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Corruzione per la funzione: il confine con l’accordo politico

Un consigliere comunale, accusato di corruzione per aver pattuito la sua permanenza in un movimento politico in cambio di un lavoro per il figlio, vede annullata la misura cautelare a suo carico. La Procura ricorre in Cassazione, ma il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ritiene dubbia la stessa configurabilità del reato di corruzione per la funzione, poiché l’accordo non riguardava direttamente l’esercizio delle funzioni pubbliche ma una scelta politica, e giudica il ricorso una mera rilettura dei fatti non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Corruzione per la funzione: quando l’accordo politico non è reato

La distinzione tra un accordo politico, sebbene opportunistico, e il reato di corruzione per la funzione è spesso sottile e complessa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale ha affrontato proprio questo delicato confine, dichiarando inammissibile il ricorso di una Procura contro l’annullamento di una misura cautelare disposta nei confronti di un consigliere comunale. Il caso offre spunti fondamentali per comprendere quando la promessa di un’utilità in cambio di un’azione politica rientra nell’alveo della discrezionalità e quando, invece, integra una fattispecie penalmente rilevante.

I Fatti: La Vicenda Giudiziaria

La vicenda ha origine da un’indagine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala a carico di un consigliere comunale. L’accusa era quella di corruzione per la funzione. Secondo gli inquirenti, il consigliere avrebbe subordinato la sua permanenza all’interno di un movimento politico, nel quale era stato eletto, alla promessa di un’assunzione per il proprio figlio presso un ente di formazione.

Sulla base di un quadro indiziario ritenuto grave, il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato al politico una misura cautelare, consistente nell’obbligo di dimora e nel divieto di esercitare la funzione di consigliere. Tuttavia, in sede di riesame, il Tribunale di Palermo aveva annullato tale misura, accogliendo le argomentazioni della difesa.

Contro questa decisione, la Procura ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo la piena configurabilità del reato e la solidità degli indizi raccolti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con la sentenza in esame, ha dichiarato il ricorso della Procura inammissibile. Gli Ermellini hanno ritenuto che l’impugnazione non fosse in grado di scalfire la logicità e la coerenza delle valutazioni operate dal Tribunale di Palermo, che aveva correttamente evidenziato le criticità e le incertezze del quadro accusatorio.

Le Motivazioni: Il Confine Incerto nella Corruzione per la Funzione

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi principali. In primo luogo, ha sollevato un dubbio significativo sulla stessa configurabilità giuridica della corruzione per la funzione nel caso di specie. Secondo l’impostazione accusatoria, l’utilità indebita (l’assunzione del figlio) era stata promessa in cambio dell’impegno del consigliere a rimanere all’interno del suo movimento politico. La Cassazione osserva che un tale accordo, per quanto deprecabile, sembra estraneo al munus publicum dell’indagato. L’impegno a garantire continuità e sostegno politico a un gruppo non equivale a un atto contrario ai doveri d’ufficio o a un mercimonio della funzione pubblica, ma si colloca piuttosto nell’ambito delle scelte politiche discrezionali. La svendita del ruolo pubblico non appariva, quindi, chiaramente delineata.

In secondo luogo, la Corte ha ritenuto che il ricorso della Procura si limitasse a proporre una lettura alternativa delle emergenze investigative, senza però dimostrare una manifesta illogicità nella motivazione del Tribunale. Quest’ultimo aveva messo in luce diverse incongruenze: le ragioni per cui il consigliere intendeva abbandonare il movimento politico apparivano distoniche rispetto alla vicenda dell’assunzione; inoltre, l’effettiva attivazione dei corsi di formazione che avrebbero dovuto impiegare il figlio incontrava ostacoli e incertezze, indebolendo l’idea di un patto corruttivo solido e definito. Il ricorso della Procura, insistendo su altri elementi indiziari, non riusciva a superare la forza logica di queste incertezze valutative, risolvendosi in un tentativo, non consentito in sede di legittimità, di ottenere una nuova valutazione del merito dei fatti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: il giudizio della Corte di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Non è compito della Suprema Corte rivalutare le prove, ma solo verificare che la decisione del giudice precedente sia giuridicamente corretta e logicamente argomentata. Un ricorso che si limita a offrire una diversa interpretazione degli stessi fatti, senza individuare un vizio palese nella motivazione, è destinato all’inammissibilità.

Sul piano sostanziale, la decisione traccia un confine importante per il reato di corruzione per la funzione. Affinché si possa configurare il delitto, l’accordo illecito deve avere ad oggetto l’esercizio della funzione pubblica in senso proprio. Le scelte relative all’appartenenza politica, pur potendo avere riflessi sull’attività pubblica, appartengono a una sfera di discrezionalità che difficilmente può essere ricondotta, di per sé, a un atto di mercimonio della funzione, a meno che non sia provato un collegamento diretto e inequivocabile con specifici atti contrari ai doveri d’ufficio.

Quando un accordo che coinvolge un politico può configurare il reato di corruzione per la funzione?
Secondo la sentenza, si configura il reato quando l’accordo illecito riguarda direttamente il munus publicum, ovvero l’esercizio delle funzioni pubbliche. Se l’accordo concerne invece scelte di natura prettamente politica, come la permanenza in un movimento, la configurabilità del reato diventa dubbia, a meno che non sia dimostrato un collegamento diretto con uno specifico atto del suo ufficio.

Perché il ricorso della Procura è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, secondo la Corte, si limitava a proporre una lettura alternativa delle prove già valutate dal Tribunale, senza evidenziare una violazione di legge o una manifesta illogicità nella motivazione della decisione impugnata. La Cassazione non può riesaminare il merito dei fatti, ma solo controllare la correttezza giuridica e logica del provvedimento precedente.

Quali elementi hanno indebolito l’accusa di corruzione nel caso specifico?
Il quadro accusatorio è stato indebolito da diverse incertezze rilevate dal Tribunale e confermate dalla Cassazione. In particolare: le ragioni per cui il consigliere voleva lasciare il suo gruppo politico sembravano slegate dalla vicenda dell’assunzione del figlio, e l’effettiva attivazione del posto di lavoro promesso era incerta e problematica, rendendo poco solida l’ipotesi di un patto corruttivo ben definito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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