Credibilità della vittima: i limiti invalicabili per il ricorso in Cassazione
La valutazione della credibilità della vittima è un pilastro fondamentale del processo penale, ma quali sono i confini entro cui può essere contestata? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 34865/2024) offre un’importante lezione sui limiti del sindacato di legittimità, ribadendo un principio consolidato: l’analisi dell’attendibilità di un testimone è una prerogativa esclusiva del giudice di merito. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche di tale principio.
I fatti del processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che aveva confermato una condanna. L’imputata, ricorrente in Cassazione, sollevava diverse doglianze, incentrate principalmente sulla presunta inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e sulla carenza di motivazione riguardo alla sussistenza del reato contestato (art. 646 c.p., appropriazione indebita).
Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nel fondare l’affermazione di responsabilità sulle sole dichiarazioni della vittima, senza considerare alcuni profili di incongruenza. Inoltre, si contestava la motivazione della sentenza impugnata, ritenendola insufficiente e meramente reiterativa di argomenti già respinti in precedenza.
La decisione della Suprema Corte e la valutazione della credibilità della vittima
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi sollevati. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati che delineano nettamente la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
I giudici hanno sottolineato come le doglianze relative all’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa si risolvessero, in realtà, in una richiesta di rivalutazione del merito, attività preclusa in sede di legittimità. La Suprema Corte non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge.
Le motivazioni
L’ordinanza ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni dell’inammissibilità. In primo luogo, la Corte ha ribadito che le dichiarazioni della persona offesa possono legittimamente essere poste a fondamento di una sentenza di condanna. Il giudice di merito ha il compito di valutarne la credibilità con un vaglio critico rigoroso, e la Corte d’Appello, nel caso di specie, aveva specificamente motivato le ragioni per cui riteneva irrilevanti le presunte incongruenze evidenziate dalla difesa.
In secondo luogo, la Cassazione ha richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 41461/2012), secondo cui la valutazione della credibilità della vittima è una questione di fatto con una propria ‘chiave di lettura’ nel compendio motivazionale del giudice. Tale valutazione non può essere riesaminata in Cassazione, a meno che non emergano manifeste contraddizioni o illogicità nella motivazione, cosa non riscontrata nel provvedimento impugnato.
Infine, gli altri motivi di ricorso sono stati ritenuti manifestamente infondati o inammissibili perché tendevano a ottenere una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, proponendo criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice. Questo, come affermato dalla giurisprudenza costante, esula dai poteri della Corte di Cassazione.
Le conclusioni
La decisione in esame rappresenta un importante promemoria sulla funzione e sui limiti del ricorso per Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione delle prove fatta dal giudice di primo o secondo grado per ottenere un annullamento della sentenza. Il ricorso deve essere fondato su vizi di legittimità, come l’errata applicazione di una norma di legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria. Qualsiasi tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti si scontra con il muro dell’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Una condanna può basarsi solo sulle dichiarazioni della persona offesa?
Sì, secondo quanto affermato nell’ordinanza, le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale, a condizione che il giudice ne abbia valutato attentamente l’attendibilità e la credibilità.
È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione di credibilità di un testimone fatta da un altro giudice?
No, la valutazione della credibilità dei testimoni e della persona offesa è una questione di fatto riservata al giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice presenta manifeste contraddizioni o illogicità, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del tribunale o della corte d’appello.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34865 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34865 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., è manifestamente infondato posto che le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità e che la Corte ha specificamente motivato in ordine dei profili di incongruenza ritenendoli irrilevanti a pagina 3 della sentenza impugnata. A ciò si aggiunga che le doglianze relative all’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa sono inammissibili in quanto si risolvono in valutazioni di merito, dovendosi ricordare che ogni vaglio critico circa il giudizio di attendibilità del deposizione della persona offesa ovvero dei testimoni è precluso innanzi alla Suprema Corte in ossequio al principio incontroverso in giurisprudenza secondo il quale la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (in tal senso cfr. Sezioni Unite, Sentenza n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, in motivazione). Contraddizioni che non si rinvengono nella motivazione della sentenza in esame.
considerato che il secondo motivo di ricorso che contesta l’insufficienza della motivazione quanto alla sussistenza del reato cui all’art. 646 cod. pen. è manifestamente infondato alla luce delle circostanze di fatto esposte dalla sentenza a pagina 4;
considerato che il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto reiterativo di argomenti già disattesi dal giudice di appello che nel caso di specie ha esposto le condizioni in cui venne rinvenuto l’immobile a pagina 4 della sentenza impugnata;
considerato che il quarto motivo di ricorso che lamenta carenza di motivazione, non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, i particolare, pag. 4;
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è . , in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, de 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2 O4
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Il Consigliere Estensore
Il Presidente