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Corruzione per atti contrari: quando il reato è completo

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per corruzione per atti contrari a carico di un funzionario di un’emittente pubblica. Il funzionario, responsabile della programmazione di un canale televisivo, aveva favorito l’acquisto di produzioni cinematografiche da un intermediario in cambio di denaro. La Corte ha stabilito che il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui avviene il pagamento dell’utilità indebita (la ‘dazione’), e non dove viene stretto l’accordo. Questa precisazione è stata decisiva per determinare la competenza territoriale del tribunale.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Corruzione per Atti Contrari: La Cassazione Chiarisce il Momento Consumativo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sul reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, soffermandosi in particolare su due aspetti cruciali: il momento in cui il reato si considera perfezionato e la distinzione con la meno grave fattispecie di corruzione per l’esercizio della funzione. La decisione conferma la condanna di un funzionario di un’emittente televisiva pubblica, accusato di aver favorito un fornitore in cambio di denaro.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un responsabile della programmazione di un canale televisivo tematico, incaricato di pubblico servizio. Secondo l’accusa, confermata nei gradi di merito, il funzionario ha abusato della sua posizione per favorire l’acquisto di un pacchetto di produzioni cinematografiche da una specifica società intermediaria. In cambio, ha ricevuto una somma di oltre quarantamila euro, versata tramite bonifici bancari, e una carta di credito prepagata.

Le indagini hanno rivelato che i film acquistati erano di scarso interesse per il palinsesto del canale, tanto da non essere mai stati programmati, e che il prezzo pagato era notevolmente gonfiato. L’intera operazione sarebbe stata gestita nell’esclusivo interesse dell’intermediario, con il funzionario che agiva come suo referente interno, tradendo i doveri di lealtà e cura dell’interesse aziendale.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su cinque motivi principali, tutti respinti dalla Corte.

La Competenza Territoriale e il Perfezionamento del Reato

Il primo motivo di ricorso contestava la competenza del Tribunale di Bologna, sostenendo che il patto corruttivo si fosse concluso a Roma, presso gli uffici della società televisiva. La difesa argomentava che i bonifici ricevuti a Bologna costituissero solo la fase esecutiva di un reato già consumato altrove.

La Cassazione ha rigettato questa tesi, ribadendo un principio consolidato: il delitto di corruzione si perfeziona alternativamente con l’accettazione della promessa o, se a questa segue la dazione (la consegna del denaro), con quest’ultima. Poiché la ricezione del denaro approfondisce l’offesa al bene giuridico tutelato, è in quel momento che il reato giunge a consumazione. Dato che i pagamenti sono avvenuti su conti correnti presso filiali bancarie in provincia di Bologna, la competenza è stata correttamente radicata in quel foro.

La Prova della Corruzione per Atti Contrari

La difesa ha tentato di giustificare i versamenti come un prestito, negando l’esistenza di un collegamento sinallagmatico tra il denaro ricevuto e l’acquisto dei film. Ha inoltre sostenuto che l’imputato non avesse un potere decisionale finale sugli acquisti.

Anche su questo punto, la Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello logica e priva di censure. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato come l’imputato detenesse un potere di fatto nel processo decisionale, essendo in grado di influenzare in modo determinante le scelte dei vertici aziendali. La posteriorità di alcuni pagamenti rispetto alla stipula del contratto non è stata considerata una prova dell’assenza del patto illecito, poiché il prezzo della corruzione può essere versato anche in un momento successivo.

La Distinzione tra Corruzione Propria (art. 319 c.p.) e Impropria (art. 318 c.p.)

Un altro motivo di ricorso chiedeva di riqualificare il fatto nella meno grave ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.), sostenendo che gli atti compiuti non fossero contrari ai doveri d’ufficio. La Cassazione ha spiegato la differenza cruciale: si ha corruzione per atti contrari (art. 319 c.p.) quando l’atto del pubblico agente è condizionato dalla “presa in carico” dell’interesse del privato, violando le norme e i doveri di imparzialità e correttezza. Nel caso di specie, il funzionario aveva completamente abdicato al proprio ruolo, agendo esclusivamente per favorire l’intermediario, recependo acriticamente le sue indicazioni su titoli e prezzi e tradendo l’interesse aziendale. Non si trattava quindi di un mero compimento di un atto dovuto dietro compenso, ma di un vero e proprio asservimento della funzione pubblica a interessi privati.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su una rigorosa applicazione dei principi giuridici in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione. La sentenza sottolinea che la gravità della condotta non risiede solo nell’accettazione di un compenso non dovuto, ma nel tradimento della funzione esercitata. L’imputato non ha semplicemente monetizzato un atto del suo ufficio; ha distorto il processo decisionale, anteponendo l’interesse del corruttore a quello dell’ente per cui lavorava. La Corte ha ritenuto irrilevante accertare il valore commerciale dei film, poiché il nucleo del reato consisteva nell’acquisto stesso, promosso e gestito in virtù dell’accordo illecito e del compenso ricevuto.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un’interpretazione severa del reato di corruzione, con due implicazioni pratiche di rilievo. Primo, per la competenza territoriale, il luogo di ricezione del denaro prevale su quello dell’accordo, rendendo più difficile per gli imputati sottrarsi al giudice naturale del luogo dove si manifesta concretamente l’illecito arricchimento. Secondo, viene ribadita la gravità della “messa a libro paga” del funzionario pubblico, che porta a configurare la fattispecie più grave di corruzione (art. 319 c.p.) ogni volta che l’esercizio del potere discrezionale è asservito agli interessi privati, anche se l’atto finale appare formalmente legittimo.

Quando si considera completato (consumato) il reato di corruzione?
Secondo la Corte, il reato di corruzione si consuma nel momento in cui avviene la dazione, cioè la consegna o la ricezione effettiva del denaro o di altra utilità. Se alla promessa illecita segue il pagamento, è quest’ultimo atto che perfeziona il reato, perché rappresenta il momento di massima offesa al bene protetto dalla norma.

Perché il fatto è stato qualificato come corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.) e non come corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.)?
Perché il funzionario non si è limitato a compiere un atto del suo ufficio ricevendo un compenso. Ha invece agito in modo contrario ai suoi doveri, abdicando completamente al suo potere discrezionale per perseguire l’esclusivo interesse del privato corruttore. Questo “asservimento” della funzione pubblica a interessi privati integra la fattispecie più grave.

Il luogo dove viene stipulato l’accordo di corruzione è determinante per stabilire la competenza del tribunale?
No. La sentenza chiarisce che il luogo determinante per la competenza territoriale non è quello dove si stringe l’accordo (il pactum sceleris), ma quello dove avviene la dazione dell’utilità. In questo caso, essendo i pagamenti confluiti su conti correnti a Bologna, la competenza è stata correttamente attribuita al Tribunale di quella città.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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