Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29236 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29236 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALMANOVA il 12/01/1995
avverso la sentenza del 18/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 18.12.2024 la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano in data 22.10.2020, che aveva ritenuto COGNOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 590 bis cod.pen. condannandolo alla pena sospesa di mesi quattro di reclusione oltre che al risarcimento dei danni patiti dalla parte civili equitativamente liquidati in Euro 800,00, ha concesso il beneficio della non menzione della condanna ed ha revocato le statuizioni civili, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Il fatto, come ricostruito dalle sentenze di merito, attiene ad un sinistro stradale verificatosi in data 1.7.2017 in Milano alle ore 4 e 50 allorché D.V., mentre percorreva INDIRIZZO–INDIRIZZO a bordo della propria Chevrolet Matiz, nell’attraversare un’intersezione con luce semaforica gialla lampeggiante, all’altezza di INDIRIZZO, andava a collidere con un’autovettura Fiat Punto proveniente dalla sua sinistra. A seguito dell’urto l’autovettura condotta da D.V. si era ribaltata ed egli era stato trasportato all’Ospedale INDIRIZZO di Milano ove gli erano state diagnosticate lesioni personali consistite in “politraunna in incidente stradale” giudicate inizialmente guaribili in giorni sette.
Successivamente a seguito di ulteriori accertamenti medici gli veniva riscontrata un’inabilità temporanea assoluta al lavoro con prognosi protrattasi fino al 16.08.2017 per un totale di giorni superiore a 40.
A seguito dei rilievi effettuati sul luogo, emergeva che il conducente del veicolo Fiat Punto COGNOME, nell’impegnare l’intersezione, aveva omesso di dare la precedenza al veicolo Chevrolet Matiz che proveniva da destra.
Il giudice di primo grado, sulla scorta delle prove orali e documentali acquisite, riteneva che l’incidente stradale avesse trovato origine nella mancata osservanza da parte dell’imputato dell’obbligo di dare la precedenza sancito dall’art. 145, comma 2, C.d.S. e, affermata la sua responsabilità in ordine al reato contestatogli, lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena oltre che a risarcire il danno alla costituita parte civile.
L’impianto motivatorio della sentenza di primo grado trovava integrale conferma nella pronuncia d’appello.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’immtato, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di ricorso.
Con il primo deduce ai sensi dell’art. 606, lett. b), ed e) cod.proc.pen. l’erronea interpretazione della legge penale con riguardo alla ritenuta validità della costituzione di parte civile presentata antecedentemente alla novella del d.lgs 10 ottobre 2022 n. 150 quale querela di parte pur a fronte della totale
inerzia della parte civile nel giudizio di appello e per manifesta illogicità dell motivazione resa sul punto.
Inoltre, ex art. 606 lett. b) cod.proc.pen., assume l’inosservanza dell’art. 152 cod.pen.
Deduce altresì ai sensi dell’art. 606, lett. e) cod.proc.pen. la manifesta illogicità della motivazione sul tema del difetto di querela ab origine essendo le lesioni patite dalla persona offesa di durata inferiore ai giorni 40.
Si sostiene che la sentenza propone una ricostruzione dell’evoluzione normativa in tema di procedibilità del reato per cui è processo, ritenendo che la costituzione di parte civile non revocata equivalga a querela rivelandosi tuttavia tale tesi contraddittoria stante la totale inerzia della parte civile nel giudizio appello. A riguardo, oltre al fatto che la parte civile non ha rassegnato le conclusioni, va altresì considerato che la Corte d’appello ha revocato le statuizioni civili.
Con il secondo motivo deduce ex art. 606 lett. b) cod.proc.pen. la violazione dell’art. 41, comma 7, C.d.S. ed ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen. la mancanza di motivazione in ordine al rigetto della richiesta di assoluzione perché il fatto non sussiste nonché la manifesta illogicità della motivazione laddove conferma la sussistenza del reato di lesioni colpose stradali.
Si assume che l’incidente è da attribuire ad esclusiva responsabilità della persona offesa essendo la sentenza viziata dall’aver ignorato la violazione dell’art. 41, comma 7, C.d.S. alla stessa ascrivibile.
Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
La difesa dell’imputato ha replicato, insistendo per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il tema già proposto in appello è quello della procedibilità a querela del reato di lesioni stradali gravi introdotto dall’art. 2 comma 1, lett. c) d.lgs. n. 150 de 2022 in base al quale il delitto di cui all’art. 590 bis cod.pen. é punibile a querela della persona offesa se non ricorre alcuna delle circostanze aggravanti ivi previste.
Come correttamente ricostruito dalla Corte d’appello in un ampio excursus, tale nuova disciplina più favorevole retroagisce ai reati commessi in data anteriore al 30.12.2022, data di entrata in vigore della novella, ai sensi
dell’art. 2 cod.pen. atteso che la procedibilità d’ufficio o a querela costituisce materia anche di diritto sostanziale.
Ciò premesso, la Corte territoriale, ha poi fatto corretta applicazione del principio secondo cui, ai fini della procedibilità dei reati che il d.lgs n. 150 de 2022 ha reso perseguibili a querela, la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela, posto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengono la sua esplicita manifestazione (Sez. 3, n. 27147 del 09/05/2023, Rv. 284844; Sez. 3, n. 19971 del 09/01/2023, Rv. 284616; Sez. 1, n. 26575 del 14/05/2024, Rv. 286741); rilevando che nella specie al momento dell’entrata in vigore dell’art. 2 d.lgs. n. 150 del 2022 la persona offesa era già costituita parte civile.
Né può assumere rilievo a riguardo la totale inazione della parte civile nel giudizio di appello.
Com’è noto, vige nel processo penale il principio c.d. di “immanenza” della costituzione di parte civile, normativamente previsto dall’art. 76, comma 2, cod.proc.pen., secondo cui “la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo”.
Da questo principio deriva che la parte civile, una volta costituita, debba ritenersi presente nel processo anche se non compaia, che debba essere citata anche nei successivi gradi di giudizio (anche straordinari; per es. nel giudizio di revisione) anche se non impugnante e che non occorra per ogni grado di giudizio un nuovo atto di costituzione. Parimenti l’immanenza rimane ferma anche nel caso di mutamento delle posizioni soggettive (per es. morte o raggiungimento della maggiore età) o di vicende inerenti alla procura alle liti o alla difesa tecnica (per es. l’abbandono della difesa). Corollario di questo principio generale è che l’immanenza viene meno soltanto nel caso di revoca espressa e che le ipotesi di revoca implicita – previste dell’art. 82, comma 2, cod.proc.pen., nel caso di mancata presentazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado o di promozione dell’azione davanti al giudice civile – non possono essere estese al di fuori dei casi espressamente previsti dalla norma indicata.
In particolare, è principio consolidato che la parte civile costituita, che non partecipi al giudizio di appello personalmente e non presenti conclusioni scritte ai sensi dell’art. 523 cod. proc. pen., deve ritenersi comunque presente nel processo e le sue conclusioni, pur rassegnate in primo grado, restano valide in ogni stato e grado in virtù del principio di immanenza previsto dall’art. 76 cod. proc pen. (Sez. 5, n. 24637 del 06/04/2018, Rv. 273338)..
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Ed invero la censura si traduce nella generica contestazione della ricostruzione del sinistro operata dalle due sentenze di merito, senza alcun reale
l’iter confronto con
logico argomentativo seguito e di fatto sollecitando una diversa lettura, come tale preclusa in sede di legittimità, basata sull’attribuibilità
alla persona offesa della violazione di cui all’art. 41, comma 7 C.d.S. che avrebbe nell’iter
avuto, a dire della difesa (ma senza alcun aggancio argomentativo della
sentenza impugnata), un’efficacia causale nella realizzazione dell’evento.
3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000
in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2025
Il Presidente