Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34938 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34938 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME NOME nato a MILITELLO ROSMARINO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a SANT’AGATA DI MILITELLO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi; lette le conclusioni e la nota spese in data 24/09/2025 depositate dal difensore della parte civile.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Messina, con sentenza in data 15 settembre 2023 trasmessa a quest’ufficio soltanto il successivo 1 luglio 2025, in parziale riforma della pronuncia del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti del 16 novembre 2022, dichiarava non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME quanto ai reati di furto agli stessi ascritti ai capi nn. 39), 40), 42) e 43 per mancanza di querela e rideterminava le pene inflitte ai medesimi, in ordine ai rimenanti delitti di furto aggravato, cessione di stupefacenti ed estorsione in concorso loro rispettivamente ascritti, in anni sei, mesi due di reclusione ed euro
4.800,00 di multa per il COGNOME ed in anni due, mesi tre, giorni dieci di reclusione ed euro 600,00 di multa per il COGNOME.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione gli imputati tramite i rispettivi difensori di fiducia; l’AVV_NOTAIO per COGNOME deduceva, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
violazione ex art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen., manifesta illogicità della motivazione posto che il giudice di appello aveva omesso di dichiarare non doversi procedere per difetto di querela in ordine al delitto di furto aggravato di cui al capo n. 41) e ciò benché mancasse la condizione di procedibilità della querela;
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione quanto al ritenuto concorso punibile in relazione al delitto di detenzione illecita di arma da sparo contestato al capo n. 51), in assenza di qualsiasi prova che il ricorrente avesse avuto la disponibilità dell’arma posto che lo stesso si trovava soltanto a bordo della vettura del coimputato COGNOME circostanza che non poteva dimostrare alcuna relazione stabile con l’oggetto illecito.
2.1. L’AVV_NOTAIO COGNOME deduceva, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. quanto al capo n. 41) per il quale non era stata presentata alcuna querela;
violazione di legge e difetto di motivazione quanto ai capi nn. 44), 45), 46) 47) e 48) difettando qualsiasi prova della attività di cessione di stupefacente ed essendo stata omessa l’analisi dei motivi di appello;
violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione al capo n. 49) per difetto di correlazione tra accusa e sentenza posto che, a fronte di un’accusa che contestava l’estorsione finalizzata ad ottenere il pagamento di somme dal COGNOME consumata ad ottobre 2018, era invece risultato un solo pagamento avvenuto l’1 settembre;
violazione di legge quanto alla inesatta qualificazione giuridica dei fatti in relazione al capo n. 50) avendo errato il giudice di appello a respingere la richiesta di riqualificazione nella fattispecie di cui all’art. 393 cod. pen. dato che, il COGNOME, aveva agito al solo fine di ottenere quanto riteneva gli fosse dovuto dovendo ritenersi sufficiente la convinzione dell’agente; in ogni caso i fatti andavano qualificati ex art. 582 cod. pen. mancando la volontà di conseguire un profitto ingiusto;
vizio di motivazione in relazione al capo n. 51) quanto alla responsabilità per detenzione illecita di un fucile basata sulla interpretazione di conversazioni prive
di capacità dimostrativa;
violazione di legge in relazione alla determinazione della pena base stabilita nella misura eccessiva di anni sette di reclusione e quindi in misura prossima al massimo per il delitto di tentata estorsione aggravata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di entrambi i ricorsi con il quale si deduce la non procedibilità per difetto di querela del capo n. 41) è manifestamente infondato; ed invero il reato contestato, furto aggravato di carburante su cose esposte alla pubblica fede ed in condizioni di minorata difesa della vittima commesso nel febbraio 2019, pur essendo divenuto procedibile a querela di parte per effetto delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150/2022 (c.d. riforma Cartabia), vede nel caso di specie una circostanza decisiva che elide la fondatezza delle doglianze poiché la persona offesa RAGIONE_SOCIALE si è costituita parte civile nel giudizio di primo grado concluso il 16 novembre 2022 ed ha mantenuto detta costituzione anche nel giudizio di appello definito dopo l’entrata in vigore della nuova norma sulla procedibilità per i reati di furto nel 2023.
Al riguardo, la Corte di cassazione, con un orientamento costante, ha affermato che la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità dei reati che il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ha reso perseguibili a querela, posto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengono la sua esplicita manifestazione (Sez. 1, n. 26575 del 14/05/2024, COGNOME, Rv. 286741 – 01; Sez. 3, n. 27147 del 09/05/2023, S., Rv. 284844 – 01).
Quanto ai motivi in punto affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo n. 51 (secondo motivo ricorso COGNOME e quinto motivo COGNOME), le doglianze difensive ripropongono argomenti già adeguatamente vagliati e disattesi dal giudice di secondo grado.
La Corte di appello di Messina, attraverso una puntuale ricostruzione dei fatti ricavata dalla interpretazione di alcune conversazioni intercettate intercorse tra i due coimputati, ha affermato come per le modalità della detenzione e per il riferimento compiuto dai conversanti ad un uso specifico che del fucile doveva essere fatto, la responsabilità dei ricorrenti dovesse essere confermata avendo gli stessi certamente agito in concorso.
Pertanto, le censure riproposte con i ricorsi , vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la
quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva. E, non avendo i ricorrenti evidenziato incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali, le censure, essendo incentrate tutte su una nuova ed alternativa rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile.
Quanto al terzo motivo del ricorso COGNOME che contesta l’affermazione di colpevolezza in ordine ai capi nn. 44), 45), 46) 47) e 48) difettando qualsiasi prova della attività di cessione di stupefacente va ricordato che, nel caso in esame, ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado, circostanza questa non sussistente nel caso in esame e neppure adeguatamente prospettata (Sez. 2, n. 5223 del 24/01/2007, Medina, Rv. 236130 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217 – 01).
Invero, i giudici di primo e secondo grado sono pervenuti alla conclusione della colpevolezza dell’imputato attraverso l’analisi specifica del contenuto delle conversazioni nelle quali vengono fatti plurimi riferimenti ad oggetti trattati tra le parti ed identificati, con valutazione priva di illogicità tanto più manifesta, quali partite di sostanza stupefacente e sul punto il motivo di ricorso si profila anche generico.
Deve, poi, essere escluso che per il capo n. 49) si sia verificata immutazione del fatto ritenuto rispetto a quello contestato; a parte la considerazione che nel capo di imputazione è indicata nell’ottobre 2018 la data dell’accertamento e non della consumazione, va anche rilevato che, per costante orientamento della corte di legittimità, l’accertamento di una data di commissione del fatto diverso rispetto a quella indicata nel capo di imputazione non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza qualora non risulti che questo abbia determinato, in danno dell’imputato, lo sviamento della strategia difensiva apprestata (Sez. 5, n. 44974 del 04/10/2012, Agostini, Rv. 253781 – 01); e, nel caso di specie, l’episodio contestato risulta sempre l’estorsione in danno del COGNOME.
Manifestamente infondato e reiterativo appare anche il quarto motivo del ricorso COGNOME posto che la Corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, integra il delitto di estorsione, la condotta minacciosa o violenta con la quale si costringa, o si tenti di costringere, il beneficiario della
cessione di sostanza stupefacente a pagarne il prezzo, trattandosi dell’esercizio di una pretesa non tutelabile dall’ordinamento (Sez. 3, n. 9880 del 24/01/2020, Tordo, Rv. 278767 – 01; Sez. 2, n. 40051 del 14/10/2011, Conversano, Rv. 251547 – 01).
Né può ritenersi che il ricorrente abbia agito nella convinzione della legittimità della propria pretesa, trattandosi di circostanza smentita dalle chiare modalità occulte di effettuazione del traffico di droga e di intimidazione della vittima chiaramente dimostrative della consapevolezza della natura illecita dell ‘ attività.
Anche l’ultimo motivo del ricorso COGNOME è manifestamente infondato avendo il giudice di appello fissato la pena base in relazione al delitto di estorsione consumata aggravata posto in essere ad ottobre 2018, contestato al capo n. 49), nel minimo assoluto edittale pari ad anni sette di reclusione per effetto della modifica operata dalla legge n. 103 del 2017 già in vigore al momento di consumazione dei fatti. Erra pertanto il ricorso nel ritenere i fatti qualificati come ipotesi di estorsione tentata plu riaggravata e ciò perché sia dall’imputazione che dalla stessa lettura della motivazione risulta che la vittima (il COGNOME), a fronte di minacce e violenze, veniva costretta al versamento delle somme di denaro con evidente consumazione della fattispecie di reato e conseguente determinazione della pena minima assoluta proprio nella misura stabilita dal giudice di appello.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila ciascuno. Gli imputati vanno, altresì, condannati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME RAGIONE_SOCIALE, spese che si liquidano in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE liquidate in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Roma, 9 ottobre 2025
IL CONSIGLIERE AVV_NOTAIO NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME