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Corruzione di minorenni: la distanza non esclude reato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per corruzione di minorenni. Anche a notevole distanza e con l’uso di uno zoom fotografico da parte della vittima, il reato sussiste se è provata l’intenzione dell’imputato di farsi osservare in atti di autoerotismo, come in questo caso dimostrato da vari elementi probatori.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Corruzione di Minorenni a Distanza: Perché la Cassazione Conferma la Condanna

Il reato di corruzione di minorenni è una fattispecie grave che tutela l’integrità psicofisica dei minori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso peculiare, stabilendo che la distanza fisica tra l’autore del reato e la vittima non è sufficiente a escludere la colpevolezza, se l’intenzione di coinvolgere il minore è provata. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni.

I Fatti di Causa

Un uomo veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato di cui all’art. 609-quinquies del codice penale. L’accusa era di aver compiuto atti di autoerotismo alla finestra della propria abitazione, rendendosi visibile a una persona minorenne che si trovava in un altro edificio. La particolarità del caso risiedeva nella notevole distanza tra i due luoghi, tanto che la vittima aveva dovuto utilizzare un potente zoom fotografico (60x) per riprendere la scena.
L’imputato, nel suo ricorso per cassazione, sosteneva che proprio questa distanza e la necessità di un ingrandimento escludessero gli elementi oggettivi e soggettivi del reato, in particolare la “presenza fisica” del minore, ritenuta necessaria per la configurabilità del delitto. Inoltre, negava di aver mai avuto l’intenzione di attirare l’attenzione della persona offesa.

L’Analisi della Corte di Cassazione sulla corruzione di minorenni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti. Questioni come la valutazione della distanza tra l’imputato e la vittima o il livello di ingrandimento utilizzato dalla persona offesa sono considerate questioni di fatto, già ampiamente e conformemente valutate dai giudici di primo e secondo grado (cosiddetta “doppia conforme”).
Inoltre, la Corte ha qualificato il ricorso come una “pedissequa reiterazione” dei motivi già presentati in appello. L’imputato, cioè, si era limitato a riproporre le stesse censure, senza muovere una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza d’appello. Questo comportamento processuale è una classica causa di inammissibilità del ricorso.

Le motivazioni della decisione

Scendendo nel merito delle ragioni che hanno supportato la conferma della condanna, la Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente motivato la sua decisione. La sentenza impugnata aveva infatti valorizzato una serie di elementi che, nel loro complesso, dimostravano in modo inequivocabile l’intenzione dell’imputato di farsi osservare dalla vittima mentre compiva gli atti di autoerotismo.
Questi elementi includevano:

* La reiterazione delle condotte per un lungo arco temporale.
* Le testimonianze della persona offesa, che si era confidata con la madre.
* Il rinvenimento, durante una perquisizione in casa dell’imputato, di uno sgabello, una cassetta e un binocolo, oggetti che dimostravano una preparazione finalizzata a rendersi visibile dalla finestra.

Questi elementi, secondo i giudici, provavano la “piana intenzione” dell’imputato di far assistere la persona offesa ai suoi atti. Di conseguenza, la distanza fisica diventa irrilevante. Il concetto di “presenza” richiesto dalla norma non implica una vicinanza fisica, ma la consapevolezza e la volontà che l’atto sessuale avvenga all’interno della sfera percettiva del minore, anche se tale percezione è resa possibile da strumenti tecnologici.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio giuridico di fondamentale importanza: nel reato di corruzione di minorenni, l’elemento determinante è l’intenzionalità dell’agente di coinvolgere il minore nella propria condotta sessuale. La distanza fisica è un fattore secondario e non esclude il reato se è provato che l’autore ha agito con lo scopo specifico di essere visto dalla vittima. La decisione sottolinea inoltre i limiti del giudizio di cassazione, che non può trasformarsi in una nuova valutazione dei fatti, ma deve limitarsi a un controllo sulla corretta applicazione della legge.

La distanza fisica tra l’autore del reato e la vittima minore esclude il reato di corruzione di minorenni?
No, secondo la Corte di Cassazione la distanza fisica non è un elemento decisivo. Ciò che rileva è la prova dell’intenzione dell’adulto di compiere atti sessuali facendosi osservare dal minore, anche se la percezione di quest’ultimo avviene attraverso strumenti tecnologici come uno zoom fotografico o un binocolo.

È possibile presentare un ricorso in Cassazione basandosi su una diversa valutazione dei fatti, come la distanza o l’ingrandimento usato?
No, il ricorso per cassazione è inammissibile se si limita a proporre una personale rilettura dei fatti (come la distanza o l’uso di uno zoom) che sono già stati valutati concordemente dai giudici di primo e secondo grado. La Cassazione giudica solo sulla corretta applicazione della legge (questioni di legittimità), non sui fatti (questioni di merito).

Cosa significa che un ricorso è una “pedissequa reiterazione” dei motivi d’appello?
Significa che il ricorso ripropone gli stessi identici argomenti già presentati e motivatamente respinti nel giudizio d’appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro le ragioni della sentenza impugnata. Tale modalità di ricorso è considerata non specifica e, pertanto, inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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