Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33647 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33647 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME MACRICOGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX, avverso la sentenza del 02/12/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito per il ricorrente l’AVV_NOTAIO, del foro di Santa Maria Capua Vetere, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2 dicembre 2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli del 6 dicembre 2017, con la quale XXXXXXXXXXXXXXXX era stato condannato alla pena di dieci anni di reclusione, con l’applicazione delle pene accessorie di legge, in relazione al delitto di violenza sessuale continuata commessa nei confronti di una minore di dieci anni ed al delitto di maltrattamenti ai danni di due minori.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mancata od insufficiente motivazione, in relazione alla qualificazione giuridica dell’evento in contestazione ed all’attendibilità della persona offesa.
La difesa ha lamentato che la Corte di appello non ha spiegato le ragioni per le quali avrebbe dovuto essere ravvisata, in capo alla minore, la presenza di eventuali danni di natura psicologica derivanti dalla condotta delittuosa, poggianti su una valutazione di natura personale; nØ per quali motivi le argomentazioni esposte dalla difesa in ordine alla credibilità della minore, evidenziate richiamando la relazione dell’educatore del centro che ebbe a seguirla, secondo cui la bambina aveva il bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione, tanto da compiere un narrato ricco di bugie, avrebbero dovuto essere considerate incapaci di modificare il quadro probatorio nei confronti del ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e d), cod. proc. pen., violazione di legge in ordine alla sussistenza dei reati di cui agli artt. 609-bis, 609-ter, 609-septies cod. pen., alla luce della inattendibilità del racconto della persona offesa.
La difesa ha dedotto che, a fronte del racconto dell’educatore del centro frequentato dalla minore, evidenziante il bisogno della bambina di mentire al fine di attirare attenzioni, la Corte non ha affrontato l’argomento, che invece avrebbe reso indispensabile rivolgersi ad altro specialista, così da comprendere se la circostanza esposta potesse incidere sulla narrazione della bambina e generare un racconto fantasioso non corrispondente alla realtà.
2.3. Con il terzo motivo ha eccepito l’erronea qualificazione giuridica in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 609-quater, comma 4, cod. pen.
Lamenta la difesa l’assoluta carenza di motivazione sul punto e l’impossibilità di affermare l’esistenza di danni psicologici patiti dalla minore, in mancanza di un accertamento tecnico capace di condurre a tale affermazione, per cui la concessione della circostanza attenuante era stata negata sulla scorta di un presunto danno patito dalla persona offesa non riscontrato in alcun modo, essendosi trattato di un’azione compiuta senza alcuna penetrazione o limitazione della libertà sessuale, nØ avrebbe potuto essere trascurata l’età dell’imputato, all’epoca poco piø che ventenne.
2.4. Con il quarto motivo la difesa ha lamentato il mancato contenimento della pena nei minimi edittali e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, richiamando in proposito lo stato di incensuratezza del ricorrente, la sua personalità non violenta, la sua giovane età e l’enorme lasso di tempo trascorso dagli eventi che avrebbe dovuta condurre la Corte di appello a valutare adeguatamente la richiesta difensiva al fine di graduare correttamente il trattamento sanzionatorio.
2.5. Con il quinto motivo la difesa ha eccepito l’intervenuta prescrizione del delitto di cui all’art. 572 cod. pen. alla data del luglio 2024, essendo in detta data maturato il termine di prescrizione pari a dodici anni dai fatti contestati come commessi nel luglio del 2012.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo e il secondo motivo, mediante i quali Ł stato denunciato un vizio della motivazione, che sarebbe insufficiente e illogica nella parte relativa alla valutazione di attendibilità della persona offesa, e un correlato vizio di violazione di legge nel ritenere integrato il contestato reato di violenza sessuale, sono manifestamente infondati, essendo, in realtà, privi della individuazione di carenze o vizi della motivazione, consistendo nella sola asserzione della omissione della valutazione delle indicazioni provenienti dall’educatore del centro frequentato dalla minore circa il bisogno della bambina di mentire al fine di porsi al centro dell’attenzione, tuttavia disgiunta dalla indicazione di vizi o carenze della motivazione nella parte relativa alla attendibilità della minore e alla genuinità delle sue dichiarazioni.
Deve essere, al riguardo, ricordata la consolidata elaborazione interpretativa di questa Sezione a proposito delle violenze sessuali commesse nei confronti di minori in tenera età e, soprattutto, riguardo alla valutazione delle loro dichiarazioni.
BenchØ, infatti, anche in tali casi il giudice possa trarre il proprio convincimento in ordine alla responsabilità penale anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo la sua attendibilità, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, COGNOME, Rv. 253214; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, COGNOME, Rv. 265104; Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014, Pirajno, Rv. 261730), Ł stato però precisato che nel caso di parte offesa dei reati sessuali di età minore Ł necessario che l’esame della credibilità sia onnicomprensivo e tenga conto di piø elementi, quali l’attitudine a testimoniare, la capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle (ovvero l’attitudine psichica, rapportata all’età, a memorizzare gli avvenimenti e
a riferirne in modo coerente e compiuto), nonchØ il complesso delle situazioni che attingono la sfera interiore del minore, il contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute (cfr. Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010, R., Rv. 247740; Sez. 3, n. 39994 del 26/9/2007, COGNOME, Rv. 237952; Sez. 3, n. 8057 del 06/12/2012, V., Rv. 254741, nella quale Ł stato precisato che ‘una volta accertata la capacità di comprendere e riferire i fatti della persona offesa minorenne, la sua deposizione deve essere inquadrata in un piø ampio contesto sociale, familiare e ambientale, al fine di escludere l’intervento di fattori inquinanti in grado di inficiarne la credibilità’; Sez. 3, n. 39405 del 23/05/2013, B., Rv. 257094, secondo cui ‘Ł affetta dal vizio di manifesta illogicità la motivazione della sentenza nella quale la valutazione sull’attendibilità e credibilità delle dichiarazioni del minore vittima di abusi sessuali venga condotta esclusivamente riferendosi all’intrinseca coerenza del racconto, senza tenere adeguatamente conto di tutte le circostanze concrete che possono influire su tale valutazione’).
Occorre dunque una valutazione rigorosa e neutrale da parte dei giudici delle dichiarazioni rese dai minori in tenera età, con l’opportuno aiuto delle scienze che risultano rilevanti nella materia (pedagogia, psicologia, sessuologia), al fine di esprimere un giudizio di attendibilità, attraverso “una articolata analisi critica – anche e soprattutto – degli elementi probatori di conferma” (in tal senso si veda la parte motiva della già citata sentenza Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010).
Attenzione particolare deve essere riservata ad alcune situazioni specifiche, idonee ad influire sulle dichiarazioni dei minori come fenomeni di suggestione e di contagio dichiarativo e condizionamenti o manipolazioni anche involontarie.
Infine, particolare attenzione deve essere posta sia alle sollecitazioni ricevute dal minore al fine della rivelazione dei fatti, sia al numero e alle modalità delle ripetizioni di tali dichiarazioni, onde verificarne la coerenza e il permanere della genuinità, onde escludere contagi esterni o l’usura della fonte dichiarativa.
Tenuto conto del quadro nel quale deve svolgersi la valutazione del giudice di merito, deve constatarsi che nella sentenza impugnata sono stati adeguatamente considerati tutti i fattori di possibile inquinamento e usura della fonte dichiarativa, in quanto la Corte di appello, nell’esaminare le doglianze sollevate dall’imputato con il gravame, ha escluso in modo logico possibili fattori di induzione, affermando che nulla autorizza a ritenere che la persona offesa abbia voluto riferire il falso o sia stata indotta a riferire il falso, non avendo nessuna motivazione per farlo, atteso che le truci esperienze raccontate avevano rappresentato per lei motivi di delusione e di rinuncia ad un rapporto con il fratellastro che lei si augurava felice, sottolineando sia la genuinità delle prime dichiarazioni della vittima (che, compulsata dalla nonna, che nutriva dei sospetti sui lividi conseguenti alle violenze fisiche subite, aveva a lei rivolto le sue prime confidenze), peraltro rimarcata dai familiari che tali confidenze avevano poi ricevuto, sia la coerenza e la linearità delle dichiarazioni successive, rese con piena autonomia ed in modo diretto al giudice in sede di incidente probatorio, senza cadere in contraddizione tra quanto riferito nel corso delle indagini e quanto riferito in incidente probatorio, sia infine gli elementi di riscontro forniti dai testi escussi, in particolare dagli educatori del centro frequentato dalla minore (che riscontrarono degli ematomi sul viso e dei lividi sulle braccia del fratellino della minore abusata, il quale mostrava anche un comportamento insofferente ed aggressivo), dalla neuropsichiatra che raccolse le dichiarazioni del fratellino della persona offesa in ordine alle percosse che subiva dal fratellastro (odierno ricorrente), dalla psicologa che raccolse le dichiarazioni della minore abusata in ordine alle violenze fisiche e sessuali subite ad opera dell’imputato.
Si tratta di motivazione idonea a giustificare la valutazione di attendibilità della minore e di genuinità delle sue dichiarazioni, motivazione censurata in modo generico, lamentando la mancanza di un accertamento tecnico sui danni di natura psicologica in capo alla minore e l’adeguata valutazione delle dichiarazioni dell’educatore del centro frequentato dai minori, in termini di mero dissenso valutativo, senza confrontarsi con tutte le evenienze processuali, in particolare con le valutazioni operate dalla neuropsichiatra e dalla psicologa escusse o con le conseguenze lesive direttamente riscontrate sul corpo dei piccoli dagli educatori del centro, che avevano portato la Corte di merito ad affermare come le condotte dell’imputato avessero pregiudicato seriamente l’equilibrio e il corretto sviluppo psico-fisico dei minori, trasformando il focolare domestico da luogo sicuro a teatro di soprusi e violenze, dunque in modo non consentito nel giudizio di legittimità, con la conseguente evidente manifesta infondatezza delle censure sollevate con i primi due motivi di ricorso.
Il terzo e il quarto motivo, relativi al diniego della circostanza attenuante speciale del fatto di minore gravità, al diniego delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio, sono manifestamente infondati.
2.1. Il diniego della circostanza attenuante speciale Ł stato adeguatamente giustificato, sottolineando la spiccata gravità dei fatti, in ragione della tenera età della vittima, minore di dieci anni, e della reiterazione delle violenze, idonee a compromettere il corretto sviluppo psico-fisico della minore, nell’ambito di un contesto in cui la bambina, oltre a subire violenze sessuali, era anche oggetto di reiterate vessazioni fisiche ad opera del ricorrente e costretta a vivere in un costante stato di ansia e di paura: si tratta di motivazione idonea, essendo state illustrate e adeguatamente sottolineate la presenza di una sequela di abusi ripetuta nel tempo, certamente idonea a compromettere l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice, nonchØ le conseguenze gravemente pregiudizievoli per la minore residuate alla realizzazione delle condotte, in particolare per il suo equilibrio e la sua serenità e il suo armonico sviluppo psicofisico, che costituiscono alcuni tra gli indici elaborati dalla giurisprudenza di legittimità per configurare la minore gravità della condotta ai sensi dell’art. 609bis , terzo comma, cod. pen.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, per la valutazione della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 609bis , comma 3, cod. pen., deve farsi riferimento a una valutazione globale del fatto, in cui assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all’età, l’occasionalità o la reiterazione delle condotte, nonchØ la consistenza del danno arrecato, anche in termini psichici, sempre che tutti i menzionati parametri si assestino su soglie di gravità lievi, mentre, ai fini del diniego della stessa attenuante, Ł sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità (Sez. 3, n. 8735 del 24/11/2022, dep. 2023, B., Rv. 284203; Sez. 3, n. 35695 del 18/09/2020, L., Rv. 280445; Sez. 3, n. 21623 del 15/04/2015, K., Rv. 263821).
In definitiva, le considerazioni della Corte di appello non sono censurabili in sede di legittimità, con la conseguente infondatezza della doglianza relativa al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di minore gravità dei fatti.
2.2. Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte di appello, nel disattendere le censure dell’imputato, ha sottolineato che la pena irrogata era proporzionata alla gravità dei fatti, in considerazione della condotta tenuta, del danno cagionato alle persone offese, della intensità del dolo, nonchØ alla elevata capacità delinquenziale e pericolosità sociale del ricorrente, richiamando in particolare le allarmanti modalità del fatto, avendo l’imputato
aggredito i figli del proprio padre all’interno delle mura domestiche, instaurando un clima di agitazione e di ansia e costringendo la sorellastra minore a subire atti sessuali in tenera età.
La graduazione del trattamento sanzionatorio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicchŁ nel giudizio di cassazione Ł comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.), evenienza questa non ricorrente nel caso di specie, avendo la Corte distrettuale argomentato sulla base di rilievi del tutto corretti e adeguatamente motivati, che il ricorrente non ha considerato in modo critico, ma esclusivamente in modo contestativo, sul piano delle valutazioni relative alla personalità del reo, mettendone in evidenza lo stato di incensuratezza, la giovane età, il lasso di tempo trascorso dagli eventi, oltre che in modo manifestamente infondato circa la personalità non violenta, smentita all’evidenza dalle emergenze processuali descritte nelle sentenze di merito, con la conseguente manifesta infondatezza delle relative censure.
Del resto, la pena base Ł stata determinata al di sotto del medio edittale, sicchŁ in presenza di un apparato argomentativo non irrazionale, nØ frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico, non vi Ł spazio per l’accoglimento delle obiezioni difensive, che sollecitano differenti apprezzamenti di merito che non possono trovare ingresso in sede di legittimità.
2.3. Quanto alle circostanze attenuanti generiche, la Corte di legittimità Ł ferma nel ritenere (v. ex multis Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME) che il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non costituisca un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza di elementi negativi, ma richieda elementi di segno positivo (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489; Sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME, Rv. 281590); inoltre, stante la ratio della disposizione di cui all’art. 62bis cod. pen., al giudice di merito non Ł richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549; Sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; Sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201), rientrando la stessa concessione di esse nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737), non essendo neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ma sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 1 n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959; ancora Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419).
Scendendo in concreto, i giudici di secondo grado non hanno ritenuto l’imputato meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, per la mancata emersione di elementi positivi su cui fondare la richiesta, sintomo di resipiscenza o rivalutazione critica del fatto commesso, e avuto riguardo alla estrema gravità delle condotte poste in essere da soggetto di elevata e specifica pericolosità sociale. Anche i giudici di primo grado hanno ritenuto che la tenera età delle vittime, la reiterazione dei reati, il
carattere subdolo con cui le vittime venivano soggiogare escludesse la possibilità di concessione delle invocate attenuanti.
Ebbene, avendo entrambi i giudici di merito sottolineato, come ritenuto necessario dai richiamati orientamenti di legittimità, l’assenza di elementi favorevoli, nonchØ le gravi modalità delle azioni criminose reiteratamente poste in essere, la motivazione Ł congrua e logica e non contrasta con gli orientamenti di questa Corte, dovendosi ricordare la insufficienza, ai fini della concessione delle attenuanti, dello stato di incensuratezza.
Consegue, in definitiva, la manifesta infondatezza dei rilievi sollevati con il terzo e il quarto motivo di ricorso.
Il quinto motivo di ricorso Ł fondato.
Va, in primo luogo, richiamato il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo il quale Ł ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266819).
La sentenza impugnata non ha esaminato la questione della intervenuta – o meno prescrizione del reato di maltrattamenti in famiglia che, fin dalla contestazione, risulta commesso fino alla data del luglio 2012, ovverosia in epoca anteriore alla entrata in vigore dell’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 1 ottobre 2012, n. 172,che, nell’introdurre il raddoppio del termine ordinario di prescrizione per il reato di cui all’art. 572 cod. pen., prevede un trattamento deteriore per l’imputato, che non consente, per la natura sostanziale dell’istituto della prescrizione, una applicazione retroattiva (Sez. 6, n. 31877 del 16/05/2017, B., Rv. 270629).
Il riconoscimento della natura sostanziale della prescrizione, e dunque il suo conformarsi al principio di irretroattività della legge penale in malam partem di cui all’art. 2 cod. pen., Ł chiaramente delineato dalla giurisprudenza costituzionale nella sentenza 28 maggio 2014, n. 143, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del raddoppio dei termini di prescrizione per l’incendio colposo, in linea di continuità con l’orientamento posto a fondamento della sentenza n. 393 del 23 novembre 2006nella quale, alla stregua del principio innanzi riportato, la Corte ha espressamente affermato che “la locuzione «disposizioni piø favorevoli al reo» si riferisce a tutte quelle norme che apportino modifiche in melius alla disciplina di una fattispecie criminosa, ivi comprese quelle che incidono sulla prescrizione del reato (sentenze n. 455 e n. 85 del 1998; ordinanze n. 317 del 2000, n. 288 e n. 51 del 1999, n. 219 de11997, n. 294 e n. 137 del 1996).
Dagli esposti principi consegue che il termine massimo di prescrizione per il reato di cui all’art. 572 cod. pen., consumato nel luglio 2012, Ł di sette anni e sei mesi ed Ł definitivamente maturato, anche a voler considerare le sospensioni di complessivi 91 giorni, il 2 aprile 2020, per cui, non essendo riscontrabili, nella decisione impugnata, elementi di giudizio idonei a riconoscere la prova evidente dell’innocenza dell’imputato, nØ, in AVV_NOTAIO, l’incontrovertibile insussistenza del fatto, che del resto neanche il ricorrente deduce, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, come da dispositivo.
In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui all’art. 572 cod. pen. contestato al capo 2) dell’imputazione perchØ estinto per prescrizione, con rideterminazione della pena in anni nove di reclusione per il residuo reato contestato al capo 1) della rubrica, versandosi in ipotesi senz’altro sussumibile nell’ambito applicativo di cui all’art. 620, lett. l), cod. proc. pen. Il ricorso deve
essere dichiarato inammissibile nel resto a cagione della manifesta infondatezza di tutti i restanti motivi ai quali Ł stato affidato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo 2 dell’imputazione perche’ il reato e’ estinto per prescrizione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e ridetermina la pena per il residuo reato in anni 9 di reclusione,
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE
GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 25/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME