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Costituzione parte civile vale come querela: Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. Il motivo del rigetto risiede nel principio secondo cui la costituzione di parte civile equivale a una querela, soddisfacendo così la condizione di procedibilità richiesta per i reati, come il furto, resi perseguibili a querela dalla recente riforma legislativa. La Corte ha sottolineato che tale atto manifesta in modo inequivocabile la volontà punitiva della persona offesa.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Costituzione di Parte Civile: Quando Equivale a Querela secondo la Cassazione

La Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) ha esteso il regime di procedibilità a querela a numerosi reati, tra cui il furto. Questa modifica ha sollevato importanti questioni interpretative su quali atti possano essere considerati espressione della volontà punitiva della vittima. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un punto cruciale: la costituzione di parte civile può validamente sostituire una querela formale, garantendo la procedibilità dell’azione penale.

Il Caso in Esame: Un Ricorso per Furto Aggravato

Il caso sottoposto alla Suprema Corte riguardava un individuo condannato in primo e secondo grado per diversi episodi di furto aggravato. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la prima sentenza, dichiarando il non doversi procedere per alcuni capi d’imputazione ma confermando la condanna per altri. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su un unico motivo: la violazione di legge per presunta mancanza della condizione di procedibilità, ossia la querela, per i reati per cui era stato condannato.

La Decisione della Corte sulla Costituzione di Parte Civile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su una disamina puntuale degli atti processuali e sull’applicazione di un principio giuridico di fondamentale importanza pratica.

Per due dei capi d’imputazione, la Corte ha semplicemente rilevato la presenza materiale delle querele sporte dalla persona offesa nei giorni successivi ai fatti. Per il terzo capo, invece, la soluzione è stata trovata nell’analisi degli atti successivi. In questo caso, la persona offesa si era formalmente costituita parte civile nel processo.

Il Principio Giuridico Affermato

Richiamando un suo precedente (Sez. 1, n. 26575/2024), la Corte ha ribadito che la costituzione di parte civile non revocata equivale a tutti gli effetti a una querela. Il ragionamento è che la volontà punitiva della persona offesa non richiede formule sacramentali o manifestazioni esplicite e può essere legittimamente desunta da atti che, pur non contenendola espressamente, la presuppongono in modo inequivocabile. Costituirsi parte civile per ottenere un risarcimento del danno all’interno di un processo penale è, secondo la Corte, una chiara e inconfutabile manifestazione dell’interesse a che l’imputato venga processato e condannato.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte risiedono nella necessità di dare una lettura sostanziale, e non meramente formalistica, delle norme sulla procedibilità. La ratio della querela è quella di rimettere alla vittima la decisione sull’opportunità di perseguire penalmente l’autore del reato. Se la vittima, attraverso la costituzione di parte civile, dimostra attivamente di volere il risarcimento del danno derivante da quel reato specifico nel contesto del processo penale, sta implicitamente ma chiaramente chiedendo che si proceda alla punizione del colpevole. Qualsiasi interpretazione contraria sarebbe un’inutile formalismo che tradirebbe lo spirito della legge. La Corte ha inoltre sanzionato l’abuso dello strumento processuale, condannando il ricorrente al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza e quindi della colpa nell’aver presentato l’impugnazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre un’indicazione preziosa per avvocati e persone offese da reato. In un contesto normativo dove sempre più reati diventano perseguibili a querela, sapere che la costituzione di parte civile è un atto equipollente alla querela stessa semplifica le procedure e tutela più efficacemente le vittime. Significa che, anche in assenza di un atto formalmente denominato ‘querela’, l’azione penale può procedere validamente se la vittima ha manifestato il suo interesse risarcitorio all’interno del processo. Ciò garantisce che la volontà della persona offesa prevalga sui meri formalismi, assicurando giustizia e piena tutela dei suoi diritti.

La costituzione di parte civile può sostituire una querela mancante?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che la costituzione di parte civile non revocata equivale a una querela. Questo perché tale atto dimostra in modo inequivocabile la volontà punitiva della persona offesa, che è il requisito fondamentale per la procedibilità.

Perché la volontà punitiva della persona offesa è così importante?
Per alcuni reati, come il furto a seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), la legge richiede che sia la vittima a chiedere espressamente la punizione del colpevole. Questa “condizione di procedibilità” tutela l’interesse della persona offesa a decidere se avviare o meno un processo penale.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione è ritenuto ‘manifestamente infondato’?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver avviato un’impugnazione palesemente priva di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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