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Costituzione di parte civile: vale come querela?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto di acqua ed energia, occupazione di terreno e creazione di discarica abusiva. Il punto centrale della sentenza riguarda la procedibilità dei reati di furto. La Corte ha stabilito che la costituzione di parte civile della persona offesa equivale a una querela, manifestando in modo inequivocabile la volontà di perseguire penalmente l’autore del reato. Di conseguenza, il motivo di ricorso basato sulla presunta mancanza della condizione di procedibilità è stato rigettato come infondato.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Costituzione di parte civile: quando equivale a querela?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 6784 del 2024, offre un chiarimento fondamentale su una questione procedurale di grande rilevanza: l’equipollenza tra la costituzione di parte civile e la querela. Questa decisione consolida un principio giurisprudenziale cruciale, specialmente dopo le modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia che hanno ampliato il novero dei reati procedibili a querela. Il caso in esame, relativo a furti di utenze e reati ambientali, diventa l’occasione per ribadire che la volontà di punire della persona offesa può essere manifestata anche attraverso atti processuali specifici.

I fatti del processo

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per una serie di reati, tra cui il furto aggravato di acqua e di energia elettrica, realizzato tramite allacci abusivi a danno dell’azienda idrica e di altri erogatori. A queste accuse si aggiungevano l’invasione di terreni per occupare un’area non di sua proprietà e la realizzazione di una discarica abusiva su un terreno privato. La Corte d’Appello, pur confermando la responsabilità penale, aveva concesso all’imputato il beneficio della non menzione della condanna.

I motivi del ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Mancanza della condizione di procedibilità: La difesa sosteneva che i reati di furto, a seguito delle recenti riforme, fossero diventati procedibili a querela. Poiché, a suo dire, mancava una formale querela da parte dell’ente erogatore di energia, l’azione penale non avrebbe dovuto essere iniziata. Inoltre, contestava di essere il possessore dei fondi su cui erano stati realizzati gli allacci abusivi.
2. Vizio di motivazione: Il ricorrente lamentava una carenza e contraddittorietà nella motivazione della sentenza d’appello, sostenendo che questa si fosse limitata a sostituire, in modo insufficiente, quella già carente del giudice di primo grado.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi manifestamente infondati e, in parte, reiterativi di doglianze già esaminate in appello.

Sul primo punto, quello più rilevante dal punto di vista giuridico, la Corte ha smontato la tesi difensiva sulla mancanza della querela. I giudici hanno evidenziato che, nel caso di specie, le persone offese si erano costituite parte civile nel processo. Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 40150 del 2018), la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela.

Questo perché tale atto manifesta in modo inequivocabile la volontà della persona offesa di ottenere non solo un risarcimento, ma anche la punizione del colpevole. Questa volontà di punizione è il nucleo essenziale della querela e non richiede formule sacramentali. Pertanto, l’atto di inserirsi nel processo penale per chiedere i danni è stato ritenuto sufficiente a integrare la condizione di procedibilità, anche per reati che, come il furto, sono diventati perseguibili a querela a seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022).

Per quanto riguarda la contestazione dei fatti e la presunta insufficienza della motivazione, la Corte ha qualificato le censure come un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, compito precluso al giudice di legittimità. La Corte d’Appello aveva infatti logicamente e coerentemente ricostruito la disponibilità dei terreni in capo all’imputato sulla base di prove concrete come contratti (locazione e preliminare di vendita), testimonianze e la sua stessa presenza e dichiarazioni durante un sopralluogo.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio di pragmatismo processuale di enorme importanza pratica. Stabilisce chiaramente che la volontà della vittima di perseguire un reato non deve necessariamente essere espressa tramite l’atto formale della querela. La costituzione di parte civile è un atto processuale che, per sua natura, implica un interesse concreto alla condanna penale dell’imputato, presupposto per il successivo risarcimento. Di conseguenza, essa contiene implicitamente quella richiesta di punizione che la legge esige come condizione di procedibilità. Questa interpretazione evita che questioni meramente formali possano vanificare l’azione penale, garantendo tutela alla persona offesa che ha già manifestato attivamente il suo interesse all’interno del processo.

La costituzione di parte civile può sostituire una querela mancante?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha confermato che la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela. Questo atto, infatti, manifesta in modo inequivocabile la volontà della persona offesa di ottenere la punizione del colpevole, che è il requisito fondamentale della querela.

Cosa succede se un reato diventa procedibile a querela dopo l’inizio del processo?
Se un reato, originariamente procedibile d’ufficio, diventa procedibile a querela per una modifica legislativa (come avvenuto con la Riforma Cartabia), la sussistenza della volontà di punire della persona offesa può essere desunta anche da atti precedenti, come la costituzione di parte civile già avvenuta.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile quando non contesta vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti già accertati nei gradi di merito. Inoltre, può essere inammissibile se i motivi sono generici, manifestamente infondati o ripetitivi di questioni già respinte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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