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Credibilità vittima: Cassazione e ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una condanna per appropriazione indebita. L’ordinanza ribadisce che la valutazione sulla credibilità della vittima spetta al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, salvo palesi contraddizioni. I motivi basati su una diversa ricostruzione dei fatti sono stati respinti, confermando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Credibilità della vittima: i limiti invalicabili per il ricorso in Cassazione

La valutazione della credibilità della vittima è un pilastro fondamentale del processo penale, ma quali sono i confini entro cui può essere contestata? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 34865/2024) offre un’importante lezione sui limiti del sindacato di legittimità, ribadendo un principio consolidato: l’analisi dell’attendibilità di un testimone è una prerogativa esclusiva del giudice di merito. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche di tale principio.

I fatti del processo

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che aveva confermato una condanna. L’imputata, ricorrente in Cassazione, sollevava diverse doglianze, incentrate principalmente sulla presunta inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e sulla carenza di motivazione riguardo alla sussistenza del reato contestato (art. 646 c.p., appropriazione indebita).

Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nel fondare l’affermazione di responsabilità sulle sole dichiarazioni della vittima, senza considerare alcuni profili di incongruenza. Inoltre, si contestava la motivazione della sentenza impugnata, ritenendola insufficiente e meramente reiterativa di argomenti già respinti in precedenza.

La decisione della Suprema Corte e la valutazione della credibilità della vittima

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi sollevati. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati che delineano nettamente la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.

I giudici hanno sottolineato come le doglianze relative all’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa si risolvessero, in realtà, in una richiesta di rivalutazione del merito, attività preclusa in sede di legittimità. La Suprema Corte non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge.

Le motivazioni

L’ordinanza ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni dell’inammissibilità. In primo luogo, la Corte ha ribadito che le dichiarazioni della persona offesa possono legittimamente essere poste a fondamento di una sentenza di condanna. Il giudice di merito ha il compito di valutarne la credibilità con un vaglio critico rigoroso, e la Corte d’Appello, nel caso di specie, aveva specificamente motivato le ragioni per cui riteneva irrilevanti le presunte incongruenze evidenziate dalla difesa.

In secondo luogo, la Cassazione ha richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 41461/2012), secondo cui la valutazione della credibilità della vittima è una questione di fatto con una propria ‘chiave di lettura’ nel compendio motivazionale del giudice. Tale valutazione non può essere riesaminata in Cassazione, a meno che non emergano manifeste contraddizioni o illogicità nella motivazione, cosa non riscontrata nel provvedimento impugnato.

Infine, gli altri motivi di ricorso sono stati ritenuti manifestamente infondati o inammissibili perché tendevano a ottenere una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, proponendo criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice. Questo, come affermato dalla giurisprudenza costante, esula dai poteri della Corte di Cassazione.

Le conclusioni

La decisione in esame rappresenta un importante promemoria sulla funzione e sui limiti del ricorso per Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione delle prove fatta dal giudice di primo o secondo grado per ottenere un annullamento della sentenza. Il ricorso deve essere fondato su vizi di legittimità, come l’errata applicazione di una norma di legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria. Qualsiasi tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti si scontra con il muro dell’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Una condanna può basarsi solo sulle dichiarazioni della persona offesa?
Sì, secondo quanto affermato nell’ordinanza, le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale, a condizione che il giudice ne abbia valutato attentamente l’attendibilità e la credibilità.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione di credibilità di un testimone fatta da un altro giudice?
No, la valutazione della credibilità dei testimoni e della persona offesa è una questione di fatto riservata al giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice presenta manifeste contraddizioni o illogicità, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del tribunale o della corte d’appello.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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