Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27611 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27611 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2432/2025
CC – 17/07/2025
R.G.N. 17413/2025
– Relatore – ha pronunciato la seguente
COGNOMENOME nato a CAMPOBASSO il 15/07/1980
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 marzo 2025 il Tribunale di Brescia, in funzione di giudice del riesame, ha confermato quella emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Ufficio in data 24 febbraio 2025 con la quale Ł stata applicata ad NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di tentato omicidio, aggravato ai sensi dell’art. 416bis .1. cod. pen. (sotto il profilo della finalità agevolativa) in danno di NOME COGNOME.
L’azione delittuosa Ł consistita nell’incendio appiccato all’automobile di proprietà della compagna della persona offesa le cui dichiarazioni, unitamente a quelle della donna, di un dipendente di un esercizio commerciale ubicato nei pressi del luogo in cui Ł avvenuto il fatto, agli accertamenti compiuti dai vigili del fuoco e alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, sono state poste a supporto della provvista indiziaria.
In sostanza, nel contesto dell’azione di gestione delle imprese criminali del clan COGNOME, NOME COGNOME ha organizzato l’omicidio di COGNOME individuando, in qualità di esecutore, fra gli altri, NOME COGNOME e COGNOME una sorta di rappresentante della cosca in territorio bresciano.
Il piano criminale prevedeva l’incendio dell’autovettura della compagna di COGNOME il quale, secondo quanto previsto dagli organizzatori e dagli esecutori dell’agguato, sarebbe intervenuto e, immediatamente dopo, colpito con alcuni colpi di arma da fuoco.
Il progetto non Ł andato a buon fine atteso che, temendo proprio un’azione del genere di quella progettata, la proprietaria del veicolo incendiato non Ł scesa in strada.
Fra gli elementi indiziari valorizzati dai giudici di merito, hanno assunto spiccato rilievo le dichiarazioni del collaboratore COGNOME per come riscontrate dai tabulati telefonici sull’utenza in uso all’indagato, oltre che dai messaggi intercorsi tra i due.
Le propalazioni sono state giudicate attendibili siccome precise, logiche e coerenti.
Per contro, sono state disattese le eccezioni sollevate dall’indagato, stante l’inserimento del dichiarante nel contesto camorristico nel quale Ł maturata l’organizzazione e la realizzazione dell’azione delittuosa.
L’aggravante dell’agevolazione Ł stata ritenuta in ragione dell’inquadramento dell’azione nel contesto delle attività del clan Sarno volte a rafforzare la propria operatività.
Le esigenze cautelari sono state motivate con la doppia presunzione relativa, alla luce del titolo di reato per il quale si procede e l’irrilevanza del tempo trascorso dai fatti.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore fiduciario, articolando due motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito violazione di legge e vizi di motivazione con riguardo alla gravità indiziaria.
Pur avendo ritenuto l’inattendibilità del collaboratore COGNOME relativamente alla posizione della coindagata NOME COGNOME (sorella di NOME COGNOME), il Tribunale ha operato una difforme valutazione di attendibilità relativamente alla posizione di COGNOME applicando erroneamente il principio della credibilità frazionata.
In particolare, l’ipotizzato coinvolgimento della donna riguardava le disposizioni datele da NOME COGNOME per l’esecuzione dell’agguato ai danni di COGNOME.
Si tratta, dunque, di un passaggio fondamentale della vicenda e l’inattendibilità, sul punto, di COGNOME ne travolgerebbe la credibilità complessiva su tutto il fatto.
Quanto ai riscontri, la circostanza che dai tabulati sia emersa la presenza di COGNOME a Brescia in data 10 gennaio 2022 integrerebbe un elemento non univoco di conferma del dichiarato del collaboratore.
Quanto all’aggravante, la finalità di agevolare il sodalizio, secondo il ricorrente, non sarebbe compatibile con le ragioni familiari del tentato omicidio, nØ Ł stato spiegato per quale motivo la circostanza dovrebbe essere estesa a tutti i concorrenti.
2.2. Con riguardo alle esigenze cautelari la motivazione Ł stata censurata in quanto apodittica e omissiva dell’esame dei profili illustrati in una memoria presentata davanti al Tribunale del riesame.
Deporrebbero per l’assenza delle esigenze, la mancanza di contatti tra COGNOME e gli altri indagati e la mancata commissione di altre attività illecite successivamente al fatto contestato che, pertanto, per quanto riguarda la posizione del ricorrente, Ł isolato.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
A fronte delle puntuali indicazioni fattuali del provvedimento impugnato, il ricorso propone censure, in parte, generiche, in parte limitate ad alcuni dei profili valorizzati.
In primo luogo, si lamenta una, non consentita, valutazione frazionata della credibilità del collaboratore COGNOME stante l’omessa considerazione che la sua inattendibilità (ritenuta) relativamente alla posizione di NOME COGNOME riguarderebbe un elemento essenziale della ricostruzione del fatto idonea, in quanto tale, a travolgere anche l’attendibilità delle dichiarazioni aventi ad oggetto l’odierno ricorrente.
La censura, tuttavia,parte da un assunto errato, atteso che i giudici della cautela non pare abbiano operato alcuna valutazione di attendibilità frazionata del dichiarante le cui propalazioni riferite alla coindagata non sono state ritenute inattendibili, ma prive di idonei riscontri.
In tal senso il passaggio della motivazione dell’ordinanza impugnata (pag. 15) laddove
il Tribunale del riesame si Ł fatto carico di spiegare le ragioni per le quali la difforme valutazione compiuta con riguardo ad NOME COGNOME non inficiano il giudizio di attendibilità relativo alla posizione del ricorrente.
Per il resto, la ricostruzione della credibilità soggettiva del collaboratore Ł stata compiuta ricorrendo ai criteri consolidati espressi dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità.
Sono state disattese le eccezioni sollevate dall’indagato, stante l’inserimento del dichiarante nel contesto camorristico nel quale Ł maturata l’organizzazione e la realizzazione dell’azione delittuosa.
In particolare, sono state smentite le allegazioni aventi ad oggetto il rancore serbato da COGNOME verso la famiglia COGNOME e quelle basate sulle condotte persecutorie tenute dallo stesso collaboratore verso NOME COGNOME (personaggio vicino al clan Sarno), in quanto successive al tentato omicidio.
Sono state smentite anche le affermazioni circa la non credibilità del collaboratore a ragione dei suoi rapporti con la persona offesa.
Il relativo narrato Ł stato giudicato riscontrato anche dalle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME dai tabulati telefonici, da messaggi e dall’uso della diavolina (riferito da COGNOME e accertato dai vigili del fuoco).
Con specifico riferimento a COGNOME il riscontro Ł costituito dal solo esito dei tabulati telefonici che il Tribunale ha ritenuto sufficiente e di «certa valenza oggettiva».
Lo stesso Ł stato giudicato idoneo a confermare la presenza dell’indagato a Brescia il giorno dell’incendio dell’automobile; presenza desunta da tabulati telefonici che, pacificamente, riguardano un’utenza la cui utilizzazione il ricorrente non ha mai contestato.
Si tratta di aspetto che, per come risulta dalla stessa pag. 15 dell’ordinanza impugnata, Ł stato eccepito, in termini pressochØ identici, già nella fase di merito e che il Tribunale ha ritenuto idoneo a corroborare le dichiarazioni del collaboratore.
Si tratta di elemento utilizzato per collocare l’indagato, unitamente agli altri soggetti ritenuti partecipi della spedizione che aveva il compito di eliminare NOME COGNOME nei luoghi prossimi al verificarsi degli eventi, sia il giorno del programmato attentato, sia in quelli precedenti.
La contestazione della portata confermativa dei predetti tabulati non va oltre la mera affermazione labiale contenuta a pag. 4 del ricorso.
Generica e rivalutativa Ł la censura riferita alla circostanza aggravante di cui all’art. 416-is . 1. cod. pen. a proposito della quale i giudici di merito hanno valorizzato il contesto in cui Ł maturata la decisione di compiere l’agguato, il movente e le modalità organizzative dello stesso che hanno determinato l’inquadramento nel contesto delle attività volte a riaffermare il dominio del clan Sarno nei confronti degli avversari anche in territorio posto al di fuori della Campania.
Anche su tale punto il ricorso (pag. 5) si colloca in termini puramente avversativi, proponendo la tesi secondo cui le ragioni a base della vicenda dovrebbero ritenersi di natura strettamente familiare.
3. Con riferimento al secondo motivo, va premesso che, correttamente il Tribunale ha evidenziato che si procede per un reato per il quale sussiste la doppia presunzione (relativa) di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. per cui va applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
La presunzione Ł relativa, ma non risulta contrastata nel caso che ci occupa da alcun elemento introdotto nel procedimento da cui poter escludere l’attualità delle esigenze cautelari o la possibilità di salvaguardare le stesse con una misura meno afflittiva.
Alla luce della citata doppia presunzione, il Tribunale ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari suscettibili di essere salvaguardate con la sola custodia cautelare in carcere in ragione del concreto svolgimento dei fatti e del contesto associativo nel quale Ł maturato.
Non solo, quindi, Ł stato fatto riferimento alla citata presunzione, ma sono stati indicati elementi positivi idonei a corroborare il riferimento all’esistenza delle esigenze e alla possibilità della relativa salvaguardia solo tramite la misura cautelare della custodia in carcere.
Si tratta di dati concreti, a fronte dei quali il ricorrente ha contrapposto argomenti inidonei, allo stato, a far venir meno la citata presunzione.
In realtà, il ricorrente ha sollecitato la valutazione del tempo trascorso dalla commissione del fatto, unitamente alla sostanziale incensuratezza e alla mancanza di contatti con gli altri indagati.
Nel caso di specie, correttamente, il Tribunale ha valorizzato elementi ritenuti non recessivi rispetto alle allegazioni difensive che sono state, dunque, motivatamente disattese con motivazione priva di vizi manifesti.
Giova, peraltro, richiamare l’orientamento per il quale «la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., Ł prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo. (In motivazione la Corte ha aggiunto che, nella materia cautelare, il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità)» (Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004 – 01).
4. Sulla base di quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» al versamento della somma, equitativamente fissata in euro tremila, in favore della cassa delle ammende.
Deve essere, altresì, disposto l’invio del presente provvedimento alla Cancelleria per le incombenze di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 17/07/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME