Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44075 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44075 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Policoro il 18/04/1977
avverso la sentenza del 08/05/2024 della Corte di Appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza emessa, con rito abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vercelli, con cui il ricorrente è stato condannato per il reato di corruzione, commesso in concorso con NOME COGNOME per aver versato al responsabile del Comando di polizia municipale del Comune di
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Borgo D’Aie la somma di euro 624,00, a fronte del compimento di un atto contrario ai doveri del suo ufficio, consistente nell’illegittimo rilascio di codici identificati attrazioni itineranti.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione in relazione alla consapevolezza, da parte del ricorrente, che la somma versata fosse finalizzata a corrompere il pubblico funzionario.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione in ordine alla efficacia probatoria delle dichiarazioni del coimputato, che, secondo la prospettazione difensiva, non avrebbe mai inteso accusare il ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto come corruzione impropria (art. 318 cod. pen.). Non vi sarebbe la prova che il ricorrente abbia preteso dal pubblico funzionario il compimento di un atto contrario ai doveri del proprio ufficio, perché era in possesso di tutti i requisiti per ottenere i codici identificativi richiesti.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va preliminarmente rilevato che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrent come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
Nel caso di specie il ricorrente, con il ricorso per cassazione, ha riproposto la versione dei fatti già dedotta in secondo grado e adeguatamente disattesa dai giudici del merito; compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non è, tuttavia, quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta
interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 Rv. 280601, in motivazione).
Il primo e il secondo motivo possono essere trattati unitamente e sono manifestamente infondati.
Dalla sentenza impugnata emerge, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, che le dichiarazioni accusatorie del coimputato NOME COGNOME che ha svolto le funzioni di intermediario con il pubblico funzionario, sono di tenore inequivocabile e sono pienamente riscontrate dalle conversazioni telefoniche in atti.
Ulteriore elemento di conferma dell’attendibilità del coimputato è l’evidente irregolarità del procedimento amministrativo che ha condotto al rilascio dei codici identificativi relativi alle attrazioni dell’imputato. La sentenza impugnata evidenzia che non è stata operata alcuna verifica formale e funzionale di tali attrazioni, in violazione dell’articolo 4 del d.M. 18 maggio 2007 (norme di sicurezza per le attività di spettacolo viaggiante) e che il Comune di Borgo D’Aie non aveva competenza a rilasciare i codici identificativi, perché la società del ricorrente non ha mai operato nel territorio di quel Comune. Del resto, è provato che il ricorrente ha versato una somma al pubblico ufficiale e non è sostenibile che essa fosse destinata a coprire le spese del procedimento amministrativo perché, se così fosse, avrebbe dovuto essere versata direttamente nelle casse del Comune.
Tali valutazioni, logiche e immuni da vizi, si sottraggono al sindacato di legittimità.
Anche il terzo motivo di ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
La Corte di appello ha richiamato il consolidato orientamento secondo cui, in tema di reati contro la pubblica amministrazione, l’accettazione da parte del pubblico agente di una indebita remunerazione per l’esercizio di un potere discrezionale non implica necessariamente l’integrazione del delitto di corruzione propria, dovendosi accertare che egli, violando le regole che disciplinano l’esercizio del potere, abbia pregiudizialmente inteso realizzare l’interesse del privato corruttore, sicché, qualora l’atto compiuto abbia comunque perseguito l’interesse pubblico tipizzato dalla norma attributiva del potere, e non sia stato violato alcun dovere specifico, è configurabile il delitto di corruzione per l’esercizio della funzione (Sez. 6, n. 44142 del 24/05/2023, COGNOME, Rv. 285366).
Nel caso di specie è stata dimostrata la violazione di una pluralità di norme da parte del pubblico ufficiale, e in particolare la mancata verifica concreta da parte
dell’organismo di certificazione del regolare funzionamento delle attrazioni, la mancata verifica dei requisiti formali previsti dall’art. 4 del d.M. 18 maggio 2007 e l’incompetenza del Comune di Borgo D’Aie. È, altresì, provato che la società del ricorrente non ha mai operato nel Comune, che, nel periodo di interesse, ha rilasciato un numero esorbitante di codici identificativi per attrazioni itineranti.
È, quindi, è evidente che le condotte del pubblico ufficiale «si ponevano in antitesi con l’interesse pubblico che egli sarebbe stato chiamato a perseguire» (pag. 7 sentenza impugnata).
All’inammissibilità del ricorso conseguono l’obbligo al pagamento delle spese processuali e la condanna al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/11/2024