Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43775 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43775 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME COGNOME nato il 9 marzo 1949 a Brancaleone avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano del 22 maggio 2024
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso sentito il difensore del ricorrente, avvocato COGNOME che, dato atto della intervenuta revoca della misura cautelare ha comunque chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato in ragione del persistente interesse del ricorrente alla decisione nell’ottica di cui all’ari 314 cod. proc. pen., espressamente ribadita dal ricorrente stesso nel corso dell’udienza
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza descritta in epigrafe il Tribunale di Milano ha rigettato il riesame interposto da NOME COGNOME COGNOME avverso l’applicazione della
misura degli arresti domiciliari, disposta ai suoi danni dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza perché gravemente indiziato di concorso in due diverse ipotesi di corruzione propria nonché in relazione al reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, fatti descritti ai capi 7), 9), 10) della rubrica provvisoria.
2. Propone ricorso la difesa dell’indagato, adducendo quattro diversi motivi.
Con i primi due motivi, la difesa lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla configurabilità delle ipotesi di corruzione propria contestata ai capi 7) e 10) e alla puntuale individuazione della responsabilità del ricorrente quale concorrente rispetto alle condotte che hanno visto in NOME COGNOME all’epoca dei fatti responsabile dell’UTC del Comune di Usmate Velate, il terminale qualificato delle due corruzioni proprie contestate con le dette imputazioni.
Ciò alla luce di una ca . rente indicazione argomentativa quanto alla “utilità indebita ricevuta” da Magnano in siffatte occasioni; al legame che dovrebbe correre tra tali utilità e gli atti contrari ai doveri d’ufficio assertivamente realiz da COGNOME; al ruolo assunto da Magnano rispetto alla modifica della convenzione deliberata dal Comune con riguardo al capo 7); alle discrasie temporali legate alle movimentazioni di danaro coinvolgenti le due società del Magnano in relazione ai pagamenti che sarebbero stati effettuati in favore del COGNOME (e per esso alla società allo stesso riferibile . in fatto) rispetto alla provvista finalizzata alla corruzione offerta dalla società del Magnrtale da mettere in crisi l’assunto accusatorio, sempre con riguardo al capo 7); alle diverse sollecitazioni difensive, fondate sul supporto di una relazione di parte appositamente predisposta e allegata in sede di riesame, con il quale si contestava, su più punti, l’assenza di profili di illegittimità e comunque la sostanziale indifferenza del parere, non vincolante, reso da COGNOME in riferimento alla vicenda di cui al capo 10), aspetti destinati ad incidere già a monte sulla stessa configurabilità dell’accordo corruttivo prospettato.
3. Con il terzo motivo, la difesa lamenta la sostanziale pretermissione di tutte le allegazioni e deduzioni difensive prospettate nel corso del riesame a sostegno del relativo gravame cautelare (non solo la relazione tecnica diretta ad emarginare gli errori di ricostruzione e prospettiva inficianti la consulenza del Pubblico ministero posta a fondamento del provvedimento cautelare ma anche altre acquisizioni indiziarie inerenti a mail prodotte dalla difesa e al tenore di alcune intercettazioni), tali da invalidare integralmente, in termini di evidente inadeguatezza, il percorso giustificativo tracciato dal Tribunale nel confermare il prowedimento impugnato.
Con il quarto motivo, il ricorso attinge la tenuta del provvedimento gravato sotto il versante della ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, sia in relazione al paventato pericolo di inquinamento probatorio, sia in relazione al rischio di reiterazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Giova premettere che, come da verifiche disposte d’ufficio da questa Corte, la misura impugnata è stata dapprima modificata, sostituendo agli arresti applicati al ricorrente, l’obbligo di dimora (ordinanza del 3 agosto 2024); poi integralmente revocata in data 16 agosto 2024.
La difesa di COGNOME é lo stesso ricorrente, personalmente presente in udienza, hanno comunque espressamente manifestato il proprio perdurante interesse allo scrutinio del ricorso, puntualmente rapportato alla possibilità di avvalersi della decisione da rendere nel caso in funzione di possibili ristori riparativi ex art. 314 cod. proc. pen. ·
Ne consegue la sopravvenuta carenza di interesse quanto alle censure inerenti alla sussistenza delle esigenze cautelari, in origine ritenute giustificative della misura impugnata; a caduta, la delimitazione del devoluto ai primi tre motivi di ricorso, diretti a contrastare la tenuta della decisione gravata sotto il versante della ritenuta gravità indiziaria.
2.Ciò precisato, ritiene la Corte che il ricorso meriti la reiezione perché riposa su doglianze quantomeno infondate.
Le vicende a giudizio ruotano intorno alla figura di NOME COGNOME, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Usmane Velate, protagonista di più vicende illecite inerenti alla mansioni dallo stesso rivestite, tra le quali le due ipotesi di corruzione descritte ai capi 7) e 10).
Episodi di corruzione, questi, che avrebbero visto coinvolti, in veste di privati corruttori, diversi imprenditori (COGNOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME per il capo 7 e NOME COGNOME per il capo 10), ma che, secondo l’assunto validato dai giudici della cautela, troverebbero nel ricorrente un comune denominatore, perchè coinvolto in entrambe le vicende sottese alle relative occasioni illecite.
Ciò alla luce del rapporto di fiducia che lo legava al soggetto qualificato (nel provvedimento impugnato si da atto che il COGNOME viene prospettato a COGNOME e COGNOME da COGNOME come tecnico di fiducia, aspetto che il ricorso non contrasta) oltre che in considerazione delle riscontrate dinamiche fattuali attestanti le modalità di acquisizione dell’utilità indebita da parte del corrotto.
In entrambi i casi di corruzione in questione, infatti, il pagamento in favore del Colombo sarebbe stato effettuato da società riferibili al Magnano, veicolando somme correlate a prestazioni per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti fatturate da una società, la RAGIONE_SOCIALE, pacificamente riconducibile al Colombo: lo stesso ricorrente, del resto, avrebbe riconosciuto che i pagamenti effettuati dalle sue società per fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE erano in realtà rivolti a compensare COGNOME, seppur per causali assertivamente diverse da quelle illecite prospettate dall’accusa.
Il ricorso mira a contestare la gravità indiziaria in relazione alle due corruzioni anche se, nel motivare sotteso alle prime due censure, fa anche riferimento alla violazione sanzionata ex art 2 d.lgs. 74/2000 di cui al capo 10), per l’appunto legata all’utilizzo, da parte delle società riferibili al RAGIONE_SOCIALE, delle fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti, emesse e incassate dalla RAGIONE_SOCIALE con riferimento alla corruzione di cui al capo 7).
Ora, a ritenere devoluta dal ricorso anche la vicenda inerente l’illecito di matrice tributaria, può agevolmente rimarcarsene l’inammissibilità sul punto, perchè manca ogni confronto don il provvedimento impugnato là dove si evidenzia, peraltro con logica ineccepibile, che, seguendo la stessa prospettazione difensiva (in forza della quale si dà per scontato che i detti importi erano comunque diretti a retribuire il Colombo per una attività diversa da quella cristallizzata nelle fatture, assertivamente non illecita)) si perverrebbe comunque a ritenere integrato il reato in questione (essendo incontroversa la difformità tra contenuto oggettivo e soggettivo della prestazione retribuita e dati esposti dalla fattura oggetto del dichiarativo fiscale utilizzato per l’indebita evasione di Ires e Iva da parte delle società che le hanno ricevute).
Ritiene il Collegio, inoltre, che la decisione impugnata non meriti censure in relazione alla configurabilità della corruzione propria descritta al capo 7) e al ruolo di concorrente ascritto al ricorrente nella detta vicenda.
La lettura dell’ordinanza gravata da conto del fatto che, nel caso, COGNOME, in ragione del ruolo rivestito, aveva il compito di stipulare la convenzione tra il Comune di Usmane Velate e la società immobiliare facente capo ai COGNOME, secondo lo schema approvato dalla ‘Giunta nel maggio del 2023; convenzione relativa al rilascio di un permesso a costruire (pratica professionalmente seguita da Magnano) un centro commerciale su un terreno di proprietà della detta immobiliare facete capo ai COGNOME, previa demolizione del manufatto ivi esistente e cessione al Comune di una area destinata a parcheggio.
Operazione alla quale era interessato anche NOME COGNOME (cliente del Magnano) in forza di avviate trattative di acquisito del relativo terreno con la società proprietaria.
4.1. Al momento della stipula del relativo atto notarile, la stessa risultava ostacolata dalla presenza di pesi ipotecari sui cespiti di interesse, rilevatisi, peraltro, seppure solo in parte, di proprietà di terzi diversi dalla società dei Magni, aspetto all’evidenza ostativo rispetto alla prospettata cessione delle relative aree al Comune nel quadro dell’intera operazione di edilizia convenzionale approvata dalla Giunta.
Da qui le iniziative, ben rassegnate dalla decisione impugnata, dei soggetti coinvolti, volte a favorire comunque la stipula della convenzione, predisponendo (Colombo e Crestale) una bozza, consegnata al Notaio individuato per il rogito, avente contenuti diversi dallo schema approvato dalla delibera di Giunta (proprio per la esigenza di ovviare ai detti inconvenienti), dunque eccentrica rispetto all’atto autorizzativo che a ‘monte vincolava i poteri negoziali conferiti dall’ente nell’occasione al Colombo.
4.2. Ne emerge, per un verso, l’immediata presenza di un contegno, realizzato da COGNOME, contrario ai propri doveri, giacché lo schema di convenzione in deroga alla delibera, prospettato al notaio, mirava ad una stipula in contrasto con il mandato conferito ra Colombd e si innestava, senza incertezze, proprio nell’esercizio dei compiti pubblicistici che ne connotavano la funzione. Situazione, questa, che appare altresì puntualmente raccordata, per altro verso, alla dazione indebita resa in favore del funzionario corrotto, atteso che la decisione gravata descrive adeguatamente il pagamento veicolato, in più tranches, dalle due società riferibili al Magnano alla Berfin, altrettanto pacificamente riferibile al Colombo: pagamenti, questi, riferiti a prestazioni, quelle descritte nelle fatture all’uopo sottese ai detti adempimenti, mai rese dalla società emittente, sulla base di una provvista, garantita al Magnano, diretta a coprire non solo i suoi compensi ma anche quelli diretti al Colombo (si veda l’inequivoca conversazione intercettata occorsa tra NOME, NOME e COGNOME COGNOME nel ‘ c11 7- wlì — g dà puntuale riscontro del detto passaggio di denaro secondo linee coerenti all’accusa).
4.3. In questa cornice, emerge in termini di marcata adeguatezza giustificativa l’argomentare sotteso al ruolo concorsuale ascritto al ricorrente, immediatamente disvelato, nei limiti propri della verifica demandata ai giudici della cautela, dalla sistematica presenza di Magnano nello sviluppo progressivo della relativa vicenda criminale:
essendosi occupato del relativo progetto edilizio nell’interesse comune dei Magni e del Crestale;
avendo spalleggiato i correi anche nel momento della predisposizione dello schema di convenzione in deroga rispetto a quello oggetto della deliberazione resa dal Comune (in tal senso l’intercettazione nel corso della quale COGNOME indica in Magnano l’unico interlocutore del Crestale quanto a dette modifiche);
essendo stato un protagonista fondamentale del meccanismo adottato nel procedere al pagamento del compenso illecito al Colombo, seguendo un cliché operativo sostanzialmente analogo a moduli illeciti disvelati dall’indagine anche con riguardo ad altre imputazioni (il fatto di cui al capo 10, avuto riguardo proprio alle modalità di dazione della provvista indebita).
4.4. Alla luce del rapporto di fiducia che legava COGNOME al dominus di tali vicende corruttive (COGNOME), emerge, in coerenza, un quadro indiziario idoneo a supportare adeguatamente la misura applicata, sia sotto il versante del contributo materiale garantito dal ricorrente, sia con riguardo al dolo partecipativo rispetto alla complessiva realizzazione della transazione illecita in contestazione.
Quadro indiziario che risulta vanamente attinto dal ricorso, con il quale:
-si prospettano errori in diritto all’evidenza smentiti dalla cornice fattuale sopra rassegnata;
-si adducono omissioni. valutative, quanto agli elementi indiziari acquisiti, a tacer d’altro prive di decisività, perchè non idonee a destrutturare il compiuto argomentare reso in parte qua dal provvedimento gravato;
-si evidenziano chiavi di lettura (con particolare riguardo alla causale dei pagamenti resi in favore di Colombo per il tramite delle due società riferibili al ricorrente) che, in linea con quanto evidenziato dal Tribunale, oltre ad essere privi di adeguati supporti fattuali, difettano anche sul piano della relativa credibilità logica.
Tanto basterebbe alla conferma della decisione impugnata avuto riguardo al più ristretto ambito di giudizio nel caso devoluto alla Corte alla luce dell’interesse attualmente sotteso alla decisione (per la confermata gravità indiziaria riferita a due delle tre imputazioni Mosse al ricorrente, sufficienti, da sole, a giustificare l’intervento restrittivo adottato).
Ma, a ben vedere, anche l’argomentazione sottesa all’ulteriore fatto di corruzione ascritto al ricorrente in concorso con COGNOME regge il peso dei rilievi prospettati dal ricorso.
5.1. L’impugnazione contrasta del tutto genericamente le considerazioni argomentative svolte dai giudici della cautela a sostegno della dazione indebita contestata nell’occasione e della sua correlazione all’accordo illecito oggetto della imputazione in questione.
Ciò alla luce del duplice pagamento reso anche nell’occasione alla COGNOME in ambiti temporali coerenti all’azione amministrativa sottesa alla vicenda in contestazione ed al parere favorevole reso da COGNOME in correlazione a tale adempimento illecito, in parte effettuato sempre da Magnano per il tramite di una sua società, in parte da società riferibild-al COGNOME, con causali sostanzialmente identiche e mai confortate quanto alla sussistenza delle relative operazioni che ebbero a giustificare le apparenti fatturazioni.
Il tutto in una cornice di riferimento (l’attività edificatoria perseguita dall società del corruttore) anche questa connotata dalla presenza professionale del COGNOME e dal ruolo qualificato del COGNOME (chiamato in via consultiva a rendere uno dei passaggi del relativo procedimento amministrativo).
5.2. In parte qua, l’impugnazione si risolve unicamente nell’affermata pretermissione delle considerazioni argonnentative svolte dalla difesa traendo spunto dalle osservazioni tecniche rese dall’esperto di parte all’uopo nominato. Considerazioni che risultano valorizzate per sostenere una ricostruzione logica alternativa della relativa vicenda in fatto, comunque tale da non destrutturare il portato di quella privilegiata dal Tribunale, quanto alla utilità del parere reso dal Colombo nel quadro degli interessi illeciti perseguiti; e che, a ben vedere, anche a seguirne il portato, a fronte della pacifica dazione indebita correlata alla relativa funzione che ebbe nel caso a raccordare, per il tramite del ricorrente, corrotto e corruttore, potrebbero sollecitare una diversa configurazione, da propria a impropria, della corruzione contestata, di per sé indifferente, in questa fase processuale, se innestata nel relativo contesto cautelare (già adeguatamente consolidato dal riscontro della gravità indiziaria inerente alle altre imputazioni, tali da sorreggere comunque la misura).
Da qui la reiezione del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 1/10/2024.