Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33857 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33857 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
AVV_NOTAIO della ReRAGIONE_SOCIALE presso il Tribunale di Milano nel procedimento a carico di
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA;
NOME sa.;
avverso la sentenza del 26 maggio 2022 emessa dal Tribunale di Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, in sostituzione degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori degli imputati, che ha chiesto di dichiarare inammissibile o, comunque, di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati rinviati a giudizio, unitamente alla RAGIONE_SOCIALE, per il delitto di corruzione internazionale attiva propria antecedente.
Secondo l’ipotesi di accusa, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di amministratori e soci di riferimento di RAGIONE_SOCIALE, holding del gruppo RAGIONE_SOCIALE, in concorso tra loro e con NOME COGNOME, rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, controllata da RAGIONE_SOCIALE), e NOME COGNOME, dirigente del gruppo RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe impartito le disposizioni di pagamento, avrebbero concluso un accordo corruttivo con NOME COGNOME, direttore servizi della RAGIONE_SOCIALE, pubblico ufficiale, affinché lo stesso compisse atti contrari ai propri doveri di uffici per favorire RAGIONE_SOCIALE, non bandendo gare pubbliche internazionali per la fornitura di tubi industriali a RAGIONE_SOCIALE e concludendo, tra il 2009 e il 2012, ventidue contratti a trattativa privata con RAGIONE_SOCIALE, per un fatturato complessivo di R$ 3.130.906.066, corrispondenti a C. 1.418.753.890, al cambio dell’epoca.
Tale accordo avrebbe previsto, quale contropartita in favore di NOME COGNOME, il pagamento su conti esteri di somme parti allo 0,5% del valore dei contratti stipulati, bonificate sul conto 1006547 intestato alla RAGIONE_SOCIALE Hayley presso la svizzera Banque Privee BCP.
I pagamenti corruttivi non sarebbero stati eseguiti dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, beneficiaria dell’accordo corruttivo, ma da RAGIONE_SOCIALE NOME, holding del gruppo RAGIONE_SOCIALE.
Alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è, inoltre, contestato l’illecito amministrativo di cui all’art. 25, secondo e terzo comma, del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in relazione al delitto di corruzione internazionale commesso, nel proprio interesse e a proprio vantaggio, dai suoi amministratori.
Il Tribunale di Milano, con sentenza emessa all’esito del dibattimento in data 26 maggio 2022, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati perché l’azione penale non doveva essere iniziata per difetto di giurisdizione dello Stato italiano.
Il Tribunale ha rilevato che nel caso di specie non può trovare applicazione la disciplina dell’art. 6 cod. pen., relativa alla giurisdizione dell’autorità giudizia
italiana per il reato commesso nel territorio dello Stato, in quanto «il materiale probatorio…converge univocamente verso l’integrale consumazione all’estero del delitto per cui si procede» (pag. 220 della sentenza impugnata).
Secondo il Tribunale, inoltre, non può essere applicata neppure la disciplina del «delitto comune del cittadino all’estero» dettata dall’art. 9 cod. pen., in quanto difettano, ai sensi del terzo comma di tale disposizione, la condizione della presenza degli imputati nel territorio nazionale, astrattamente integrata per il solo NOME COGNOME, e, comunque, la richiesta del AVV_NOTAIO della Giustizia.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso il Tribunale di Milano ha proposto appello avverso tale sentenza, deducendo, in via preliminare, che sussiste la giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell’art. 6 cod. pen., in quanto parte della condotta è avvenuta in territorio italiano.
Il delitto di corruzione sarebbe, infatti, stato realizzato dagli imputat avvalendosi di fondi neri del gruppo RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE conti svizzeri, gestiti per il tramite di una struttura di Lugano denominata RAGIONE_SOCIALE NOME Lugano.
All’epoca dell’accordo corruttivo, negli anni 2008 e 2009, la RAGIONE_SOCIALE, pur avendo sede a Curaao, nelle Antille Olandesi, successivamente trasferitasi in Lussemburgo, aveva sede effettiva a Milano; la RAGIONE_SOCIALE era, infatti, gestita a Milano, ove venivano prese le decisioni strategiche del gruppo.
Il Tribunale avrebbe, inoltre, ritenuto erroneamente che la RAGIONE_SOCIALE sia stata chiamata a rispondere dell’illecito non già per la propria posizione di holding del gruppo, ma in realtà sarebbe responsabile quale soggetto che ha eseguito i pagamenti corruttivi, dopo aver costituito la provvista RAGIONE_SOCIALE “fondi neri”.
Ad avviso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, inoltre, il Tribunale di Milano avrebbe errato nell’escludere l’applicazione dell’art. 9 cod. pen., in quanto non sarebbe necessaria nel caso di specie la richiesta del AVV_NOTAIO della Giustizia per procedere nei confronti di cittadini accusati di aver commesso un reato all’estero.
Il Tribunale, infatti, citando una «lontana sentenza della Corte di cassazione del 1979», ovvero Sez. 1, n. 8435 del 19/02/1979, Buscetta, Rv. 143095 – 01, ha ritenuto necessario per procedere nei confronti di imputati italiani per il delitto d corruzione commesso all’estero la richiesta del AVV_NOTAIO della Giustizia.
Il delitto di cui all’art. 322-bis cod. pen., tuttavia, non sarebbe riconducibil alla categoria dei delitti contro uno Stato estero.
Il bene giuridico del delitto di corruzione internazionale è, infatti, «plurimo, in quanto tale delitto distorce la concorrenza internazionale e abbassa gli standard civili e politici della comunità internazionale».
Gli imputati sarebbero, peraltro, stati presenti in territorio italiano, in quant hanno sottoscritto il mandato difensivo in favore dell’AVV_NOTAIO.
Il Tribunale di Milano, da ultimo, in violazione degli artt. 20 cod. proc. pen. e dell’art. 21 della Convenzione di Strasburgo, per evitare che il difetto di giurisdizione si risolva in una garanzia di impunità, avrebbe dovuto indicare lo Stato ritenuto competente a giudicare del delitto contestato.
La Corte di appello di Milano, con ordinanza del 22 febbraio 2024, rilevato che l’appello proposto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha ad oggetto una sentenza declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice italiano, ha riqualificato, ai sen dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., l’impugnazione proposta come ricorso per cassazione e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione.
Con memoria depositata in data 2 maggio 2024 gli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori degli imputati, hanno chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso o, comunque, di rigettare l’impugnazione presentata dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO.
I difensori hanno rilevato che nel caso in cui l’atto di appello sia riqualificat in ricorso per cassazione, l’ammissibilità del gravarne deve essere valutata tenuto conto dei criteri di cui all’art. 606 cod. proc. pen. (e citando in proposito Sez. U n. 45371 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 220221 – 01).
Ad avviso dei difensori, le forme «ellittiche» dell’atto di impugnazione fanno dubitare della sua ammissibilità ai sensi dell’art. 581 cod. proc. pen., prima ancora che dell’art. 606 cod. proc. pen., in quanto l’atto tralascia radicalmente il nucleo essenziale delle motivazioni con le quali il Tribunale ha confutato l’ipotesi accusatoria,
L’appello proposto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO sarebbe inammissibile, in quanto si limiterebbe a sollevare temi che invitano a una rivisitazione del fatto, «sovente con riguardo ad aspetti del tutto periferici rispetto all’imputazione», e chiederebbe di sottoporre gli esiti dell’istruttoria dibattimentale a un nuovo sindacato di merito, non ammesso in sede di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto infondato.
Deve, in via preliminare, rilevarsi che correttamente la Corte di appello di Milano ha qualificato, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., l’appello proposto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO quale ricorso per cassazione.
2.1. La sentenza declaratoria del difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana non è, infatti, appellabile.
Secondo un primo e più risalente orientamento, la sentenza che decide sulla giurisdizione è – ai sensi dell’art. 568, comma 2, cod. proc. pen., in relazione all’art. 591, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. – inoppugnabile, potendo soltanto dar luogo a conflitto di giurisdizione a norma dell’art. 28, comma 1, cod. proc. pen., di guisa che, contro la medesima, le parti non possono esperire alcuna impugnazione, ma soltanto, se del caso, denunciare conflitto allorquando due diversi giudici prendano cognizione ovvero si rifiutino di conoscere lo stesso fatto attribuito al medesimo soggetto (Sez. 1, n. 6518 del 06/12/1996, dep. 1997, P.M. in proc. Esposito, Rv. 206608; Sez. 1, n. 33891 del 26/06/2009 Toscano, Rv. 244832).
La giurisprudenza di legittimità più recente, con un orientamento che il Collegio condivide, ha, tuttavia, ritenuto ricorribile per cassazione in via eccezionale la sentenza che declina la giurisdizione italiana a favore dell’Autorità giudiziaria straniera, in quanto rimarrebbe altrimenti priva di qualsiasi controllo di legittimità, atteso che non può essere oggetto di conflitto (ex plurimis: Sez. 6, n. 4307 del 01/02/2024, COGNOME, Rv. 285704-01; Sez. 6, n. 56953 del 20/12/2017, COGNOME, Rv. 272219; Sez. 2, n. 20223 del 13/05/2009, Sabeur, Rv. 244889).
2.2. Non trattandosi, peraltro, di ricorso per saltum, bensì di ricorso di legittimità avverso sentenza inappellabile, il ricorso in cassazione, quale unico mezzo di impugnazione, è consentito per tutti i motivi di cui all’art. 606 cod. proc. pen. e non soltanto per violazione di legge come espressamente previsto dall’art. 569, commi primo e terzo, cod. proc. pen., nel ricorso per saltum (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 2, n. 7042 del 12/01/2021, Peci, Rv. 280884 – 01; conf., Sez., 2, n. 47309 del 11/10/2023).
Con la prima censura formulata nell’atto di appello il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO deduce che il delitto di corruzione internazionale per cui si procede è stato commesso, almeno parzialmente, in territorio italiano e, dunque, sussisterebbe la giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell’art. 6 cod. pen.
Nel delibare questa censura occorre premettere che il codice penale non prevede per le figure delittuose di cui all’art. 322-bis cod. pen. alcuna forma di giurisdizione universale.
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Con l’introduzione di questa fattispecie di reato, infatti, il legislatore non ha inteso derogare ai criteri generali di territorialità per la punibilità del reato da pa dello Stato italiano.
L’articolo 5 della Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997, ratificata in Italia con legge n. 300 del 29 settembre 2000, stabilisce, infatti, che le indagini e l’azione penale per corruzione di pubblico ufficiale straniero sono soggette alle norme e ai principi applicabili di ciascuna Parte.
La giurisprudenza di legittimità ha in proposito rilevato che la Convenzione OCSE, ai fini della determinazione della giurisdizione, rinvia ai principi applicabili in ciascuno dei Paesi aderenti (v. in tal senso, Sez. F., n. 32779 del 13.08.2012, COGNOME, Rv. 253488), e che lo Stato italiano, in sede di ratifica, ha fatt espressamente salve le regole di cui agli artt. 7, 9 e 10 cod. pen. (Sez. 6, n. 9106 del 25/02/2013, COGNOME, Rv. 254706).
4.1. I limiti di efficacia nello spazio della legge penale posti dagli artt. 6 e s cod. pen. trovano, dunque, applicazione anche in relazione alla fattispecie di corruzione internazionale.
L’art. 6 cod. pen. sancisce che «il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione».
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, per il principio della territorialità, previsto dall’art. 6, secondo comma, cod. pen., deve ritenersi commesso in Italia il reato la cui condotta sia stata posta in essere, anche in minima parte nello Stato, seppure priva dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo (ex plurimis: Sez. 2, n. 48017 del 13/10/2016, COGNOME Luca, Rv. 268432 – 01).
Ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all’estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, intesa in senso naturalistico, e, quindi, un qualsiasi atto dell’iter criminoso; tale connotazione, tuttavia, non può essere riconosciuta ad un generico proposito, privo di concretezza e specificità, di commettere all’estero fatti delittuosi, anche se poi ivi integralmente realizzati (Sez. 6, n. 56953 del 21/09/2017, COGNOME, Rv. 272220 – 01).
4.2. Muovendo da tali premesse, deve rilevarsi che le censure proposte dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO in ordine all’errata mancata applicazione della disciplina dell’art. 6 cod. pen. sono inammissibili, in quanto diverse dai motivi consentiti dalla legge nel giudizio di legittimità.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha, infatti, dedotto che nel caso di specie sussiste la giurisdizione italiana, in quanto parte della condotta illecita è stata commessa in territorio italiano.
All’epoca dell’accordo corruttivo tra Dunque e NOME COGNOME, e dunque, negli anni 2008 e 2009, la holding RAGIONE_SOCIALE, che ha disposto i pagamenti corruttivi in favore della RAGIONE_SOCIALE mediante propri “fondi neri”, era gestita da Milano; in questa città venivano adottate le scelte strategiche del gruppo e, con assoluta verosimiglianza, quella di costituire fondi neri e di utilizzarli in funzione corrutti
L’atto di impugnazione, tuttavia, essendo stato concepito come appello, censura l’errata valutazione da parte del Tribunale di Milano delle prove assunte in dibattimento e, confutando in fatto la motivazione della sentenza impugnata, richiede una diversa valutazione delle prove poste a fondamento della stessa.
Tale sindacato esula, tuttavia, dalle attribuzioni della Corte di cassazione, che ha il compito di controllare la correttezza e la logicità della decisione e non la sua fondatezza.
Il Tribunale ha ritenuto che dal vasto materiale probatorio acquisito nel dibattimento non sia emersa alcuna prova del concorso degli imputati nell’accordo corruttivo, né che vi fosse alcuna evidenza di attività preparatoria o propedeutica all’accordo illecito in territorio italiano da parte dei medesimi soggetti.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, in contrario, ha dedotto che «la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (…) ha subito una verifica fiscale in Italia (…) la verifica fiscale si è conclusa c contestazione della stabile organizzazione della RAGIONE_SOCIALE in Italia (…)» (pag. 3 dell’atto di appello) e ha evidenziato la valenza probatoria di una mail indirizzata in data 7 agosto 2006 da NOME COGNOME, legale del gruppo, agli imputati in ordine agli accorgimenti da adottare in modo «da attenuare il rischio di attrazione fiscale su SF a causa della residenza dei suoi managers e i membri del RAGIONE_SOCIALE».
Il Tribunale ha, tuttavia, tenuto conto di queste circostanze specifiche e ha rilevato in senso contrario che «le stesse risultanze del richiamato PVC delineavano un perimetro alla stabile organizzazione in Italia della San NOME ancorato alla sola area geografica coincidente con il c.d. ‘settore Europa’ (…) interpretazione (…) vieppiù confermata nel corso dell’esame del luog. COGNOME COGNOME dal medesimo consulente tecnico del PM COGNOME (…) stabi altresì un argine temporale (…) ne consegue che anche a voler ammettere che la holding RAGIONE_SOCIALE avesse avuto una stabile organizzazione in Italia (prova qui da non ritenersi raggiunta), tale elemento di collegamento deve ritenersi venuto meno prima della realizzazione dei fatti contestati» (pag. 174 e ss. della sentenza).
Il pubblico ministero, dunque, con la propria impugnazione, offre una diversa ricostruzione di circostanze di fatto valutate dal Tribunale, con una motivazione
contro
vertibile, ma non manifestamente illogica, e completa rispetto all’esame dell’ampio materiale probatorio acquisito.
L’impugnazione del pubblico ministero, quanto alla mancata applicazione del principio di territorialità di cui all’art. 6 cod. pen., si risolve, dunque, prospettazione di ipotesi ricostruttive alternative rispetto a quella adottata dal Tribunale di Milano, che sollecitano un rinnovato sindacato nel merito delle vaste risultanze dibattimentali.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, esula, tuttavia, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto post a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Con la seconda censura il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO deduce l’erroneità dell’interpretazione dell’art. 9 cod. pen. operata dal Tribunale di Milano, in quanto, anche qualora si volesse ritenere che il reato di corruzione internazionale per cui si procede sia stato commesso integralmente all’estero, la giurisdizione italiana sussisterebbe in virtù di tale disposizione.
Per radicare la giurisdizione del giudice italiano in ordine al delitto d corruzione internazionale commesso all’estero del cittadino italiano, infatti, l’art. 9, terzo comma, cod. pen. non richiederebbe la richiesta del AVV_NOTAIO della Giustizia, ma solo la presenza degli imputati in territorio italiano.
6. Il motivo è infondato.
6.1. L’art. 9 cod. pen., dedicato al «delitto comune del cittadino all’estero», al primo comma prevede che «il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l’ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato».
Il secondo comma di tale disposizione sancisce, inoltre, che «se si tratta di delitto per il quale è stabilita una pena restrittiva della libertà personale di minore
durata, il colpevole è punito a richiesta del ministro della giustizia ovvero a istanza, o a querela della persona offesa».
Secondo la giurisprudenza di legittimità, tuttavia, ancorché il secondo comma dell’art. 9 cod. pen. non ne faccia menzione, anche per i delitti puniti con la reclusione inferiore nel minimo a tre anni la perseguibilità è subordinata alla presenza del cittadino nel territorio dello Stato dopo la commissione del reato (Sez. 5, n. 40278 del 06/04/2016, COGNOME, Rv. 268199-01; Sez. 2., n. 9093 del 08/03/1989 (dep. 1990), Trivellato, Rv. 184696 – 01), in quanto, essendo questa condizione espressamente richiesta per i diritti più gravi (quelli puniti con la reclusione superiore nel minimo a tre anni), a maggior ragione deve ritenersi necessaria per i diritti meno gravi (quelli puniti con la reclusione inferiore al minimo a tre anni).
Il terzo comma dell’art. 9 cod. pen., inoltre, sancisce che «Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, qualora si tratti di delitto commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito a richiesta del AVV_NOTAIO della giustizia…».
Da ultimo, il quarto comma dell’art. 9 cod. pen., introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera a) della I. 9 gennaio 2019 n. 3, stabilisce che «Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, la richiesta del AVV_NOTAIO della giustizia o l’istanza la querela della persona offesa non sono necessarie per i delitti previsti dagli articoli 320, 321, 346 bis, 648 e 648 ter».
6.2. In questo contesto normativo occorre, dunque, verificare se, perché sussista la giurisdizione del giudice penale italiano per il delitto di corruzione internazionale commesso da cittadino italiano all’estero, sia necessaria o meno la richiesta del AVV_NOTAIO.
Questa Corte ha affermato, in due occasioni, che è improcedibile l’azione penale per il delitto di corruzione internazionale commessa da cittadino italiano all’estero, in mancanza della richiesta del AVV_NOTAIO della giustizia (Sez. 6, n. 9106 del 25/02/2013, COGNOME, Rv. 254706; Sez. F, n. 32779 del 13/08/2012, COGNOME, Rv. 253488 – 01).
Entrambe le sentenze hanno ritenuto necessaria la richiesta del AVV_NOTAIO della giustizia, ai sensi del secondo comma dell’art. 9 cod. pen., in ragione della pena edittale minima prevista per il delitto di corruzione internazionale all’epoca della commissione dei fatti.
Nel caso di specie il reato di corruzione internazionale di cui all’art. 322-bis cod. pen., in relazione agli artt. 321 e 319 cod. pen., aggravato ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 146 del 2006, è contestato come commesso «tra il 2009 e il 19 novembre 2014» e, dunque, sarebbe punibile con una pena non inferiore nel
minimo a tre anni, tale da fondare l’applicazione del primo comma dell’art. 9 cod. pen.
Come ha rilevato il Tribunale di Milano, è, tuttavia, necessaria per la procedibilità del reato contestato agli imputati la richiesta del AVV_NOTAIO della Giustizia sulla base del terzo comma dell’art. 9 cod. pen., in quanto il reato di corruzione internazionale è un «delitto commesso a danno…di uno Stato estero».
6.3. Pur nell’innegabile incertezza della definizione del bene giuridico tutelato dalla fattispecie di reato di corruzione internazionale, il Collegio ritiene che il deli di cui all’art. 323-bis cod. pen. sia un «delitto commesso a danno…di uno Stato estero» ai sensi del terzo comma dell’art. 9 cod. pen.
Secondo una non recente sentenza di questa Corte, in tema di delitto comune del cittadino italiano all’estero, il terzo comma dell’art. 9 del codice penale, parlando di delitti commessi a danno di uno stato estero e accomunando ad essi quelli commessi in danno di uno straniero, non ha riguardo ai delitti che lo stato estero sia comunque interessato a reprimere nell’esercizio del suo potere di governo e nei confronti dei quali assume, quindi, la qualifica di soggetto passivo generico, ma si riferisce, al contrario, a quelli in cui lo stato straniero assume l posizione di soggetto passivo specifico (o particolare) (Sez. 1, n. 8435 del 19/02/1979, Buscetta, Rv. 143095 – 01).
In dottrina, in senso analogo, si è rilevato che non rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 9, terzo comma, cod. pen. i delitti che offendono «interessi collettivi stranieri, che non siano direttamente pertinenti a uno Stato estero», quale, ad esempio, il commercio di sostanze stupefacenti da parte di un cittadino italiano all’estero, in quanto fatto offensivo della salute della popolazione e non di quello Stato.
Il delitto di corruzione internazionale, pur inteso a tutelare, le regole della concorrenza e della corretta destinazione delle risorse economiche sui mercati esteri, tuttavia, lede un interesse che pertiene specificamente allo Stato estero, ovvero quello alla legalità dell’azione dei suoi organi amministrativi.
6.4. Nessun rilievo, da ultimo, al fine di escludere la necessità della richiesta del AVV_NOTAIO può ravvisarsi nella modifica del quarto comma dell’art. 9 cod. pen. operata dall’art. 1, comma 1, lettera a) della L. 9 gennaio 2019 n. 3 (c.d. legge spazza corrotti).
Tale modifica ha, infatti, escluso la necessità della richiesta del AVV_NOTAIO della giustizia o della istanza o della querela della parte offesa per la punizione del cittadino che commetta in territorio estero i delitti di cui agli articoli 320, 32 346-bis cod. pen. e, dunque, di fattispecie di reato riferibili alla pubblic amministrazione italiana.
La corruzione internazionale di cui all’art. 322-bis cod. pen., del resto, non è stata richiamata espressamente dal legislatore della riforma con riferimento all’art. 9 cod. pen., a differenza di quanto fatto con riferimento al successivo art. 10 cod. pen.
Rimane, pertanto, ferma la necessità della richiesta del AVV_NOTAIO per procedere per il delitto di corruzione internazionale commessa da cittadini italiani all’estero anche dopo la modifica dell’art. 9 cod. pen. operata dalla legge n. 3 del 2019.
6.5. Il difetto della richiesta del AVV_NOTAIO rendere ultroneo ogni sindacato in ordine alla presenza degli imputati nel territorio dello Stato, peraltro esclusa dal Tribunale per tutti gli imputati, ad eccezione del solo NOME COGNOME.
Il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana nei confronti de persone fisiche ravvisato dal Tribunale di Milano sussiste anche nei confronti dell’ente RAGIONE_SOCIALE
L’art. 4 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 sancisce, infatti, che «Nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale, gli enti aventi n territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione ai reati commessi all’estero, purché nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto».
Nel caso di specie la NOME, per quanto accertato dal Tribunale di Milano, all’epoca del patto corruttivo aveva la sede legale nelle Antille Olandesi e all’epoca del versamento delle “tangenti” in Lussemburgo.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha dedotto che la RAGIONE_SOCIALE avesse la sede principiale («la stabile organizzazione») in Italia, ma la censura, come già rilevato, è svolta in fatto.
Anche su tale punto, la sentenza del Tribunale di Milano, essendo stata motivata in modo non manifestamente illogico, non può essere sindacata dalla Corte di cassazione.
Con il terzo motivo il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha dedotto l’inosservanza della legge processuale, in quanto il Tribunale di Milano, nel dichiarare il difetto di giurisdizione avrebbe dovuto indicare l’autorità giudiziaria munita di potestas íudicandi per il reato di corruzione internazionale e trasmettere gli atti alla stessa.
9. Anche questo motivo è infondato.
Non sussiste, infatti, alcuna violazione di legge per effetto della mancata trasmissione degli atti all’autorità procedente, in quanto l’art. 22, comma 2, cod. proc. pen. richiede tale adempimento solo «se del caso».
Nel disegno del legislatore storico, la sentenza che riconosce il difetto assoluto di giurisdizione non deve contenere alcun ordine di trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice penale competente, che è necessaria, invece, nelle ipotesi di difetto relativo di giurisdizione affinché l’organo dell’accus presso il giudice competente, pur sempre appartenente all’autorità giudiziaria italiana, possa «determinarsi in ordine all’esercizio dell’azione penale» (Rel. prog. prel., 78).
Alla stregua di tali rilievi, l’appello proposto dal AVV_NOTAIO, riqualificato come ricorso per cassazione, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23/05/2024.