Corruzione e Pubblica Amministrazione: La Cassazione Annulla e Chiarisce i Confini del Reato
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1909/2025, è intervenuta su un complesso caso di corruzione che ha coinvolto un assessore comunale e due imprenditori, fornendo importanti chiarimenti sulla prescrizione del reato associativo e sulla corretta qualificazione giuridica dei delitti contro la pubblica amministrazione. La decisione sottolinea la necessità di una motivazione rigorosa da parte dei giudici di merito nel distinguere le diverse fattispecie di corruzione.
I Fatti di Causa
La vicenda giudiziaria trae origine da una sentenza della Corte di Appello che aveva confermato la condanna di un assessore comunale per partecipazione ad associazione per delinquere e per due episodi di corruzione. Gli imprenditori, rappresentanti di una società aggiudicataria di un appalto per servizi di igiene urbana, erano stati condannati per un episodio di corruzione.
Secondo l’accusa, l’assessore, insieme al sindaco e ad altri membri della giunta, aveva stretto un patto criminale finalizzato a ricavare illecitamente denaro da ogni appalto comunale. Gli episodi di corruzione contestati riguardavano il versamento di tangenti da parte degli imprenditori in cambio di favori, come l’adozione di provvedimenti amministrativi illegittimi e l’ottenimento di condizioni contrattuali vantaggiose.
I difensori degli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, l’intervenuta prescrizione per il reato associativo e l’errata qualificazione giuridica dei fatti di corruzione.
La Decisione della Corte di Cassazione e la Prescrizione
La Suprema Corte ha accolto parzialmente i ricorsi, giungendo a conclusioni diverse per i vari capi d’imputazione.
Per quanto riguarda il reato di associazione per delinquere contestato all’assessore, i giudici hanno dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Analizzando le date dei fatti e calcolando i periodi di sospensione del processo, la Corte ha accertato che il termine massimo di prescrizione (sette anni e sei mesi) era spirato prima della pronuncia della sentenza d’appello. Di conseguenza, su questo punto, la sentenza è stata annullata senza rinvio.
La Qualificazione Giuridica della Corruzione
Il nucleo centrale della decisione riguarda i reati di corruzione. La Cassazione ha ritenuto fondata la censura difensiva relativa all’errata qualificazione giuridica dei fatti. La Corte d’Appello aveva condannato gli imputati per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.), ma senza fornire una motivazione adeguata e precisa che giustificasse tale scelta rispetto alla meno grave fattispecie di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.).
Per questo motivo, la Corte ha annullato la sentenza di condanna per i reati di corruzione con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi di diritto enunciati.
Le Motivazioni
La Corte ha articolato le sue motivazioni su due binari principali.
In primo luogo, ha ribadito che la semplice percezione di una parte della tangente da parte di un membro della giunta non è di per sé un fatto neutro. Nel caso di specie, l’esistenza di un patto criminale preventivo tra gli amministratori, volto alla sistematica spartizione dei proventi illeciti derivanti dagli appalti, costituiva un’efficace forma di concorso morale. Ogni membro, pur non partecipando materialmente alla singola trattativa, rafforzava l’operato degli altri con la consapevolezza del sostegno reciproco.
In secondo luogo, e con maggiore incisività, la Cassazione ha spiegato la sottile ma fondamentale differenza tra le due forme di corruzione. La corruzione “propria” (art. 319 c.p.) richiede che il pubblico ufficiale compia uno specifico atto contrario ai doveri del suo ufficio, violando norme precise. La corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.), invece, si configura quando il pubblico ufficiale, pur muovendosi all’interno dei suoi poteri discrezionali, “vende” la sua funzione, asservendola agli interessi del privato corruttore in cambio di un’indebita retribuzione. La Corte d’Appello non aveva chiarito se gli atti compiuti dagli amministratori fossero specificamente illegittimi o se si trattasse di un generico asservimento della funzione pubblica. Questa mancanza di approfondimento ha reso la motivazione viziata e ha imposto l’annullamento con rinvio.
Le Conclusioni
La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito sulla necessità di fornire una motivazione rigorosa e dettagliata quando si tratta di qualificare i reati contro la pubblica amministrazione. La distinzione tra le diverse fattispecie di corruzione non è un mero esercizio teorico, ma ha conseguenze concrete sul trattamento sanzionatorio. Il caso tornerà ora davanti alla Corte d’Appello, che dovrà procedere a una nuova valutazione dei fatti alla luce dei principi stabiliti dalla Cassazione, per stabilire la corretta qualificazione giuridica del reato e rideterminare, eventualmente, la pena.
Quando si prescrive il reato di associazione per delinquere?
Il termine di prescrizione per l’associazione per delinquere non aggravata è di sei anni, che può essere esteso fino a un massimo di sette anni e sei mesi in presenza di atti interruttivi. Il calcolo decorre dall’ultimo atto che manifesta la partecipazione al sodalizio criminale, e a questo termine vanno aggiunti gli eventuali periodi di sospensione del processo.
Qual è la differenza tra corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione per l’esercizio della funzione?
La corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.) si ha quando il pubblico ufficiale compie un atto specificamente vietato o diverso da quello dovuto. La corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.), invece, si configura quando il pubblico ufficiale asservisce la sua funzione agli interessi privati in cambio di denaro o altre utilità, anche senza compiere un atto formalmente illegittimo ma esercitando i propri poteri in modo distorto.
La semplice ricezione di una parte della tangente è sufficiente per essere condannati per corruzione in concorso?
Secondo la sentenza, sì, qualora sia provata l’esistenza di un patto criminale preventivo tra più pubblici ufficiali volto alla spartizione dei proventi illeciti. In questo contesto, la ricezione della propria quota non è un fatto isolato, ma la prova della piena consapevolezza e dell’adesione all’accordo corruttivo, configurando così un concorso morale nel reato.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1909 Anno 2025
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