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Corruzione impropria susseguente: la Cassazione chiarisce

Un imprenditore offre 10.000 euro a un assessore come ‘ringraziamento’ per un’autorizzazione già ottenuta. La Cassazione analizza il reato di istigazione alla corruzione impropria susseguente, confermandone la configurabilità anche per atti passati. Tuttavia, il reato viene dichiarato estinto per prescrizione e la condanna annullata.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Corruzione impropria susseguente: quando il ‘grazie’ è un reato

Un ‘ringraziamento’ in denaro a un pubblico ufficiale per un’autorizzazione già ricevuta può configurare il grave reato di istigazione alla corruzione impropria susseguente. Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione torna su questo tema delicato, confermando la rilevanza penale della condotta anche se, nel caso specifico, dichiara l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Analizziamo i dettagli di una vicenda che definisce i confini tra gratitudine e illecito penale.

I fatti del caso: un ringraziamento troppo generoso

La vicenda ha origine nell’agosto del 2016 in una nota località balneare. Un imprenditore, socio di uno stabilimento, ottiene un’importante autorizzazione comunale. Per manifestare la sua gratitudine, si reca presso l’attività commerciale del vicesindaco e assessore competente, ringraziandolo per il rilascio del provvedimento.

All’apparenza un normale gesto di cortesia, se non fosse che l’imprenditore, allontanandosi, lascia sul tavolo una copia di un giornale. All’interno, la moglie dell’assessore scopre una busta contenente diecimila euro in contanti. L’assessore, dopo essersi consultato con il proprio legale, denuncia immediatamente il fatto ai Carabinieri, consegnando l’intera somma.

L’imprenditore, durante l’interrogatorio, ammette la consegna del denaro, giustificandola come un ringraziamento e un atto di beneficenza per le spese sociali sostenute dal Comune.

L’iter giudiziario e la qualificazione del reato

Nei primi due gradi di giudizio, la condotta viene qualificata come istigazione alla corruzione impropria susseguente, ai sensi dell’art. 322, comma 1, del codice penale. Secondo i giudici, l’offerta di denaro non era finalizzata a ottenere un futuro atto contrario ai doveri d’ufficio, ma a ‘retribuire’ l’assessore per un atto già compiuto e favorevole all’imprenditore.

La difesa dell’imputato ricorre in Cassazione sostenendo, tra i vari motivi, che la corruzione impropria non potesse applicarsi a fatti già conclusi. Secondo la tesi difensiva, la normativa punisce solo le offerte volte a influenzare l’esercizio futuro delle funzioni pubbliche, non quelle che si configurano come un ringraziamento postumo.

L’analisi della Cassazione sulla corruzione impropria susseguente

La Corte di Cassazione rigetta la tesi difensiva sul piano del diritto, fornendo un’importante chiave di lettura della normativa. I giudici supremi chiariscono che la locuzione ‘per l’esercizio delle sue funzioni’, presente nell’art. 318 c.p. (richiamato dall’art. 322 c.p.), deve essere interpretata in una duplice accezione:

1. Finalistica: l’offerta è fatta allo scopo di ottenere un futuro atto d’ufficio (corruzione antecedente).
2. Causale: l’offerta è fatta a causa di un atto d’ufficio già compiuto (corruzione susseguente).

La Corte afferma che anche un’offerta successiva all’atto è penalmente rilevante. Il bene giuridico tutelato dalla norma, infatti, non è solo la correttezza del singolo atto, ma l’imparzialità e il buon andamento della Pubblica Amministrazione. Un’elargizione postuma, anche se mascherata da ‘ringraziamento’, è idonea a inquinare il rapporto tra cittadino e funzionario, creando una relazione ‘privilegiata’ e minando la fiducia nella legalità dell’azione amministrativa.

Le motivazioni: prescrizione e restituzione del denaro

Nonostante la Corte abbia confermato la configurabilità del reato di corruzione impropria susseguente, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio. La ragione è puramente procedurale: il reato si è estinto per prescrizione. Essendo il fatto avvenuto il 10 agosto 2016, il termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi è spirato il 10 febbraio 2024, prima della pronuncia della Cassazione.

L’annullamento della condanna per prescrizione ha comportato due importanti conseguenze:

* Inefficacia delle pene accessorie: L’interdizione dai pubblici uffici, disposta in appello, è stata revocata.
* Restituzione della somma: La confisca dei diecimila euro è stata annullata. La Corte ha precisato che, nel reato di istigazione, la somma offerta non rappresenta il ‘prezzo’ o il ‘profitto’ del reato, ma un semplice mezzo per la sua esecuzione. Come tale, può essere confiscata solo in caso di condanna definitiva. Venuta meno la condanna, la somma deve essere restituita all’avente diritto.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: qualsiasi dazione di denaro o altra utilità a un pubblico ufficiale, se collegata all’esercizio delle sue funzioni, è illecita, indipendentemente dal fatto che avvenga prima o dopo il compimento dell’atto. Il tentativo di mascherare una dazione come ‘ringraziamento’ o ‘atto di liberalità’ non esclude la rilevanza penale, poiché la legge mira a prevenire la creazione di rapporti preferenziali che minano l’imparzialità e il prestigio della Pubblica Amministrazione. Sebbene in questo caso l’imputato abbia evitato la condanna grazie alla prescrizione, la decisione della Corte cristallizza la pericolosità e l’illiceità di tali condotte.

È reato offrire denaro a un pubblico ufficiale per ringraziarlo di un atto che ha già compiuto?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, anche un’offerta di denaro effettuata dopo il compimento di un atto d’ufficio, come ‘ringraziamento’, integra il reato di istigazione alla corruzione impropria susseguente. Questo perché la condotta è idonea a minare l’imparzialità e il buon andamento della Pubblica Amministrazione, creando una relazione ‘privilegiata’ con il funzionario.

Perché la condanna è stata annullata se il reato è stato ritenuto configurabile?
La condanna è stata annullata non perché il fatto non costituisse reato, ma perché il reato stesso si è estinto per prescrizione. È trascorso il tempo massimo previsto dalla legge (sette anni e sei mesi nel caso specifico) tra la commissione del fatto (10 agosto 2016) e la sentenza definitiva, senza che il processo si fosse concluso con una condanna irrevocabile.

Che fine ha fatto la somma di 10.000 euro sequestrata?
La Corte di Cassazione ha disposto la restituzione della somma all’avente diritto. Poiché la condanna è stata annullata per prescrizione, è venuto meno il presupposto per la confisca. I giudici hanno specificato che, nel reato di istigazione, il denaro offerto è considerato un mezzo per commettere il reato e non il suo profitto, pertanto la sua confisca è possibile solo in caso di condanna definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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