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Corruzione e donativo d’uso: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di un pubblico ufficiale e due cittadini condannati in appello per corruzione e spaccio. La sentenza chiarisce i confini del reato di corruzione, specificando che anche regali di valore non modico, come una carabina o una giara antica, non possono essere considerati un semplice ‘donativo d’uso’ se sono la controprestazione per un atto d’ufficio. La Corte ha inoltre ribadito che l’inammissibilità del ricorso impedisce di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Corruzione: quando un regalo non è un ‘donativo d’uso’?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44357 del 2024, ha fornito importanti chiarimenti sui confini tra un omaggio lecito e la corruzione. Il caso analizzato riguarda un pubblico ufficiale che aveva ricevuto beni in cambio di favori, sollevando la questione sulla qualificazione di tali beni come donativo d’uso. La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando le condanne e delineando principi rigorosi sulla responsabilità dei pubblici ufficiali.

I fatti di causa

La vicenda giudiziaria coinvolge tre persone. Le prime due, un appuntato scelto dei Carabinieri e un privato cittadino, sono state condannate per corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.). In particolare, il pubblico ufficiale avrebbe ricevuto due ‘compensi’ illeciti:
1. Una carabina ad aria compressa da un privato, come ‘ringraziamento’ per aver redatto un’informativa favorevole alla revoca di un divieto di detenzione armi.
2. Una giara antica in terracotta da un altro soggetto per aver omesso di elevare una contravvenzione e di sequestrare un motociclo privo di assicurazione.

Il terzo imputato è stato invece condannato per due episodi di cessione di sostanze stupefacenti (cocaina).

Il percorso giudiziario nei gradi di merito

Il Tribunale di primo grado aveva condannato tutti gli imputati. La Corte di Appello di Lecce aveva parzialmente riformato la sentenza, riconoscendo l’attenuante della particolare tenuità del danno (art. 323 bis c.p.) per i due coimputati nel reato di corruzione e riducendo le loro pene. Per il terzo imputato, il reato di spaccio era stato riqualificato come fatto di lieve entità (art. 73, comma 5, T.U. Stupefacenti), con conseguente riduzione della pena.

Contro questa decisione, tutti e tre gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione.

I motivi del ricorso e la questione del donativo d’uso

I motivi del ricorso erano diversi. L’imputato pubblico ufficiale sosteneva la mancanza di un accordo corruttivo e che i beni ricevuti (la carabina e la giara) costituissero un mero donativo d’uso, penalmente irrilevante. Contestava inoltre di avere un effettivo potere funzionale per l’atto richiestogli. Anche il privato corruttore negava l’esistenza di un patto illecito. Infine, l’imputato per spaccio lamentava che la sua condanna si basasse unicamente sulla sentenza, divenuta definitiva, a carico dell’acquirente, senza adeguati riscontri probatori.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato tutti i ricorsi manifestamente infondati e, quindi, inammissibili. Le motivazioni offrono spunti di riflessione fondamentali.

La distinzione tra corruzione e donativo d’uso

Il punto centrale della decisione riguarda la nozione di donativo d’uso. La Cassazione ha chiarito che la dazione di regali (nel caso di specie, una carabina e una giara antica) correlata all’esercizio di una funzione pubblica non può mai essere considerata una ‘regalia d’uso’. Il presupposto per l’irrilevanza penale di un dono è duplice:

1. Deve trattarsi di un donativo di modico valore.
2. Non deve essere in alcun modo correlato allo svolgimento di una pratica o di un’attività d’ufficio.

Nel caso esaminato, non solo i beni non erano di modico valore, ma erano palesemente la controprestazione per l’esercizio della funzione del pubblico ufficiale, che peraltro aveva violato i propri doveri d’ufficio. La Corte ha quindi escluso categoricamente l’applicabilità del concetto di donativo d’uso.

L’accordo corruttivo e la competenza funzionale

La Corte ha inoltre specificato che l’accordo corruttivo (pactum sceleris) non richiede una formalizzazione complessa. Anche un interesse manifestato in passato per un bene (come la carabina) può concretizzarsi in un patto illecito nel momento in cui il pubblico ufficiale si trova a dover esercitare una funzione che interessa il privato. Inoltre, anche un parere non vincolante, se inserito in un procedimento amministrativo e idoneo a influenzarne l’esito finale, costituisce un atto del proprio ufficio rilevante ai fini della corruzione.

Inammissibilità del ricorso e prescrizione del reato

Un altro principio processuale di grande importanza ribadito dalla Corte è quello relativo al rapporto tra inammissibilità e prescrizione. I giudici hanno evidenziato che, sebbene i reati fossero prossimi alla prescrizione, la manifesta infondatezza e la conseguente inammissibilità dei ricorsi hanno impedito alla Corte di rilevarla d’ufficio. Come stabilito dalle Sezioni Unite, la declaratoria di inammissibilità del ricorso ‘cristallizza’ la situazione processuale e preclude la possibilità di far valere cause di estinzione del reato maturate successivamente alla sentenza di appello.

Le conclusioni

La sentenza in esame traccia una linea netta e invalicabile: qualsiasi utilità, anche non strettamente economica, che un pubblico ufficiale riceve in relazione all’esercizio delle sue funzioni, integra il reato di corruzione. La nozione di donativo d’uso ha un ambito applicativo estremamente ristretto e non può essere invocata per giustificare dazioni che rappresentano una controprestazione, anche implicita, per un atto d’ufficio. La decisione ribadisce, infine, un monito processuale: la proposizione di un ricorso inammissibile può avere conseguenze pregiudizievoli, come l’impossibilità di beneficiare dell’eventuale prescrizione del reato.

Quando un regalo a un pubblico ufficiale diventa corruzione e non un semplice ‘donativo d’uso’?
Un regalo a un pubblico ufficiale integra il reato di corruzione e non può essere considerato un ‘donativo d’uso’ quando è correlato allo svolgimento di una pratica o di un’attività d’ufficio e/o quando la condotta del pubblico ufficiale non è conforme ai propri doveri. La natura di donativo d’uso è esclusa se il bene rappresenta una controprestazione per l’esercizio della funzione.

Per configurare la corruzione è necessario che l’accordo illecito avvenga contestualmente all’atto d’ufficio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’accordo corruttivo può essere anche antecedente o coevo al compimento dell’atto d’ufficio, e non rileva che il compenso venga corrisposto in un momento successivo. Il reato si perfeziona già con l’accordo.

Se un reato si prescrive dopo la sentenza di appello, la Cassazione può dichiarare l’estinzione del reato?
No, se il ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile. La giurisprudenza consolidata afferma che l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare d’ufficio la prescrizione del reato maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non eccepita in quella sede, o maturata successivamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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