Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14335 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14335 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 08/11/1994
avverso l’ordinanza del 05/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
lette/sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME la quale ha udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME e per il rigetto del ricorso del Pubblico Ministero.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 5 luglio 2024, il Tribunale di Reggio Calabria, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME ha annullato il provvedimento emesso dal G.i.p. del medesimo Tribunale in data 29 maggio 2024, applicativo della misura degli arresti domiciliari in relazione ai fatti contestati al capo G) della provvisoria imputazione, relativi a presunti brogli elettorali commessi, in concorso con altri, in occasione delle elezioni amministrative del 26 gennaio 2020 (rinnovo del Consiglio regionale della Calabria) e dunque, ai reati di cui agli art. 90, secondo comma, del d.P.R. del 16 maggio 10960, n. 570 (T.U. per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), 476-479 cod. pen. È stata invece confermata la provvisoria imputazione, di cui sempre al capo G), relativa a brogli elettorali commessi in occasione delle elezioni del 20 e 21 settembre 2020 (rinnovo del Consiglio comunale di Reggio Calabria).
Con il medesimo provvedimento, si è inoltre confermato il giudizio di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i fatti contestati al capo H), relativi all’ipotesi di concorso nel reato di corruzione con NOME COGNOME. Secondo la rubrica, la COGNOME, all’epoca dei fatti pubblico ufficiale in qualità di scrutatrice del seggio elettorale n. 88 di Sannbatello, Comune di Reggio Calabria, per le predette elezioni amministrative del 2020, compiva atti contrari ai propri doveri d’ufficio, prestandosi a favorire il candidato sostenuto politicamente dal COGNOME per “ripagare” quest’ultimo delle opportunità lavorative ricevute (assunzione presso la società RAGIONE_SOCIALE, dapprima, nel 2018, come apprendista, e poi come dipendente a tempo indeterminato, nel 2021). Il Tribunale del riesame ha, di conseguenza, sostituito la misura in esecuzione con quella dell’obbligo di presentazione bisettimanale presso la polizia giudiziaria, di cui all’art. 282 cod. proc. pen.
Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione l’indagata, per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai tre motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. co proc. pen.
2.1 Con il primo motivo, si duole di violazione di legge, con riferimento alla valutazione dei fatti di reato contestati al capo G (brogli elettorali), e vizio di motivazione in ordine al giudizio di gravità indiziaria. L’impugnata ordinanza violerebbe gli artt. 192 e 273 del codice di rito, posto che gli indizi valorizzati dal Tribunale -vale a dire gli esiti intercettivi di cui ai r.i.t. 1461 e 1509- non sono né gravi e precisi né concordanti. Sebbene l’art. 273 non contempli un riferimento
all’art. 192, è vero anche che un canone di prudenza valutativa avrebbe imposto al giudice del riesame di indicare elementi di riscontro esterni, oggettivi, del tutto assenti in motivazione. Le censure difensive sottoposte al Tribunale del riesame sono state trascurate; in particolare, la difesa aveva sottolineato come i presunti brogli elettorali provvisoriamente ascritti alla ricorrente, se effettivamente posti in essere, avrebbero necessitato di un’organizzazione complessa e di attività di controllo ben orchestrate, posta la presenza di forze dell’ordine e di tanti elettori di parte avversa a quella del coindagato COGNOME. A tali eccezioni, il Collegio del riesame non ha fornito replica alcuna, limitandosi a considerare sufficienti le intercettazioni di cui ai R.I.T. 1461 e 1509 per confermare la piattaforma indiziaria con riferimento alle elezioni del 20 e 21 settembre 2020 di cui al capo G).
2.2 Il secondo motivo ha a oggetto violazione di legge, con riferimento alla valutazione dei fatti di reato contestati al capo H), e vizio di motivazione, con particolare riguardo al ritenuto accordo corruttivo e patto sinallagmatico intercorso, a parere del Tribunale, tra la ricorrente e il coindagato COGNOME
La motivazione soffre di un ammanco logico laddove pone l’assunzione di NOME COGNOME presso la RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE, avvenuta nel 2018, in rapporto sinallagmatico con i fatti di corruzione contestati al capo H). Infatti, nel 2018, l’indagata non rivestiva ancora la qualifica di pubblico ufficiale, che avrebbe assunto soltanto nel 2020, con la nomina a scrutatrice del seggio elettorale n. 88.
La piattaforma indiziaria valorizzata dal Tribunale è inidonea a indicare che il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio sia stato la causa della prestazione dell’utilità (vale a dire il posto di lavoro da parte del COGNOME) e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale (la scrutatrice elettorale COGNOME). In altre parole, non emerge dal compendio indiziario l’esistenza di accordi corruttivi specifici tra il ricorrente e la COGNOME, con cui il primo avrebbe promesso alla seconda l’assunzione -prima come apprendista nel 2018 e poi come dipendente a tempo indeterminato- presso la società RAGIONE_SOCIALE La censura coinvolge anche il dolo specifico, insussistente a parere della difesa, atteso che è del tutto illogico sostenere che la ricorrente, nel 2018, vale a dire due anni prima della tornata elettorale, ricevesse e accettasse l’utilità (cioè il posto di lavoro) con lo scopo specifico di commettere brogli elettorali nel lontano 2020.
A tal fine, la difesa ricorda i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini dell’accertamento del delitto di corruzione propria, nell’ipotesi in cui risulti provata la dazione di denaro o di altra utilità in favore del pubblico ufficiale, è necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio sia stato la causa della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la
mera circostanza dell’avvenuta dazione (il riferimento difensivo è, ex multis, a Sez. 6, n. 39008 del 06/05/2016, COGNOME, Rv. 268088 – 01).
Peraltro, dalle intercettazioni valorizzate dal collegio del riesame traspare soltanto un interessamento del COGNOME, nel 2021, circa le sorti della posizione lavorativa della ricorrente, non anche un suo attivo adoprarsi per la stabilizzazione lavorativa della stessa. E traspare anche che l’unico rapporto intercorrente tra i due coindagati fosse di amicizia; a tal proposito, la difesa sottolinea che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’onere probatorio in tema di accordo corruttivo si fa più stringente in caso di rapporti di amicizia tra pubblico ufficiale e privato (il riferimento della difesa è a Sez. 6, n. 3765 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281144 – 01: in tema di corruzione, il reato è configurabile a condizione che sussista un rapporto sinallagnnatico tra il compimento dell’atto d’ufficio e la promessa o ricezione di un’utilità, la cui dazione deve rappresentare l’adempimento del patto corruttivo, non potendo quindi assumere rilievo ove derivi dagli stretti rapporti personali preesistenti tra il pubblico agente ed il privato).
2.3 Col terzo motivo, si eccepisce violazione di legge, con riferimento alla valutazione sulle esigenze cautelari, e vizio di motivazione, per avere il Tribunale ravvisato il pericolo di reiterazione del reato in base a un giudizio meramente congetturale. È infatti del tutto ipotetico affermare che l’indagata, ove privata di adeguati strumenti di controllo, potrebbe esser mossa da qualche nuova impellenza occupazionale, come ritenuto dal Collegio del riesame. La difesa ricorda che la valutazione in tema di pericolo di reiterazione del reato deve indicare attualità e concretezza di tale pericolo, ciò che il Tribunale ha mancato di verificare, anche tenuto presente che, dato il precedente, nessuna nuova Commissione elettorale provvederà a una nuova nomina dell’indagata e che le condotte di cui al capo H) sono state contestate in relazione alla qualità di pubblico ufficiale della COGNOME, che, nell’attualità, è tornata a essere privata cittadina.
All’udienza si è svolta trattazione orale del ricorso. Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto pronunciarsi l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza. L’Avv. COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il primo motivo è infondato. Deve disattendersi la censura difensiva relativa alla violazione di legge e al vizio motivazionale, avendo il Tribunale correttamente tratto dal compendio indiziario valorizzato (segnatamente gli esiti intercettivi di
cui ai r.i.t. 1461 e 1509) conclusioni del tutto logiche, oltre che fondate in diritto. Dato il contenuto della censura – che, muovendo dai rapporti tra art. 192 e art. 273 cod. proc. pen., formula una non condivisibile critica alla motivazione del gravato provvedimento -, gioverà premettere che le regole dettate dall’art. 192 cod. proc. pen. non trovano automatica applicazione nel caso di specie, dato che i gravi indizi (costituiti, nel caso in esame, da svariati esiti intercettivi), nel giudizi cautelare, concorrono alla formazione di un giudizio di mera probabilità di colpevolezza (Sez. 2, n. 770 del 28/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239499 01), che deve essere effettuato non nell’ottica della ricerca di una certezza di responsabilità già raggiunta, ma nella prospettiva della tenuta del quadro indiziario alla luce di possibili successive acquisizioni e all’esito del contraddittorio»: Sez. 1, n. 19759 del 17.05.2011, COGNOME, Rv. 250243, in motivazione).
In altre parole, per “gravi indizi di colpevolezza” ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen. devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono, di per sé, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. 2, n. 28865 del 14/06/2013, COGNOME, Rv. 256657). In questo quadro, qualora sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare – ovvero ad escludere – la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; conf. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828).
Tanto premesso, si osserva che la valutazione della gravità indizi (esposti, in particolare, alle pp. 21 e ss. dell’impugnata ordinanza) è stata compiuta in conformità alle regole imposte dall’art. 273, commi 1 e 1 bis, del codice di rito.
Diversamente da quanto eccepito dalla ricorrente, la complessità del meccanismo illecito volto all’alterazione del voto popolare è stato non soltanto considerato dal Tribunale, ma altresì illustrato fin nel dettaglio. In motivazione, si è infatti illustrato sia il funzionamento del meccanismo, non rudimentale, escogitato dai co-indagati ai fini della commissione del reato contestato al capo
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g), e il ruolo svolto da ciascuno di essi (tra i quali, l’odierna ricorrente), sia gl accorgimenti posti in essere, anche dalla Giustra, al fine di non destare l’allarme dei vari agenti e degli stessi elettori presenti al seggio 88 (profilo, quest’ultimo, che, in tesi difensiva, sarebbe stato invece ignorato dal Collegio del riesame).
A tal proposito, l’analisi dell’ingente mole di indizi valorizzati in motivazione ha portato il Collegio a evidenziare, tra l’altro: 1) gli specifici compiti assegnati alla Giustra nel contesto dell’illecita manipolazione del voto e dei risultati elettorali (in particolare: raccolta delle schede elettorali vidimate; consegna delle stesse, durante l’assenza per pausa pranzo della presidente del seggio, ai complici, che provvedevano a compilarle in luogo degli aventi diritto. I complici riconsegnavano alla Giustra le schede, unitamente alle tessere elettorali e ai documenti di riconoscimento degli elettori assenti; successivo inserimento delle schede compilate nell’urna e falsa annotazione sui registri attestante l’avvenuto esercizio del voto); 2) le strategie poste in essere dalla ricorrente per evitare che altri pubblici ufficiali presenti (la presidente del seggio, gli altri scrutatori, nonché i rappresentanti delle Forze dell’ordine) notassero le operazioni illecite da lei compiute; le molteplici cautele adottate dalla NOME e dagli altri co-indagati nel conversare -de visu o telefonicamente- nella consapevolezza del rischio di possibili captazioni.
Rispetto al compendio indiziario valutato dal Tribunale, con giudizio improntato a logica ed esente dalle dedotte violazioni di legge, la ricorrente oppone censure del tutto inidonee a disarticolare le ragioni poste a sostegno della gravata ordinanza.
2. Il secondo motivo è fondato. Nella motivazione del provvedimento gravato, non è dato ravvisare, a parere di questo Collegio, una valutazione idonea a sorreggere i gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di corruzione. In particolare, il compendio indiziario, almeno per come prospettato in parte motiva, non pare sufficiente a dar conto dell’esistenza di accordi corruttivi specifici tra la ricorrente e il COGNOME, con cui quest’ultimo avrebbe promesso alla Giustra l’assunzione -prima come apprendista e poi come dipendente a tempo indeterminato- presso la società RAGIONE_SOCIALE Più precisamente, dalla motivazione non si comprende fino in fondo se il contratto di lavoro come apprendista presso la RAGIONE_SOCIALE, ottenuto dalla Giustra nel 2018, sia stato considerato dal Tribunale alla stregua di un mero “antecedente logico” della condotta corruttiva vera e propria (come sembra emergere a p. 51 dell’impugnata ordinanza) oppure parte integrante del patto corruttivo (come si arguirebbe, invece, a p. 54).
Centrata, allora, è l’invocazione, da parte difensiva, del principio secondo cui «in tema di corruzione, il reato è configurabile a condizione che sussista un
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rapporto sinallagnnatico tra il compimento dell’atto d’ufficio e la promessa o ricezione di un’utilità, la cui dazione deve rappresentare l’adempimento del patto corruttivo, non potendo quindi assumere rilievo ove derivi dagli stretti rapporti personali preesistenti tra il pubblico agente ed il privato» (Sez. 6, n. 3765 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281144 – 01; Sez. 6, n. 5017 del 07/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251867: «ai fini dell’accertamento del delitto di corruzione propria, nell’ipotesi in cui risulti provata la dazione di denaro o di altra utilità in favore del pubblico ufficiale, è necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio è stato la causa della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la mera circostanza dell’avvenuta dazione»).
Ritiene il Collegio che, ai fini della dimostrazione del patto corruttivo tra il COGNOME (nei panni di privato corruttore: art. 321 cod. pen.) e la COGNOME (nei panni di pubblico ufficiale corrotto: art. 319 cod. pen.), gli elementi indiziari valorizzati dal Tribunale non siano sufficienti. L’intercettazione della conversazione del 28 settembre 2021, evidenziata in parte motiva (nel corso della quale la COGNOME chiama il ricorrente per ringraziarlo della contrattualizzazione a tempo indeterminato del rapporto lavorativo presso la RAGIONE_SOCIALE) non consente di individuare con certezza il rapporto sinallagmatico che, secondo la giurisprudenza di legittimità prima ricordata, deve sussistere tra il compimento dell’atto d’ufficio (nel caso in esame: operazioni illecite in occasione delle elezioni amministrative indicate nel capo H) e la promessa o ricezione di un’utilità (nel caso di specie: la stabilizzazione della posizione lavorativa della Giustra).
3. Il terzo motivo è infondato, con riguardo alla valutazione espressa dal Tribunale alla sussistenza delle esigenze cautelari connesse alla provvisoria imputazione di cui al capo G). La censura si affida alla constatazione, che non riveste pregio alcuno ai fini argomentativi, secondo cui l’indagata, essendo ormai tornata a essere privata cittadina, e non rivestendo più, dunque, la qualità di pubblico ufficiale, non avrebbe più occasione di reiterare le condotte ascritte. A ciò, il Collegio del riesame ha compiutamente replicato (v. p. 56 dell’impugnata ordinanza), esponendo una ragionata rassegna di possibili scenari, quali, ad esempio, le elezioni amministrative anticipate, le elezioni politiche, oltre a contesti elettorali in cui l’indagata potrebbe porre in essere condotte illecite che prescindono dalla qualifica di pubblico ufficiale/scrutatore.
Tanto ricordato, va soprattutto rimarcato come la dedotta doglianza prescinda dal consolidato principio di diritto, secondo cui «in tema di misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità
di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di
un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità
realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio- ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la
distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di
ex multis, cfr. Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891 – recidivanza»:
01; corsivo nostro). Il Tribunale del riesame ha operato buon governo dei canoni ermeneutici qui indicati, avendo rimarcato 1) la peculiare spregiudicatezza, abilità
e “professionalità” nel commettere le condotte ascritte al capo G); 2) la totale assenza di remore nel contribuire a facilitare l’ascesa politica di candidati in spregio
delle regolari modalità di competizione politica e di espressione del diritto di voto costituzionalmente garantito.
4. Per le ragioni fin qui evidenziate, il Collegio annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente al capo
H), con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Reggio
Calabria – sezione riesame. Rigetta nel resto il ricorso.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente al capo h), con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Reggio Calabria – sezione riesame. Rigetta nel resto il ricorso di NOME COGNOME
Così deciso in Roma, il 06/12/2024
Il consigliere estensore
Il presidente