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Credibilità del teste: uso dichiarazioni pre-processuali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per estorsione. La Corte ha stabilito che le dichiarazioni rese da un testimone prima del processo possono essere legittimamente usate non come prova diretta, ma per valutare la credibilità del teste stesso durante la sua deposizione in aula, come previsto dal codice di procedura penale.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Credibilità del Teste: Le Dichiarazioni Pre-Dibattimentali Possono Essere Usate?

La valutazione della credibilità del teste è uno dei pilastri del processo penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale riguardo all’uso delle dichiarazioni rese prima del processo. Il caso riguarda un uomo condannato per estorsione che ha contestato la legittimità con cui le dichiarazioni della vittima, raccolte durante le indagini, sono state utilizzate in aula. La decisione della Suprema Corte offre spunti essenziali per comprendere i confini tra prova e strumento di valutazione dell’attendibilità.

I Fatti del Caso

Un uomo veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di tre anni e otto mesi di reclusione e a una multa per due reati di estorsione, uno consumato e l’altro tentato. La Corte di Appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale di Bergamo. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando due presunte violazioni della legge processuale che, a suo dire, avrebbero inficiato la validità dell’intero processo.

I Motivi del Ricorso e la Credibilità del Teste

Il ricorso si fondava su due motivi principali:
1. La mancata notifica del decreto di rinvio a giudizio: La difesa sosteneva che all’imputato non fosse mai stato notificato l’atto che disponeva il suo processo, una violazione che avrebbe causato una nullità assoluta e insanabile.
2. L’acquisizione illegittima delle dichiarazioni della vittima: Il secondo motivo, centrale nella discussione, riguardava l’acquisizione e l’utilizzo del verbale delle sommarie informazioni testimoniali (s.i.t.) rese dalla persona offesa durante le indagini preliminari. Secondo il ricorrente, tale verbale era stato usato dal giudice in violazione delle norme del codice di rito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati, chiarendo entrambi i punti sollevati dalla difesa.

La Questione della Notifica

Sul primo punto, i giudici hanno rapidamente liquidato la doglianza. Dai verbali risultava che l’imputato era “presente” all’udienza preliminare al momento della lettura del decreto che disponeva il giudizio. La legge prevede la notifica solo per l’imputato assente. Di conseguenza, non essendo stata dedotta la sua assenza in quel momento, non sussisteva alcun obbligo di notifica e nessuna nullità.

L’Utilizzo delle Dichiarazioni per la Credibilità del Teste

Il cuore della sentenza risiede nella risposta al secondo motivo. La Corte di Cassazione ha spiegato che il punto cruciale non è se il verbale delle s.i.t. sia stato o meno acquisito, ma come sia stato utilizzato dal giudice. I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano correttamente utilizzato tali dichiarazioni non come prova diretta dei fatti, ma esclusivamente per valutare la credibilità del teste (la persona offesa).

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa sull’articolo 500, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma consente di utilizzare le dichiarazioni rese in precedenza dal testimone per contestare, in tutto o in parte, il contenuto della sua deposizione in aula. Questo strumento serve a far emergere eventuali contraddizioni o incongruenze, permettendo al giudice di formarsi un’opinione più completa sull’attendibilità di chi sta testimoniando. La Corte ha sottolineato che la prova vera e propria è quella che si forma in dibattimento, nel contraddittorio tra le parti, ovvero la testimonianza resa davanti al giudice. Le dichiarazioni predibattimentali, quindi, non sostituiscono la testimonianza, ma fungono da metro di paragone per la sua coerenza e affidabilità. L’errore del ricorrente è stato sostenere che il giudice avesse “acquisito illegittimamente” la documentazione, mentre in realtà l’aveva correttamente “valutata ai fini della credibilità del teste”. Per questi motivi, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra l’atto utilizzato come prova e quello utilizzato come strumento di valutazione. Le dichiarazioni raccolte durante le indagini non possono entrare nel processo come prova diretta, ma sono uno strumento indispensabile per il pubblico ministero e la difesa per saggiare l’affidabilità di un testimone durante l’esame incrociato. La decisione garantisce il rispetto del principio del contraddittorio, assicurando al contempo che il giudice disponga di tutti gli elementi necessari per una corretta valutazione della credibilità del teste, un fattore spesso decisivo per l’esito del giudizio.

Quando non è necessaria la notifica del decreto che dispone il giudizio all’imputato?
La notifica non è necessaria se l’imputato è presente all’udienza preliminare al momento della lettura del decreto, poiché in tal caso ne ha conoscenza diretta.

Le dichiarazioni rese da un testimone prima del processo (s.i.t.) possono essere usate come prova diretta dei fatti?
No, la sentenza conferma che tali dichiarazioni non possono essere utilizzate come prova diretta. La prova si forma nel dibattimento, attraverso la testimonianza resa in aula nel contraddittorio tra le parti.

A quale scopo possono essere utilizzate le dichiarazioni predibattimentali di un testimone durante il processo?
Possono essere utilizzate esclusivamente per valutare la credibilità del teste, ad esempio per contestare il contenuto della sua deposizione e far emergere eventuali contraddizioni rispetto a quanto dichiarato in precedenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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