Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44357 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44357 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a Nardò il 12/01/1963;
COGNOME NOME COGNOME nato a Copertino il 05/02/1977;
Napoletano NOMECOGNOME nato a San Pietro Vernotico il 19/11/1986
avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce del 3 novembre 2023;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi dei ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia di Torsello e in sostituzione dell’Avv COGNOME per l’imputato NOMECOGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso, chiedendo, subordine che venga dichiarata la prescrizione dei reati.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Lecce con sentenza del 3 novembre 2023, in parziale riforma di quella di condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Lecce in data 17 marzo 2021, ha, per quel che rileva in questa sede, riconosciuto ad NOME NOME e COGNOME NOME COGNOME la circostanza attenuante di cui all’art. 323 bis cod. pen., in relazione al delitto di cui all’art. 31 cod. pen. (capi B e C per NOME – quale pubblico ufficiale corrotto – solo capo B per COGNOME quale privato corruttore), riducendo la pena inflitta ad Aronne ad anni uno e mesi dieci reclusione – con la concessione della sospensione condizionale e della non menzione della condanna – e la pena inflitta a COGNOME ad anni uno e mesi otto di reclusione.
1.1. In particolare, la condanna è stata pronunciata per due ipotesi di corruzione p l’esercizio della funzione: per avere ricevuto (capo B) l’NOME dal Torsello, grazie all’inter di altri soggetti separatamente giudicati, una carabina ad aria compressa quale retribuzione pe avere egli – nella qualità di appuntato scelto presso la Stazione dei Carabinieri di Porte Cesa – redatto un’informativa relativa all’insussistenza di elementi ostativi all’accoglimento d istanza di revoca del divieto di detenere di armi a suo tempo imposto al COGNOME; per aver ricevuto il predetto (capo C) da COGNOME NOME – separatamente giudicato – una giara antica in terracotta quale retribuzione indebita per non avere provveduto ad elevare contravvenzione e a disporre il sequestro del motociclo a carico del COGNOME che veniva fermato da Aronne a bordo di detto mezzo privo della copertura assicurativa obbligatoria (fatti commessi rispettivamente, tra il 4 luglio e il 6 novembre 2014 e il 27 ottobre 2014).
La Corte di appello ha altresì riqualificato ai sensi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. del 1990 i reati ascritti a COGNOME NOME ai capi D) ed E) (due episodi di cessione stupefacenti di tipo cocaina, rispettivamente, per 30 grammi e per 10 grammi, avvenuti in epoca anteriore e prossima al 27 agosto 2014, il primo, e il 29 agosto 2014, il secondo), riducendo anni due di reclusione ed euro 4.500 di multa la pena a carico del predetto ed eliminando le pene accessorie inflitte in primo grado.
Avverso la sentenza di appello gli imputati, a mezzo dei propri difensori, hanno proposto ricorsi, nei quali deducono i seguenti motivi, che si provvede a sintetizzare a norma dell’art. comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Aronne Fernando: 1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenu sussistenza dell’ipotesi di corruzione passiva sub capo B; al riguardo si rileva che difetta la prova in ordine all’esistenza di un previo accordo tra corruttore e corrotto (non emergendo sul punt la necessaria piattaforma probatoria ex art. 192 cod. proc. pen.), in specie avente ad oggetto il contestato impegno dell’Aronne a compiere atti ricollegabili alla funzione esercitata (si rileva un vago interesse per quel tipo di carabina era stato manifestato dal ricorrente nel 2008,
momento dell’arresto del COGNOME, e quindi ben sei anni prima l’asserito compimento dell’atto ufficio). Inoltre, secondo il ricorrente, difettava in capo all’imputato un potere funzio ordine all’atto asseritamente compiuto, sostenendosi che la redazione della nota – peraltro no riconducibile al predetto – è stata firmata dal Comandante della Stazione dei Carabinieri di Po Cesareo e che in ogni caso detto parere esulava dal potere funzionale della predetta Stazione dei Carabinieri rientrando invece nelle attribuzioni del Comando provinciale di Lecce; violazione di legge e vizio della motivazione relativamente all’altro episodio di corruz contestata (capo C), rilevandosi che l’imputato non ha proceduto ad alcun accertamento nei confronti del COGNOME e che la consegna della giara da parte di questi al ricorrente costitu un mero donativo di modico valore, non collegato al compimento di alcun atto di ufficio, e dunqu è penalmente irrilevante.
COGNOME NOME COGNOME: 1) violazione di legge e vizio della motivazione in ord all’affermata sussistenza dell’accordo illecito tra Aronne e il ricorrente, elemento costi essenziale della fattispecie di corruzione – anche impropria – contestata al capo B), in merit quale si rileva che non è emersa alcuna prova circa l’effettiva esistenza di un tale accordo ave ad oggetto l’impegno permanente del Pubblico ufficiale a compiere atti ricollegabili alla funzi esercitata e stipulato precedentemente alla asserita redazione del parere da parte di COGNOME (circostanza questa che, alla luce dei risultati dell’istruttoria, deve in ogni caso essere es Inoltre, non vi sono neppure prove di un effettivo interessamento del Pubblico ufficiale COGNOME in favore di COGNOME, dell’esistenza di un potere funzionale dello stesso e della concreta u dell’eventuale attività prestata dal pubblico ufficiale, sostenendosi che, comunque, l’ut percepita dal Pubblico ufficiale ha natura di “donativo d’uso” e dunque la condotta non ril penalmente; 2) violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al mancat riconoscimento a favore dell’imputato delle circostanze ex art. 62 bis cod. pen., negate dalla Corte di appello in modo assertivo e contraddittorio, atteso che l’obiettiva assai modesta gra del fatto era stata riconosciuta con l’individuazione degli indici idonei per l’applicazione d 323 bis cod. pen.
NOME NOME: 1) violazione di legge e vizio della motivazione in ordin all’affermazione di penale responsabilità per i due episodi di cui all’art. 73, comma 5, T.U. S fondata in sostanza esclusivamente sul giudicato di condanna, in sede di rito abbreviato, a cari di COGNOME (acquirente della cocaina) e in assenza dei necessari autonomi elementi probator di riscontro, richiesti dall’art. 238 bis cod. proc. pen. Si rileva altresì che i Giudici di merito non hanno considerato che il COGNOME, sentito nel dibattimento di primo grado, non ha indica quale venditore della droga l’imputato, ma si è riferito in modo generico a un tal “Napoletan non potendosi dunque escludere che egli abbia acquistato la cocaina non dal ricorrente ma da uno dei suoi fratelli, NOME e NOME, che risultano coinvolti in fatti relativi a cessione 2) in correlazione al primo motivo si deduce l’assenza da parte della sentenza impugnata di una
specifica valutazione delle censure mosse con l’atto di appello atteso che la Corte territoriale è totalmente “appiattita” sulla sentenza del Tribunale senza approfondire il tema – dedott dall’appellante – relativo alla mancanza della necessaria piattaforma probatoria; 3) si censur infine la sentenza di appello in relazione all’affermazione della sussistenza della contesta recidiva che, in modo illogico e illegittimo, non ha preso in considerazione le concre connotazioni dei fatti oggetto del giudizio, ma si è fondata sulla circostanza che dopo di es Napoletano ha commesso ulteriori reati in materia di stupefacenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono manifestamente infondati e dunque risultano inammissibili.
Preliminarmente, va evidenziato che nel caso di specie si è di fronte alla c.d. “doppia conforme”. Situazione, questa, che ricorre quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ulti sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza ch due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Ancora, è opportuno ribadire che in tema di giudizio di cassazione, esula dai poteri dell Corte quello di operare una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento dell decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che pos integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risulta processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, COGNOME, Rv. 207944; conforme, ex pluribus, Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023; Rezzuto, Rv. 285504 – 01, che ha precisato come in tema di giudizio di legittimità, la cognizione della Corte di cassazio è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, né condividern giustificazione).
2.1. Pertanto, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dot di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 5465 del 04/11/2020 – dep. 11/02/2021, F., Rv. 280601 – 01).
Manifestamente infondati sono i motivi contenuti nel ricorso in favore di NOMECOGNOME
3.1. La sentenza impugnata motiva in modo congruo in ordine alla responsabilità dell’imputato per i due episodi di corruzione (d’altronde i fatti non sono negati dall’imputato si limita a dedurre che la consegna della carabina e la dazione della giara non integrano l
fattispecie di corruzione). Essi sono stati qualificati ai sensi dell’art. 318 cod. pen., anche s motivazioni delle sentenze di merito emerge che Aronne ha anche violato i propri doveri di ufficio atteso che, in riferimento al capo B) «il delitto di corruzione per atto contrario ai doveri d può essere integrato anche mediante il rilascio di un parere non vincolante, allorché esso assuma rilevanza decisiva nella concatenazione degli atti che compongono la complessiva procedura amministrativa e, quindi, incida sul contenuto dell’atto finale» (da ultimo, Sez. 6, n. 21740 01/03/2016, COGNOME, Rv. 266923 – 01) e che nell’episodio contestato sub C) ha omesso il compimento di atti del proprio ufficio, non procedendo alla contravvenzione nei confronti d COGNOME e al sequestro del motociclo del predetto, atti dovuti considerata l’assenza del copertura assicurativa obbligatoria.
3.2. Per quanto riguarda l’asserita “incompetenza” dell’Aronne in merito alla nota recante parere non ostativo alla revoca del divieto di detenere armi da parte di Torsello, la sente impugnata chiarisce che, sebbene era il Comando provinciale che avrebbe inviato l’incarto completo alla Prefettura di competenza, la nota, predisposta dal ricorrente e trasmessa dal Comandante della Stazione, integrava un elemento informativo rilevante in vista dell’adozione dell’atto.
3.3. Circa la asserita natura di “donativo d’uso” delle due illecite “retribuzioni” in dell’imputato, si è già chiarito che in tema di corruzione la dazione di regali (nella specie pasto o benzina) correlati alla definizione di una pratica amministrativa, cui è interessa privato, non può essere definita quale regalia “d’uso” idonea a legittimarne, ove sia anche modico valore, la relativa accettazione da parte del dipendente pubblico, ai sensi del Codice comportamento dei dipendenti pubblici di cui al d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 e del precedente d.m. 28 novembre 2000 (Sez. 6, n. del 49524 del 03/10/2017, P.m. in proc. Scapolan, Rv. 271496 – 01). Pertanto, non può applicarsi al caso in esame il principio, invocato d ricorrente, secondo cui (Sez. 6, n. 19319 del 10/02/2017, COGNOME, Rv. 269836 – 01) «l’offerta la promessa di donativi di modesta entità (nella specie, la somma di 50 euro), quale manifestazione di gratitudine o di apprezzamento per l’attività già compiuta dal pubblico uffici in termini conformi ai doveri d’ufficio, non configura il delitto di istigazione alla co impropria susseguente, ai sensi dell’art. 322, comma primo, cod. pen., in ragione dell inoffensività della condotta dell’agente. (In motivazione, la Corte ha rilevato che con il codi comportamento dei dipendenti pubblici, adottato con il d. P.R. 16 aprile 2013, n. 62, lo stes legislatore ha escluso la rilevanza penale dei donativi di modico valore, nell’ordine massimo 150 euro)»: infatti, presupposto per l’irrilevanza penale del fatto è che si tratti di donat correlati allo svolgimento della pratica in favore del privato e che, comunque, la condotta pubblico ufficiale risulti conforme ai propri doveri il che nel caso in esame, come sopra chiar non è.
Manifestamente infondate sono anche le censure mosse alla sentenza d’appello dall’imputato COGNOME.
4.1. La circostanza che l’interesse per la carabina sia sorta in Aronne nel 2008 non togli che l’effettiva instaurazione del pactum sceleris si sia potuta concretizzare solo allorquando questi si è trovato, nell’ambito delle sue attribuzioni pubbliche, a dover svolgere una funzio relativa alla pratica che riguardava Torsello. D’altronde, si è già precisato che in caso di acco corruttivo antecedente o coevo al compimento dell’atto di ufficio si versa in ipotesi di corruzi antecedente, a nulla rilevando che il compenso venga corrisposto in epoca successiva, procrastinando in tal modo l’esecuzione e non la consumazione del reato, già perfetto in ogni suo elemento sin dal raggiungimento dell’accordo (Sez. 6, n. 7505 del 25/03/1994, COGNOME, Rv. 199017; Sez. 6, n. 35219 del 28/04/2017, Re, Rv. 270856 – 01) e che il delitto di corruzione si perfeziona alternativamente con l’accettazione della promessa ovvero con la dazione dell’utilità e tuttavia, quando alla promessa segue l’effettiva dazione, è in tale momento che esso si consuma (Sez. 6, n. 15641 del 19/10/2023 – dep. 16/04/2024, COGNOME c. COGNOME, Rv. 286:376 01).
4.2. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, atteso che, da un lato, l’attenuante di cui all’art. 323/sa -cod. pen. si fonda sulla particolare tenuità del fatto di reato e che, dall’altro lato, il rigetto delle attenuanti generiche è motivata dalla Corte territoria solo in ragione dell’assenza di elementi di segno positivo, ma anche per “la negativa personalità dell’imputato, lumeggiata dalle risultanze del certificato penale”. In tal modo, la Corte territo ha fatto buon governo del principio, consolidato (v. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettnell Rv. 271269 – 01), secondo cui «in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione. (Nella specie, Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richi sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato)».
Inammissibili, in quanto infondati in modo manifesto, sono infine i motivi dedott dall’imputato COGNOME
5.1. La Corte territoriale ha basato la conferma della condanna non solo sul contenuto della sentenza irrevocabile a carico del COGNOME (come sostiene il ricorrente) ma anche sulla deposizione dibattimentale del predetto, acquirente della droga, (dalla quale si evinc chiaramente che il venditore era proprio l’imputato) e della testimonianza della persona – NOME COGNOME – che lo ha accompagnato dal Napoletano per saldare l’acquisto della droga. COGNOME ha anche precisato che nel corso del viaggio si era fermato a uno sportello bancomat per prelevare 400 euro poi prestati a COGNOME per acquistare la droga da Napoletano. Ancora, dagli accertamenti di Polizia giudiziaria (e in particolare dalla registrazione della conversazi ambientale) risulta che COGNOME, arrivato sul luogo dell’acquisto, ha pronunciato la frase “ci NOME“; circostanza dalla quale, in modo del tutto logico, la Corte di appello ricava ulteri elemento a conferma del fatto che il venditore della droga si deve identificare proprio ne
Napoletano (che di nome proprio fa, appunto, “NOME“). Del tutto irrilevante è poi la circostan che non sia stata individuata la cittadina straniera intestataria dell’utenza telefonica cell utilizzata dal Napoletano per concordare con COGNOME la cessione della droga.
5.2. Manifestamente infondato è altresì il terzo motivo. La contestata recidiva reiterata stata confermata dalla sentenza impugnata alla luce dei due precedenti penali a carico dell’imputato (uno per furto in abitazione tentato e l’altro per furto con strappo consuma commessi non molto tempo prima i fatti qui giudicati), reati connotati, come quello in esame, da motivi di lucro. Elementi ritenuti, non illogicamente, dimostrativi della “evidente indifferenz non avversione, al rispetto delle leggi e di una personalità pervicacemente proclive a delinquere sulla quale le precedenti condanne non hanno inciso in maniera significativa”. Trattasi motivazione conforme al principio secondo cui il Giudice per applicare la recidiva deve effettuar una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capaci a delinquere del reo che giustifichi l’aumento di pena (Sez. 2, n. 50146 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265684 – 01) e dunque non sindacabile in sede di legittimità.
La inammissibilità dei ricorsi proposti dagli imputati priva di rilievo l’eccezi intervenuta prescrizione dei reati ai predetti ascritti. E’ vero che i due episodi di corr risalgono all’ottobre e al novembre del 2014 e che ad essi deve applicarsi l’editto sanzionatori precedente alla modifica della I.n. 3/2019, che per il reato di cui all’art. 318 cod. pen. preve la pena massima di cinque anni di reclusione, con periodo massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi, e che la riqualificazione dei reati a carico di Napoletano ai sensi del comma 5 dell’ 73 TU Stup. ha ridotto a tale limite anche il termine di prescrizione degli stessi.
6.1. Le Sez. Unite di questa Corte (sent. n. 12602 del 17/12/2015 – dep. 25/03/2016, COGNOME Rv. 266818 – 01) hanno però affermato il principio in base al quale «l’inammissibilità del ricors per cassazione preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 c secondo, cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore al pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso. (In motivazione la Corte ha precisato che l’art. 129 cod. proc. pen. riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al g dell’impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione)».
Alla inammissibilità dei ricorsi segue, come per legge, la condanna degli imputati a pagamento delle spese processuali e, non rilevandosi elementi dimostrativi di assenza di colpa nella proposizione dei ricorsi, della somma, giudicata congrua, di euro tremila in favore de Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese pro e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 settembre 2024
Il GLYPH sigliere est so
Il Presidente