Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31760 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31760 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Cassino il 29/10/1969
avverso l’ordinanza del 05/02/2025 del Tribunale del riesame di Roma;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria di replica depositata dall’avvocato NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso, ritenendo assertive le conclusioni del Sostituto Procuratore generale.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame di Roma, adito ex art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato il riesame avverso l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Cassino di applicazione nei suoi confronti del misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di associazion delinquere (capo 1, nella qualità di promotore) e corruzione per atto contrario a doveri di ufficio (capi da 2 a 10).
Si contesta a COGNOME la partecipazione ad una associazione a delinquere in grado di attuare con continuità un programma corruttivo. In particolare:
–COGNOME NOME, titolare di una scuola privata di Sora, aveva il compito principale di attirare i potenziali corruttori;
COGNOME NOMECOGNOME direttore dell’area risorse umane dell’Università di Cassino, aveva il compito principale di fungere da collegamento operativo e relazionale tra il titolare della scuola privata e il mondo accademico;
COGNOME NOME, professore universitario e presidente di tutte le commissioni di concorso;
COGNOME NOME, ricercatrice universitaria e componente di tutte le commissioni di concorso,
Il ricorrente è accusato di avere fornito a NOME COGNOME (che poi a sua volta consegnava ai candidati) batterie di 240 quiz, all’interno dei quali vi erano quelli che, poi, sarebbero effettivamente usciti alle prove preselettive e di avere comunicato ai candidati, sempre attraverso COGNOME, gli argomenti delle prove scritte per il concorso.
Si contesta, quindi, la corruzione da parte dei candidati del concorso pubblico per consentire loro il superamento del concorso ai fini della ammissione ai percorsi di formazione per conseguire la specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità bandito dall’Università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale. Il concorso sotto esame è quello bandito per l’anno accademico 2022/2023, con prove preselettive da espletarsi nella prima decade di luglio 2023.
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione l’indagato deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 73 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge, mancanza e contraddittorietà della motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di corruzione.
La difesa lamenta l’adesione da parte del Tribunale ad un percorso argomentativo fondato su mere congetture. Il Tribunale del riesame avrebbe considerato rilevanti le telefonate intercorse tra COGNOME e i singoli corruttori: in realtà, in tali telefonate, il primo non avrebbe mai speso il nome dell’indagato e, comunque, non risulterebbe alcun coinvolgimento dello stesso. Anche nelle conversazioni intrattenute da COGNOME con i terzi, con i quali si vantava di essere in possesso delle domande che sarebbero state somministrate alle prove preselettive, COGNOME non avrebbe mai riportato a terzi che COGNOME gli avrebbe fornito notizie. Quanto alle informazioni che il ricorrente avrebbe assunto circa le modalità con cui la società incaricata avrebbe collazionato le domande da somministrare, trattasi di condotta indicativa del fatto che l’indagato non era a conoscenza di alcunché. Sarebbe del tutto congetturale la ricostruzione secondo la quale, in occasione dell’incontro avvenuto il 5 luglio 2023 tra Baglione e COGNOME l’indagato avrebbe consegnato a Baglione la lista delle domande: i
militari hanno assistito all’incontro senza notare alcuno scambio e il telefono di Baglione era attinto da intercettazione anche mediante captatore informatico, con la conseguenza che, se realmente uno scambio vi fosse stato, sarebbe emerso con assoluta certezza. Peraltro, tutti i candidati indagati nel presente procedimento non hanno superato la prova preselettiva; ciò a totale dimostrazione del fatto che il ricorrente non ha mai consegnato alcunché né aveva alcuna facoltà o potere di alterare i risultati.
Il Tribunale del riesame avrebbe erroneamente sostenuto che l’indagato si era doluto della restituzione dei soldi a coloro che non avevano superato la prova preselettiva. In realtà, egli non era a conoscenza che COGNOME avesse ricevuto del denaro. Rispetto ai pagamenti effettuati da COGNOME a COGNOME, il riferimento a tale “NOME” non basterebbe per ascrivere i fatti all’imputato in quanto non può essere sufficiente la circostanza che nella rubrica del COGNOME figurasse anche “NOME COGNOME“.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato associativo. La misura cautelare sarebbe stata applicata in relazione a un reato per il quale non era stata spesa alcuna motivazione. Difetterebbero tutti gli elementi costitutivi del reato associativo.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari.
L’indagato è sottoposto sia a misura cautelare personale che a misura cautelare interdittiva. Quest’ultima sarebbe assolutamente idonea a contenere qualsivoglia pericolo attuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2.11 primo motivo è generico perché il Tribunale del riesame ha puntualmente richiamato le intercettazioni, dalle quali emergono gravi indizi di colpevolezza in ordine alla conclusione di un accordo corruttivo, i servizi di osservazione, pedinamento e controllo che provano gli incontri tra COGNOME e COGNOME per la consegna dei test (e la condotta, immediatamente successiva, del COGNOME finalizzata ad avvisare i candidati di essere in possesso degli stessi e ad ottenere la somma di 50.000,00 euro pattuiti), il sequestro del cellullare di COGNOME, dal quale risulta l’esistenza di una apposita cartella ove erano annotati tutti i crediti di COGNOME.
Le doglianze della difesa non mettono in discussione la congruenza della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, ma richiedono nel merito una loro rivalutazione, sulla base di una parcellizzazione degli elementi indiziari utilizzati per ciascuno dei capi di incolpazione analizzati, la cui costruzione accusatoria si fonda sull’interpretazione del contenuto delle intercettazioni (in termini di accordi per superare le prove, di pagamenti e altro), non censurabile nel merito in sede di legittimità.
Del tutto inconferente, in tale prospettiva, è la deduzione del mancato passaggio di esami da parte di alcuni canditati, non incidendo tale evenienza sulla formazione dell’accordo corruttivo perfezionatosi, secondo quanto prospettato dai Giudici di merito, con il mercimonio da parte di COGNOME della propria funzione per il compimento di atti contrari al proprio ufficio dietro pagamento di un prezzo (sulla irrilevanza del raggiungimento dello scopo perseguito dal corruttore, vedi Sez. 6 n. 2376 del 19/05/1994, COGNOME Rv. 199050).
L’offensività del reato di corruzione è, infatti, rappresentata dalla condotta antidoverosa del pubblico ufficiale, volta a commettere mercimonio del proprio ufficio e quindi a ledere i principi e le finalità che ispirano la sua base ordinamentale, specie quando l’attività amministrativa è caratterizzata dalla discrezionalità tecnica ed è esposta ad ampi tassi di favoritismo nella fase procedimentale e decisoria; sicché non può assumere significazione alcuna il livello di soddisfacimento dello scopo illecito avuto in considerazione dal corruttore nel porre in essere l’accordo delittuoso con il pubblico ufficiale.
Analogamente, anche rispetto al secondo motivo, avente ad oggetto il reato associativo, la difesa sollecita un intervento in sede di legittimità in termini oltremodo generici, paventando la carenza di elementi costituitivi del reato, ma senza fornire alcuna specifica censura all’ordinanza impugnata, nella quale, per contro, si affrontano attentamente le modalità operative del sodalizio, il ruolo degli associati (con COGNOME quale persona di collegamento tra il mondo accademico e il titolare della scuola privata, COGNOME NOME, a sua volta con il compito di attirare i potenziali corruttori) e il perseguimento del programma delittuoso.
4.La motivazione del provvedimento impugnato, infine, non risulta carente, né affetta da manifesta illogicità quanto alle esigenze cautelari, a fronte di un iter argomentativo che analizza il collaudato modus operandi della attività per cui si procede e la rilevanza del danno per la Pubblica Amministrazione (rivestendo COGNOME il titolo di Direttore delle Risorse Umane dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale) quali indici rilevanti per la pericolosità sociale dell’indagato.
L’ordinanza impugnata affronta adeguatamente anche il rischio di inquinamento probatorio, rispetto a cui la difesa nulla dice, limitandosi a prospettare l’adeguatezza e sufficienza della misura interdittiva in atto, senza un confronto con un percorso argomentativo nel quale l’adeguatezza di una misura detentiva viene rapportata a un contesto più ampio, in cui risultano collegamenti da parte degli indagati con altri commissari, nell’ambito di un sistema corruttivo da tempo consolidato con cui l’indagato potrebbe continuare ad operare se non contenuto.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 giugno 2025
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Il Consiciliere estensore
Il Presidente