Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11050 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in proc. COGNOME NOME avverso l’ordinanza del 16/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Ministero della giustizia impugna l’ordinanza con cui, il 16 maggio 2023, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha rigettato il reclamo ex art. 35 bis, comma 4, legge 26 luglio 1975, n. 354, proposto avverso il provvedimento del 17 febbraio 2023, con il quale il Magistrato di sorveglianza della stessa città ha accolto il reclamo proposto da NOME COGNOME, sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis del medesimo plesso normativo, in ordine alla limitazione a determinate fasce orarie della possibilità, per i detenuti sottoposti al menzionato regime, di cucinare.
Il ricorrente eccepisce, in chiave di violazione e falsa applicazione di legge, che il Tribunale di sorveglianza non ha fatto corretta applicazione dell’istituto, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, adducendo incongrue ragioni a sostegno della conclusione secondo cui l’amministrazione avrebbe esercitato la propria potestà organizzativa in modo esorbitante ed arbitrario.
Rileva, al riguardo, che la previsione di fasce orarie per la cottura dei cibi costituisce, in linea di principio, un legittimo esercizio della potestà riconosciuta all’Amministrazione penitenziaria dall’art. 13 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 («Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà»), che stabilisce che «il regolamento interno può prevedere che, senza carattere di continuità, sia consentita ai detenuti e agli internati la cottura di generi alimentari, stabilendo i generi ammessi nonché le modalità da osservare».
Posto, allora, che il legislatore ha attribuito all’amministrazione tale potere, non può dirsi – aggiunge – che esso sia stato esercitato illegittimamente per il solo fatto che i detenuti ristretti negli altri circuiti siano autorizzati a cuocere cibo senza limitazioni di orario, detta differenziazione trovando, piuttosto, adeguata giustificazione nella peculiarità delle condizioni detentive dei detenuti sottoposti a regime differenziato, che, diversamente da quelli in regime ordinario, trascorrono la maggior parte del tempo nella propria camera detentiva, che occupano da soli.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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Il ricorso è fondato e, pertanto merita accoglimento.
Il tema dell’ambito di esplicazione del diritto, per i detenuti sottoposti a regime detentivo differenziato ex art. 41 -bis legge 26 luglio 1975, n. 354, di cottura dei cibi è stato oggetto di approfondimento applicativo e giurisprudenziale a partire dalla sentenza n. 186 del 2018, c:on cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 -quater, lett. f), nella parte in cui imponeva all’amministrazione penitenziaria di adottare tutte le misure di sicurezza volte ad assicurare l’assoluta impossibilità, per quella categoria di detenuti, di cuocere cibi.
In proposito, l’originario indirizzo, secondo cui la questione della individuazione, ad opera dell’amministrazione penitenziaria, di fasce orarie in cui è permessa la cottura dei cibi da parte dei detenuti soggetti al regime di cui all’art. 41 -bis non incide sul riconoscimento diritto soggettivo del detenuto, che resta comunque garantito, e costituisce, invece, mera regolamentazione dell’esercizio del diritto, non giustiziabile, in quanto tale, davanti alla magistratura di sorveglianza (Sez. 1, n. 8560 del 17/12/2019, dep. 2020, COGNOME, n.m.), è stato successivamente abbandonato in favore di altro orientamento – del quale è espressione Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, Gallo, Rv. 280532 – 01 – che ammette l’esistenza di uno spazio di sindacabilità in sede giurisdizionale dei provvedimenti con cui l’amministrazione penitenziaria regolamenta l’esercizio del diritto individuando fasce orarie di autorizzazione alla cottura dei cibi.
In questa prospettiva, si conferma, da un canto, che la previsione di fasce orarie in cui l’attività è consentita, di per sé, integra mera regolamentazione dell’esercizio di un diritto, ma si aggiunge, dall’altro, che l’amministrazione penitenziaria non può, attraverso tale regolamentazione, ripristinare quella maggiore afflittività del trattamento detentivo differenziato che la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima con la citata sentenza n. 186 del 2018.
Secondo questa lettura, il parametro di riferimento per stabilire la legittimità della regolamentazione dell’esercizio del diritto per i detenuti soggetti al regime differenziato è rappresentato dal trattamento riservato ai detenuti comuni ristretti presso il medesimo istituto: la previsione di fasce orarie per la cottura dei cibi si rivela, dunque, legittima laddove non discriminatoria rispetto al trattamento riservato ai detenuti comuni, determinandosi, in caso contrario, un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, carattere
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sostanzialmente vessatorio.
4. L’orientamento giurisprudenziale da ultimo citato, si è, successivamente, evoluto e consolidato, precisando, a fronte delle fibrillazioni ermeneutiche che hanno attraversato la magistratura di sorveglianza, che ciò che è censurabile in sede giurisdizionale, perché elusivo della pronuncia n. 186 del 2018 della Corte Costituzionale, non è la previsione in sé di fasce orarie di cottura dei cibi per i detenuti al 41-bis differenziate rispetto a quelle riservate ai detenuti comuni, ma, piuttosto, l’individuazione di fasce orarie di cottura dei cibi differenziate che non sia accompagnata dall’enucleazione di ragioni apprezzabili che giustifichino tale differenziazione, e quindi con l’unica finalità di ottenere, attraverso di esse, una maggiore afflittività della detenzione nel regime speciale rispetto a quella in regime comune (Sez. 1, n. 36940 del 28/06/2022, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 38401 del 6/05/2022, Bolognino, n.m.).
In particolare, nella menzionata pronuncia n. 36940 del 2022, il giudice di legittimità, nell’annullare il provvedimento del Tribunale di sorveglianza che aveva ritenuto discriminatoria la previsione di fasce orarie differenziate per la cottura dei cibi, ha ritenuto che l’ordinanza non avesse «fornito adeguate ragioni per le quali la definizione delle fasce orarie nel corso delle quali è consentito cucinare ai detenuti assoggettati al regime differenziato, avrebbe costituito una scelta esorbitante dal ragionevole contemperamento tra il riconoscimento della possibilità di riscaldare liquidi e cibi già cotti e di preparare cibi di facile e rap approntamento nella camere detentiva, ai sensi dell’art. 13, comma 4, d.P.R. n. 230 del 2000 (all’esito della pronuncia della Corte costituzionale n. 186 del 2018), e le ulteriori, evidenti, esigenze di organizzazione interna degli istituti penitenziari».
Nell’ambito di detto indirizzo, si rimarca la necessità di chiarire «per esplicito e all’esito di un’analisi specifica, se la previsione di fasce orarie stabilit nell’istituto stesso, solo per i detenuti assoggettati al regime differenziato fosse in concreto esorbitante dall’esercizio del potere organizzatori° da parte dell’Amministrazione penitenziaria, in quanto del tutto avulso dal perseguimento delle esigenze connotanti il regime differenziato stesso, tale da comportare una diversificazione di disciplina priva di giustificazioni e, in tal caso, avente caratter irragionevole, perché discriminatorio».
L’applicazione della regula juris testé enucleata – che ha ispirato anche le più recenti pronunzie in argomento (cfr. Sez. 1, n. 43528 del 28/06/2023, Rv. 285204 – 01, nonché, tra quelle non massimate: Sez. 1, n. 49810 del 15/09/2023; Sez. 1, n. 49527 del 10/10/2023; Sez. 1, n. 44197 del
13/04/2023) ed a cui il Collegio intende attenersi – conduce a ritenere l’illegittimità della decisione impugnata.
In proposito, occorre premettere che, all’interno della Casa circondariale di L’Aquila, i detenuti sottoposti a regime differenziato, a differenza degli altri, sono autorizzati a cucinare tra le 11:00 e le 13:00 e tra le 16:30 e le 18:30 e che la limitazione dell’autorizzazione a tali fasce orarie è dichiaratamente volta a preservare la salubrità degli ambienti, l’ordinata convivenza, il rispetto del lavoro del personale ed a non condizionare i tempi previsti per le attività interne.
Ciò posto, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto che tale differenziazione non possa essere giustificata dalle esigenze di sicurezza connesse al regime speciale né dalla necessità di garantire, ai detenuti «comuni», che occupano ambienti nei quali sono collocati più soggetti, la possibilità di cuocere i cibi in tempi sfalsati, in modo da evitare la concentrazione di fumi ed odori, e quella di partecipare alle attività trattamentali, cui accedono per un tempo più ampio rispetto a coloro che sono sottoposti a regime ex art. 41-bis.
6. Il ragionamento non persuade, perché viziato nei suoi presupposti fattuali.
L’amministrazione ricorrente ha, invero, spiegato che la concentrazione dell’autorizzazione alla cottura dei cibi in due fasce orarie consente di alleggerire, per il tempo residuo, i compiti del personale addetto al controllo di un’attività lato sensu pericolosa ed è compatibile con l’organizzazione delle attività quotidiana dei detenuti collocati in regime ex art. 41-bis, presenti, per la maggior parte della giornata, nella camera del:entiva.
Considerato che l’organizzazione delle attività dei detenuti sottoposti a regime ordinario comporta la loro assenza dalla camera detentiva per un lasso temporale assai più ampio, l’estensione, nei loro confronti, all’intera giornata dell’autorizzazione alla cottura dei cibi è frutto, nella prospettiva dell’amministrazione, del contemperamento tra le concorrenti esigenze che, altrimenti, sarebbero frustrate, derivando dalla fissazione di fasce rigide la necessità di sacrificare una delle attività concomitanti.
La maggiore dilatazione del tempo in cui è consentita la cottura dei cibi consente, per altro verso, di evitare la concentrazione di fumi ed odori, potenzialmente pregiudizievole per la salubrità degli ambienti, che deriverebbe dal contemporaneo utilizzo dei fornelli da parte dei detenuti assegnati alla medesima camera detentiva, eventualità non ipotizzabile per quelli sottoposti a regime differenziato, che occupano celle singole.
Le giustificazioni offerte inducono a ritenere, allora, che la diversità di trattamento riservata ai soggetti ristretti al regime previsto dall’art. 41 -bis rispetto ai detenuti comuni trovi plausibile giustificazione nelle indicate esigenze logistiche ed organizzative e non si traduca, invece, in un mezzo per ottenere, attraverso la differenza di regolamentazione, una maggiore afflittività della detenzione.
Dovendosi, quindi, escludere che l’individuazione di fasce orarie per la cottura dei cibi dei detenuti al 41 -bis si risolva in un trattamento discriminatorio, si impone, in conclusione, l’annullamento dell’ordinanza impugnata e di quella emessa dal Magistrato di sorveglianza di L’Aquila il 17 febbraio 2023, che può essere disposto senza rinvio, non essendo necessario un nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella emessa del Magistrato di sorveglianza di L’Aquila nei confronti di COGNOME NOME in data 17/2/2023. Così deciso in Roma, il 22 novembre 2023.