Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 997 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 997 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CORREGGIO il 03/04/1989
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; Udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale conclude per l’inammissibilita del ricorso
udito il difensore
E’ presente l’Avvocato COGNOME del foro di REGGIO EMILIA difensore di COGNOME il quale evidenzia le ragioni del ricorso e ne chiede l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Girgenti Diego impugna la sentenza della Corte di appello di Brescia n. 378 del 4/03/2024 con la quale l’imputato veniva condannato alla pena di anni due e mesi due di reclusione ed euro 400 di multa in parziale riforma della sentenza di primo grado, a seguito della declaratoria di improcedibilità per uno dei due reati di furto ascrittigli.
L’imputato, infatti, veniva citato a giudizio per rispondere dei delittcp di ricettazione e indebito utilizzo di carte di credito,commessi rispettivamente tra il giugno 2017 e il luglio 2017 perché avrebbe dapprima ricevuto le carte bancomat di proprietà delle signore COGNOME NOME e COGNOME Clara, entrambe provento di furto e le avrebbe poi utilizzate per effettuare indebiti prelievi degli importi rispettivamente di euro 300 e di euro 2500. Il Tribunale condannava l’imputato in ordine ai fatti ascrittigli, riqualificato il delitto di ricettazione in quello di furto aggravato, negate le circostanze attenuanti generiche ed operato l’aumento per la continuazione.
La Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere in ordine al delitto di furto perpetrato in danno di COGNOME NOME per mancanza di querela e rideterminando la pena inflitta in anni due, mesi due di reclusione ed euro 400 di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Con un primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione ed erronea applicazione di legge perché la corte di appello avrebbe dovuto pronunciare sentenza di non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità anche in relazione al furto ai danni di COGNOME; di conseguenza, ritiene la difesa l’illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato quanto all’attribuzione alla costituzione di parte civile della valenza di manifestazione di volontà punitiva. Ritiene la difesa che nel caso di specie, essendo contestati all’imputato il delitto di furto aggravato dalla violenza sulle cose e di furto aggravato dall’esposizione del bene alla pubblica fede, la torte di appello avrebbe dovuto prendere atto della mancanza della condizione di procedibilità a fronte del fatto che le persone offese avevano presentato la semplice denuncia e quindi avrebbe dovuto pronunciare sentenza ex art. 129 cod. proc. pen. nei confronti dell’imputato.
La Corte di appello accoglieva il gravame con riferimento al delitto di furto perpetrato in danno della signora COGNOME NOME ma confermava il giudizio di colpevolezza in relazione al furto commesso in danno della signora COGNOME Clara osservando che per quanto riguarda il diverso regime della
procedibilità introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022, c.d. riforma Cartabia, la COGNOME si era costituita parte civile precedentemente all’entrata in vigore della nuova normativa e la mancata revoca di tale costituzione dimostrava con tutta evidenza la volontà della stessa che si procedesse nei confronti dell’autore del reato.
Al riguardo ritiene la difesa che la semplice costituzione di parte civile e t n-e–t non gai) sopperire alla mancanza di una valida querela pertanto appare illogico attribuire una volontà punitiva alla costituzione di parte civile.
Con un secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta l’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 625, n. 7. cod. pen. i ritenendo quindi l’insussistenza dell’aggravante dell’esposizione del bene alla pubblica fede con riferimento al delitto di furto commesso in danno di COGNOME Clara perché il ragionamento formulato dalla torte d’appello risulterebbe apodittico l atteso che la nozione di “necessità” dell’esposizione alla pubblica fede non ricomprende soltanto i beni esposti per destinazione o consuetudine ma anche quei beni che in tali condizione si trovino in ragione di impellenti bisogni della vita quotidiana ai quali l’offeso è chiamato a far fronte. La difesa ritiene che la motivazione formulata risulti illogica ed apodittica e quindi che la sentenza impugnata vada annullata. Infatti, laxorte di appello non chiarisce in motivazione le ragioni per le quali l’abbandono della borsetta in auto, nel momento in cui la persona offesa aveva già riposto le borse della spesa presumibilmente ingombranti a bordo L A 13 t , à il L dell’auto, fosse risultato una circostanza necessitata tale da;tobsictér’afe esposta alla pubblica fede la borsetta della Gavazza.
Con un terzo motivo di impugnazione la difesa lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla mancata sostituzione della pena detentiva con la pena della detenzione domiciliare sostitutiva ai sensi dell’art. 53 legge n. 689 del 1981 1 atteso che la difesa nei motivi di appello nuovi depositati il 16/02/2024 chiedeva che la reclusione fosse sostituita con la detenzione domiciliare ma all’udienza del 4/03/2024 la Corte d’appello non accoglieva la richiesta di sostituzione della pena detentiva con osservazioni riportate nella motivazione che appare alla difesa carente, limitandosi a sostenere come la pena sostitutiva non possa essere concessa all’imputato senza tuttavia vagliare in modo attento e specifico quali elementi abbiano sorretto tale giudizio se non i suoi precedenti penali e il fatto che abbia inteso rendere le dichiarazioni solo nel corso del giudizio di appello. A parere della difesa ì tali elementi appaiono insufficienti a sostenere il rigetto della richiesta di pena sostitutiva.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti i motivi di ricorso sono manifestamente infondati e, pertanto, inammissibili. In particolare, il primo motivo di ricorso si basa sulla considerazione che la semplice costituzione di parte civile non può sopperire alla mancanza di una valida querela pertanto appare illogico attribuire una volontà punitiva alla costituzione di parte civile. Ma tale critica non si confronta con la consolidata giurisprudenza di legittimità che univocamente depone in senso contrario ritenendo che la persistente costituzione di parte civile, coltivata anche successivamente all’introduzione della procedibilità a querela da parte per il reato per cui si procede, determina la piena sussistenza dell’istanza di punizione e, conseguentemente, della condizione di procedibilità. (Sez. 2 -, sentenza n. 28305 del 18/06/2019, Mumlek, Rv. 276540-02).
Il primo motivo di ricorso è, pertanto, manifestamente infondato e quindi inammissibile.
Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché verte sull’interpretazione del concetto di necessità dell’esposizione alla pubblica fede per il bene oggetto di sottrazione, quale requisito previsto dall’art. 625, n. 7, cod. pen..
Sebbene la difesa lamenti espressamente un vizio della motivazione )il Collegio osserva che sostanzialmente si richiede una rilettura e rivalutazione del materiale probatorio specificamente riguardante l’abbandono della borsetta in auto quale circostanza necessitata. La difesa tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito che al giudice di legittimità è precluso. In sede di controllo della motivazione il giudizio di legittimità non consente la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, svolge la funzione di giudice della motivazione. In tema di Motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui, sono inammissibili tutte le doglianze
che intendono aggredire la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965).
Sebbene nel secondo motivo, quindi, ci siano profili inammissibili riservati al merito delle prove, il Collegio ritiene comunque opportuno ribadire la linea interpretativa consolidata nella giurisprudenza di legittimità per la quale ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7 cod. pen., devono intendersi esposte “per necessità e consuetudine” alla pubblica fede anche le cose che la vittima abbia temporaneamente lasciato in un’autovettura parcheggiata sulla pubblica via, ancorché non costituenti la normale dotazione del veicolo (Vedi ex plurimis, Sez. 5, n. 47791 del 27/10/2022, GLYPH COGNOME, GLYPH Rv.283903; GLYPH Sez. 5, n. 38900 del 14/06/2019, COGNOME, Rv. 277119-01), con la precisazione che la ratio dell’aggravamento di pena si fonda sulla maggiore vulnerabilità della persona offesa in caso di bene riposto per abitudine, ordinaria prassi, bisogno, condizioni materiali o per contingenze varie in un luogo “c12 che nella communis opinio riscuote un ordinario e ragionevole affidamento di protezione del bene, di talché la sottrazione del bene lede la fede riposta dalla comunità.
La motivazione impugnata ha fatto buon governo di tali principi recependoli e fornendo adeguati argomenti tratti dalle condizioni materiali della res sottratta, riposta come normale necessità materiale e logistica, all’interno dell’auto. Anche il secondo motivo di ricorso è, pertanto, inammissibile.
In ordine al terzo motivo di ricorso il Collegio osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la lettura della motivazione impugnata (pag. 10) indica l’esposizione logica, compiutamente coerente con i dati storici circa il passato dell’imputato, e pienamente convincente dei motivi dell’impossibilità di una sanzione sostitutiva. Si leggano, al riguardo, gli espliciti riferimenti al curriculum criminale, alla personalità fortemente incline ai reati contro il patrimonio e all’altissima probabilità che l’imputato, sebbene detenuto per altra causa, versi in condizioni personali che depongono univocamente contro la detenzione domiciliare sostitutiva. Non v’è quindi vizio o lacuna motivazionale circa la mancata applicazione di una sanzione sostitutiva. Pertanto, anche il terzo motivo di ricorso in parola è manifestamente infondato e quindi inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il consigliere estensore
Così deciso in Roma il 15 novembre 2024