Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11669 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11669 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LONGOBARDI il 17/07/1949
avverso la sentenza del 13/06/2024 della Corte d’appello di Roma Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso. udito il difensore, avvocato NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza descritta in epigrafe, la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della decisione appellata, ha per un verso confermato il giudizio di responsabilità di NOME COGNOME per il concorso nella corruzione propria allo stesso ascritta dal primo giudice in esito alla riqualificazione del fatto, in origine descritto nell’imputazion termini di concussione, operata già dalla sentenza appellata; per altro verso, ha ridotto la pena irrogata in primo grado, ferma restando la confisca della somma di euro 15.000 quale profitto della ritenuta corruzione dista con la sentenza appellata.
In particolare, la Corte del merito ha circoscritto il portato dell’azione anti-doveros realizzata dal ricorrente- nella sua qualità di funzionario in servizio presso il gruppo VII
di Polizia Locale Roma Capitale- in esito al patto corruttivo raggiunto con NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME limitandone il portato alla sola realizzazione di una vigilanza meramente apparente rispetto alla puntuale esecuzione del provvedimento di temporanea chiusura dell’attività commerciale svolta dal COGNOME, in precedenza disposto per ragioni di igiene e salute pubblica dal competente ufficio della ASL di pertinenza; al contempo, ne ha escluso ogni responsabilità quanto al ritardo relativo alla notifica del detto provvedimento di chiusura, diversamente ritenuto dal primo giudice quale ulteriore condotta avvinta al patto corruttivo.
In ragione di tanto la Corte del merito ha ritenuto applicabile alla specie la diminuente di cui all’art. 323-bis cod. pen. e, in coerenza, ha ridotto la pena comminata dal Tribunale.
Interpone ricorso la difesa dell’imputato ed adduce tre diversi motivi di ricorso, i primi due diretti a contestare il percorso giustificativo tracciato dalla decisione impugnata sotto il versante della logica lettura dei dati probatori apprezzati a sostegno dell responsabilità dell’imputato nonché del travisamento per omissione del portato di altre acquisizioni, indebitamente trascurate dai giudici del merito, la cui coerente valutazione avrebbe invece consentito di escludere l’effettiva sussistenza di un atto contrario ai doveri d’ufficio realizzato dal ricorrente e, a monte, la presenza del patto illecito che lo avrebb causalmente giustificato, nonché il dolo proprio della corruzione propria antecedente ascritta al COGNOME.
2.1. In particolare la difesa, riguardo alla riscontrata sussistenza di una condotta anti doverosa nei termini descritti dalle due decisioni di merito, secondo le quali COGNOME, il 18 aprile 2014, verificato che il cancello di ingresso dell’area destinata all’attivit Lombardi non era chiusa, senza accedere all’interno della relativa struttura e verificare se fossero in atto solo le attività funzionali ad emendare le irregolarità che avevano determinato la chiusura della detta attività, si sarebbe limitato ad intimare al nipote de titolare, NOME COGNOME di chiudere il detto accesso, dando così conto, anche in presenza della collega NOME, di una vigilanza meramente apparente, in linea con l’impegno in tal senso raggiunto con NOME di limitare l’intensità dei controlli operati in quel to temporale riguardo alla attività detta azienda per consentirle di lavorare ugualmente malgrado l’inibizione temporanea, lamenta:
l’integrale difetto di motivazione sulle ragioni che imponevano al ricorrente di atteggiare diversamente la propria attività d’ufficio, imponendogli di operare una verifica all’interno della detta struttura aziendale, quando di contro le emergenze probatorie (le dichiarazioni della collega COGNOME che aveva escluso anomalie comportamentali ascrivibili al COGNOME, ma anche quelle del teste COGNOME) davano conto delle eccentricità di tale controllo rispetto ai relativi compiti istituzionali;
la manifesta illogicità della decisione impugnata, nel descrivere in termini illeciti condotta del ricorrente e al contempo nel delimitare all’area della mera negligenza la condotta della Fia, parimenti presente al detto controllo e la contraddittorietà dell denegata rinnovazione istruttoria, sollecitata dalla difesa, proprio per superare tale distonia logica.
2.2. In relazione alla ritenuta sussistenza del patto corruttivo raggiunto con COGNOME quale intermediario di COGNOME e della utilità pattuita quale indebito compenso per il corrotto, la difesa segnala che una lettura compiuta, logica e coerente delle acquisizioni probatorie non poteva che portare a ritenere che la somma concordata dai COGNOME con COGNOME ( pari a 5.000 euro quale ultima parte dei diversi versamenti operati in precedenza in occasione dei numerosi controlli a pioggia operati presso la detta azienda e ciò malgrado sfociati nel provvedimento di chiusura) avrebbe avuto la funzione di favorire una corsia preferenziale volta a facilitare il sopraluogo e la verifica della bon degli interventi realizzati per eliminare le disfunzioni contestate a sostegno della chiusura temporanea. La somma richiesta da COGNOME, dunque, non era destinata all’attività di controllo demandata ai vigili e per essi al ricorrente.
Tanto avrebbe trovato conforto nella registrazione della telefonata occorsa tra NOME COGNOME e COGNOME del 10 aprile 2014, analiticamente ripresa dal ricorso; nelle stesse dichiarazioni dibattimentali di quest’ultimo; nelle dichiarazioni della Fia e del fig di COGNOME. Del resto, neppure gli elementi apprezzati a sostegno della tesi accusatoria, letti nel loro più coerente portato logico, sostenevano la ricostruzione operata dai giudici del merito, perché del tutto inadeguati a sostenere la presenza di un patto corruttivo nei temini descritti in sentenza; né sarebbero in grado di supportare la tesi della finalizzazione della detta provvista illecita in direzione dell’imputato.
La Corte del merito, ad avviso della difesa, avrebbe altresì integralmente trascurato le dichiarazioni del figlio di NOME nel precisare cosa intendesse il padre nel proferire frase ” osì ci passiamo una bella pasqua” interloquendo con COGNOME il 14 aprile; avrebbe risposto del tutto illogicamente e in termini contradditori nel valutare il colloqui tra COGNOME e COGNOME del 18 aprile alla luce delle rimostranze espresse da quest’ultimo dopo aver trovato il cancello di ingresso dell’impresa dei COGNOME aperto; avrebbe apoditticamente neutralizzato la circostanza in forza della quale il giorno fissato – il 2 aprile 2014- per l’arrivo di un carico di merce che NOME COGNOME voleva ricevere senza gli intoppi arrecati dai controlli operati dagli esponenti della polizia locale, il ricor sarebbe stato in ferie, aspetto in fatto che rendeva del tutto illogico l’accordo corrutti ritenuto in sentenza; avrebbe ritenuto il dolo della corruzione propria antecedente ascritta all’imputato in termini di aperta distonia con il portato letterale delle affermazioni re da COGNOME nel colloquio occorso il 14 aprile del 2014 con COGNOME che non davano conto in alcun modo dell’incarico illecito assunto nei termini ricostruiti in sentenza.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso la difesa contesta la qualificazione del fatto in term di corruzione propria in ragione della mancata individuazione di una condotta antidoverosa quale oggetto dell’atto illecito ritenuto dai giudici del merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso riposa su motivi quantomeno infondati e andrebbe rigettato con conferma del giudizio di responsabilità.
Il fatto di reato contestato, tuttavia, consumato alla data di definizione del patt illecito (14 aprile 2014) sì è estinto per prescrizione, maturata (il 18 dicembre 2024) dopo la sentenza di appello (intervenuta il 13 giugno 2024), considerando al fine il termine di 10 anni previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 157 e 161 cod. pen. nonché i periodi di sospensione all’uopo accertati (in misura di 184 giorni per il rinvio disposto i primo grado in ragione dell’impedimento del difensore per l’udienza del 17/2/17, la sospensione ex lege definita ai sensi della legislazione emergenziale e l’ulteriore rinvio per l’impedimento dell’imputato, disposto all’udienza 13 marzo 2024).
Da qui l’annullamento della condanna resa con la decisione gravata.
2.Malgrado la prescrizione rilevata, lo scrutinio dei motivi di ricorso diretti contestare il giudizio di responsabilità va ugualmente effettuato senza accedere alla regola di giudizio di cui all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. in ragione della confisca obbligatoria di cui all’ad 322-ter cod. pen. disposta dalla sentenza di primo grado e non attinta dai motivi di appello. Confisca caduta sul profitto conseguito per effetto dell corruzione contestata, determinato in misura pari alla somma di euro 1500.
Vale precisare, infatti, che detta misura di sicurezza, disposta senza alcun pregresso sequestro, nel suo portato letterale, non può che essere intesa, nell’ottica della sua futura esecuzione, in termini di confisca diretta del profitto. Il che porta all’applicazione dell’ 578 bis cod. proc. pen. malgrado la data di consumazione del fatto sia certamente anteriore alla data di intervenuta vigenza di tale ultima disposizione, secondo le indicazioni di principio rese da questa Corte a sezioni unite (sentenza n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, COGNOME) in forza delle quali la previsione in questione non può essere applicata retroattivamente solo per le ipotesi di ablazione che abbiano natura sanzionatoria, da escludere nella specie, trovando in coerenza applicazione l’art. 200 cod. pen.
Ciò premesso, rileva la Corte che il fatto ascritto all’imputato, per come ricostruito dalla sentenza gravata, si inquadra in una più ampia fattispecie corruttiva della quale COGNOME sarebbe stato protagonista nei suoi risvolti finali.
Attori essenziali della vicenda, nel suo più ampio contesto fattuale, ne sono stati per un verso l’imprenditore NOME COGNOME sottoposto a ripetuti controlli inerenti all’ambiente igienico-sanitario dell’azienda che lo riguardava e, per altro verso, in
posizione di intermediario, NOME COGNOME il quale ultimo, dietro il paravento dell consulenza prestata in favore di COGNOME, avrebbe illecitamente retribuito pubblici funzionari non identificati con l’obiettivo di contenere le conseguenze di tali controll Malgrado tali interventi corruttivi, l’azienda del COGNOME venne temporaneamente chiusa per le carenze riscontrate; e COGNOME propose, nelle more della realizzazione dei lavori diretti a sanare le inefficienze comunque riscontrare e contestate, il pagamento di una ulteriore somma (pari a 5000 euro) diretta a superare gli ultimi ostacoli e semplificare le verifiche prodromiche alla ripresa dell’attività commerciale, accelerandone la tempistica.
In questa fase, secondo l’assunto accusatorio, solo in parte validato dalla Corte del merito, sarebbe emersa la figura di COGNOME in origine anche accusato di aver rallentato le operazioni di notifica del provvedimento di chiusura, aspetto poi escluso dalla sentenza gravata.
Il ricorrente, chiamato ad operare i controlli relativi al divieto di non prosegui oltre l’attività di impresa soggetta all’intervento interdittivo, retribuito da Agos avrebbe avuto il compito di allentare la pressione sull’attività della detta azienda consentendole di continuare a lavorare comunque malgrado la disposta chiusura.
In definitiva, sarebbe stato destinatario (quantomeno) di quota parte dei 5000 euro stanziati per definire, una volta per tutte, la situazione di stallo che riguardava l’impre di COGNOME.
5.In questa ottica, la Corte del merito ha apprezzato, attraverso una lettura sinergica dei relativi dati probatori:
il colloquio del 14 aprile 2014 tra COGNOME e il nipote di COGNOMECOGNOME), registrato da quest’ultimo, nel corso del quale, dopo aver fatto cenno all’importo che occorreva raccogliere per definire la questione (i 5000 euro per l’appunto), l’imprenditore, preoccupato della merce che doveva arrivare nei giorni successivi e della pressante presenza dei vigili, ebbe a sollecitare COGNOME ad interfacciarsi con i vigili per provare neutralizzare l’intensità dei relativi controlli, ottenendo dall’intermediario un pro rassicurazione in tal senso, da questi resa non senza aver prima rivendicato il ruolo assunto nella vicenda, finalizzato ad una puntuale distribuzione della somma in questione (“so come distribuire i beni del signore”);
la circostanza in forza della quale, nel corso della conversazione con NOME COGNOME, COGNOME ebbe a contattare il ricorrente, fissando un appuntamento nel corso della stessa mattinata e chiedendogli di venire da solo, per poi darne immediato conto all’imprenditore anche sul tipo di sollecitazione che avrebbe rivolto al suo referente (gl dico “boni cercade allentà un momentino);
la successiva conversazione al bar occorsa, sempre il 14 aprile, tra COGNOME e COGNOME, durante la quale il ricorrente ebbe a mostrarsi integralmente piegato alle
direttive del primo proprio con riguardo all’atteggiamento da tenere rispetto alle iniziative da assumere nei confronti di COGNOME e nel corso della quale venne anche fatto cenno all’appuntamento che l’intermediario aveva assunto con l’imprenditore (il venerdì successivo) per la consegna della somma raccolta da destinare all’accordo corruttivo, funzionale ad interessi comuni e non del solo COGNOME (“così passiamo una buona pasqua”);
il successivo controllo operato il 18 aprile 2014, nel corso del quale COGNOME, in compagnia della collega NOMECOGNOME dopo aver riscontrato che i cancelli dell’azienda del Lombardi erano aperti, invece di accedere all’interno e verificare che l’attività ivi svolta fo unicamente quella inerente ai lavori finalizzati a sanare le inefficienze che ne avevano determinato la chiusura e non quella commerciale tipicamente propria dell’impresa soggetta al provvedimento di chiusura, si limitò a rimproverare NOME COGNOME, omettendo volontariamente di dare ulteriore corso ai propri doveri d’ufficio.
Ritiene la Corte che una tale ricostruzione delle emergenze probatorie trovi adeguato conforto nelle emergenze acquisite, lette senza dar conto di immediate discrasie rispetto al tenore letterale delle acquisizioni in questione.
Si delinea, in tal modo, con coerenza di giudizio e senza incorrere in erronee interpretazioni del dato normativo di riferimento, il contenuto del patto illecito che ebb a riguardare anche il ricorrente ( destinatario di una quota parte della provvista che NOME COGNOME avrebbe dovuto consegnare ad COGNOME per i già rassegnati fini illeciti) e la consapevole adesione prestata da COGNOME al programma criminale congegnato dall’intermediario nell’interesse dell’imprenditore corruttore; adesione concretamente sfociata in un atto contrario ai suoi doveri, avendo il ricorrente, secondo una valutazione che non pare affetta da alcuna manifesta illogicità, volutamente omesso di verificare appieno il rispetto del provvedimento di chiusura che riguardava l’azienda in questione, in linea con la configurazione data al fatto dalla decisione gravata.
7.Tale ricostruzione regge il peso delle censure prospettate dal ricorso che, in generale, replicando molte delle doglianze poste con l’appello, si sostanziano
-in una non consentita lettura alternativa del dato probatorio apprezzato dai giudici del merito, senza rendere manifestamente illogica quella privilegiata in sentenza (ci si riferisce in particolare alle valutazioni critiche rese con riguardo al significato probato ascritto al colloquio del 14 aprile tra COGNOME e COGNOME e al portato delle intercettazi valorizzate in sentenza con riferimento al controllo del 18 aprile);
-nella indicazione di elementi probatori travisati per omissione o erroneamente valutati dalla Corte del merito ma privi di valenza decisiva perchè comunque compatibili con la ricostruzione accusatoria (l’insieme di considerazioni volte a segnalare che la somma raccolta dai COGNOME su sollecitazione di COGNOME era essenzialmente volta a favorire una sollecita definizione dei controlli amministrativi prodromici alla revoc
dell’ordinanza di chiusura dell’azienda, aspetto che non escludeva una par destinazione di tale provvista al compito illecito di pertinenza del ricorrente, so dallo stesso imprenditore interessato in funzione della serena ed immediata protraz dell’azione imprenditoriale malgrado la formale perduranza del provvedimento d chiusura);
in rilievi che non incidono sul giudizio di responsabilità del ricorrente, disattesi con considerazioni tutt’altro che illogiche dalla Corte di appello (si v argomentazioni svolte alla pagina 20 riguardo al diverso giudizio speso in ordi contegno della collega NOMECOGNOME giudicato solo in termini di mera negligenza) perché dir sottolineare profili di criticità della motivazione adottata (riguardo alle ferie ricorrente per il 22 aprile 2018) che non valgono comunque a mettere radicalmente crisi la struttura portante della sentenza gravata.
Da qui la decisione di cui al dispositivo che segue.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il reato è estinto per prescriz Letto l’art. 578 bis cpp, conferma la statuizione sulla confisca. Così è deciso, 11/02/2025