Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43758 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43758 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1.NOME nata in Marocco il 15/05/1969
NOME COGNOME nata in Marocco il 15/11/1973
NOME COGNOME nata in Algeria il 19/07/1970
avverso la sentenza emessa il 19/01/2024 dalla Corte di appello di Milano;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza con cui NOME NOME COGNOME e NOME sono state condannate per i reati di corruzione propria e rivelazione di segreti d’ufficio.
In particolare, NOME ed NOME sono state condannate limitatamente alle condotte tenute in data 24.9.2018 e 19.11.2018 e, quanto a NOME COGNOME per la condotta tenuta il 19.11.2018.
Alle imputate è contestato, in concorso con NOMECOGNOME quale pubblico ufficiale abilitato a svolgere sessioni di esame di lingua italiana livello A2 e a rilasciare la rela
è
certificazione, e con altri soggetti addetti allo svolgimento GLYPH degli esami GLYPH quali intermediari tra gli esaminandi e il referente della scuola COGNOME – di essere stat incaricate di reperire stranieri interessati al conseguimento del certificato di conoscenza della lingua italiana, di raccogliere il denaro da questi per garantire loro il superamento della prova e, nel corso della prova, di aiutare gli stranieri nella compilazione deg elaborati; in tale contesto le imputate avrebbero ricevuto da ciascun straniero candidato all’esame la somma di 500 euro per il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio, ossia per la mancata ed effettiva verifica delle competenze linguistiche dell’esaminando – facendogli in tal modo conseguire il certificato di idoneità sulla base di esami fittiz simulati – ovvero consegnando, prima dell’inizio dell’esame, dei fogli su cui erano indicate le soluzioni dei quesiti, o, ancora, aiutandoli illegittimamente nel corso del prova scritta.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione le imputate, articolando un unico motivo con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità, formulato erroneamente attraverso riferimenti a criteri di verosimiglianza e senza fornire risposte alle censure devolute.
Le sentenze sarebbero viziate per non avere i Giudici indicato le persone, pur identificabili, che avrebbero assunto la veste di corruttore.
La mancata identificazione si spiegherebbe, secondo le imputate, con la mancanza di prova del patto corruttivo e della dazione illecita, la cui esistenza sarebbe stata fat discendere dal contenuto di intercettazioni non sorrette da adeguata capacità dimostrativa.
In tal senso si riporta una parte di una conversazione del 19.11.2018 – in cui NOME COGNOME avrebbe riferito ad una donna di aver ricevuto da un altro soggetto 50 euro da cui, secondo i Giudici di merito, emergerebbe la prova della dazione illecita e che in realtà ben potrebbe spiegarsi come compenso per l’attività lecita svolta dalla stessa, tenuto conto che le imputate gestivano un centro di pratiche per stranieri.
Né, si aggiunge, sarebbe stata provata la condotta di intermediazione.
Quanto alle singole posizioni, quanto a COGNOME si sostiene assume che la circostanza per cui l’imputata avesse aiutato i partecipanti, in tal modo eventualmente ponendo in essere la condotta di cui all’art. 326 cod. pen., non sarebbe di per sé comprovante il concorso nella corruzione e la consapevolezza del patto corruttivo.
Su tale profilo, specificamente devoluto, la sentenza sarebbe silente.
Sotto altro profilo, si aggiunge, con l’atto di appello si era contestata la partecipazion dell’imputata alla seduta di esame del 24.9.2018, fatta discendere solo da una conversazione dell’1.10.2018 tra il COGNOME e la ricorrente ove questa affermava “ma se non sanno copiare, io cosa ti devo dire”.
Il Tribunale sul punto aveva valorizzato la circostanza che detta telefonata non potesse che riferirsi – per ragioni cronologiche – all’esame tenuto il 24 settembre e la Corte, investita di un motivo specifico, si sarebbe limitata ad affermare che i ragionamento del Tribunale consentiva di ritenere verosimile la partecipazione della imputata all’esame, alla luce degli ulteriori elementi probatori raccolti.
Sostiene invece l’imputata che, diversamente dagli assunti della Corte, non vi sarebbe nessun ulteriore elemento di prova.
Considerazioni simili vengono compiute anche in relazione alla posizione di NOME
Sarebbe stato fatto riferimento alla circostanza che la donna avrebbe consegnato ai candidati le schede contenenti le risposte esatte, ma, si argomenta, ciò non dimostrerebbe la partecipazione al patto corruttivo.
Anche per l’imputata, si aggiunge, la motivazione sarebbe viziata nella parte in cui si è ritenuta provata la sua presenza alla seduta del 19.11.2018, in ragione della conversazione dell’1.10.2018 tra il COGNOME e NOME COGNOME, di cui si è detto, in cui quest affermava “ma se non sanno copiare, io cosa ti devo dire” e dalla circostanza che tre dei bocciati “erano di NOME” (così la conversazione).
La circostanza che i tre bocciati fossero di NOME non proverebbe che questa fosse presente all’esame.
Anche quanto a NOME COGNOME le considerazioni sono sostanzialmente le stesse.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi, che possono essere valutati congiuntamente, sono infondati.
I Giudici di merito hanno ricostruito i fatti in modo puntuale spiegando:
-che NOME NOME era il titolare di una società cooperativa convenzionata con il centro studi Giovanni COGNOME, a sua volta convenzionato con l’Università per stranieri di Perugia per il rilascio del certificato CELI – certificato di conoscenza di lingua itali livello A2;
che, ai fini dell’ottenimento del certificato indicato, il cittadino straniero potev alternativa, iscriversi direttamente sul portale dell’Università in cui, dopo aver effettu un pagamento di circa 35 euro, riceveva una comunicazione della data e della sede dove recarsi per sostenere l’esame, ovvero recarsi in uno dei centri convenzionati con le università e procedere nel senso indicato;
come, in tale contesto, la prova dei fatti per cui si procede è costituita, soprattut dal contenuto di conversazioni intercettate e dell’annotazione di polizia di un agente che, “sotto mentite spoglie”, aveva partecipato alla seduta di esame del 19.11.2018;
che, a fronte della somma di 35 euro prevista per sostenere l’esame, NOME chiedeva 450 in contanti “con garanzia di superamento dell’esame” (cfr., pag. 27 sentenza di primo grado in cui si dà atto come detta somma fu richiesta all’agente di polizia “infiltrato”);
come, quanto alla prova del 24.9.2018, pur essendo stato attestato che ad essa parteciparono 39 candidati, si potè verificare, attraverso il servizio di osservazione d polizia predisposto, che nessuna persona straniera entrò o uscì dal luogo e nella fascia oraria in cui si sarebbe dovuta svolgere la prova;
in cosa consistettero le numerose e gravi irregolarità compiute nel corso dell’esame del 24.11.2018 (pagg. 16 e ss. sentenza di primo grado);
quale sia stato il ruolo di intermediario e di procacciatrici di clienti intercorso tr odierne imputate e il Seidita;
che COGNOME aveva partecipato attivamente alla seduta del 19.11.2018, quando, tra l’altro, aveva ricevuto, “smistato” e favorito l’agente di polizia;
come l’imputata, che non aveva nessun titolo per partecipare alla prova di esame, avesse nella occasione la disponibilità di cartelline con banconote di vario taglio, di una lista di nomi segnati e consegnò direttamente anche all’agente di polizia un foglio dattiloscritto contenente le risposte (cfr., pagg. 18 e ss. sentenza di primo grado in cu vengono descritte con precisione le condotte tenute dalla ricorrente);
come anche le imputate NOME e NOME COGNOME fossero presenti alla seduta del 19.11.2018, come attestato dall’agente, e contribuirono tutte all’inquinamento della prova.
In tale contesto il motivo di ricorso rivela la sua indondatezza.
Non è chiaro infatti perché nella specie, a dire delle imputate, non sia stato provato il patto corruttivo; quegli esami erano inquinati strutturalmente e lo erano in ragion dell’utilità che Seidita, unitamente alle imputate, conseguiva; ciò spiega il prezzo che occorreva corrispondere – di gran lunga superiore a quello previsto – e ciò spiega il pieno coinvolgimento delle imputate, che non avevano nessun titolo per partecipare alla prova di esame e che, invece, erano presenti sul posto per realizzare il piano criminoso e l’inquinamento volto a garantire – attraverso la dazione della somma di 450 euro – il superamento dell’esame.
Sul perché fosse chiesta la somma di 450 euro e sulle ragioni per cui le imputate fossero presenti alle prove d’esame e si adoperassero nel senso indicato, il ricorso è del tutto silente e non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata.
Non è affatto illogico ritenere sulla base del compendio probatorio a cui si è fatto riferimento che Seidita e le imputate compissero i gravi fatti per cui si procede in ragione della prospettiva di conseguire un guadagno e una utilità illecita.
4 GLYPH
4-
Quegli esami erano comprati perché ciò dava la garanzia di conseguire il buon esito della prova.
Sotto ulteriore profilo, la sentenza non è viziata nemmeno nella parte in cui ha ritenuto provata la presenza di NOME COGNOME COGNOME e di NOME anche alla seduta del 24.9.2018, essendo detta prova fatta discendere dal contenuto della conversazione dell’1.10.2018, intercorsa tra la prima e Seidita, relativa al fatto che alcuni candidati quelli di NOME– non fossero riusciti a superare la prova per non essere stati in grado di “copiare”.
Una conversazione, si è correttamente osservato, che non poteva che fare riferimento alla seduta di esame tenuta immediatamente prima e cioè, appunto, a quella del 24.9.2018.
Nulla di specifico sul punto è stato dedotto né al riguardo e neppure con riferimento alla posizione di NOME COGNOME
Al rigetto del ricorso consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 2 luglio 2024