Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6784 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6784 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME,
che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
La Corte di Appello di Messina, con sentenza del 30 giugno 2023, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Messina di condanna di NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia, ha concesso all’imputato il beneficio della non menzione della condanna. COGNOME è stato condannato in ordine a due reati di cui all’art. 624 e 625 n. 2 e 7 cod. pen., relativi rispettivamente al furto d acqua di proprietà RAGIONE_SOCIALE, mediante allaccio abusivo alla rete idrica, e al furto di energia elettrica mediante allaccio abusivo ad altri erogatori; al reato di cui agli artt. 633 e 639 bis cod. pen. in relazione alla invasione, senza titolo, al fine di occupazione, del terreno di cui alla particella 2371 foglio 112 appartenente all’RAGIONE_SOCIALE; al reato di cui all’art. 256 d. Igs 152/2006 in relazione ‘alla realizzazione in area privata di una discarica.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dei reati di cui agli artt. 624 e 625 nn. 2 e 7 cod. pen. Secondo il difensore i reati in esame sarebbero divenuti procedibili a querela ed in atto non sarebbe presente la querela presentata dall’RAGIONE_SOCIALE, che neppure si era costituita parte civile. In ogni caso NOME non era né proprietario, né possessore dei fondi sui quali era stato realizzato l’allacci abusivo .
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge, in relazione alla affermazione della responsabilità penale. Il difensore osserva in realtà che la sentenza di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarata nulla per carenza di motivazione e per errata qualificazione giuridica dei fatti, determinata da “contraddittorietà tra le prove assunte in istruttoria dibattimentale e la condanna”. La Corte di Appello avrebbe sostituito alla motivazione del giudice di primo grado una propria motivazione, comunque insufficiente.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
I due motivi di ricorso, da trattarsi unitariamente in quanto attinenti alla affermazione della responsabilità dell’imputato e alla assenza della condizione di procedibilità (solo il primo), sono entrambi manifestamente infondati ed ai limiti della inammissibilità.
Quanto al profilo della insussistenza della prova della condotta di reato ascritta all’imputato, si deve ricordare, che la funzione tipica dell’impugnazione è quella di una critica argomentata al provvedimento che si realizza, a pena di inammissibilità, attraverso la presentazione di motivi che devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Pertanto, il contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione è il confronto puntuale, con specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Nel caso in esame la Corte di Appello, sulla base dell’istruttoria, ha dato atto che:
nel corso del sopralluogo effettuato 1’11 novembre 2019 era stata constatata la presenza di manufatti, allacci abusivi alla rete idrica ed elettrica e deposito di rifiuti sui terreni in catasto al f. 112, partt. 76, 1036, 2397 di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME e 2371, di proprietà RAGIONE_SOCIALE; più specificamente dal serbatorio di acqua presente nella part. 2371 si diramavano allacci abusivi collegati ai manufatti presenti nelle particelle 76, 1036 e 2397; nella part. 2371 erano presenti altri due manufatti i cui impianti elettrici erano stati collegati al contato e sulla stessa particella erano stati accumulati rifiuti;
-l’epoca di realizzazione degli allacci abusivi era da collocarsi tra il 3 maggio 2015 e il 15 settembre 2017;
al momento del sopralluogo, NOME, presente sul posto, si era dichiarato possessore del terreno a titolo di locazione;
dal contratto prodotto dalla difesa emergeva che in data 1 ottobre 2008 NOME aveva stipulato un contratto di locazione afferente ad un terreno di proprietà dei citati COGNOME e COGNOME comprendente la particella 76 del f. 112, della durata di sei anni e rinnovabile salvo disdetta, e quindi all’epoca dei fatti ancora efficace; tale circostanza era stata confermata a dibattimento dal teste COGNOME, il quale aveva riferito di aver ricevuto d NOME l’autorizzazione a custodire nel terreno il suo Pony;
il preliminare di vendita del 17 maggio 2016 dimostrava che a tale data NOME era interessato al terreno comprendente, oltre che la particella 76, anche
le particelle 1036 e 2397 e nello stesso preliminare si dava atto che solo le particelle 891, 896; 1038 e 1040 erano occupate da terzi;
il decreto di sequestro emesso nell’ambito di altro procedimento aveva ad oggetto solo le partt. 32,33,75 e 1221;
Sulla base di tali dati, dunque, la Corte aveva ritenuto provato che i terreni interessati dalle ipotesi di reato contestate fossero stati nella disponibilità del ricorrente.
2.1. Il ricorrente, a fronte di tale percorso argomentativo, congruo, logico e coerente con il compendio probatorio, dopo aver ripercorso la diversa ricostruzione dei fatti già prospettata al giudice di appello, ha formulato censure in punto di fatto e quindi inammissibili, oltre che meramente reiterative.
2.2. Il primo motivo è manifestamente infondato anche nella parte in cui evidenzia la mancanza della condizione di procedibilità in ordine ai reati di furto.
A tale fine si evidenzia che nel caso di specie la persona offesa si era costituita parte civile in ordine ad ai delitti di furto di cui ai capi a) e b). Co osservato dalla Corte di Appello, invero, la giurisprudenza di legittimità ha già affermato che la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d’ufficio, divenuti perseguibili a querela a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma “Cartabia”), .
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa « di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE, somma così determinata in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa dell ammende
Così deciso in Roma il 18 gennaio 2024 Il Consigli GLYPH tensore GLYPH
Il Presidente