Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1648 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1648 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale di Roma nel procedimento nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME nato a San Giovanni Incarico il 16/08/1961
avverso la sentenza del 09/01/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; vista la memoria depositata dall’avvocato NOME COGNOME nell’interesse del responsabile civile Unione dei Comuni RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione; vista la memoria depositata dall’avvocato NOME COGNOME COGNOME difensore di COGNOME NOME;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito l’avvocato NOME COGNOME sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME in proprio in qualità di legale rappresentante pro-tepore della parte civile Integra RAGIONE_SOCIALE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’avvocato NOME COGNOME in difesa del responsabile civile Unione dei RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
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uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME difensore di COGNOME NOMECOGNOME che hanno concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o che sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
L’imputato è stato tratto a giudizio per più episodi di concussione, legati dal vincolo della continuazione, commessi tra il 2013 e il 2017, in qualità di Presidente dell’Unione di Comuni “RAGIONE_SOCIALE“, perché prospettando a NOME COGNOME, legale rappresentante della cooperativa sociale “RAGIONE_SOCIALE“, cui l’Unione aveva affidato il progetto di accoglienza degli stranieri richiedenti asilo, il mancato pagamento delle fatture per l’attività svolta e reiteratamente minacciandolo, lo costringeva a consegnargli la somma complessiva di euro 250.000 e ad assumere alle dipendenze della cooperativa una serie di persone che, in realtà, non prestavano servizio per la stessa.
Il Tribunale di Cassino ha ritenuto l’imputato responsabile dei reati ascrittigli, previa riqualificazione della prima dazione di denaro nel delitto di cui all’art. 319 cod. pen.
La Corte di appello di Roma, in riforma di tale sentenza, ha assolto l’imputato dai reati a lui ascritti perché il fatto non sussiste.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione, in relazione all’assoluzione dal reato di cui all’art. 319 cod. pen., per il quale in primo grado era intervenuta condanna.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione all’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. in quanto la Corte ha erroneamente ritenuto che la riqualificazione della prima dazione di denaro come corruzione implichi la necessità di valutare le dichiarazioni rese dalla persona offesa, in qualità di teste, con i parametri previsti per il chiamante in correità. Nella prospettazione del Procuratore generale, l’inesistenza di un intento calunnioso o di elementi che possano minare la credibilità soggettiva di NOME COGNOME si desume, in primo luogo, dalla genesi delle sue dichiarazioni (egli è stato sentito a sommarie informazioni dalla polizia giudiziaria “a sorpresa”, a seguito di informazioni ricevute da una fonte confidenziale) e, in secondo luogo, oti· dal fatto che non aveva alcun interesse a descrivere le dazioni 1 dirTaro successive
alla prima come conseguenti a minaccia, perché, se così fosse stato, avrebbe potuto dichiarare che anche la prima dazione era stata ottenuta in tale modo.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’illogicità della motivazione in relazione al ritenuto contrasto tra la deposizione della persona offesa e quella dei militari della guardia di finanza a cui sono stati, per la prima volta, prospettati fatti. La Corte ha, infatti, omesso di considerare che uno dei due finanzieri escussi ha riferito che la persona offesa si trovava in evidente stato di ansia e di preoccupazione al momento dell’incontro, sintomo inequivoco dello stato di assoggettamento nei confronti dell’imputato.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce l’illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta inattendibilità del teste NOME COGNOME in ragione del contrasto tra le sue dichiarazioni e quelle dei militari della guardia di finanza. La Corte, nella prospettazione del ricorrente, ha omesso di considerare, da un lato, la genesi delle dichiarazioni della persona offesa, che esclude che esse possano essere state concordate, e, dall’altro, una intercettazione valorizzata dal giudice di primo grado, in cui il teste COGNOME e NOME COGNOME parlano in modo espresso di minacce ricevute dall’imputato.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di illogicità manifesta della motivazione in relazione alla valutazione di non attendibilità della teste NOME COGNOME, madre dell’imputato, sotto plurimi profili: a) non è inverosimile che la donna si sia recata alle Poste per cambiare in euro i risparmi accumulati in lire da consegnare al figlio, in quanto l’art. 3, comma 1-bis, I. n. 96 del 1997 consentiva detto cambio non solo presso le filiali della Banca d’Italia ma, per un intero anno, dall’01/01/2002 al 01/01/2003, anche presso gli Uffici postali; b) il quantitativo di volta in volta cambiato è stato indica solo in modo esemplificativo; c) la sua deposizione in relazione all’episodio del settembre 2017 non è in contrasto con quella di NOME COGNOME, moglie della persona offesa, ed è conforme a quella del teste NOME COGNOME; d) le modalità rhurt. di gestione dei risparmi sono riscontrate dalle sommarie informazion a NOME COGNOME, acquisite ex art. 512 cod. proc. pen.
2.6. Con il sesto motivo di ricorso si deduce il vizio di illogicità manifesta della & motivazione in relazione alla ricostruzione dell’episodio del settembre 2017, rispetto al quale le dichiarazioni delle testi NOME COGNOME e NOME COGNOME sono perfettamente concordanti con quelle della persona offesa.
2.7. Con il settimo motivo di ricorso si deducono i vizi di travisamento della prova e illogicità manifesta della motivazione in relazione all’assunzione ingiustificata di lavoratori alle dipendenze della cooperativa e al reintegro nel posto di lavoro di NOME COGNOME che la Corte ha erroneamente ritenuto non essere correlati a minacce profferite dall’imputato.
2.8 Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce l’illogicità manifesta della motivazione in relazione alla ritenuta irrilevanza dell’intensificarsi dei contatt telefonici tra imputato e persona offesa in corrispondenza dei pagamenti alla cooperativa RAGIONE_SOCIALE da parte dell’Unione di Comuni o della Prefettura per le prestazioni rese.
Il difensore del responsabile civile ha depositato memoria con la quale confuta i singoli motivi di impugnazione chiedendo che il ricorso sia rigettato.
I difensori dell’imputato hanno depositato due memorie, con cui si rileva l’inammissibilità dei singoli motivi di impugnazione e si chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va in primo luogo esaminato, per priorità logica, il secondo motivo di impugnazione, relativo ai criteri di valutazione della deposizione di NOME COGNOME sentito in dibattimento come persona offesa del delitto di concussione.
Il Procuratore generale rileva che erroneamente la Corte di appello ha applicato alle sue dichiarazioni la regola di giudizio di cui all’art. 192, comma 3, cod. proc. pen.
La censura è manifestamente infondata.
La Corte ha, infatti, richiamato l’orientamento di legittimità, secondo cui le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, precisando che, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012. Bell’Arte, Rv. 253214).
Di tali criteri la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione, rilevando che l’istruttoria dibattimentale ha evidenziato diversi elementi di forte criticità i ordine alla credibilità di NOME COGNOME e all’attendibilità intrinseca del suo racconto,
«sì da rendere indispensabile l’acquisizione di riscontri esterni al fine di ritenere provati, al di là di ogni ragionevole dubbio, i fatti contestati a COGNOME NOME».
Sono stati, quindi, analizzati gli elementi che incidono negativamente sulla credibilità soggettiva della persona offesa, ritenendo che «alla luce delle diverse contraddizioni, anche su aspetti certamente non marginali della vicenda» si rendesse necessario acquisire riscontri esterni al suo narrato «con specifico riguardo alle minacce subite ad opera dell’imputato e al denaro corrisposto di conseguenza».
La necessità di riscontri, quindi, non deriva dall’applicazione della regola di giudizio di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen. ma dalle contraddizioni in cui è incorsa la persona offesa, che mettono in dubbio la sua attendibilità.
Il Procuratore generale contesta il giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni di NOME COGNOME adducendo una serie di elementi che condurrebbero a ritenerlo, diversamente d quanto opinato dalla Corte, pienamente credibile.
Sul punto va ribadito che è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova.
In tema di motivi di ricorso per cassazione, infatti, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà, su aspetti essenziali tali da imporre divers conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747).
Nel caso di specie il ricorrente /pur evocando vizi della motivazione, ha di fatto sollecitato una inammissibile rilettura delle prove acquisite in dibattimento.
La sentenza impugnata ritiene non credibile la persona offesa in quanto incorsa in plurime contraddizioni, relative: a) alla dichiarazione di aver effettuato la prima dazione di 5.000 euro pensando di dover contribuire, dopo l’aggiudicazione del contratto, all’Unione dei Comuni con una erogazione liberale, quando invece è risultato che era ben consapevole di aver costituito la cooperativa su iniziativa dei soggetti al vertice dell’ente locale e di aver ottenuto la prima aggiudicazione tramite affidamento diretto con la promessa di un pagamento anticipato del corrispettivo in violazione dei principi di evidenza pubblica; b) al cambio di
versione in merito al motivo delle minacce subite nel settembre del 2017; c) al contrasto con le dichiarazioni dei militari della Guardia di finanza in ordine al contenuto delle dichiarazioni loro informalmente rese nel novembre 2017; d) alla incoerenza tra la dedotta grave difficoltà economica determinata dalle pretese dell’imputato e la circostanza che nel medesimo arco temporale la persona offesa ha acquistato diverse automobili anche di lusso e un villino al mare.
Tale motivazione, logica e immune da vizi, si sottrae al sindacato di legittimità.
3. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La condanna in primo grado per la prima dazione di denaro all’imputato, e la riqualificazione del fatto come corruzione, erano basate esclusivamente sulle dichiarazioni di NOME COGNOME Come sopra detto, il giudice di appello ha ritenuto che le plurime contraddizioni e l’assenza di riscontri non consentissero di ritenerlo attendibile e tale giudizio ha fatto venir meno la prova del reato di corruzione.
Il terzo e il quarto motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente e sono manifestamente infondati, in quanto versati in fatto.
Dalla sentenza emerge che mentre la persona offesa in dibattimento ha dichiarato di aver riferito alla Guardia di finanza, in occasione del primo incontro, sia delle minacce che delle dazioni di denaro, i finanzieri hanno riferito di un racconto piuttosto generico e vago in ordine a ritardi e ostacoli nel pagamento delle fatture della cooperativa, che si trovava in difficoltà economiche.
Le dichiarazioni del teste COGNOME in merito al contenuto di tale incontro sono conformi a quelle della persona offesa, ma sono smentite dai militari.
Anche il quinto motivo di ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
La Corte ha motivato in relazione alla scarsa attendibilità della madre della persona offesa sotto una pluralità di profili, che non sono scalfiti dalle censure del ricorrente, che tendono ad una diversa lettura delle sue dichiarazioni.
La sentenza impugnata ha valorizzato la circostanza che, subito dopo essere stata sentita in sede di indagini preliminari, la donna si è sentita telefonicamente con il figlio e gli ha riferito, ridendo, la sarcastica risposta fornita ai carabinieri le chiedevano conto della disponibilità di una ingente somma di denaro, così dimostrando di essersi presa gioco di loro. È stata, inoltre, ritenuta del tutto inattendibile la dichiarazione di aver provveduto a convertire in euro, presso gli Uffici postali, i risparmi accumulati in lire e detenuti in casa (del resto, tal operazione è stata possibile solo per un limitato periodo di tempo, dall’01/01/2002 al 01/01/2003, ben precedente a quello oggetto dei fatti di causa).
6. Il sesto, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso sono inammissibili, in quanto tendono a ottenere una valutazione del materiale probatorio diversa da quella effettuata, con motivazione logica e immune da vizi, dalla Corte di appello, secondo cui: a) NOME COGNOME e NOME COGNOME non sono credibili perché hanno reso in dibattimento dichiarazioni contrastanti con quelle rese in fase di indagini preliminari; b) l’assunzione ingiustificata di lavoratori è stata ritenuta irrilevante perché non è provato che sia avvenuta per effetto di minacce ricevute dall’imputato; c) non è provato che l’imputato conoscesse le date in cui la Prefettura effettuava i pagamenti delle fatture emesse dalla cooperativa, con cui aveva un rapporto diretto, mentre il dato ricavabiletiall’esame incrociato delle telefonate e delle date dei pagamenti da parte dell’Unione dei Comuni non è significativo (essendo riferito a soli nove bonifici, per alcuni dei quali non sono nemmeno state registrate telefonate da parte dell’imputato).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 21/11/2024.