Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25745 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25745 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Benevento il 23/04/1952
avverso la sentenza emessa il 10 ottobre 2024 dalla Corte d’appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli che ne ha confermato la condanna per due reati di corruzione propria ascritti ai capi C) e G) in relazione alla sua qualità di funzionario esaminatore delegato dal competente ufficio della direzione terrestre di Napoli per le sedute di esame relative al conseguimento della patente CQC del 4/5/2015 e del 8/6/2015.
Deduce tre motivi di ricorso di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Violazione dell’art. 590 cod. proc. pen. in quanto alla Corte di appello è stato trasmesso solo il verbale riassuntivo, e non quello stenotipico, dell’udienza del 15/6/21 nel corso della quale sono stati sentiti i coimputati COGNOME, COGNOME e COGNOME che hanno reso dichiarazioni favorevoli all’imputato, chiarendo che lo stesso non aveva la qualifica di “ingegnere”, che il termine bollettini si riferiva a pagamenti leciti e ch controllo dell’accesso alle aule non era di competenza dell’esaminatore.
1.2. Violazione degli artt. 318 e 319 cod. pen. e motivazione mancante e manifestamente illogica rispetto a quanto devoluto nell’atto di appello con il quale era stato dedotto che: a) le fonti di prova sono prive di valenza individualizzante e che l’unico elemento a carico del ricorrente è costituto da intercettazioni tra terzi mentre costui non è stato intercettato né oggetto di servizi di o.c.p. b) le dichiarazioni del collaboratore giustizia COGNOME sono generiche e non menzionano COGNOME; c) gli elementi valorizzati dalla Corte quale riscontro del narrato del collaboratore (la collocazione dell’aula e le intercettazioni a carico di NOME COGNOME) non dimostrano né il coinvolgimento di COGNOME né il contenuto del patto corruttivo.
La sentenza impugnata ha inoltre omesso di valutare che gli appellativi utilizzati nelle conversazioni intercettate (“questo”, “lui”, “quello buono”, “ingegnere”) sono stati apoditticamente riferiti dal primo Giudice al ricorrente, posto che questi non aveva la qualifica di ingegnere e che mancano specifici riscontri.
La sentenza è, inoltre, contraddittoria là dove: i) afferma, con riferimento al capo G) che «l’ingegnere non poteva che essere COGNOME» e poi afferma che in ogni caso questo non avrebbe potuto agire senza la compiacenza dell’esaminatore; ii) riferisce ad COGNOME, soggetti ultrasessantenne, la conversazione in cui si faceva riferimento al “ragazzo” del consorzio destinatario dei “bollettini”.
Sulla base del contesto equivoco emerso dalle fonti di prova, si censura anche la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 319 cod. pen. Si rileva, peraltro, che l’un conversazione in cui si fa riferimento a COGNOME è quella intercorsa il 6/5/15 tra COGNOME e COGNOME in cui i due discorrono dei “bollettini”. Sostiene il ricorrente che, oltre a dove intendere tale termine in relazione ai versamenti leciti, in ogni caso tale conversazione non dimostra il patto corruttivo.
Quanto al capo C), si deduce la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ritiene che le conversazioni intercettate nel dicembre 2014 siano riferibili alla prov di esame del 4/5/15. In ogni caso non è imputabile all’esaminatore l’omesso controllo della frequenza ai corsi o dell’accesso all’aula di esame.
Quanto al capo G), si rileva che mancano elementi relativi alla prova del 15/6/15, mentre quanto alla condotta dell’8/6/15 sono state considerate solo conversazioni intercorse tra terzi in cui non si descrive alcuna condotta illecita posta in essere da COGNOME.
1.3. Violazione degli artt.318, 133 e 62-bis cod. pen. nonché mancanza della motivazione in relazione alla richiesta di riqualificazione del fatto ai sensi dell’art.
cod. pen. Si lamenta, inoltre, l’omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, stante le modeste cifre ipoteticamente conseguite dall’imputato (2800 euro per il capo C) e indeterminate per il capo G), l’età dello stesso e la sua incensuratezza. Si aggiunge, inoltre, che tali circostanze avrebbero dovuto indurre la Corte a ridurre l’aumento di pena ex art. 81 cod. pen., determinato, con motivazione apodittica ancorata alla gravità del fatto nella misura di nove mesi.
Il 29 aprile 2025 il ricorrente ha depositato delle “note di udienza” in cui ha ulteriormente illustrato il primo motivo, precisando che non sono stati trasmessi, oltre al verbale stenotipico, anche l’informativa di reato e la richiesta di rinvio a giudizio ed ha depositato il verbale del 15/6/2021.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo per la tardività dell’eccezione, dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione e, in ogni caso, per la aspecificità della doglianza.
Va, infatti, premesso che la violazione dell’art. 590 cod. proc. pen. non è assistita da alcuna sanzione di nullità, ma può, comunque, configurare una nullità generale, ex art. 178, cod. proc. pen., per lesione dei diritti difensivi all’intervento nel giudiz appello (lett. c), ovvero, del potere del pubblico ministero di partecipare con piena cognizione a detto giudizio (lett. b).
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dalla quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, la mancata trasmissione integrale alla corte d’appello degli atti del processo di primo grado integra una nullità di ordine generale a regime intermedio (Sez. 5, n. 45229 del 03/09/2021, COGNOME, Rv. 282283), nullità che, dunque, non può essere eccepita dopo la pronuncia della sentenza conclusiva del grado in cui si è verificata.
Va, inoltre, considerato che il motivo è aspecifico in quanto non illustra le ragioni dell’eventuale valenza decisiva delle dichiarazioni rese dai coimputati. Ciò soprattutto, a fronte di una compiuta e non illogica motivazione, come si dirà esaminando il secondo motivo di ricorso, in merito alla responsabilità del ricorrente, al suo ruolo di “esaminatore” nelle prove cui si riferiscono le imputazioni e alla riferibilità del termine “bollettin prezzo della corruzione.
Il secondo motivo è complessivamente infondato, pur contenendo plurime doglianze di merito che lo collocano ai limiti della inammissibilità.
La Corte territoriale, con motivazione tutt’altro che apparente o mancante ed immune dai denunciati vizi logici e giuridici, è pervenuta ad affermare la responsabilità del ricorrente correlando logicamente il contenuto delle dichiarazioni del collaboratore di
giustizia Ianuario, che ha descritto il sistema corruttivo architettato da NOME COGNOME al fin di far conseguire la patente CQC ai propri candidati, ai riscontri emersi nel corso delle successive indagini (accertamenti di P.G., servizi di o.c.p. e intercettazioni), non solo con riferimento all’aula utilizzata per consentire le indebite comunicazioni con l’esterno durante le prove di esame, ma anche, più specificamente, alle “lezioni didattiche” tenute dai COGNOME per istruire i loro allievi sull’uso delle strumentazioni elettroniche volte consentire di rispondere da remoto al posto dei candidati, al ruolo svolto da COGNOME e al patto corruttivo concluso.
L’elemento probatorio di maggiore riscontro alle condotte corruttive ascritte al ricorrente è stato desunto dalle conversazioni intercettate, il cui significato è stat interpretato in termini non manifestamente illogici dai Giudici di merito. Ciò rende inammissibili la maggior parte delle censure dedotte nel motivo in esame in quanto, come chiarito dalle Sezioni Unite, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice d merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
In particolare, l’identificazione del ricorrente nel soggetto definito nell conversazioni intercettate come “quello”, “quello buono”, “ingegnere”, è stata desunta ponendo in correlazione, anche da un punto di vista cronologico, il contenuto delle conversazioni in cui NOME COGNOME diceva ad NOME COGNOME che la fissazione della data per il suo esame era legata alla presenza di “quello buono”, altrimenti avrebbero dovuto rimandare, con la presenza del solo ricorrente quale esaminatore nelle prove indicate ai capi C) e G). In particolare, sotto il profilo cronologico, si è sottolineato che t conversazioni avvenivano in prossimità della data dell’esame. Sono state ad esempio, segnalate: a) la conversazione avvenuta subito dopo l’esame di cui al capo C) in cui NOME COGNOME diceva al padre NOME che stava andando a casa dell’esaminatore – ovvero di Arcari, come emerso dal verbale della prova svoltasi quel giorno – per concordare il prezzo da pagare per gli allievi agevolati e NOME COGNOME diceva di non conteggiare COGNOME e COGNOME; b) la conversazione in cui NOME COGNOME faceva riferimento ai 400 euro a candidato da consegnare all’esaminatore il giorno successivo alla prova del 4 maggio; c) la conversazione avvenuta il 6 maggio in cui NOME COGNOME chiedeva a COGNOME se aveva portato direttamente ad Arcari il bollettino e lui rispondeva di si.
La sentenza impugnata, sulla base di argomentazioni non manifestamente illogiche, ha ritenuto che tale termine (“bollettino”) si riferisse in realtà alle “mazzet riscosse da COGNOME. E ciò in ragione del dato, rispetto al quale non si rinvengono nel motivo in esame specifiche censure, che la collazione dei bollettini e, più in generale, la
gestione burocratica delle pratiche relative alla prove di esame non rientrava nella competenza dell’esaminatore.
Rispetto a tali argomentazioni della Corte territoriale, anche le censure relative al fatto che il ricorrente non aveva la qualifica di ingegnere o all’età dello stesso appaiono generiche, di merito e prive del necessario confronto critico con le circostanze valorizzate dai Giudici di merito che, con riferimento all’impiego del termine “ragazzo”, ne hanno escluso la rilevanza proprio in ragione della cripticità del linguaggio adottato nelle conversazioni intercettate.
La riconducibilità dei pagamenti emersi dalle conversazioni intercettate ad un patto corruttivo con COGNOME è stata altrettanto adeguatamente desunta dal contenuto delle conversazioni intercettate, correlando, in particolare, le somme versate per ciascun candidato alle “febbrili ricerche” di COGNOME il giorno della prova di esame al fine d consegnare al ricorrente la lista dei candidati da “favorire” (la sentenza di primo grado considera, ad esempio la conversazione intercettata il giorno dell’esame di cui al capo C) tra il direttore della motorizzazione COGNOME e NOME COGNOME in cui il primo si informava del numero dei candidati e la successiva conversazione in cui COGNOME si raccomandava con NOME per “intercettare” l’esaminatore, ricevendo poco dopo specifica rassicurazione; quanto al capo G) si riporta la conversazione avvenuta proprio la mattina dell’8 giugno in cui COGNOME diceva chiaramente che stava cercando COGNOME e di avergli detto che l’esame doveva iniziare alle 9,30 ).
In particolare, la sentenza di primo grado ha considerato, con riferimento al capo C), oltre alle conversazioni sopra esaminate, anche quella del 6 maggio in cui COGNOME diceva a NOME COGNOME di avere consegnato personalmente il denaro nelle mani dell’esaminatore.
Quanto al capo G), sono state, inoltre, considerate sia la conversazione tra COGNOME e COGNOME in cui i due facevano riferimento all’aula 12 e al fatto che dovevano entrare in quell’aula tutti i ragazzi di COGNOME, sia la conversazione in cui NOME COGNOME diceva al figlio NOME di avvisare NOME dell’arrivo degli ispettori. Altro elemento indizia valorizzato dalla Corte territoriale attiene al tasso “anomalo” di superamento dell’esame nelle due sedute, rispetto, ad esempio, a quelle del 17 e 18 giugno, cui non si presentarono i candidati “segnalati”. La sentenza di primo grado, inoltre, ha richiamato la conversazione, avvenuta sempre 1’8 giugno, in cui COGNOME, recatosi presso l’ufficio del direttore della motorizzazione civile COGNOME, protestava per l’ispezione ricevuta e COGNOME g riferiva, senza preoccupazione, di una telefonata anonima in cui si segnalava un broglio nella prova di esame svolta quel giorno.
Va, infine, precisato che, con riferimento al capo G), sin dalla sentenza di primo grado si è considerata la sola prova di esame dell’8 giugno, in quanto, come chiarito dal Tribunale a pagina 42, le altre due prove di esame del 17 e 18 giugno sono “saltate” (nel senso che alle stesse non si presentarono la maggiori parte dei candidati iscritti) a causa
dell’intervento degli inquirenti che il precedente 15 giugno, venuti a conoscenza della possibile consegna di denaro a favore del direttore della motorizzazione COGNOME
intervenivano per monitorare l’evento e trovavano nella disponibilità dello stesso una busta gialla, vista poco prima nelle mani di NOME COGNOME e contenente la somma di 2.000
euro.
2.1. Ad avviso del Collegio, è, altresì, ineccepibile la qualificazione della condotta ascritta al ricorrente ai sensi dell’art. 319 cod. pen., in ragione del contenuto del patt
corruttivo concluso con RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto, come ricostruito dai Giudici di merito, il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio ovvero l’inadempimento da parte di
Arcari degli obblighi di legge in relazione alla sua qualità di esaminatore e, in particolare, l’omissione dei controlli durante lo svolgimento delle prove di esame, cui conseguiva la
promozione di tutti i candidati “segnalati” da Leva, in cambio della somma di circa 400
euro a candidato (cfr. pagina 9 della sentenza impugnata).
3. Il terzo motivo è inammissibile in quanto fondato su censure di merito di contenuto meramente confutativo. La sentenza impugnata ha, infatti, argomentato, in
termini non manifestamente illogici né arbitrari, in merito al diniego della invocata riduzione del trattamento sanzionatorio, considerando il valore preminente ed ostativo della gravità della condotta ascritta al ricorrente e della sua protrazione per un arco temporale significativo.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 30 aprile 2025
Il Pr sid nte