Costituzione parte civile: vale come querela? La Cassazione conferma
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata su un tema cruciale della procedura penale, reso ancora più rilevante dalla Riforma Cartabia: il valore della costituzione di parte civile ai fini della procedibilità dell’azione penale. La Suprema Corte ha confermato un orientamento consolidato, stabilendo che tale atto equivale a una querela, in quanto manifesta in modo inequivocabile la volontà punitiva della persona offesa. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.
I fatti del processo
Il caso trae origine dalla condanna di due soggetti per il reato di furto aggravato in concorso, commesso in Marsala. La sentenza di primo grado era stata confermata dalla Corte di Appello di Palermo. Avverso quest’ultima decisione, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione con atti separati, sollevando diverse questioni.
Uno dei ricorrenti, in particolare, lamentava la mancanza di una condizione di procedibilità, ovvero l’assenza di una formale querela da parte della persona offesa, ritenuta necessaria a seguito delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia. L’altro ricorrente, invece, riproponeva censure già esaminate e respinte nei gradi di merito, relative sia all’affermazione della sua responsabilità (basata su video di sorveglianza e perizia antropometrica) sia al mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità.
La decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. La decisione si fonda su argomentazioni distinte per ciascun ricorso, ma di grande interesse pratico.
Le motivazioni: Costituzione parte civile e procedibilità
Il punto centrale dell’ordinanza riguarda il motivo di ricorso sulla presunta mancanza di querela. La Corte lo ha giudicato manifestamente infondato. In primo luogo, ha evidenziato che nel caso di specie la persona offesa aveva effettivamente presentato querela. Tuttavia, i giudici hanno colto l’occasione per ribadire un principio giurisprudenziale di fondamentale importanza: la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela.
Questo orientamento, già sancito dalle Sezioni Unite nel 2018, assume un valore ancora maggiore dopo la Riforma Cartabia, che ha esteso il regime di procedibilità a querela a numerosi reati prima perseguibili d’ufficio. La Corte ha chiarito che la volontà di punizione della persona offesa non richiede formule sacramentali. Può essere desunta da qualsiasi atto che la manifesti chiaramente. La costituzione come parte civile nel processo penale per ottenere il risarcimento del danno è, per sua natura, un “comportamento concludente” che esprime senza ombra di dubbio la volontà che il colpevole venga perseguito e punito. Non è necessario, specifica la Corte, che l’atto contenga un’espressa menzione di tale volontà.
Le motivazioni: Inammissibilità per motivi generici e valutazione delle prove
Per quanto riguarda il secondo ricorso, la Cassazione ne ha dichiarato l’inammissibilità in quanto meramente riproduttivo delle censure già vagliate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato come la responsabilità dell’imputato fosse stata accertata sulla base di prove solide, come le immagini di videosorveglianza e una perizia antropometrica fondata su basi scientifiche.
Inoltre, la Corte ha ritenuto incensurabile la decisione dei giudici di merito di non concedere l’attenuante del danno di lieve entità (art. 62 n. 4 c.p.). La valutazione del danno, infatti, non poteva limitarsi al valore dei beni sottratti, ma doveva considerare il pregiudizio complessivo, incluso il danneggiamento della porta d’ingresso. Tale danno complessivo non è stato ritenuto modesto.
Conclusioni: L’importanza della volontà della persona offesa
L’ordinanza in esame consolida un principio di pragmatismo giuridico, privilegiando la sostanza sulla forma. In un contesto normativo in cui sempre più reati richiedono l’impulso della vittima per essere perseguiti, la Corte di Cassazione afferma che la volontà punitiva, se chiaramente espressa attraverso atti processuali come la costituzione di parte civile, è sufficiente a soddisfare la condizione di procedibilità. Questa interpretazione garantisce tutela alla persona offesa e assicura che l’azione penale possa procedere quando l’intenzione di ottenere giustizia è evidente, anche in assenza di un atto formalmente denominato “querela”.
Dopo la Riforma Cartabia, la costituzione di parte civile può sostituire una querela mancante?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la costituzione di parte civile, anche se avvenuta nei gradi successivi del giudizio, equivale a una querela. Questo perché tale atto manifesta in modo inequivocabile la volontà della persona offesa di ottenere la punizione del colpevole, soddisfacendo così la condizione di procedibilità.
È possibile presentare in Cassazione gli stessi motivi di ricorso già respinti in Appello?
No, un ricorso per Cassazione che si limita a riproporre le medesime censure già esaminate e respinte dalla Corte di Appello, senza contrapporre nuove e specifiche argomentazioni di fatto o di diritto, è considerato inammissibile per genericità.
Quando viene negata l’attenuante del danno di lieve entità?
L’attenuante del danno di lieve entità può essere negata quando il giudice, con una valutazione non sindacabile in Cassazione se logicamente motivata, considera che il danno complessivo derivante dalla condotta criminosa non sia modesto. Tale valutazione comprende non solo il valore dei beni sottratti, ma anche i danni ulteriori causati, come il danneggiamento di una porta d’ingresso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38360 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38360 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/12/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME e NOME COGNOME, con atti separati, ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo dell’Il dicembre 2023 di conferma della sentenza di condanna del Tribunale di Marsala in ordine al reato di cui agli artt. 110, 624, 625 nn. 2 cod. pen. commesso in Marsala il 26 novembre 2019.
Rilevato che il motivo del ricorso di COGNOME, incentrato sulla mancata motivazione da parte della Corte di Appello della censura inerente alla mancanza della condizione di procedibilità, è manifestamente infondato. Invero nella motivazione della sentenza si da atto che la persona offesa aveva presentato querela. In ogni caso la giurisprudenza di legittimità ha già affermato che la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d’ufficio, divenuti perseguibili a querela a seguito dell’entrata in vigor del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma “Cartabia”), . La costituzione di parte civile di per sé è comportamento concludente che equivale alla manifestazione di volontà di punizione del colpevole, senza che rilevi, come sembra ipotizzare il ricorrente, che la stessa contenga anche la espressa menzione di tale volontà. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Rilevato che GLYPH il motivo di ricorso presentato da COGNOME è inammissibile in quanto meramente riproduttivo RAGIONE_SOCIALE stesse censure già vagliate e disattese dalla Corte di Appello con percorso argomentativo coerente e logico, cui non si contrappone alcuna ragione in fatto e in diritto. Sotto il profilo della affermazione della responsabilità Corte di Appello ha dato atto che il riconoscimento di COGNOME era avvenuto a seguito della estrapolazione RAGIONE_SOCIALE immagini dal sistema di videosorveglianza e dalla perizia antropometrica fondata su seria base scientifica. Sotto il profilo del mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., la Corte di Appello ha sottolineato, con un apprezzamento non sindacabile, che il danno
complessivo apportato dalla condotta di reato e dal danneggiamento della porta di ingresso, non poteva essere ritenuto modesto.
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibil4 i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 3 ottobre 2024
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