleghi un suo specifico interesse in tale senso, quale non può consistere nella mera indicazione del vizio in tale modo verificatosi (Corte di cassazione, Sezione II penale, 2 novembre 2023, n. 44017, rv NUMERO_DOCUMENTO), dovendo, invece, esso concretarsi nella segnalazione del concreto pregiudizio che da quello è derivato alle sue ragioni difensive (Corte di cassazione, Sezione II penale, 15 dicembre 2023, n. 49964, rv NUMERO_DOCUMENTO; analogo principio è stato, di recente, formulato anche nella ipotesi, per più versi assimilabile a quella presentemente denunziata, del deposito tardivo RAGIONE_SOCIALE conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO da: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 6 giugno 2024, n. 22910, rv 286664); condizione questa che, nella specie, non risulta né che il ricorrente abbia soddisfatto in occasione della
formulazione RAGIONE_SOCIALE sue conclusioni nè cui, quanto meno, abbia dimostrato di avere ottemperato in sede di attuale ricorso per cassazione.
Non deve trarre in inganno una pronunzia resa da questa Corte, allorché la stessa ha segnalato come il vizio connesso alla mancata comunicazione alla parte RAGIONE_SOCIALE conclusioni rassegnate dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO sia vizio deducibile per la prima volta anche di fronte alla Corte di legittimità, sebbene non denunziato in sede di formulazione RAGIONE_SOCIALE proprie conclusioni dalla difesa dell’imputato (Corte di cassazione, Sezione IV penale, 29 maggio 2024, n. 21050, rv 286498), essendo detta pronunzia riferita non alla ipotesi, espressamente dedotta dal ricorrente, della mancata formulazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni da parte della pubblica accusa, ma di quella della mancata trasmissione RAGIONE_SOCIALE conclusioni ea formulate dall’Ufficio territoriale della pubblica accusa, essendosi solo in questo secondo caso, e non anche nel primo, verificato un vizio del contraddittorio fra le parti ed essendo stata, i tale modo, privata la difesa dell’imputato di controdedurre ex informata mente alle conclusioni rassegnate dalla Procura AVV_NOTAIO distrettuale.
Considerata la genericità della formulazione della eccezione in questione da parte della dipesa del COGNOME in sede di gravame, neppure ha rilievo sempre al netto dell’avvenuto deposito affermato in sentenza RAGIONE_SOCIALE conclusioni della pubblica accusa nel giudizio di secondo grado – la circostanza che la stessa non sia stata esaminata dalla Corte territoriale di Napoli, atteso che per costante giurisprudenza di questa Corte, è comunque inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Corte di cassazione, Sezione III penale, 18 novembre 2019, n. 46588, rv 277281; Corte di cassazione, Sezione II penale, 13 agosto 2019, n. 35949, rv 276745).
Passando, quindi ai motivi di censura aventi un contenuto di carattere sostanziale e non processuale, si rileva che anche il terzo motivo di ricorso è privo di pregio; la sentenza della Corte territoriale ha evidenziato che i COGNOME, nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, aveva eseguito una serie di compensazioni di ritenute di acconto ai sensi dell’art. 17 del dlg n. 241 del 1997, per un importo superiore a 50.000,00 euri (limite costituente la soglia di punibilità del reato in questione); siffatte compensazioni dovevano
intendersi riferite a crediti inesistenti in quanto non oggetto di apposit dichiarazione.
Una tale affermazione è stata contestata dalla difesa del ricorrente, ma ciò è stato fatto sulla base di mere allegazioni di segno contrario all motivazione della sentenza; ha riferito il ricorrente che il contenuto di tal allegazioni sarebbe riconducibile a quanto dichiarato in dibattimento da uno dei testi dell’accusa esaminato, si tratta di un funzionario della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe.
Tale indicazione, però, è stata formulata senza considerare che le dichiarazioni della predetta funzionaria – la cui interpretazione non è suscettibile di essere sindacata laddove non ci si trovi di fronte ad una ipotesi non prospettata nell’occasione, di pieno ed oggettivo materiale travisamento di quanto da quella detto – già sono state esaminate dalla Corte di Napoli la quale ha rilevato come, alla luce RAGIONE_SOCIALE stesse non era stato possibile rilevare l’esistenza di alcun credito di imposta in favore del COGNOME che potesse formare oggetto della operata compensazione.
Quanto al quarto motivo di ricorso, con il quale si lamenta la circostanza che in sede di gravame non sia stata accolta la istanza volta ad introdurre, previa riapertura della istruttoria dibattimentale, una perizia volta a accertare l’esatto ammontare RAGIONE_SOCIALE compensazioni operate dal COGNOME ovvero a risentire la citata funzionaria della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe, va ribadita la costante giurisprudenza di questa Corte in punto di eccezionalità dell’espletamento di attività istruttoria in grado di appello ulteriore rispett quella già svolta in primo grado e sulla ampia discrezionalità che sul punto ha il giudice del gravame, tale da comportare la insindacabilità della relativa scelta laddove la stessa non sia stata motivata in termini di manifesta illogicità (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 22 ottobre 2018, n. 48093, rv 274230).
Deve, peraltro, osservarsi quanto al caso di specie la assoluta genericità della impugnazione – tale da determinarne di per sé sul punto la inammissibilità – in relazione sia all’oggetto della eventuale perizia da svolgersi sia, in particolare, in relazione ai temi sui quali la teste gi precedenza esaminata avrebbe dovuto nuovamente deporre in giudizio.
Né una tale critica, cioè di manifesta illogicità, trova giustificazione nell fattispecie nella quale, come erroneamente sostenuto dal ricorrente, la Corte avrebbe considerato non necessaria la riaudizione della ricordata funzionaria
in quanto la stessa avrebbe deposto di fronte al Tribunale in merito alla documentazione che è stata, invece, depositata in atti successivamente alla audizione di quella.
I giudici della Corte territoriale partenopea hanno semplicemente rilevato che non occorreva risentire la funzionaria in questione, atteso che la documentazione depositata successivamente all’esame della stessa svolto in primo grado nulla aggiungeva di rilevante rispetto a quanto la medesima aveva già detto – sebbene ovviamente senza confrontarsi direttamente con tale documentazione – in ordine alla metodologia ed agli esiti dell’accertamento eseguito in sede propriamente tributaria; in tal modo la Corte territoriale ha sostenuto, sia pure in termini impliciti, la irrilevanza de detta documentazione a fronte di quanto, sia sotto il profilo documentale che sotto quello testimoniale, già era stato acquisito agli atti al momento della presentazione di essa.
Anche il quinto motivo di doglianza, relativo al trattamento sanzionatorio, è inammissibile.
Quanto all’asserita contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata il relazione alla determinazione da una parte della pena nel minimo edittale ed alla esclusione dall’altra RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche s rileva che è la doglianza ad essere manifestata in termini chiaramente irragionevoli, posto che l’eventuale accoglimento della stessa postulerebbe l’accoglimento di un assiomatico principio, dal contenuto peraltro paradossale, secondo il quale, una volta contenuta nel minimo edittale la pena ritenuta congrua, essa, presentata come congrua nella misura irrogata, dovrebbe essere automaticamente corredata RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche che, determinando (sia pure in misura minore al massimo astrattamente possibile) necessariamente un abbattimento di pena, farebbero venire meno non solo la congruità nel minimo edittale della individuazione della pena operata dal giudice nel caso sottoposto alla sua attenzione per lo specifico reato per il quale è stata irrogata la condanna in esame, ma renderebbe persino ingiustificata la astratta comminatoria della misura del minimo edittale formulata dal legislatore per un determinato reato, posto che, dovendo la condanna alla pena minima essere sempre accompagnata dalla attribuzione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche, la pena, anche se determinata nel minimo, dovrebbe – sia pure in varia misura – essere, sempre e comunque, abbattuta rispetto a quella già prevista come astrattamente congrua nel suo minimo dal legislatore.
Evidente è la inaccoglibilità della tesi avanzata dalla ricorrente difesa in relazione alla pretesa contraddittorietà della motivazione della sentenza che, pur riconosciuta la pena nel minimo edittale, abbia escluso, in assenza RAGIONE_SOCIALE ragioni che autonomamente la avrebbero giustificata, la attribuzione al condannato RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche.
In ordine, infine, alla inesistenza degli elementi di per sì legittimanti i riconoscimento RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche in favore del COGNOME, è sufficiente rilevare, in tale senso segnalando la inammissibilità per aspecificità sul punto della doglianza, che, avendo la Corte di merito rilevato che non erano emersi “dagli atti elementi suscettibili di positivo apprezzamento o benevola valutazione”, sarebbe stato onere del ricorrente evidenziare quale di questi elementi egli aveva, invece, portato all’attenzione dei giudici del merito e che questi non aveva considerato ovvero aveva malamente considerato come non tale da determinare il riconoscimento del beneficio in questione.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile in toto ed il ricorrente va condannato, alla luce dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di 3.000,00 euri in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2024
Il AVV_NOTAIO estensore