Corruzione e Induzione Indebita: La Cassazione Traccia il Confine
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 43426 del 2024, offre un’importante occasione per approfondire la sottile ma cruciale differenza tra i reati di corruzione e induzione indebita. La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero, ha ribadito i limiti del proprio giudizio e consolidato l’interpretazione sulla natura dei rapporti tra pubblico ufficiale e privato.
I Fatti del Caso: Un Accordo Sotto Pressione
La vicenda giudiziaria trae origine da un’indagine su un presunto accordo illecito tra un imprenditore e alcuni pubblici ufficiali di un comune campano. L’ipotesi accusatoria iniziale, formulata dal Pubblico Ministero, era quella di corruzione propria (art. 319 c.p.): i funzionari avrebbero approvato una delibera comunale palesemente illegittima per favorire l’imprenditore, in cambio di una somma di denaro.
Tuttavia, sia il Giudice per le Indagini Preliminari sia il Tribunale del Riesame avevano ricostruito la vicenda in modo diverso. Analizzando le intercettazioni telefoniche e ambientali, i giudici di merito hanno concluso che non vi era stato un accordo paritetico e liberamente concluso tra le parti. Al contrario, erano emersi chiari “sintomi di un’azione costrittiva e di pressioni di tipo induttivo” da parte dei pubblici ufficiali nei confronti dell’imprenditore per ottenere il vantaggio indebito. Di conseguenza, il reato è stato riqualificato in induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.).
La Distinzione tra Corruzione e Induzione Indebita secondo i Giudici
Il cuore della questione risiede nella dinamica del rapporto tra il soggetto pubblico e quello privato. Nel reato di corruzione, si assiste a un “pactum sceleris”, un accordo illecito su un piano di parità, dove entrambe le parti agiscono liberamente per trarre un vantaggio reciproco. Il privato è un “corruttore” attivo.
Nel caso dell’induzione indebita, invece, la situazione è differente. Il pubblico ufficiale abusa della sua qualità o dei suoi poteri per esercitare una pressione psicologica sul privato. Quest’ultimo non è un complice alla pari, ma una vittima dell’abuso di potere, che si trova in una posizione di “sudditanza” e la cui volontà è viziata. L’accettazione di dare o promettere l’utilità non è frutto di una libera negoziazione, ma la conseguenza della pressione subita.
I giudici di merito, nel caso specifico, hanno ritenuto che le conversazioni captate non dimostrassero un accordo corruttivo, bensì un’azione di pressione volta a “sbloccare” una procedura autorizzatoria attraverso l’abuso della funzione pubblica.
Le Motivazioni della Cassazione sul Ricorso
Il Pubblico Ministero ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici avessero errato nella valutazione delle prove e nella qualificazione giuridica, insistendo per la tesi della corruzione. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Questo significa che la Corte non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione delle prove a quella, logicamente motivata, dei giudici dei gradi precedenti. Il ricorso del PM, pur mascherato da censura per violazione di legge, mirava in sostanza a ottenere una nuova e diversa lettura delle risultanze investigative, un’operazione non consentita in sede di legittimità.
I giudici della Cassazione hanno sottolineato come la decisione del Tribunale del Riesame fosse basata su “rigorose, puntuali e ribadite argomentazioni”, frutto di un “attento e coerente esame” delle intercettazioni. Di fronte a una motivazione corretta e non manifestamente illogica, la Corte non ha potuto fare altro che respingere il tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti.
Le Conclusioni: L’Importanza della Qualificazione Giuridica del Fatto
Questa sentenza riafferma con forza la linea di demarcazione tra corruzione e induzione indebita, legandola indissolubilmente alla posizione psicologica del privato. La distinzione non è puramente accademica, ma ha conseguenze pratiche significative, sia in termini di pene applicabili sia per la posizione giuridica del privato stesso, che passa da co-reo (nella corruzione) a parte lesa (nell’induzione).
Inoltre, la decisione consolida il principio secondo cui la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio sui fatti. Se la ricostruzione operata dai giudici di merito è logicamente argomentata e coerente con le prove acquisite, essa non può essere sovvertita in sede di legittimità, anche qualora fosse astrattamente possibile un’interpretazione alternativa delle stesse prove.
Qual è la differenza fondamentale tra corruzione e induzione indebita emersa in questa sentenza?
La differenza fondamentale risiede nella posizione del privato. Nella corruzione, il privato e il pubblico ufficiale stringono un accordo illecito su un piano di parità e con libera volontà. Nell’induzione indebita, il pubblico ufficiale abusa della sua posizione per esercitare una pressione sul privato, la cui volontà di dare o promettere un’utilità non è libera ma condizionata da tale pressione.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero?
La Corte lo ha dichiarato inammissibile perché il ricorso, pur essendo presentato come una violazione di legge, chiedeva di fatto una nuova valutazione delle prove (le intercettazioni). Il ruolo della Cassazione è controllare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti già accertati dai giudici di merito con una motivazione logica e coerente.
Quale è stata la qualificazione giuridica finale del fatto contestato?
La condotta è stata qualificata provvisoriamente come induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.), e non come corruzione (art. 319 c.p.), poiché i giudici hanno ravvisato una pressione esercitata dai pubblici ufficiali sull’imprenditore, escludendo l’esistenza di un accordo paritetico.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43426 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43426 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Noia nei confronti di COGNOME NOME, nato a Pomigliano d’Arco il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/05/2024 del Tribunale di Napoli, sezione per il riesame.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; uditi i difensori degli indagati, AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che hanno concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza del 6 giugno 2024, rigettava l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari il quale, sul rilievo che la censurata delibera della Giunta comunal di Cicciano del 5 aprile 2023 sarebbe stata frutto di abuso della pubblica funzione, i parziale accoglimento della richiesta di misure coercitive applicava la misura dell custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME e quella degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione al reato di induzione indebita a dare o promettere utilità ex art. 319-quater cod. pen., così riqualificate le condotte originariamente contestate agli indagati come ipotesi d corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio ex art. 319 cod. pen., rigettando la medesima richiesta nei confronti di NOME COGNOME in ragione dei limiti edittali di c all’art. 280 cod. proc. pen.
Il Tribunale osservava che dalle eseguite captazioni ambientali e telefoniche emergeva l’esistenza di un illecito accordo fra l’imprenditore COGNOME e i coindagat pubblici ufficiali del Comune di Cicciano in materia di edificazioni in aree industrial forza del quale era stata approvata la delibera di Giunta del 5 aprile 2023 palesemente illegittima e connotata da una forzatura della procedura amministrativa e da falsità ideologica, a fronte della corresponsione di una imprecisata somma di denaro da parte di COGNOME. Tuttavia, ribadendo le argomentazioni già svolte nelle precedenti ordinanze del riesame del 13 e 23 febbraio 2024 parimenti confermative del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, affermava, con riguardo alla qualificazione giuridica delle condotte contestate, che in esse, alla luce dei contenu dei colloqui intercettati (ampiamente trascritti in motivazione), erano chiaramente ravvisabili i sintomi di un’azione costrittiva e di pressioni di tipo induttivo dei p ufficiali nei confronti del privato per dare o promettere un’indebita utilità in ca dello “sblocco” della procedura autorizzatoria, quindi dell’abuso della pubblica funzione e non della corruzione propria.
2. Il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione, censurando la suddetta ordinanza per mancanza e manifesta illogicità della motivazione e per violazione di legge, con riguardo all’affermata insussistenza del presupposto di gravità del quadro indiziario per la fattispecie come originariamente contestata di corruzione propria per un atto contrario ai doveri di ufficio ex art. 319 cod. pen. Il Tribunale non avrebbe proceduto a un’adeguata valutazione dell’effettivo tenore delle conversazioni telefoniche e ambientali captate, riferite, in particolare, alla dinamica graduale con quale si era pervenuti all’accordo corruttivo e alla definizione di un prez
proporzionato al valore dell’atto illegittimo: circostanze, queste, idonee ad escluder l’asserito stato di sudditanza dell’imprenditore rispetto alle pretese dei pubblici uffic
AVV_NOTAIO per RAGIONE_SOCIALE ha depositato una memoria difensiva contestando le argomentazioni del ricorso del Pubblico Ministero e concludendo per la inammissibilità dello stesso per l’aspecificità dei motivi e per l’insussistenza di vizi d motivazione dell’ordinanza impugnata.
Ritiene il Collegio che la censura del ricorrente Pubblico Ministero, benché prospettata anche sub specie di violazione di legge dell’ordinanza impugnata, risulti inammissibile siccome sostanzialmente diretta a una diversa e alternativa ricostruzione del quadro indiziario, a fronte delle rigorose, puntuali e ribadite argomentazioni d Giudice per le indagini preliminari prima e del Tribunale poi.
Invero, ad avviso dei Giudici dell’appello cautelare, dalle acquisite emergenze investigative e intercettative non è dato desumere alcun elemento, chiaro e univoco, di un pieno e libero accordo corruttivo fra i pubblici ufficiali e il privato, emerg piuttosto i sintomi di un’azione costrittiva o di pressioni di tipo induttivo dei pri confronti dell’imprenditore per dare o promettere un’indebita utilità. Le discrasie g analiticamente elencate dal Giudice per le indagini preliminari e condivise in precedenti ordinanze del Tribunale del riesame riguardanti la medesima vicenda inficiano l’originaria tesi investigativa, con riferimento alla provvisoria qualificazione giur dei fatti come induzione indebita a dare o promettere utilità, anziché come corruzione propria per un atto contrario ai doveri di ufficio.
Di talché, non può consentirsi alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione all’apprezzamento compiuto dai Giudici del merito cautelare con puntuale apparato argomentativo, all’esito dell’attento e coerente esame della portata delle risultanze intercettative. E ciò soprattutto quando il ricorrente Pubblico Ministero si sostanzialmente limitato a prospettare quella che, a suo giudizio, avrebbe dovuto essere la diversa e più adeguata ricostruzione della vicenda in termini di qualificazione giuridica dei fatti, sollecitando – sotto l’apparenza di una pretesa violazione di leg un non consentito riesame fattuale della decisione impugnata, pur correttamente motivata.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 15/10/2024