Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13092 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13092 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME nato a Somma Vesuviana il 10/6/1960
Cropanise NOME, nata a Tupa il 12/9/1964
avverso la sentenza del 21 giugno 2024 della Corte di appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME chi:: ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso di Archetto Noce ino e di rigettare quello di NOME COGNOME; uditi gli Avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME, difensori di Arch atto Nocerino, e l’Avv. NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME, che hanno chiesto di accogliere i ricorsi dei loro assistiti.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21 giugno 2024 la Corte di appello di Napo i ha confermato la pronuncia emessa il 24 novembre 2017 dal Tribunale di Noia, yon cui NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati condannati alla :P: na ritenuta di giustizia per il reato di cui agli artt. 319 e 321 cod. pen.
Secondo la conforme ricostruzione di entrambi i Giudici del 171E rito, NOME COGNOME quale responsabile dell’ufficio dello stato civile del Comunci di Somma Vesuviana, dal 2013 al 2015 aveva istruito pratiche per il riconoscimento dello status civitatis italiano in favore di persone brasiliane, omettendo le dovute verifiche istruttorie, previste anche dalla circolare ministeriale vigente all’epeca dei fatti, dietro indebiti compensi, ricevuti da NOME COGNOME referente in Italia dell’associazione “RAGIONE_SOCIALE, che prestava assistenza e curava le pratiche di riconoscimento della cittadinanza e della residenza in favor:i di brasiliani.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorsi per cassazioni, i difensori di NOME COGNOME e COGNOME.
Il difensore di NOME COGNOME ha dedotto i motivi di segu to indicati.
4.1. Inosservanza della legge penale, per non avere la Corte di apre lo considerato che dall’istruttoria espletata non era emersa la prova sia ce la dazione di denaro o altra utilità sia del compimento dell’atto contrario ai doveri di ufficio, quale causa della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da pEri te del pubblico ufficiale. Sarebbe emerso che la ricorrente aveva pres:ato assistenza e curato le pratiche di riconoscimento della cittadinanza e de la residenza in favore di persone brasiliane e avrebbe ricevuto compensi per tele sua lecita attività di agenzia. Peraltro, il Consolato di San Paolo in Bresile avrebbe affermato che, per tutte le documentazioni che inviavano i Comuni, €s;0 espletava i dovuti controlli e verificava la regolarità.
4.2. Mancata assunzione di una prova decisiva, per non aver acquisi:o documentazione da reperire all’anzidetto Consolato nonché la documentazbue attestante il riconoscimento iure sanguinis della cittadinanza italiana del padrE! di NOME COGNOME
Il difensore di COGNOME COGNOME ha dedotto vizi della motivazione e d erronea applicazione della legge. Dopo avere illustrato la normativa li
riferimento per il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis e i principi espressi da questa Corte in tema di corruzione, il ricorrente ha lamentato il difetto di prova sulla riconducibilità dell’importo di euro 350,00, oggetto di una mail tra l’imputata e NOME COGNOME a uno specifico atto contrario ai doveri di ufficio. La Corte di appello avrebbe trascurato che era NOME COGNOMElse a chiedere somme di denaro a coloro che si rivolgevano all’associazione “RAGIONE_SOCIALE” e non avrebbe chiarito le ragioni per cui ha ritenuto che nei vari me5;saggi e mail analizzati le parti si riferissero all’imputato e a una pratica istruita d quest’ultimo. Né avrebbe chiarito le ragioni sia della riconducibilità degli iriporti indicati nei fogli Excel sotto il termine “nozes” a uno specifico atto contrarb ai doveri di ufficio, compiuto dall’imputato, sia dell’indicazione di un’unica persona con i termini “arch” e “nozes”. Peraltro, l’imputata, nel corso del suo esame, aveva riferito di aver offerto somme di denaro ad Archetto Nocerino per il suo interessamento alle pratiche riconducibili all’anzidetta associazione, Cr121 che quest’ultimo, come anche dal medesimo dichiarato, non le aveva accettale Le condotte, contestate all’odierno ricorrente, dovrebbero essere sussunte – a tutto voler concedere in ordine all’asserita violazione di disposizioni normative ‘nei . enti alla funzione di pubblico ufficiale – nell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 32:: cod pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi, formulati in entrambi i ricorsi proposti, sono nel comp lesso infondati.
Prendendo le mosse, per ragioni di ordine logico, dal secondo motK o del ricorso di NOME COGNOME concernente la mancata rinnovazipne dell’istruttoria dibattimentale di appello, va rilevato che la Corte territoriale ha affermato che non era decisiva l’acquisizione dei documenti, oggetto delle richieste degli imputati (per NOME COGNOME: tutta la documentazipne protocollata al Comune di Somma Vesuviana nonché, per la pratica di CD1 rea NOME COGNOME la certificazione attestante il riconoscimento della cittadinanza italiana del padre; per COGNOME COGNOME: l’elenco completo degli allegati alle pec da lui inviate al Consolato di San Paolo in Brasile; le relazioni di pratici: di cittadinanza e tutta la documentazione ivi contenuta; il certificato di matriric nio legalizzato relativo alla pratica del cittadino Correa NOME COGNOME, non assumendo rilievo l’accertamento della legittimità formale di singoli atti, zii fini dell’esclusione del patto corruttivo, né essendo in contestazione condotte di falsità ideologica o materiali, riconducibili agli imputati.
Siffatta motivazione si rivela incensurabile, tenuto conto della de itata congruità degli elementi acquisiti e dei connotati di eccezionalità che caratterizzano il richiamato istituto. Può qui, infatti, ripetersi che la rinnovaziPne dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello è evenienza eccezicn aie, subordinata a una valutazione giudiziale di assoluta necessità, conseguente all’insufficienza degli elementi istruttori già acquisiti, che impone l’assunzioni?. di ulteriori mezzi istruttori, pur se le parti non abbiano provveduto a presentar?. la relativa istanza nel termine stabilito dall’art. 468 cod. proc. pen. (v. Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 266820 – 01).
Anche le censure, sollevate da entrambi i ricorrenti, concernimti l’affermazione della loro responsabilità per il delitto di corruzione, sgno infondate.
3.1. Costituisce principio più volte ribadito nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, ai fini dell’accertamento del reato di corruzione propri:, è necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri di uffic o sia stato la causa della prestazione del denaro o di altra utilità e della ;11a accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fino la mera circostanza dell’avvenuta dazione (cfr., in particolare, Se2 6, n. 3765 del 9/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281144 – 01; Sez. n. 39008 del 06/05/2016, COGNOME, Rv. 268088 – 01; Sez. 6, n. 5017 del 7/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251867 – 01; Sez. 6, n. 24439 del 25/03/2010, COGNOME, Rv. 247382 – 01). È necessario dimostrare, quindi, non solo la dazione indebita dal privato al pubblico ufficiale (o all’incaricato di pubblico servizio), bensì ani:he la finalizzazione di tale erogazione all’impegno di un futuro connportanreito contrario ai doveri di ufficio ovvero alla remunerazione di un già attuato comportamento contrario ai doveri di ufficio da parte del soggetto muni:c di qualifica pubblicistica.
In tale quadro di riferimento si afferma che costituiscono atti contn r ai doveri d’ufficio non soltanto quelli illeciti (perché vietati da atti imperativi illegittimi (perché dettati da norme giuridiche riguardanti la loro validità ed efficacia), ma anche quelli che, pur formalmente regolari, prescindono, per consapevole volontà del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servi; , io, dall’osservanza di doveri istituzionali espressi in norme di qualsiasi livello, ivi compresi quelli di correttezza e imparzialità (Sez. 6, n. 30762 del 14/05/2009, COGNOME e altri, Rv. 244530 – 01).
D’altra parte, è pacifico che il reato in oggetto può essere integrato a -r he mediante atti di natura discrezionale o meramente consultiva, quando essi costituiscano concreto esercizio dei poteri inerenti all’ufficio e l’agente s. mi: il
soggetto deputato ad emetterli o abbia un’effettiva possibilità di incidere sul relativo contenuto o sulla loro emanazione. L’atto di natura discreziondle o consultiva non ha mai un contenuto pienamente “libero”, essendo soggettc’ per un verso, al rispetto delle procedure e dei requisiti di legge, per altro verso, alla necessità di assegnare comunque prevalenza all’apprezzamento dell’inte -esse pubblico (Sez. 6, n. 8935 del 13/01/2015, Giusti, Rv. 262497 – 01; Sez. 6, n. 36212 del 27/06/2013, COGNOME, Rv. 256095 – 01), senza deviarric o stravolgerne il contenuto per tutelare interessi di ordine privatistico dietrc la corresponsione di somme di denaro. Ai fini della configurabilità del reatci di corruzione propria, rileva, quindi, la violazione dei doveri che attengono al nudo, al contenuto, ai tempi degli atti da compiere e delle decisioni da adottare nel concreto operare della discrezionalità amministrativa in funzione dell’attuwione del pubblico interesse.
3.2. Di tali coordinate ermeneutiche ha fatto corretta applicazione la Corte di appello di Napoli.
Nel ricostruire la vicenda storico-fattuale entrambi i Giudici di merito hanno posto in evidenza che NOME COGNOME, in qualità di responsabile dell’uffici( di stato civile del Comune di Somma Vesuviana, aveva ricevuto da NOME COGNOME somme di denaro, funzionali al compimento di atti contrari ai pr(pri doveri di ufficio nell’ambito delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana in favore di persone brasiliane.
In particolare, il Collegio di secondo grado, dopo aver ricordato i prini:ipi affermati in sede di legittimità in tema di corruzione propria ed improprizi, ha analiticamente indicato le cinque pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana in cui erano state riscontrate irregolarità, commesse da COGNOME che, quale responsabile dell’Ufficio di stato civile del Comune di Somma Vesuviana, contribuiva alla manifestazione della volontà dell’organo di appartenenza e, dunque, agiva nella veste di pubblico ufficiale.
Sintomatiche della reiterata inosservanza dei principi di imparziatà, indipendenza e buon andamento dell’azione amministrativa, che sovrintend( no l’esercizio della funzione pubblica, erano le plurime illegittimità e irregolailtà riscontrate nella procedura di verifica di alcune istanze, operate dal predet:o in palese violazione anche delle prescrizioni dettate dal Ministero dell’Internc per contrastare l’aumento di casi di falsificazione dei documenti e delle certifica2:igni utilizzate dai soggetti, provenienti soprattutto dai paesi dell’America Latina, per richiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis.
La Corte territoriale ha poi indicato analiticamente gli elementi di prova da cui ha ricavato che il pubblico ufficiale aveva accettato indebiti camper si, provenienti da NOME COGNOME e correlate a comportamenti funzionali al
soddisfacimento di interessi speculativi privati, presi a carico dal medesimo pubblico ufficiale con l’accordo corruttivo, a discapito dell’interesse pubi:lie° tipizzato dalla norma attributiva del potere.
Secondo la Corte di appello, in definitiva, «il richiamo nella corrispondenza telematica e nelle conversazioni, intercorse tra gli imputati, a ricompense economiche destinate a COGNOME, i riferimenti nelle annotazioni contabili a i:iifre riportate in corrispondenza di nomi o soprannomi allo stesso riconducibili, la coincidenza temporale di esse con lo svolgimento delle pratiche amministra:ive demandate allo stesso COGNOME, in relazione alle quali erano state d’Eri, ate macroscopiche irregolarità, la coincidenza dei file Word denominati “richiesta di non rinuncia”, rinvenuti nei computer degli imputati e utilizzati da RAGIONE_SOCIALE per le comunicazioni al Consolato anche per le pratiche in contestazione!, il rinvenimento nel computer della Cropanise di altra documentazione intestata al Comune di Somma Vesuviana e riportante la firma digitale del Nocerinc non ponevano dubbi sulla sussistenza del rapporto sinallagnnatico tra incic biti compensi e condotte contrarie ai doveri di ufficio».
Così argomentando, la Corte territoriale ha adeguatamente dato conto della sussistenza di tutti gli elementi necessari ad integrare il contestato reato di cui agli artt. 319 e 321 cod. pen.
A fronte delle argomentazioni della sentenza impugnata i ricorrenti hanno riproposto con il ricorso per cassazione la versione dei fatti dedotta in secondo grado e disattesa dalla Corte territoriale, che ha fornito una valutazione arie lhica ed autonoma sui punti specificamente indicati negli atti di gravame, a cui ha dato riposte logiche e non manifestamente contraddittorie, di talché la motivazione risulta esaustiva ed immune dalle censure proposte.
Non è superfluo ricordare al riguardo che compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non è quello di sovrapporre la prDpria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le reciDle della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelt,:i di determinate conclusioni a preferenza di altre.
3.3. Anche la censura sulla qualificazione giuridica, sollevata da RAGIONE_SOCIALE COGNOME, è infondata.
La Corte d’appello ha evidenziato che la prova dei vantaggi economici destinati all’imputato quale pubblico ufficiale, da lui accettati e/o consegu ti in dipendenza di reiterati erogazioni provenienti dalla Cropanise e correla:e a comportamenti contrari ai suoi doveri di ufficio, tenuti nell’ambito :lene
procedure amministrative con le quali la stessa era interessata, configuravi la più grave figura criminosa della corruzione, caratterizzata rispetto all’abuso d’ufficio dalla presenza di un soggetto erogatore di un’utilità collegata da nEsso teleologico a detti comportamenti del pubblico ufficiale.
Trattasi di argomentazioni corrette, in linea con quanto osservato da q.0 sta Corte, secondo cui, quando il vantaggio economico del pubblico ufficiale sia da questi conseguito in dipendenza di un’erogazione altrui e di un proprio comportamento, attivo od omissivo, contrario ai doveri d’ufficio, trDva applicazione, per il principio di specialità, la più grave delle due figure criminose in questione, e cioè quella della corruzione, caratterizzata, rispetto all’altra, dalla presenza del soggetto erogatore di un’utilità collegata da nesso teleologic[i al suindicato comportamento del pubblico ufficiale (Sez. 6, n. 4459 del 24/11/2016, deo. 2017, COGNOME, Rv. 269612 – 01).
Va rilevato di ufficio che a NOME COGNOME è stata applica . tn la misura accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, che nor era prevista dalle disposizioni applicabili ratione temporis.
La legge 6 novembre 2012, n. 190, vigente al tempo dei fatti in disamina, aveva esteso l’ambito applicativo dell’art. 317-bis cod. pen. attraverso il riferimento ai reati di cui agli artt. 319 e 319-quater cod. pen. La norma non conteneva, però, alcun riferimento alle pene stabilite per il corruttore da l’3rt. 321 cod. pen., che, a sua volta, non faceva riferimento all’art. 317-bis cod. pen.
La pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici iJfiCi, specificamente prevista dall’art. 317-bis cod. pen., non poteva trovare applicazione nei confronti del corruttore. In tal senso depone significativamente la circostanza che la legge 9 gennaio 2019, n. 3, ha modificato l’art. 317-bis cod. pen., prevedendone espressamente l’applicazione anche nel caso, come quello in esame, di condanna per il corruttore ai sensi dell’art. 321 cod. pen.
Nel caso in esame, entrambi i Giudici del merito hanno richiamato l’art. 31.7bis cod. pen., ma, per le ragioni anzidette, all’imputata COGNOME è 31:ata applicata una pena accessoria illegale, perché applicata al di fuori del paradigma normativo di cui all’art. 29 cod pen.
Tale profilo può essere rilevato dì ufficio, in linea con quanto già affermato da questa Corte (Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, Rv. 286862 – C2), secondo cui l’illegalità della pena accessoria erroneamente applicata è rilevabile d’ufficio nel giudizio di cassazione, anche nel caso in cui il ricorsc sia inammissibile.
La sentenza impugnata, dunque, deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla pena accessoria dell’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici,
applicata a NOME COGNOME ai sensi dell’art. 317-bis cod. pen. in u dell’art. 29 cod. pen. Alla determinazione della pena accessoria, ridotta ad ;: nni tre e mesi quattro, può procedere direttamente questa Corte, tenuto 1:cnto dell’art. 606, lett. I, cod. proc. pen.
Il rigetto totale del ricorso di COGNOME COGNOME comporta, ai sonsi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di tale ricorrente al pagamento Pelle spese processuali.
P.Q.M.
Visto l’art. 620, lett. I), cod. proc. pen., annulla senza rinvio la sen:enza impugnata con riferimento a COGNOME NOME limitatamente alla pena accessoria, che ridetermina in anni tre e mesi quattro. Rigetta nel resto i ricorsi e condanna COGNOME al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 febbraio 2025.