Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27027 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27027 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Loreto il 26/08/1951
avverso la sentenza del 19/11/2024 della Corte d’appello di Ancona Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
rilevato che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1bis e ss. cod. proc. pen.
Il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME con requisitoria scritta, concludeva per la inammissibilità del ricorso.
Il difensore d ell’imputato ricorrente , Avv. NOME COGNOME concludeva con memoria scritta per l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Ancona confermava la condanna di NOME COGNOME per i reati (a) di usura ed estorsione continuate nei confronti di NOME COGNOME, (b) di usura continuata nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME
Disponeva la confisca ed il pagamento della provvisionale.
Contro tale sentenza ricorreva per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
2.1. violazione di legge (artt. 644, 629 cod. pen.) e vizio di motivazione in
ordine alla valutazione della capacità dimostrativa dei contenuti accusatori provenienti dalle dichiarazioni delle persone offese.
Con riferimento alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME si deduceva: (a) che sarebbe stata illegittimamente utilizzata ai fini della decisione la denuncia del 4 novembre 2016; (b) che le dichiarazioni non avrebbero trovato alcuna conferma, tenuto conto che lo stesso aveva fornito indicazioni generiche sia circa il tempo in cui sarebbe stato consegnato il denaro sia circa lo sviluppo della condotta estorsiva; (c) non costituirebbero conferme alla dichiarazione contestata né la relazione del personale di polizia giudiziaria che assistette all’incontro in cui l’offeso avrebbe consegnato una somma di denaro all’imputato, né le due transazioni Western Union a favore del Guarnieri.
In sintesi, si deduceva che non vi sarebbe prova dell’effettiva consegna da parte del COGNOME del denaro corrispondente agli interessi usurai, tenuto conto che nessuno sarebbe stato presente agli incontri (che si sarebbero protratti per tre anni) e che non vi sarebbe alcuna prova della consegna di denaro al COGNOME da parte dei suoi genitori che sarebbe stata necessaria per consentire all’offeso di pagare le somme richiesta dal ricorrente.
Peraltro, non vi sarebbe prova che nell’arco di tempo in cui si sarebbe sviluppata l’usura – dal 2012 al 2016 – il COGNOME avesse la disponibilità delle somme che si assumono date in prestito.
Con riferimento alle dichiarazioni di NOME COGNOME si deduceva che le stesse non sarebbero credibili in quanto questi: (a) non avrebbe collocato temporalmente la data della consegna della somma di denaro costituente il capitale del prestito usuraio; (b) non avrebbe quantificato il suo esatto ammontare. Invero l’offeso collocherebbe il prestito negli anni 2014 – 2015, con versamento in più soluzioni, senza indicare né l’ammontare esatto delle somme versate e degli interessi, né il periodo nel quale sarebbe stato effettuato il versamento.
Si allegava, inoltre, che le dichiarazioni relative alla consegna in garanzia di un camper non avrebbero trovato conferme extradichiarative.
Si deduceva, infine, che il COGNOME avrebbe escluso di aver inviato alla polizia una lettera per denunciare i fatti, in contrasto con quanto dichiarato dal verbalizzante COGNOME all’udienza del 2 febbraio 2022. Quanto alla ipotetica consegna di cambiali il teste non ricordava nulla.
Con riferimento alle dichiarazioni di NOME COGNOME la credibilità sarebbe inficiata dal fatto che non sarebbe emersa la prova del versamento degli interessi usurai. Alle domande del difensore il COGNOME avrebbe, infatti, risposto che, dopo aver versato denaro dal giugno al novembre del 2016, nel 2017, lo stesso si sarebbe risolto a sporgere denuncia, sicché era ragionevole pensare che avesse
restituito solo il capitale.
Si deduceva, infine, che il ricorrente avrebbe i negato di avere ricevuto delle somme di denaro funzionali a versare una caparra per l’acquisto di un appartamento.
Da ultimo, si contestava la mancata valorizzazione delle dichiarazioni del l’imputato.
2.1.1. Il primo motivo di ricorso non supera la soglia di ammissibilità in quanto si risolve nella richiesta di un integrale rivalutazione delle prove che le due sentenze conformi di merito hanno posto a fondamento del giudizio di responsabilità, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del Giudice di legittimità.
2.1.2. Il Collegio rileva, inoltre, che le doglianze proposte si appuntano principalmente contro la valutazione di credibilità dei contenuti accusatori riversati nel processo dalle persone offese che, come affermato dalle Sezioni Unite ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ possono essere poste anche da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità, salvo il maggior rigore dei controlli quando l’offeso si costituisca parte civile (Sez . U, n. 41461 del 19/07/2012, B ell’Arte, Rv. 253214-01).
Nel dettaglio, il ricorrente ha contestato la motivazione posta a fondamento della conferma della responsabilità per il reato di usura consumato ai danni di NOME COGNOME.
Si tratta di doglianza manifestamente infondata che reitera le censure proposte con la prima impugnazione.
Invero, con riferimento al tema dell’ utilizzo della denuncia del 4 novembre 2016 la Corte d’appello legittimamente rilevava che la denuncia non si trovava in atti e che, comunque, il primo giudice aveva valorizzato accuratamente la progressione dichiarativa, anche tenuto conto delle contestazioni che avevano aiutato il COGNOME a riempire i vuoti di memoria durante la deposizione dibattimentale.
Si rilevava, inoltre, che le dichiarazioni contestate risultavano confermate ab externo da quando direttamente osservato dal personale di polizia giudiziaria, dalla testimonianza del datore di lavoro del COGNOME e dalle due transazioni della ‘W estern Union ‘ (effettuate dal COGNOME a l ricorrente), oltre che dall’agenda sequestrata il 5 dicembre 2016 che recava cifre e nomi relativi ai rapporti usurai instaurati (pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata).
Il ricorrente ha contestato altresì la motivazione posta a fondamento del riconoscimento del rapporto usuraio instaurato con NOME COGNOME e NOME COGNOME La Corte rilevava la difficoltà della progressione dichiarativa caratterizzata dall’inversione di vuoti di memoria che venivano superati
attraverso le contestazioni. Emergeva, quindi, che il COGNOME aveva ricevuto o in prestito dall’imputato duemilacinquecento euro, pattuendo interessi mensili per settecento euro ed aveva offerto in garanzia la sottoscrizione di cambiali ed il possesso di un camper. Anche COGNOME aveva ammesso di avere ricevuto soldi in prestito dal COGNOME per un ammontare di millecinquecento euro con interessi mensili da centocinquanta euro, lievitati fino all’importo di euro quattrocentocinquanta al mese (pag.7 della sentenza impugnata).
Si osserva, a margine, che poiché l’usura è un reato che si consuma anche solo con la pattuizione, non ha pregio la allegazione difensiva volta a sostenere che il Marziale avrebbe restituito solo il capitale.
2.2. Con il secondo motivo si deduceva violazione di legge (artt. 240, 644 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla quantificazione del profitto posto a fondamento della confisca: non sarebbe stata provata la consegna delle somme a titolo di interesse; peraltro, tali somme non sarebbero mai state rinvenute in possesso dell’imputato, il che avrebbe reso privo di riscontro il calcolo operato dalla Corte d’appello per disporre il vincolo reale.
Si tratta di doglianza manifestamente infondata.
Contrariamente a quanto dedotto il computo del profitto veniva puntualmente effettuato pagina 12 della sentenza di primo grado e veniva quantificato in complessivi 144.300 euro, di cui 2700 ricevuti da NOME COGNOME, 33.600 ricevuti da NOME COGNOME e 108.000 ricevuti da NOME COGNOME. Tale computo -confermato a pag. 8 della sentenza impugnata -veniva contestato del tutto genericamente con l’ap pello che denunciava che lo stesso non sarebbe stato confortato da elementi obiettivi, non tenendo in considerazione che il calcolo era stato determinato sulla base delle dichiarazioni delle persone offese accuratamente valutate e ritenute credibili.
2.3. Si deduceva infine, che sarebbe carente la motivazione relativa al danno subìto da NOME COGNOME in base al quale sarebbe stata calcolata la provvisionale di settemila euro.
Anche questa doglianza è manifestamente infondata.
Il Collegio ribadisce sul punto che il provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C. e G, Rv. 261536-01; Sez. U, n. 2246 del 19/12/1990, dep. 1991, COGNOME, Rv. 186722-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.