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Corruzione per l’esercizio della funzione: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha analizzato il caso del presidente di una federazione sportiva e di un imprenditore, accusati di corruzione e peculato. La Corte ha riqualificato il reato principale in corruzione per l’esercizio della funzione, dichiarandolo estinto per prescrizione. Anche un’accusa di peculato è stata riqualificata in appropriazione indebita e prescritta. Sono state invece confermate le condanne per altri episodi di peculato e la responsabilità amministrativa della società dell’imprenditore.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Corruzione per l’esercizio della funzione: La Cassazione chiarisce i confini con l’atto contrario ai doveri d’ufficio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla distinzione tra diverse fattispecie di corruzione e peculato, in un caso che ha coinvolto il presidente di un’importante federazione sportiva e un imprenditore a capo di una società di servizi. La Corte, intervenendo sulla decisione della Corte d’Appello, ha riqualificato il reato principale, originariamente contestato come corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, nella più lieve ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione. Questa riqualificazione ha avuto un effetto decisivo, portando alla dichiarazione di prescrizione del reato.

I Fatti: Appalti, Consulenze e Rimborsi Spese Sospetti

Al centro della vicenda vi era un presunto accordo corruttivo tra il presidente della federazione sportiva e un imprenditore. Secondo l’accusa, il presidente avrebbe ricevuto una somma di circa 72.000 euro, mascherata da compenso per un contratto di consulenza fittizio. In cambio, avrebbe affidato in modo diretto, senza procedure di evidenza pubblica, una serie di appalti di servizi (manutenzione, pulizia, organizzazione eventi) alle società riconducibili all’imprenditore.

Oltre all’accusa di corruzione, al presidente erano contestati diversi episodi di peculato, tra cui:
1. L’appropriazione di somme a titolo di rimborsi per spese di viaggio non istituzionali.
2. Aver fatto affittare alla federazione un appartamento di sua proprietà per poi concederlo in uso alla figlia.
3. L’utilizzo di una scheda telefonica della federazione per le esigenze personali della moglie, con un addebito di oltre 2.000 euro.

L’Analisi della Corte: la distinzione nella corruzione per l’esercizio della funzione

Il punto cruciale della decisione della Cassazione riguarda la qualificazione giuridica del reato di corruzione. La Corte ha stabilito che la condotta del presidente non integrava la più grave fattispecie di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.), bensì quella di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.).

La differenza è sostanziale: nel primo caso, il pubblico ufficiale compie un atto illegittimo; nel secondo, compie un atto che rientra nelle sue competenze, ma lo fa in cambio di denaro o altre utilità, mettendo di fatto in vendita la sua funzione. Nel caso di specie, il conferimento degli appalti tramite la procedura del cottimo fiduciario era stato autorizzato dagli organi federali e rientrava nei poteri delegati al presidente. Pertanto, gli atti in sé non erano contrari ai doveri d’ufficio. Il reato, quindi, non consisteva nell’illegalità dell’atto, ma nell’aver “asservito” la funzione pubblica agli interessi privati dell’imprenditore in cambio di un compenso.

Le Accuse di Peculato: Tra Pubblico Servizio e Appropriazione Indebita

La Corte ha operato una distinzione fondamentale anche riguardo ai reati di peculato, basandosi sulla qualifica di incaricato di pubblico servizio del presidente. Questa qualifica, secondo la Corte, non è automatica ma dipende dalla natura dell’attività concretamente svolta.

Rimborsi spese (Appropriazione Indebita): Per quanto riguarda i rimborsi per viaggi personali, la Corte ha escluso la qualifica di incaricato di pubblico servizio. L’attività non era legata a finalità istituzionali e il rapporto contrattuale era di natura privatistica. Di conseguenza, il fatto è stato riqualificato come appropriazione indebita aggravata (art. 646 c.p.), reato che, essendo anch’esso soggetto a un termine di prescrizione più breve, è stato dichiarato estinto.

Contratto di locazione e uso del telefono (Peculato): Diversamente, per la locazione dell’appartamento (funzionale alle esigenze abitative di atleti e dirigenti) e per l’uso del telefono di servizio, la Corte ha ritenuto che il presidente agisse nell’esercizio di un pubblico servizio. In questi casi, la gestione dei fondi e dei beni federali era legata a finalità istituzionali. Pertanto, l’appropriazione delle somme e l’uso indebito del telefono sono stati correttamente qualificati come peculato, e le relative condanne sono state confermate.

Responsabilità dell’Ente e il rigetto dell’abolitio criminis

La Cassazione ha confermato anche la responsabilità amministrativa della società di servizi ai sensi del D.Lgs. 231/2001. I giudici hanno respinto la tesi difensiva secondo cui il reato sarebbe stato commesso nell’interesse esclusivo dell’imprenditore. La Corte ha infatti osservato che la società aveva tratto un vantaggio diretto dagli appalti, incrementando il proprio fatturato. Infine, è stata respinta la tesi che l’introduzione del nuovo reato di indebita destinazione di denaro (art. 314-bis c.p.) avesse determinato un’abolitio criminis per i fatti di peculato contestati, chiarendo che la nuova norma non si applica alle condotte di appropriazione definitiva di beni per finalità private.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un’attenta analisi del criterio oggettivo-funzionale per definire i reati contro la Pubblica Amministrazione. La riqualificazione del reato di corruzione è dipesa dalla constatazione che gli atti compiuti dal presidente, pur essendo il risultato di un accordo illecito, erano formalmente legittimi e rientravano nei suoi poteri. L’illecito penale si è quindi spostato dalla contrarietà dell’atto alla “vendita” della funzione stessa, il che configura appunto la corruzione per l’esercizio della funzione. Questa differente qualificazione ha comportato l’applicazione di un regime di prescrizione più favorevole, che ha portato all’estinzione del reato. Per il peculato, la discriminante è stata la natura dell’attività: solo quando il presidente agiva per scopi riconducibili alle finalità pubblicistiche della federazione (come garantire alloggi per atleti) poteva essere considerato incaricato di pubblico servizio. Quando agiva per scopi meramente personali (ottenere rimborsi per viaggi privati), il suo status era quello di un privato, e il reato si configurava come appropriazione indebita.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

La sentenza traccia una linea netta e significativa tra le diverse forme di corruzione, ribadendo che anche l’esercizio di poteri formalmente legittimi può integrare un grave reato se la funzione pubblica viene piegata a interessi privati. Per i dirigenti di enti privati che svolgono funzioni di interesse pubblico, come le federazioni sportive, emerge con chiarezza che la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio non è costante, ma va valutata caso per caso in base all’attività svolta. Infine, la decisione conferma la solidità dell’impianto della responsabilità degli enti (D.Lgs. 231/2001), sottolineando come sia difficile per una società sottrarsi alla responsabilità quando trae un vantaggio economico, anche indiretto, dal reato commesso dal proprio amministratore.

Quando un atto di un pubblico ufficiale costituisce corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.) anziché per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.)?
Si configura corruzione per l’esercizio della funzione quando il pubblico ufficiale riceve un compenso per compiere un atto che rientra nelle sue competenze e non è di per sé illegittimo, ma che viene compiuto in seguito a un mercimonio della sua funzione. Si ha, invece, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio quando l’atto compiuto è esso stesso illegittimo o viola specifiche regole di condotta.

In quali circostanze le azioni del presidente di una federazione sportiva sono considerate esercizio di un pubblico servizio, configurando il reato di peculato?
Secondo la Corte, le azioni del presidente configurano l’esercizio di un pubblico servizio quando sono funzionali al perseguimento degli scopi istituzionali e pubblicistici della federazione, come la stipula di contratti per le esigenze di atleti e dirigenti. Non si configura tale qualifica, invece, quando le azioni sono di natura puramente privata e non collegate a finalità istituzionali, come la richiesta di rimborsi per viaggi personali.

La responsabilità amministrativa di una società (ex D.Lgs. 231/2001) viene esclusa se il reato è stato commesso nell’interesse del socio unico?
No, la responsabilità non viene esclusa automaticamente. La Corte ha stabilito che, anche nel caso di società unipersonali, occorre verificare se esista un interesse sociale distinto da quello del socio. Se la società trae un vantaggio dal reato, come un aumento del fatturato derivante da contratti illeciti, la sua responsabilità amministrativa sussiste e non si può invocare l’interesse esclusivo della persona fisica che ha commesso il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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