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Cottura cibi 41-bis: orari diversi non discriminano

La Corte di Cassazione ha stabilito che la differenziazione degli orari per la cottura dei cibi per i detenuti in regime 41-bis rispetto ai detenuti comuni non costituisce un trattamento discriminatorio. Tale diversità è legittima se fondata su plausibili esigenze logistiche e organizzative dell’istituto penitenziario e non mira a infliggere una maggiore afflittività della pena. Nel caso specifico, la restrizione oraria per la cottura cibi 41-bis era giustificata dalla necessità di gestire la sicurezza e l’ordinata convivenza, annullando così la decisione del Tribunale di Sorveglianza che l’aveva ritenuta illegittima.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cottura cibi 41-bis: Orari Diversi Sono Legittimi se Giustificati

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11050 del 2024, ha affrontato una questione di grande rilevanza per l’ordinamento penitenziario: la legittimità di imporre fasce orarie per la cottura cibi 41-bis diverse e più restrittive rispetto a quelle previste per i detenuti comuni. La Corte ha stabilito che tale differenziazione non è di per sé discriminatoria, a patto che sia sorretta da valide ragioni organizzative e non miri a un inasprimento ingiustificato della pena.

I Fatti del Caso

Un detenuto sottoposto al regime speciale del 41-bis aveva presentato reclamo contro il provvedimento dell’amministrazione penitenziaria che limitava la possibilità di cucinare a specifiche fasce orarie (11:00-13:00 e 16:30-18:30). Sia il Magistrato che il Tribunale di Sorveglianza avevano dato ragione al detenuto, ritenendo la differenziazione rispetto ai detenuti comuni (che non avevano tali limiti) una forma di discriminazione ingiustificata.

Il Ministero della Giustizia ha impugnato questa decisione, portando il caso dinanzi alla Corte di Cassazione e sostenendo che le restrizioni erano un legittimo esercizio del potere organizzativo dell’amministrazione, giustificato dalle peculiarità del regime 41-bis.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla cottura cibi 41-bis

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, annullando senza rinvio le precedenti decisioni. Ha affermato il principio secondo cui la previsione di fasce orarie differenziate per la cottura dei cibi non è illegittima in sé, ma lo diventa solo se non è supportata da ragioni apprezzabili e ha l’unica finalità di aumentare l’afflittività della detenzione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato il suo ragionamento su un’attenta analisi dell’evoluzione giurisprudenziale in materia, a partire dalla storica sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2018, che aveva sancito il diritto dei detenuti in 41-bis a cuocere i cibi.

I giudici di legittimità hanno chiarito che, sebbene il diritto esista, il suo esercizio può essere regolamentato dall’amministrazione penitenziaria. La discriminazione non sorge dalla semplice differenza di trattamento, ma dalla sua irragionevolezza. Nel caso specifico, l’amministrazione aveva fornito giustificazioni plausibili per la restrizione oraria, tra cui:

1. Esigenze Organizzative e di Sicurezza: La cottura dei cibi è un’attività potenzialmente pericolosa che richiede un controllo da parte del personale. Concentrare questa attività in fasce orarie definite permette di ottimizzare l’impiego del personale, specialmente in un regime ad alta sorveglianza come il 41-bis.
2. Ordinata Convivenza e Salubrità: La limitazione oraria è finalizzata a preservare la salubrità degli ambienti e a garantire un’ordinata convivenza, evitando che le attività interne vengano condizionate a tutte le ore.
3. Peculiarità del Regime 41-bis: I detenuti in questo regime trascorrono la maggior parte del tempo da soli nella propria cella. La gestione delle loro attività quotidiane è intrinsecamente diversa da quella dei detenuti comuni, che spesso condividono gli spazi e partecipano a più attività trattamentali fuori dalla cella. Per questi ultimi, un orario più flessibile per cucinare serve a non sacrificare altre attività, mentre per i primi la rigidità degli orari è compatibile con la loro routine detentiva.

La Corte ha quindi concluso che le giustificazioni addotte dall’amministrazione erano logiche e non si traducevano in un mezzo per ottenere una maggiore afflittività della detenzione.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un importante principio: la differenziazione nel trattamento penitenziario tra detenuti comuni e quelli in regime speciale è legittima se ancorata a concrete e dimostrabili esigenze organizzative e di sicurezza. Non ogni diversità di regole equivale a una discriminazione. La decisione riafferma il potere discrezionale dell’amministrazione penitenziaria nell’organizzare la vita interna degli istituti, ponendo però un limite chiaro: le scelte organizzative non devono mai trasformarsi in uno strumento vessatorio o in una sanzione aggiuntiva non prevista dalla legge.

È legittimo imporre ai detenuti in regime 41-bis fasce orarie per cucinare diverse da quelle dei detenuti comuni?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è legittimo, a condizione che tale diversità di trattamento sia supportata da plausibili giustificazioni logistiche ed organizzative e non si traduca in un mezzo per rendere la detenzione più afflittiva.

Quali giustificazioni ha ritenuto valide la Corte per differenziare gli orari di cottura?
La Corte ha ritenuto valide le esigenze di alleggerire i compiti di controllo del personale su un’attività potenzialmente pericolosa, la compatibilità con l’organizzazione delle attività quotidiane dei detenuti, la tutela della salubrità degli ambienti e la necessità di contemperare le diverse esigenze dei detenuti comuni che, a differenza di quelli in 41-bis, sono spesso fuori dalla cella per altre attività.

Il diritto di un detenuto a cucinare i cibi è assoluto?
No, non è assoluto. Sebbene il diritto sia stato riconosciuto, il suo esercizio può essere regolamentato dall’amministrazione penitenziaria per motivi di ordine, sicurezza e organizzazione interna, come la previsione di specifiche fasce orarie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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