Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 39582 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 39582 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
3958 2 �’ 2 ,
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME
NOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Presidente –
-Relatore-
Sent. n. 1600 sez.
R.G.N. 20084/2024
cc – 11/09/2024
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
COGNOME NOME nata a Castroreale il 19/10/1963 rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza del Tribunale di Messina, sezione distrettuale per il riesame, emessa in data 27 /03/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata richiesta dal difensore la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma l-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso richiamandosi integralmente alle conclusioni scritte già depositate;
?
udita la discussione del difensore della ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 19/07/2023 il Tribunale di Messina, sezione distrettuale per il riesame, accogliendo parzialmente l’istanza di riesame presentata da NOME COGNOME avverso l’ordinanza applicativa nei suoi confronti della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa in data 28/06/2023 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, annullava detta misura limitatamente al reato di tentata concussione di cui al capo A dell’imputazione provvisoria, confermando invece la stessa in relazione ai delitti di cui al capo B (artt. 110 e 319 cod. pen.) e C (artt. 56, 110 e 319 cod. pen.).
L’addebito di cui al capo B) è quello di corruzione propria per avere la COGNOME, nella qualità di dirigente medico dell’azienda ospedaliera Papardo, in concorso con COGNOME NOME (all’epoca dei fatti deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana, con il ruolo quest’ultimo di determinatore) fatto conseguire una borsa di studio di euro 16.000,00 annui a NOME COGNOME il quale, in cambio, aveva fornito i propri servizi professionali in favore di COGNOME, curando la comunicazione della attività politica.
Al capo C) si contesta alla Paratore il reato di tentata corruzione propria per avere attivato la procedura volta alla predisposizione di un bando per esperto legale, quale consulente esterno della azienda ospedaliera, incarico da affidare all’avv. NOME COGNOME all’epoca dei fatti assessore del comune di Barcellona Pozzo di Gotto, la quale, in cambio dello stesso, avrebbe dovuto “passare” alla lista “Prima il territorio”, riconducibile al Catalfamo, al fine di assecondare il progetto politico di quest’ultimo nell’ambito dell’imminente ” rimpasto” della Giunta comunale dalla quale stava per essere escluso il padre del COGNOME.
A seguito di ricorso per cassazione, la sesta sezione di questa Corte annullava l’ordinanza in questione con rinvio al Tribunale di Messina, sezione riesame, per nuovo giudizio.
Rilevava il difetto di motivazione:
-nella valutazione della gravità degli indizi in relazione all’addebito di cui al capo B) con riferimento agli elementi costitutivi del contestato reato di corruzione propria e alla qualificazione giuridica della condotta contestata alla Paratore. In particolare, sottolineava la carenza argomentativa da parte del Tribunale del riesame in relazione (a) al raccordo logico-causale e quindi alla relazione sinallagmatica tra l’atto posto in essere dall’indagata e la successiva utilità
t
conseguita da COGNOME; (b) alle parti coinvolte (non emergendo con chiarezza se il soggetto corruttore fosse COGNOME ovvero il Cautela); (c) all’oggetto del patto corruttiva, considerato che nel caso di specie veniva in rilievo l’esercizio di una attività di carattere discrezionale rispetto alla quale il Tribunale aveva omesso di valutare se la stessa avesse comunque soddisfatto anche esigenze della Pubblica Amministrazione ovvero solo ed esclusivamente un interesse del privato corruttore, configurandosi nel primo caso la diversa fattispecie di cui all’art. 318 cod. pen.;
-nella valutazione della gravità indiziaria in relazione all’addebito di cui al capo C) rispetto al quale la motivazione dell’ordinanza impugnata era carente circa la qualificazione in termini di tentativo della condotta contestata alla Paratore che sembrava essersi esaurita in una fase antecedente alla conclusione dell’accordo corruttiva e che, sotto il profilo della idoneità ed univocità, era consistita nella predisposizione di una lettera con la quale era stata semplicemente sollecitata l’attivazione della procedura di bando per esperto avvocato specializzato per le professioni legali e per educatore pedagogista;
-nella valutazione dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione dei reati rispetto alla quale il Tribunale del riesame, con motivazione meramente apparente, aveva ritenuto irrilevante la circostanza della sospensione dal servizio della Paratore ed aveva posto a fondamento della ravvisata necessità specialpreventiva la spregiudicatezza della condotta dell’indagata e la sua possibilità di riattivare la rete di relazioni, senza indicare specifiche circostanze fattuali a sostegno.
In sede di giudizio di rinvio, il Tribunale di Messina, in funzione di riesame, con l’ordinanza emessa in data 27/03/2024 confermava il giudizio di gravità indiziaria con riferimento agli addebiti provvisori di cui ai capi B) e C) e il quadro di esigenze cautelari ravvisato nella prima ordinanza oggetto di annullamento dando atto che, nelle more, la misura domiciliare era stata sostituita dal Giudice per le indagini preliminari con quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOMECOGNOME tramite il difensore fiduciario, articolato in tre motivi.
4.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 606 lett. B) cod. proc. pen. in relazione art. 319 cod. pen. contestato al capo B) e dell’art. 606 lett. E) cod. proc. pen. sotto il profilo del travisamento della prova nel suo complesso costituita dalle conversazioni intercettate, dalle sit rese da COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME.
f
;u�
Rileva la difesa che anche in sede di annullamento con rinvio il Tribunale del riesame ha omesso di valutare una parte della attività captativa e, comunque, ha indicato il contenuto della stessa in modo difforme da quello reale. Da taluni dialoghi emerge infatti che COGNOME non era stato favorito durante le prove di esame ma si era aggiudicato il bando esclusivamente per merito (conv. 15 marzo 2022 ove la COGNOME parlando proprio con COGNOME aveva affermato: ” se tu vinci la borsa di studio, perché prima la devi vincere… le cose bisogna guadagnarsele …. saranno in quattro, giudicherò tutti e quattro con imparzialità .. “); che costui era stato il candidato con la migliore prova ( conv. del 17 marzo 2022 ove la COGNOME, confrontandosi con NOME appena dopo l’espletamento dell’esame, aveva sottolineato come COGNOME avesse ” risposto bene”, mentre un altro candidato” non aveva risposto e aveva lui stesso ammesso di non avere letti i progetti”); che la commissione esaminatrice, formata da quattro persone, aveva fedelmente redatto il verbale di prova di esame redatto in data 17 marzo 2022 e che i tre membri della stessa, escussi dagli inquirenti, avevano escluso anomalie nello svolgimento del concorso .
Il Tribunale del riesame, con motivazione illogica frutto di travisamento del materiale captativo e degli apporti dichiarativi raccolti in sede di indagini, non si è avveduto che l’indagata COGNOME ha giudicato con imparzialità nel corso della prova di esame e, per di più, non è stata neppure lei a proporre e a decidere l’indizione del bando per avvalersi di un comunicatore all’interno dell’azienda ospedaliera, men che meno a predisporlo. Ciò emerge dalle sommarie informazioni rese da COGNOME NOME, COGNOME e dal direttore generale COGNOME COGNOME oltre che dalla conversazione del 16 dicembre 2021; da tali portati dichiarativi risulta altresì che alla pubblicazione del bando in questione era sottesa una precisa esigenza pubblicistica.
Parlatore non avrebbe dunque compiuto alcun atto contrario ai doveri d’ufficio, tale non sarebbe stata neppure la consegna al candidato COGNOME del materiale didattico per affrontare la prova di esame, agevolmente reperibile ovunque; pura illazione sarebbe l’affermazione del Tribunale del riesame secondo cui l’indagata aveva fornito a COGNOME l’indicazione delle domande che gli sarebbero state poste atteso che nulla supporta tale assunto.
Non si configura neppure un sinallagma tra l’aggiudicazione del bando in favore di COGNOME e l’indebita dazione in favore di COGNOME di una attività di comunicatore politico che il primo avrebbe svolto gratuitamente a favore del secondo in cambio della conseguita borsa di studio. Lo stesso COGNOME in sede di interrogatorio ha spiegato che la Regione disponeva del budget necessario per assumere direttamente COGNOME come comunicatore, anche se l’ente aveva invece preferito altro soggetto.
Soprattutto non sussiste alcun sinallagma tra la condotta della COGNOME e la prestazione che COGNOME avrebbe erogato atteso che l’indagata non ha ricevuto alcuna utilità indebita dalla assegnazione della borsa di studio a favore di COGNOME; il messaggio inviato da COGNOME alla COGNOME in data 15 marzo 2022 attesta semplicemente che quest’ultima era a conoscenza di un rapporto privilegiato tra COGNOME e COGNOME ma non dimostra, diversamente da quanto affermato dal Tribunale, un accordo illecito che prevedesse, da una parte, l’aggiudicazione del bando e, dall’altra, la prestazione gratuita di comunicatore in favore di COGNOME. Al contrario, in tale messaggio COGNOME dice alla Paratore di non volere partecipare al bando “per motivi che ovviamente nulla hanno a che fare con te”, così attestando in modo inequivoco la estraneità della Parlatore al sinallagma tra COGNOME e COGNOME.
4.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 lett. B) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 56 319 cod. pen. contestato al capo C) rispetto al quale manca il requisito della univocità della condotta e dell’art. 606 lett. E) cod. proc. pen. sotto il profilo del travisamento della prova costituita dalle conversazioni intercettate e dall’interrogatorio di garanzia di COGNOME NOME.
Ad avviso del ricorrente, il Tribunale ha omesso di valutare le conversazioni telefoniche intercettate nel corso delle quali la Paratore sottolineava che, trattandosi di bandi pubblici, le domande andavano tutte valutate attribuendo a ciascuna i relativi punteggi.
Rileva la difesa che, in ogni caso, l’indagata si era limitata, con una lettera inviata all’ufficio competente, a sollecitare la predisposizione del bando “per effettivi interessi pubblicistici” il quale in concreto non fu mai indetto ed in sede di interrogatorio aveva chiarito di non avere mai avuto alcuna intenzione di assumere l’avv. NOME COGNOME alla quale, in accordo con COGNOME, aveva fatto fittiziamente credere che sarebbe stata favorita e addirittura che “il bando era passato”.
La promessa era dunque inveritiera (il che configurerebbe al più una condotta di truffa), l’avv. NOME non aveva comunque accettato la promessa ma aveva subordinato l’accordo alla preventiva dazione e cioè alla effettiva predisposizione del bando e alla vincita del posto.
Il Tribunale del riesame ha dunque travisato il contenuto delle captazioni telefoniche affermando, invece, che la COGNOME si era adoperata per attivare il bando di concorso (il quale “era passato”), con l’intenzione di favorire la Pino quale risultato avuto di mira; sostenendo altresì che quest’ultima aveva accettato la promessa fattale da COGNOME e dalla COGNOME, così qualificando l’addebito di cui al capo C) addirittura in forma consumata invece che tentata, come contestato ne l l’imputazione provvisoria.
{
v
4.3. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606 lett. E) cod. proc. pen. sotto il profilo della omessa motivazione con riferimento alla sussistenza della desistenza volontaria in relazione al capo C) atteso che la COGNOME si era limitata a chiedere la predisposizione del bando e non aveva avuto alcun intento di agevolare l’avv. NOME ai fini della aggiudicazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. Il ricorso è inammissibile
Sia il primo che il secondo motivo di impugnazione sono manifestamente infondati nella parte in cui deducono il travisamento, da parte del Tribunale per il riesame, del contenuto di alcuni elementi indiziari posti a base del provvedimento qui impugnato. Trattasi di censura che, di fatto, finisce per proporre surrettiziamente un diverso apprezzamento di dati investigativi, non consentita in questa sede e, in particolare, una lettura alternativa delle conversazioni telefoniche intercettate in corso di indagine che il Collegio della cautela ha valutato nel loro reale contenuto, interpretandole in modo del tutto logico e coerente rispetto al tenore testuale, al contesto in cui esse si inseriscono e al restante corredo circostanziale.
2.1. Quanto al primo motivo di ricorso che attiene al capo di imputazione provvisoria sub B) rubricato in termini di corruzione propria, il dedotto travisamento ha ad oggetto in primo luogo tre colloqui telefonici intercettati due dei quali indicati genericamente (conversazione del 17 marzo 2022 intervenuta tra COGNOME e COGNOME NOME e quella del 16 dicembre 2021 intercorsa tra l’indagato e COGNOME) e cioè privi degli specifici riferimenti al numero progressivo ed al relativo decreto autorizzativo.
Il verbale integrale di trascrizione di tali dialoghi non risulta peraltro allegato al ricorso al quale, invece, sono state accluse solo le copie di alcune pagine della ordinanza cautelare genetica emessa dal Giudice per le indagini preliminari e della prima ordinanza del Tribunale per il riesame annullata in sede di legittimità che le richiamano sulle quali la difesa ricorrente assume di avere evidenziato in giallo le parti, a suo dire, non valutate nel provvedimento impugnato, così finendo per lamentare di fatto non un travisamento delle tre conversazioni richiamate e quindi un utilizzo del contenuto delle stesse in modo difforme dal reale, ma semmai la loro omessa valutazione.
Oggetto del prospettato travisamento sono inoltre i verbali del 17 marzo 2022 di espletamento dell’esame sostenuto da NOME COGNOME, di interrogatorio di garanzia di Parlatore NOME e di sommarie informazioni rese da Casablanca
NOME, COGNOME, COGNOME, atti che il Tribunale per il riesame neppure ha menzionato nell’ordinanza impugnata, sicchè non si vede come possa ipotizzarsi un travisamento del contenuto degli stessi.
Va infine evidenziato come, in ogni caso, il ricorrente non abbia in alcun modo chiarito l’incidenza del dedotto travisamento dei dati di cui sopra sulla valutazione complessiva dell’intero compendio indiziario e cioè come l’asserito vizio abbia compromesso, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato, così creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali.
2.2. Per le medesime ragioni, è manifestamente infondato anche il travisamento dedotto nel secondo motivo di ricorso per quanto concerne il capo di imputazione provvisoria sub C).
Oggetto del prospettato vizio sono due conversazioni intercorse tra COGNOME e COGNOME, anche in questo caso non identificate in alcun modo perché prive degli specifici riferimenti (numero progressivo e decreto autorizzativo), i relativi verbali integrali di trascrizione non risultano allegati al ricorso.
La difesa ricorrente afferma di avere compiegato all’atto di impugnazione qui in esame le pagine 57-62 e 63 dell’ordinanza cautelare genetica che riporterebbero il contenuto di tali colloqui, tuttavia i fogli 62 e 63 non sono stati materialmente allegati, come attestato dalla cancelleria del Tribunale per il riesame; quanto alla pag. 57, si assume ancora una volta di avere evidenziato in giallo le parti non valutate nel provvedimento impugnato, così finendo per lamentare non un utilizzo del contenuto di tali conversazioni stesse in modo difforme dal reale, ma semmai l’omessa valutazione di talune parti.
Anche con riferimento ai due colloqui intercettati, non è comunque spiegato come il dedotto travisamento sia stato idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio rendendo illogico l’apparato argomentativo del provvedimento impugnato per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato.
Il primo ed il secondo motivo di impugnazione sono manifestamente infondati anche nella parte in cui deducono il vizio di violazione di legge con riferimento all’art. 319 cod. pen. e cioè in punto di sussistenza, pur se a livello di sola gravità indiziaria come richiesto nella fase incidentale, dei presupposti indefettibili per configurare in capo a Paratore Francesca i delitti di corruzione propria.
Il Tribunale per il riesame ha infatti formulato un nuovo giudizio affrontando partitamente ciascun profilo di criticità evidenziato nella pronuncia di annullamento con rinvio e ha ampiamente colmato le lacune motivazionali del
f
proprio precedente provvedimento con un costrutto argomentativo che si pone in linea con i principi di diritto dettati dal giudice di legittimità in punto di qualificazione giuridica delle due condotte contestate all’indagata.
3.1. Quanto al reato provvisoriamente contestato al capo B), il Collegio ha argomentato diffusamente in relazione agli specifici profili relativi alla sussistenza di una relazione sinallagmatica tra l’atto del pubblico ufficiale Paratore e l’utilità conseguita da COGNOME, alla individuazione delle parti dell’accordo corruttiva e alla natura dello stesso.
Con un impianto argomentativo saldamente ancorato a plurimi elementi indiziari di valenza univoca che hanno consentito la ricostruzione dei fatti, l’ordinanza impugnata ( pagine da 3 a 10) ha evidenziato in primo luogo il contesto all’interno del quale si era innestata la vicenda corruttiva in contestazione e cioè la significativa e peculiare relazione tra COGNOME e COGNOME (ave il primo aveva percepito, tra il 2018 ed il 2020, dal secondo redditi da lavoro dipendente e da collaborazione con il gruppo “Lega Sicilia per Salvini premier”), ed anche tra l’indagata COGNOME e COGNOME medesimo che era dipendente della azienda ospedaliera di Messina con contratto a seguito di borsa di studio in scadenza nel mese di dicembre 2021).
Il Tribunale ha quindi richiamato una serie di conversazioni telefoniche, riportate nel loro tenore testuale talora nei passi più significativi e, talaltra, addirittura nel contenuto integrale (dovendosi quindi ribadire come non si veda in quale errore “revocatorio” per omissione, invenzione o falsificazione, sia incorso il Collegio nella lettura dei colloqui, così come trascritti nei brogliacci redatta dalla polizia giudiziaria) e ha dato altresì rilievo a due messaggi di testo inviati da Cautela a COGNOME in data 18 gennaio e 15 marzo 2022 (quest’ultimo riportato anch’esso nel suo contenuto integrale e non nella sola parte estrapolata dal ricorrente) valutandoli come dati dimostrativi – sul piano della gravità indiziaria della esistenza di un sinallagma tra l’atto del pubblico ufficiale COGNOME (consistito nell’assicurare la borsa di studio a Cautela) e l’utilità che lo stesso COGNOME avrebbe dovuto rendere in cambio (ed in concreto effettivamente reso) in favore di COGNOME, rappresentata dalla cura della comunicazione del politico.
Quanto al ruolo ricoperto da ciascuno dei tre soggetti coinvolti in tali dialoghi, ha evidenziato che il corrotto era COGNOME NOMECOGNOME dirigente della Pubblica Amministrazione, corruttore era NOME COGNOME e il terzo determinatore si individuava in COGNOME NOMECOGNOME
A fronte del quadro complessivo emerso dalle richiamate attività captative ha reputato che la ritrosia mostrata dal Cautela nel partecipare al bando indetto dalla Azienda ospedaliera non era affatto incompatibile con la prospettazione accusatoria di corruzione, ma solo espressione di un momento estemporaneo di
crisi del patto corruttiva, poi superato perché COGNOME era ritornato sui suoi passi dopo l’opera di convincimento messa in atto da COGNOME e COGNOME.
Il Tribunale del riesame ha altresì argomentato diffusamente (pagg da 11 a 13) anche in relazione alla qualificazione giuridica del fatto contestato ai sensi dell’art. 319 cod. pen., muovendosi in perfetta linea con le precise direttrici ed i principi di diritto tracciati dal giudice di legittimità nella pronuncia di annullamento con rinvio il quale aveva evidenziato come dovesse essere accertato il compimento da parte del pubblico ufficiale Paratore di un atto contrario ai doveri d’ufficio venendo in rilievo, nel caso in esame, l’esercizio di un potere discrezionale da parte di costei e dovesse essere anche vagliata la eventuale sussumibilità del fatto nella diversa fattispecie di cui all’art. 318 cod. pen. ove, nella specie, fosse stato comunque soddisfatto un interesse pubblico.
L’ordinanza impugnata ha individuato in capo all’indagata un comportamento qualificabile in termini di atto contrario ai doveri di ufficio e cioè una condotta consistita, da un lato, nella violazione delle regole che disciplinano l’esercizio del potere discrezionale e, dall’altro, nel concreto condizionamento dell’interesse pubblico per la presa in carico esclusivamente dell’interesse del privato corruttore, senza alcuna contemporanea soddisfazione di esigenze proprie della pubblica amministrazione.
A sostegno di tale assunto, il Tribunale ha richiamato nel provvedimento una serie di passaggi di conversazioni intercettate dimostrativi del fatto che l’esito del bando era stato predeterminato in favore di Cautela e che la stessa indizione del concorso era stata, a monte, realizzata allo scopo di assegnare la borsa di studio proprio a costui e non ad altri candidati (taluni dialoghi davano conto di come, diversamente, il bando non sarebbe stato neppure avviato e di come esso sarebbe stato annullato ove l’indagata fosse stata informata per tempo della sopravvenuta indisponibilità di COGNOME a parteciparvi).
La COGNOME (nel momento in cui aveva affermato “quel ( … ) di Cautela me lo dice solo oggi che giovedì c’è l’esame … perché io l’annullavo prima, ora non posso più fare niente”) aveva lei stessa palesato in modo espresso il proprio personale e concreto potere di influire sulla procedura di concorso (seppure formalmente riferibile alla dirigente NOME COGNOME), tanto da poterla porre nel nulla per ragioni del tutto estranee agli interessi dell’ente.
L’indagata in un incontro con COGNOME avvenuto, assai significativamente, presso il casello autostradale pochi giorni prima della prova orale, monitorato dalla polizia giudiziaria” aveva anche consegnato a costui del “materiale per … il giorno 17 c’è il concorso”, su diretto interessamento e sollecitazione di COGNOME.
Tale condotta era indicata dal Collegio come una patente violazione del dovere di imparzialità che incombe su chi esercita una attività discrezionale e valutativa,
alterando la condizione di iniziale parità dei concorrenti. La messa a disposizione di tale carteggio da parte della COGNOME era da ritenersi inequivocabilmente finalizzata proprio al superamento della prova da parte di COGNOME, tenuto conto del contesto in cui era stato consegnato, del fatto che essa risultava collegata ad un preciso interessamento al riguardo di Catafalmo, ma anche delle modalità di svolgimento della prova orale consistita nell’estrazione a sorte di cinque buste, ciascuna contenente due soli quesiti semplici, uno dei quali ripetuto anche nelle altre quattro.
3.2. Quanto al reato provvisoriamente contestato al capo C) e riqualificato dal Tribunale per il riesame in corruzione propria consumata anziché solo tentata, il Collegio ha in primo luogo compiutamente ricostruito (pagg. 14, 15 e 16 dell’ordinanza impugnata) la vicenda fattuale sulla scorta di due conversazioni telefoniche intercorse il 16 gennaio 2022 dapprima tra COGNOME e l’avv. NOME COGNOME e, immediatamente dopo, tra COGNOME medesimo e l’indagata COGNOME, riportate in gran parte nel loro contenuto testuale.
Ha evidenziato come nel primo dialogo COGNOME aveva contattato la COGNOME all’epoca assessore del comune di Barcellona Pozzo di Gotto, chiedendole di “passare” alla lista “Prima il territorio” a lui riconducibile al fine di assecondare il suo progetto politico di costituzione di un nuovo gruppo, in vista dell’imminente rimpasto della giunta comunale decisa dal sindaco del paese che prevedeva l’esclusione del padre. A fronte di tale proposta, la donna aveva rappresentato di non essere disposta a transitare nella lista se non prima di avere avuto riscontro che “quella cosa va avanti” della quale non aveva più avuto alcuna notizia al riguardo; a fronte dell’invito di NOME a contattare la COGNOME per avere delucidazioni in merito, la NOME lo aveva sollecitato a prendere lui contatti con quest’ultima, per poi farle sapere qualcosa di concreto.
Immediatamente dopo, COGNOME aveva chiamato la COGNOME parlandole del suo progetto politico che intendeva realizzare immediatamente al fine di anticipare le mosse del sindaco e che prevedeva il coinvolgimento della COGNOME la quale, tuttavia, sarebbe transitata nella lista solo dietro il corrispettivo dell’incarico di esperto avvocato presso l’azienda ospedaliera Papardo; aveva dunque chiesto notizie al riguardo all’indagata la quale gli aveva rappresentato che la procedura era in fase conclusiva in quanto lei stessa aveva formulato la richiesta di un bando ad hoc che era stato positivamente valutato e che il lunedì successivo sarebbe stato firmato dal direttore Generale dell’azienda (”il bando è passato”). Paratore aveva spiegato nel dettaglio il suo personale intervento consistito nel predisporre una “lettera” contenente l’indicazione della tipologia dell’incarico da conferire, la sede lavorativa ed il tempo richiesto per il suo espletamento, nonché il compenso da corrispondere. Riscontro concreto a tale conversazione era rappresentato dalle
note 5 e 13 gennaio 2022 debitamente protocollate nel registro ufficiale della azienda ospedaliera e indirizzate al direttore generale COGNOME acquisite agli atti, aventi ad oggetto la “attivazione di un bando borsa di studio per esperto avvocato specializzato per le professioni legali e per educatore pedagogista”, ove l’incarico legale prevedeva una remunerazione di 15.000,00 euro.
Il Tribunale del riesame ha dato anche conto del fatto che, alla fine della conversazione, la COGNOME aveva manifestato una incondizionata disponibilità ad assecondare i voleri di Catafalmo (” tu lo sai che io faccio quello che mi dici tu”).
Così ricostruita la vicenda, il Collegio ha affrontato il profilo della qualificazione giuridica della condotta di Paratore (pagg. da 16 a 21 dell’ordinanza impugnata) rispetto al quale questa Corte aveva rilevato carenze argomentative nel precedente provvedimento annullato con rinvio per nuovo giudizio, con specifico riferimento alla idoneità e univocità della stessa.
Sul punto ha ravvisato gravità indiziaria con riferimento al reato di corruzione propria in forma consumata anziché solo tentata, come contestato nella imputazione provvisoria sub C), richiamando i principi ermeneutici affermati dalla pronunzia a Sezioni Unite n. 15208 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 246584 secondo cui il delitto di corruzione si consuma al momento della promessa accettata ove ad essa non segua la dazione- ricezione.
In particolare, ha evidenziato ( pagg da 16 a 21 dell’ordinanza impugnata) che dai dialoghi intercettati emergeva un pregresso preciso accordo sulla scorta del quale la COGNOME (corruttrice) avrebbe elargito a COGNOME (terzo determinatore) l’utilità consistente nel suo passaggio alla lista ” Prima il territorio”, in cambio dell’incarico remunerato di esperto avvocato promosso dalla COGNOME (pubblico ufficiale corrotto).
La promessa era stata dunque già accettata in un momento antecedente alla conversazione del 16 gennaio 2022 nella quale COGNOME aveva utilizzato con la NOME le espressioni ” è arrivato il momento di rompere gli indugi. .. avevamo fatto un ragionamento … come ci eravamo detti .. “); la COGNOME era stata parte dell’accordo e lo aveva condiviso avendo avviato l’iter che avrebbe condotto all’assegnazione dell’incarico alla NOME.
Alla promessa non era seguita la dazione ricezione dell’utilitàsol perché la procedura di concreta realizzazione del bando richiedeva tempi tecnici che la Pino non intendeva attendere, pretendendo una contestualità tra il passaggio alla lista di COGNOME e l’ottenimento dell’incarico legale; la mancata intesa sui tempi delle rispettive prestazioni, tuttavia, nulla toglieva al fatto che l’accordo corruttiva si era comunque perfezionato con piena condivisione anche da parte della COGNOME la quale aveva compiuto, per sua stessa ammissione, atti concreti finalizzati a dare esecuzione al patto corruttiva che si era perfezionato.
Il ruolo di pubblico ufficiale corrotto svolto dalla COGNOME ben emergeva anche nella successiva conversazione intercettata in data 21.1.2022 nel corso della quale COGNOME le rappresentava di reperire un altro destinatario dell’incarico (“io farei una cosa con questa scema, ora noi troviamo qualcun altro”) a cui l’indagata aveva risposto di essere pronta a indire un nuovo bando cambiando la figura professionale prevista (” allora il bando lo faccio io, solo tu mi devi dire se io non devo cambiare figura), a ciò COGNOME aveva risposto di mantenere il concorso precedente e di farvi partecipare, oltre alla Pino, anche altre persone ( ” no, no, ti stavo dicendo che, eventualmente, lo facciamo sempre per la stessa figura e, oltre a lei, gli facciamo presentare domanda a qualcun altro”)
Ha sottolineato il Tribunale che proprio tale conversazione dimostrava (pag. 21) come la condotta della COGNOME si era estrinsecata, analogamente alla vicenda che aveva visto coinvolto NOME COGNOME, nel compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio e volto a realizzare esclusivamente l’interesse del privato corruttore. L’attivazione concreta della procedura da parte dell’indagata era stata infatti messa in atto non nell’interesse pubblico a conseguire determinate prestazioni, ma unicamente al fine di una presa in carico dell’interesse della COGNOME, privata corruttrice.
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso relativo alla omessa valutazione della ipotesi di desistenza volontaria con riferimento alla tentata corruzione propria contestata al capo C).
Il Tribunale del riesame effettivamente non ha affrontato tale profilo e ciò per il semplice fatto che ha ritenuto di qualificare tale addebito in termini di corruzione consumata e non tentata, così spendendo argomentazioni palesemente incompatibili con il riconoscimento della desistenza che si configura allorquando l’agente receda da una azione che non ha ancora completato il suo iter esecutivo.
Ha anche espressamente valorizzato circostanze tali da escludere che la COGNOME avesse volontariamente mutato il proprio proposito e interrotto volontariamente l’attività criminosa evidenziando che solo i tempi tecnici della amministrazione avevano impedito di concretizzare quella contestualità tra il passaggio alla lista di COGNOME e l’ottenimento dell’incarico legale che la COGNOME pretendeva e che la conversazione del 21 gennaio 2022 attestava la piena disponibilità della COGNOME a portare comunque avanti il bando che rappresentava all’accordo corruttiva.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati (Corte cast., 13 giugno 2000 n. 186)
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende Così deciso il giorno 11/09/2024
OEPO&ITATO IN CAMCEl’ ARtA SECONDA. Sa!tOME Plf!MALE 2 B OTT. 2024