LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Corruzione internazionale: quando c’è giurisdizione?

Un caso di presunta corruzione internazionale, con tangenti pagate all’estero per ottenere contratti, arriva in Cassazione. La Corte Suprema conferma il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Si stabilisce che, se il reato è commesso interamente fuori dall’Italia, per procedere contro un cittadino italiano è necessaria la richiesta del Ministro della Giustizia, condizione mancante nel caso di specie. La sentenza definisce i confini della legge penale italiana nello spazio per questo tipo di reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Corruzione Internazionale: I Confini della Giurisdizione Italiana

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, affronta un tema cruciale nel diritto penale dell’economia: i limiti della giurisdizione italiana in materia di corruzione internazionale. Il caso analizzato riguarda un presunto accordo corruttivo transnazionale e offre l’opportunità di chiarire a quali condizioni un reato commesso prevalentemente all’estero possa essere processato in Italia. La decisione sottolinea la necessità di rispettare rigorose condizioni procedurali, come la richiesta del Ministro della Giustizia, per poter esercitare l’azione penale.

I Fatti del Processo: Un Accordo Oltre Confine

Il procedimento ha origine da un’ipotesi di accusa molto grave. Alcuni amministratori e soci di una holding company, insieme ad altri dirigenti, avrebbero stretto un accordo corruttivo con il direttore di una società pubblica brasiliana. L’obiettivo era quello di favorire una società controllata dal loro gruppo, facendole ottenere ventidue contratti a trattativa privata per la fornitura di tubi industriali, eludendo le gare pubbliche internazionali.

Secondo l’accusa, in cambio di questi favori, sarebbe stato pattuito il pagamento di tangenti pari allo 0,5% del valore dei contratti, versate su conti esteri. I fondi per i pagamenti non provenivano direttamente dalla società brasiliana beneficiaria, ma sarebbero stati attinti da ‘fondi neri’ costituiti dalla holding company capogruppo.

Il Tribunale di Milano, in primo grado, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione dello Stato italiano, ritenendo che il reato si fosse consumato interamente all’estero e che mancassero le condizioni previste dall’art. 9 del codice penale per procedere contro cittadini italiani per reati commessi fuori dal territorio nazionale. Contro questa decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso.

La Decisione dei Giudici: Il Principio di Territorialità e la corruzione internazionale

Il primo punto affrontato dalla Cassazione riguarda l’applicabilità del principio di territorialità, sancito dall’art. 6 del codice penale. Secondo tale principio, un reato si considera commesso in Italia se anche solo una parte dell’azione o dell’omissione si è verificata nel territorio nazionale.

Il Pubblico Ministero sosteneva che la holding company fosse di fatto gestita da Milano e che le decisioni strategiche, inclusa quella di creare e utilizzare i fondi neri per la corruzione, fossero state prese in Italia. Questo, a suo avviso, costituiva un ‘frammento di condotta’ sufficiente a radicare la giurisdizione italiana.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto questa tesi. Ha chiarito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti già valutati dal giudice di merito. Il Tribunale di Milano aveva concluso, sulla base delle prove raccolte, che non vi era evidenza di attività preparatorie o propedeutiche all’accordo illecito svoltesi in Italia. La valutazione del Tribunale non è stata ritenuta manifestamente illogica, e pertanto la Cassazione non può discostarsene. Di conseguenza, il reato è stato considerato come interamente commesso all’estero, escludendo l’applicazione dell’art. 6 c.p.

Le Motivazioni della Cassazione sul Reato del Cittadino all’Estero

Esclusa la territorialità, la Corte ha esaminato la possibilità di procedere in base all’art. 9 del codice penale, che disciplina i delitti comuni del cittadino all’estero. Questa norma prevede diverse condizioni per la procedibilità, che variano in base alla gravità del reato. Per la corruzione internazionale, la Cassazione ha ritenuto applicabile il terzo comma dell’art. 9, che riguarda i delitti commessi ‘a danno di uno Stato estero’.

In questi casi, la norma richiede espressamente, come condizione di procedibilità, la richiesta del Ministro della Giustizia. La Corte ha stabilito che la corruzione internazionale lede un interesse specifico dello Stato estero, ossia quello alla legalità e al buon andamento della propria amministrazione pubblica. Pertanto, rientra a pieno titolo in questa categoria.

La difesa del Pubblico Ministero aveva argomentato che la legge ‘spazza corrotti’ (L. 9 gennaio 2019, n. 3) avesse eliminato la necessità di tale richiesta per alcuni reati di corruzione. Tuttavia, la Cassazione ha osservato che la modifica legislativa non ha incluso espressamente l’art. 322-bis (corruzione internazionale), mantenendo quindi inalterata la necessità della richiesta ministeriale per questa specifica fattispecie. Poiché nel caso di specie tale richiesta mancava, l’azione penale non poteva essere esercitata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un orientamento rigoroso sui presupposti della giurisdizione penale per i reati transnazionali. Le conclusioni principali che si possono trarre sono due:

1. Territorialità: Per affermare la giurisdizione italiana, non è sufficiente un generico collegamento con il territorio, ma è necessario provare che una parte concreta e materialmente apprezzabile della condotta criminale si sia svolta in Italia. La sola gestione strategica di un gruppo societario da una sede italiana non è, di per sé, sufficiente a radicare la giurisdizione se l’accordo corruttivo e i pagamenti avvengono interamente all’estero.
2. Condizioni di procedibilità: Per il reato di corruzione internazionale commesso interamente all’estero da un cittadino italiano, la richiesta del Ministro della Giustizia rimane una condizione imprescindibile per l’esercizio dell’azione penale. La mancata inclusione di tale reato nelle eccezioni introdotte dalla legge ‘spazza corrotti’ conferma la volontà del legislatore di mantenere questo specifico presidio procedurale.

Quando un reato commesso all’estero può essere giudicato in Italia?
Un reato commesso all’estero può essere giudicato in Italia principalmente in due casi: 1) Se una parte dell’azione o dell’omissione che costituisce il reato si è verificata in territorio italiano (principio di territorialità, art. 6 c.p.). 2) Se il reato è stato commesso interamente all’estero da un cittadino italiano, ma solo al verificarsi di specifiche condizioni previste dalla legge (art. 9 c.p.), che possono includere la presenza del reo in Italia e, per certi reati come la corruzione internazionale, la richiesta del Ministro della Giustizia.

Per il reato di corruzione internazionale commesso all’estero da un cittadino italiano, è sempre necessaria la richiesta del Ministro della Giustizia?
Sì. Secondo la sentenza, il reato di corruzione internazionale (art. 322-bis c.p.) commesso interamente all’estero rientra nella categoria dei delitti a danno di uno Stato estero. Per questa tipologia di reati, l’art. 9, terzo comma, del codice penale richiede espressamente la richiesta del Ministro della Giustizia come condizione di procedibilità. Tale requisito non è stato eliminato dalla recente normativa anticorruzione (c.d. legge ‘spazza corrotti’).

Se un tribunale italiano dichiara il proprio difetto di giurisdizione per un reato commesso all’estero, deve indicare quale Stato estero è competente?
No. La sentenza chiarisce che l’obbligo di trasmettere gli atti all’autorità giudiziaria competente è previsto solo nei casi di difetto ‘relativo’ di giurisdizione (ad esempio, tra diversi tribunali italiani). Quando viene dichiarato un difetto ‘assoluto’ di giurisdizione, come nel caso in cui lo Stato italiano non ha alcun potere di giudicare il fatto, il giudice non è tenuto a individuare l’autorità straniera competente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati