Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38796 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38796 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2024
SENTENZA
C’6», 22 OTT. 2024
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Agnone (Cb) il DATA_NASCITA;
NOME avverso la sentenza n. 2034/2023 della Corte di appello di Brescia del 18 sett GLYPH bre 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza ed il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
lette, altresì, le conclusioni rassegnate per il ricorrente, dall’AVV_NOTAIO], del fo di Bergamo, con le quali si è insistito per l’accoglimento del ricorso.
.. GLYPH
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 18 settembre 2023 la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza con la quale il precedente 22 dicembre 2022 il Tribunale di Bergamo – dichiarata la penale responsabilità di COGNOME NOME in ordine al reato di cui all’art. 10 -quater, comma 2, del dlgs n. 74 del 2000, per avere, in concorso con COGNOME NOME (la quale è stata, tuttavia dalla imputazione a lei contestata) e nella qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, omesso di versare le imposte dovute per l’anno 2018 e per l’anno 2019 utilizzando, per ciascuna delle due annate di imposta, in compensazione crediti inesistenti ed in ordine al reato di cui all’art. 5 del dlgs n. 74 del 2000, per avere, sempre in concorso con COGNOME NOME (anche in questo caso mandata assolta già in primo grado) omesso di presentare la dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2017, in tale modo evadendo le imposte per un ammontare pari ad euri 63.888,71, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, ivi compresa la confisca della complessiva somma di euri 275.583,98, ritenuta il profitto conseguito per effetto dei reati commessi, da eseguirsi, in via diretta, sui beni facenti capo alla RAGIONE_SOCIALE o, in caso di incapienza, per equivalente sui beni del COGNOME NOME .
Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE, articolando tre motivi di ricorso.
Il primo concernente il vizio di motivazione e di travisamento dei fatti in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi, oggettivo e soggettivo, necessari ai fini della integrazione del reato in contestazione relativi alla violazione dell’art. 10 -quater del dlgs n. 74 del 2000.
Il successivo motivo ha ad oggetto la violazione o la falsa applicazione della legge penale, avendo la Corte territoriale omesso di motivare in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati di cui al capo c) della contestazione mossa al COGNOME (l’intestazione del motivo fa riferimento anche al capo b, ma le argomentazioni concernono esclusivamente il capo c).
Il terzo motivo attiene alla violazione della legge penale in relazione alla conferma della confisca della somma di danaro, pari ad euri 275.583,98, disposta a carico dell’odierno ricorrente; ha osservato il ricorrente che la misura ha ad oggetto i beni nella disponibilità del prevenuto, sicchè gli stessi potrebbero anche essere nella legale proprietà di terzi estranei ai fatti, sebbene nella sua disponibilità
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile e, pertanto, per tale esso va t=1:0dichiarato.
Quanto al primo motivo di impugnazione si rileva che in sede di merito la piena consapevolezza della insussistenza dei crediti verso l’Erario da questo portati in compensazione è stata ragionevolmente desunta dal fatto che il COGNOME non era stato in grado di chiarire, fornendone la prova, quale fosse stata la fonte di tali crediti; tanto più vale il ragionamento esposto in sede di merito ove si rifletta sulla circostanza che il contratto di cessione di crediti fiscali è contratto subordinato a determinati oneri di forma e di procedimento, di tal che non è ammissibile che lo stesso non abbia a sostegno della sua esistenza ed efficacia una specifica documentazione che sarebbe stato, in questo caso, onere del COGNOME esibire; quanto all’elemento soggettivo, cioè il fine di evadere il Fisco, esso è stato ritenuto, con motivazione esente da censure, sulla base della circostanza legata all’avvenuta indicazione nel modello F24 presentato nell’interesse del COGNOME, a compensazione di debiti tributari (e pertanto all’evidente scopo di sottrarsi al pagamento dei medesimi) di crediti privi di effettività.
Riguardo al successivo motivo osserva la Corte che anche in questo caso gli argomenti difensivi presentati dal ricorrente sono privi di pregio; infatti, la circostanza che questi si fosse affidato ad un commercialista per l’esecuzione degli adempimenti fiscali inerenti alla presentazione della relativa dichiarazione non lo esenta, una volta che tale adempimento (che comunque avrebbe preteso anche la sua partecipazione all’atto) era stato omesso, dalla sua diretta responsabilità.
Né ha rilievo la circostanza che la dichiarazione sia stata successivamente presentata, posto che la consumazione del reato si ha costituendo le condotte successive fattori non incidenti sull’avvenuto perfezionamento del reato – alla infruttuosa scadenza del termine, anche prorogato ai sensi di legge, previsto per la presentazione dell’atto in questione; ritenere, come pretende il ricorrente, che l’avvenuta presentazione tardiva della dichiarazione costituisca fattore determinante ai fini della dimostrazione della carenza dell’elemento soggettivo del reato omissivo in contestazione equivarrebbe, di fatto, ad ammettere una sorta di sanatoria postuma di condotte illecite che, non essendo stata prevista dal legislatore, non è ammissibile che sia introdotta per via giudiziaria.
In ordine, infine, al terzo motivo di ricorso, il fatto, denunziato d ricorrente, secondo il quale, essendo stata disposta la confisca in relazione beni non necessariamente nella “proprietà” del COGNOME ma anche solo nella sua “disponibilità” (come, peraltro, espressamente, prevede la lettera dell’art. 12 bis del dlgs n. 74 del 2000), essa potrebbe incidere, in senso pregiudizievole, sul patrimonio di terzi estranei ai fatti (ed al processo) è fattore che, oltr essere allo stato meramente ipotetico (dovendo semmai esso formare oggetto, come puntualmente rilevato dalla Corte territoriale, di eventuali incidenti afferenti alla fase di esecuzione della sentenza emessa a carico dell’odierno ricorrente), esula dalla sfera di interesse del prevenuto, essend semmai, interesse del soggetto che, professandosi terzo rispetto al procedimento, affermi di essere stato leso nei suoi diritti dalla esecuzione de provvedimento ablatorio.
Nessuna contraddittorietà è riscontrabile nella motivazione della sentenza della Corte bresciana, in quanto, come chiarito nella motivazione del provvedimento impugnato, il motivo di impugnazione presentato dalla difesa appellante è stato, nei fatti, ritenuto inammissibile (sebbene nella sentenza parli di doglianza posta “all’evidenza al limite della inammissibilità”, è chia che la collocazione è sì al limite, ma a quello esterno rispetto a ammissibilità della censura), stante la sua mera ipoteticità che, ove suffragat da elementi di maggiore certezza, potrà, semmai, formare oggetto, come già rilevato, di questione in sede di esecuzione della sentenza.
Il ricorso deve, in definitiva, essere dichiarato inammissibile ed i ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il AVV_NOTAIO