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Costituzione parte civile: vale come querela? La Cass.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 38360/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per furto aggravato. La Corte ha ribadito un principio fondamentale, soprattutto dopo la Riforma Cartabia: la costituzione di parte civile della persona offesa equivale a una querela, manifestando in modo inequivocabile la volontà di punizione e garantendo la procedibilità dell’azione penale. Viene inoltre confermata l’inammissibilità di un ricorso meramente riproduttivo dei motivi d’appello.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Costituzione parte civile: vale come querela? La Cassazione conferma

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata su un tema cruciale della procedura penale, reso ancora più rilevante dalla Riforma Cartabia: il valore della costituzione di parte civile ai fini della procedibilità dell’azione penale. La Suprema Corte ha confermato un orientamento consolidato, stabilendo che tale atto equivale a una querela, in quanto manifesta in modo inequivocabile la volontà punitiva della persona offesa. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I fatti del processo

Il caso trae origine dalla condanna di due soggetti per il reato di furto aggravato in concorso, commesso in Marsala. La sentenza di primo grado era stata confermata dalla Corte di Appello di Palermo. Avverso quest’ultima decisione, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione con atti separati, sollevando diverse questioni.

Uno dei ricorrenti, in particolare, lamentava la mancanza di una condizione di procedibilità, ovvero l’assenza di una formale querela da parte della persona offesa, ritenuta necessaria a seguito delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia. L’altro ricorrente, invece, riproponeva censure già esaminate e respinte nei gradi di merito, relative sia all’affermazione della sua responsabilità (basata su video di sorveglianza e perizia antropometrica) sia al mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità.

La decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. La decisione si fonda su argomentazioni distinte per ciascun ricorso, ma di grande interesse pratico.

Le motivazioni: Costituzione parte civile e procedibilità

Il punto centrale dell’ordinanza riguarda il motivo di ricorso sulla presunta mancanza di querela. La Corte lo ha giudicato manifestamente infondato. In primo luogo, ha evidenziato che nel caso di specie la persona offesa aveva effettivamente presentato querela. Tuttavia, i giudici hanno colto l’occasione per ribadire un principio giurisprudenziale di fondamentale importanza: la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela.

Questo orientamento, già sancito dalle Sezioni Unite nel 2018, assume un valore ancora maggiore dopo la Riforma Cartabia, che ha esteso il regime di procedibilità a querela a numerosi reati prima perseguibili d’ufficio. La Corte ha chiarito che la volontà di punizione della persona offesa non richiede formule sacramentali. Può essere desunta da qualsiasi atto che la manifesti chiaramente. La costituzione come parte civile nel processo penale per ottenere il risarcimento del danno è, per sua natura, un “comportamento concludente” che esprime senza ombra di dubbio la volontà che il colpevole venga perseguito e punito. Non è necessario, specifica la Corte, che l’atto contenga un’espressa menzione di tale volontà.

Le motivazioni: Inammissibilità per motivi generici e valutazione delle prove

Per quanto riguarda il secondo ricorso, la Cassazione ne ha dichiarato l’inammissibilità in quanto meramente riproduttivo delle censure già vagliate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato come la responsabilità dell’imputato fosse stata accertata sulla base di prove solide, come le immagini di videosorveglianza e una perizia antropometrica fondata su basi scientifiche.

Inoltre, la Corte ha ritenuto incensurabile la decisione dei giudici di merito di non concedere l’attenuante del danno di lieve entità (art. 62 n. 4 c.p.). La valutazione del danno, infatti, non poteva limitarsi al valore dei beni sottratti, ma doveva considerare il pregiudizio complessivo, incluso il danneggiamento della porta d’ingresso. Tale danno complessivo non è stato ritenuto modesto.

Conclusioni: L’importanza della volontà della persona offesa

L’ordinanza in esame consolida un principio di pragmatismo giuridico, privilegiando la sostanza sulla forma. In un contesto normativo in cui sempre più reati richiedono l’impulso della vittima per essere perseguiti, la Corte di Cassazione afferma che la volontà punitiva, se chiaramente espressa attraverso atti processuali come la costituzione di parte civile, è sufficiente a soddisfare la condizione di procedibilità. Questa interpretazione garantisce tutela alla persona offesa e assicura che l’azione penale possa procedere quando l’intenzione di ottenere giustizia è evidente, anche in assenza di un atto formalmente denominato “querela”.

Dopo la Riforma Cartabia, la costituzione di parte civile può sostituire una querela mancante?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la costituzione di parte civile, anche se avvenuta nei gradi successivi del giudizio, equivale a una querela. Questo perché tale atto manifesta in modo inequivocabile la volontà della persona offesa di ottenere la punizione del colpevole, soddisfacendo così la condizione di procedibilità.

È possibile presentare in Cassazione gli stessi motivi di ricorso già respinti in Appello?
No, un ricorso per Cassazione che si limita a riproporre le medesime censure già esaminate e respinte dalla Corte di Appello, senza contrapporre nuove e specifiche argomentazioni di fatto o di diritto, è considerato inammissibile per genericità.

Quando viene negata l’attenuante del danno di lieve entità?
L’attenuante del danno di lieve entità può essere negata quando il giudice, con una valutazione non sindacabile in Cassazione se logicamente motivata, considera che il danno complessivo derivante dalla condotta criminosa non sia modesto. Tale valutazione comprende non solo il valore dei beni sottratti, ma anche i danni ulteriori causati, come il danneggiamento di una porta d’ingresso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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