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Cottura cibi 41-bis: i limiti orari sono legittimi?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto in regime speciale che contestava le limitazioni orarie per la cottura dei cibi in cella. La sentenza stabilisce che la differenziazione di trattamento rispetto ai detenuti comuni è legittima se basata su concrete e motivate esigenze organizzative e di sicurezza, e non risulta meramente vessatoria. Nel caso di specie, le ragioni addotte dall’amministrazione penitenziaria sono state ritenute valide, escludendo la natura discriminatoria del provvedimento.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cottura cibi 41-bis: la Cassazione fissa i paletti per i limiti orari

La possibilità per i detenuti di cucinare nella propria cella rappresenta uno degli ultimi spazi di autonomia personale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 25386/2025, è intervenuta su un tema delicato: la legittimità delle restrizioni orarie per la cottura cibi 41-bis. La Corte ha stabilito che imporre fasce orarie differenti tra detenuti in regime speciale e detenuti comuni non è di per sé illegittimo, a patto che tale diversità sia sorretta da valide e concrete giustificazioni.

I fatti di causa

Un detenuto sottoposto al regime differenziato previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario ha presentato ricorso contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza che confermava la limitazione all’uso del fornellino e del pentolame. Nello specifico, la circolare interna dell’istituto penitenziario prevedeva la consegna degli utensili alle ore 7 del mattino e il loro ritiro alle ore 20. Il ricorrente lamentava una disparità di trattamento rispetto ai detenuti comuni, per i quali non era prevista la stessa restrizione, ritenendo tale misura ingiustificata, vessatoria e lesiva dei principi costituzionali.

La decisione della Corte sulla cottura cibi 41-bis

La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno confermato la legittimità del provvedimento dell’amministrazione penitenziaria, condividendo un orientamento ormai consolidato. Sebbene la Corte Costituzionale (sent. n. 186/2018) abbia riconosciuto anche ai detenuti in 41-bis la possibilità di cucinare, ha specificato che tale diritto non è assoluto e può essere regolamentato dall’amministrazione penitenziaria, anche attraverso la fissazione di fasce orarie.

Le motivazioni

Il fulcro della decisione risiede nel bilanciamento tra il diritto del detenuto e il potere organizzativo dell’amministrazione. La Corte ha chiarito che una disciplina differenziata tra detenuti comuni e quelli in regime speciale è ammissibile, ma non deve mai tradursi in una differenziazione ingiustificata e vessatoria. Il trattamento riservato ai detenuti comuni all’interno dello stesso istituto diventa il parametro di riferimento per valutare la legittimità della restrizione.

L’amministrazione è quindi chiamata a indicare le ragioni specifiche (di sicurezza o organizzative) che giustificano la differenziazione. Nel caso esaminato, il Tribunale di Sorveglianza aveva motivato la restrizione oraria per i detenuti al 41-bis con due principali argomenti:

1. Esigenze Organizzative: La limitazione risponde a necessità legate alla gestione della vita detentiva e, in particolare, all’attenuazione dei controlli durante le ore notturne.
2. Condizioni delle Celle: A differenza dei detenuti in 41-bis, i detenuti comuni vivono in celle multiple. Consentire a tutti di cucinare contemporaneamente e senza limiti orari potrebbe creare situazioni di disagio e insalubrità. Per questo motivo, a loro è consentito cucinare per tutta la giornata.

Secondo la Cassazione, questa motivazione è effettiva e sufficiente a dimostrare che la scelta non è una mera penalizzazione dei detenuti in 41-bis, ma risponde a una logica organizzativa e gestionale, nel rispetto dei principi costituzionali.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la regolamentazione della vita carceraria, inclusa la cottura cibi 41-bis, deve sempre essere ancorata a giustificazioni concrete e verificabili. Non basta la semplice esistenza di una differenza di trattamento per renderla illegittima. È necessario che tale differenza sia irragionevole e priva di fondamento. In questo caso, la Corte ha ritenuto che le ragioni addotte dall’amministrazione penitenziaria fossero plausibili e non discriminatorie, confermando così la legittimità della restrizione oraria e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

È legittimo limitare l’orario per la cottura dei cibi per i detenuti in regime 41-bis?
Sì, è legittimo prevedere limiti e fasce orarie per l’esercizio del diritto di cucinare cibi in cella. Tale previsione costituisce un legittimo esercizio del potere organizzativo dell’amministrazione penitenziaria, a condizione che non si traduca in una misura eccessivamente afflittiva.

Una differenza di trattamento tra detenuti comuni e quelli al 41-bis sulla cottura dei cibi è sempre illegittima?
No, non è sempre illegittima. Diventa illegittima solo se la differenziazione è priva di giustificazioni, irragionevole e quindi discriminatoria o vessatoria. L’amministrazione penitenziaria ha l’onere di indicare le specifiche ragioni, legate a sicurezza o organizzazione, che motivano il diverso trattamento.

Quale giustificazione ha ritenuto valida la Corte nel caso specifico per la differenza di orario?
La Corte ha ritenuto valida la giustificazione basata su esigenze organizzative, come l’agevolazione dei controlli notturni, e sulla diversa condizione abitativa: i detenuti comuni, vivendo in celle multiple, necessitano di una fascia oraria più ampia per evitare problemi di disagio e igiene che sorgerebbero se tutti cucinassero contemporaneamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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