Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25941 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25941 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Perugia il 28/5/1976
avverso la sentenza del 20/1/2025 emessa dalla Corte di appello di Milano visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito l’Avvocato COGNOME NOMECOGNOME in sostituziq’n,c del difensore di fiducia del ricorrente NOME COGNOME la quale si riporta al ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano confermava la condanna del ricorrente per il reato di corruzione per l’esercizio delle funzioni, dando atto della rinuncia all’intervenuta prescrizione.
L’imputato, appartenente all’Arma dei Carabinieri, è stato ritenuto responsabile di corruzione per aver messo in contatto NOME NOME con NOME COGNOME, a sua volta Appuntato in servizio presso la stazione dei Carabinieri di Abbiategrasso, nell’ambito di un accordo criminoso volto a consentire la presentazione di false denunce di sinistri stradali, ricevute da appartenenti all’Arma compiacenti, per consentire a NOME di perpetrare truffe ai danni dell’assicurazione, reato per il quale si è proceduto separatamente.
In particolare, COGNOME avrebbe svolto tale funzione di intermediario per mantenere buoni rapporti con COGNOME dal quale aveva in precedenza ricevuto un prestito per €10.000, mentre COGNOME veniva remunerato con la somma di €100,00 in occasione della falsa denuncia presentata da COGNOME in data 3 aprile 2017.
Nell’interesse del ricorrente è stato proposto un unico motivo di ricorso, per vizio di motivazione, con il quale si contesta l’iter argomentativo recepito nella sentenza impugnata, a fronte della sostanziale estraneità del ricorrente all’episodio corruttivo contestato.
Si rileva che l’utilità percepita da COGNOME sarebbe genericamente individuata nel suo interesse a mantenere buoni rapporti con NOMECOGNOME nei cui confronti era debitore.
I giudici di appello, hanno ritenuto errata la ricostruzione operata in primo grado, lì dove si affermava che, in occasione déi. fatti del 3 aprile 2017, COGNOME avrebbe messo in contatto COGNOME con COGNOME i quanto i due non si conoscevano; invero, era emerso che COGNOME e COGNOME si conoscevano e avevano un rapporto confidenziale, il che farebbe venir meno il ruolo di necessaria intermediazione attribuito al ricorrente.
Una volta preso atto dell’errore in cui era incorsa la sentenza di primo grado, la Corte di appello aveva operato una diversa ricostruzione del fatto, valorizzando intercettazioni relative a episodi precedenti che, al più, avrebbero consentito l’avvio di indagini per fatti ulteriori e diversi da quello in esame, ma che certamente non potevano porsi a fondamento della condanna per il reato di corruzione per l’esercizio della funzione in relazione all’episodio del 3 aprile 2017.
Né la condanna poteva fondarsi sulle dichiarazioni eteroaccusatorie rese dal coimputato COGNOME nel corso delle indagini preliminari (richiamate nelle sentenze di primo e secondo grado), posto che questi, in dibattimento, aveva reso dichiarazioni spontanee di segno opposto a quanto dichiarato in corso di indagini, né quest’ultime dichiarazioni potevano ritenersi’ útilizzabili ai sensi dell’art. 50 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il ricorrente ripropone in sede di legittimità censure volte a dimostrare l’erroneità della ricostruzione in punto di fatto, senza individuare la sussistenza di profili di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione.
Le sentenze di primo e secondo grado, concbrdi nella ricostruzione del fatto, hanno dimostrato la genesi del rapporto tra COGNOME e COGNOME, evidenziando che il primo era stato messo in contatto con il secondo da tale COGNOME (a sua volta appartenente alla Polizia di Stato). Per effetto di tale contatto, COGNOME concedeva in prestito a COGNOME la somma di €10.000 che, tuttavia, non veniva restituita nei tempi convenuti (dicembre 2016).
In tale contesto, è rilevante la ricostruzione dei rapporti tra COGNOME e COGNOME, sulla base delle intercettazioni che si collocano essenzialmente nel periodo marzoaprile 2017, posto che da queste emerge l’esistenza di un rapporto non limitato al solo prestito elargito, bensì riguardante attività, di natura sicuramente illecita, che i due gestivano congiuntamente.
A tal riguardo, la Corte di appello ha stigmatizzato le conversazioni dalle quali emergono gli accordi per l’incontro presso una carrozzeria, svolte mediante l’utilizzo di un linguaggio criptico e chiaramente teso ad occultare il reale oggetto del discorso.
Si tratta di una valutazione prettamente di merito e non sindacabile in sede di legittimità che, peraltro, si fonda su una coerente lettura delle conversazioni, nel corso delle quali emerge che COGNOME chiede a COGNOME di incontrarsi per discutere di “pratiche”, piuttosto che di “imbiancature”, senza che tali riferimenti possano trovare alcuna logica giustificazione, se non inserendole negli accordi preliminari per presentare le false denunce presso la Stazione dei Carabinieri di Abbiategrasso.
Peraltro, è innegabile che COGNOME svolgesse una funzione di raccordo tra COGNOME e COGNOME, come emerge dalle conversazioni del 14 marzo 2016 (p.10 sentenza di appello), la cui unica interpretazione logica è stata quella di ritenere che gli interlocutori si accordassero sui tempi in cui recarsi a sporgere le denunce di danneggiamento, negli orari in cui era di servizio COGNOME.
Né è dubitabile che l’intervento di COGNOME non fosse affatto disinteressato, come emerge dalla conversazione del 16 marzo 2017,nel corso della quale NOME si lamenta con NOME che COGNOME, subito dopo averí!i fatto un “favore”, gli aveva richiesto €100, sottolineando l’inripellenza della richiesta a stretto giro rispetto al
“favore” ricevuto.
In conclusione, quindi, deve ritenersi che le sentenze di merito abbiano compiutamente ricostruito i rapporti esistenti tra COGNOME, COGNOME e COGNOME, fornendo l’unica interpretazione logica e coerente’ delle conversazioni intercettate.
Né rileva la circostanza che, gran parte di tali conversazioni, non siano direttamente collegabili all’episodio oggetto di contestazione, posto che tali fonti di prova sono ugualmente determinanti per ricostruire il contesto complessivo dei rapporti esistenti e fornire la giusta chiave di lettura del fatto oggetto imputazione.
L’episodio oggetto di contestazione, infatti, deve essere ricostruito sulla base dei complessivi rapporti esistenti tra i soggetti, coinvolti, essendo chiaramente emerso che COGNOME, avvalendosi del rapporto díretto e confidenziale con COGNOME, aveva in più occasioni -e segnatamente anche il 3 aprile 2017 – presentato false denunce presso la Stazione dei Carabinieri di Abbiategrasso, confidando della compiacente condotta di COGNOME che, a sua volta, ne traeva l’immediato vantaggio del versamento della somma di €100.
In tale contesto, non è neppure corretto affermare, come sostenuto dalla difesa, che COGNOME risulterebbe del tutto estraneo al rapporto corruttivo, posto che la sua condotta è stata finalizzata a consentire l’accordo corruttivo sicchè, a prescindere dal fatto che egli ne abbia o meno tratto un profitto patrimoniale, risulta ugualmente configurato l’apporto concorsuale.
2.1. Una volta giunti alla conclusione che la ricostruzione in punto di fatto è immune da censure, ne deriva anche la sostanziale irrilevanza dell’ulteriore deduzione relativa all’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal coimputato in corso di interrogatorio e, successivamente, smentite in sede dibattimentale.
Premesso che la norma asseritamente violata non è certamente l’art. 500 cod. proc. pen., in quanto tale previsione riguarda II ‘ diverso regime dettato per le dichiarazioni testimoniali, nel ricorso non si chiarisce se l’acquisizione del contenuto dell’interrogatorio dell’indagato sia stata disposta ai sensi dell’art. 517 cod. proc. pen.
Tuttavia, tale incertezza non è dirimente, posto che al netto del raffronto tra le diverse versioni dei fatti rese dal coimputato COGNOME, la ricostruzione del fatto compiuta sulla base delle intercettazioni è di per sé autosufficiente, sicchè, ove pure si ritenesse l’inutilizzabilità della prima versione resa da COGNOME, non risulterebbe ugualmente superata la prova di resistenza.
2.2. Quanto detto consente di affermare che il fatto è stato correttamente ricostruito, essendo emerso che COGNOME, fungendo da tramite con COGNOME, aveva instaurato un rapporto di sostanziale collaborazione con COGNOME, nell’ambito del
quale i predetti soggetti intervenivano, ciascuno, per quanto di sua spettanza, al complessivo disegno criminoso volto a presentare:denunce di danneggiamenti che,
successivamente, venivano impiegate per chiedere indennizzi alle assicurazioni.
Deve darsi atto che, nella sentenza di primo grado, è stato evidenziato che le condotte accertate avrebbero integrato il reato di corruzione propria, pur
prendendosi atto che l’originaria contestazione era stata derubricata in quella di cui all’art. 318 cod. pen. in sede di udienza preliminare.
La necessità di attenersi all’editto accusatori° non ha impedito ai giudici di merito di dare atto della innegabile strumentalizzazione della funzione al fine di
ottenere indebite utilità, sicchè il reato di cui all’art. 318 cod. pen. risul sicuramente configurato.
3. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM ,
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 maggio 2025
Il Consigliere estensore
La PresKlehte