Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30192 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30192 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Catanzaro il 9/8/1960 avverso l’ordinanza del 26/11/2024 emessa dal Tribunale di Catanzaro visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria dell’Avvocato NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame confermava l’ordinanza con la quale il ricorrente, indagato per i reati di falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari aggravata ex art. 416-bis.1 cod. pen., veniva sottoposto agli arresti domiciliari.
In base alla ricostruzione in fatto operata dai giudici di merito, il ricorrent
sarebbe stato contattato da COGNOME NOME, soggetto di spicco della locale associazione di ‘ndrangheta, concordando di rendere una falsa testimonianza in favore di COGNOME NOME (fratello di NOME), nell’ambito del procedimento pendente nei suoi confronti per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. In cambio della falsa testimonianza, l’indagato riceveva la somma di €100,00 e, al momento dell’escussione dibattimentale, forniva un alibi al predetto COGNOME NOME, affermando che questi non era in grado di muoversi autonomamente per effetto delle lesioni subite in un precedente incidente.
Nell’interesse del ricorrente sono stati formulati quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurabilità del reato di cui all’art. 319-ter cod. pen. evidenziando che il momento in cui si sarebbe perfezionato l’accordo corruttivo era di molto antecedente rispetto all’assunzione della qualifica pubblicistica di testimone.
In base alla ricostruzione operata dal Tribunale, infatti, COGNOME sarebbe stato contattato da COGNOME NOME, il quale gli chiedeva la disponibilità a testimoniare in favore del fratello, convenendo che avrebbe concordato con il difensore le risposte da dare in sede di esame. Tale accordo si collocava in un momento antecedente rispetto alla richiesta di ammissione della testimonianza e, quindi, in una fase in cui non era configurabile la qualifica pubblicistica richiesta dalla norma incriminatrice.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce il vizio di motivazione in ordine alla prospettazione difensiva volta a contestare l’avvenuta dazione della somma di €100,00, posto che nel corso della conversazione intercettata e ritenuta come prova dell’accordo, emergeva unicamente che COGNOME offriva il denaro quasi a titolo di riconoscenza per la disponibilità dell’indagato il quale, tuttavia, rifiut per ben due volte di accettare denaro, senza che vi fossero ulteriori elementi che deponessero in senso contrario.
2.3. Con il terzo motivo, si deduce il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, evidenziando come il ricorrente non era a conoscenza che il processo nel quale avrebbe dovuto falsamente deporre era relativo a condotte di detenzione di stupefacente, né poteva diversamente avvedersi che, con la propria condotta, avrebbe agevolato l’associazione.
A ben vedere, COGNOME non aveva neppure consapevolezza dell’esistenza dell’associazione di ‘ndrangheta e, tanto meno, che a capo della stessa vi fosse COGNOME NOME.
2.4. Con il quarto motivo, si contesta la sussistenza delle esigenze cautelari e l’esclusiva adeguatezza della misura custodiale.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati.
Il primo motivo di ricorso pone una controversa questione di diritto, dovendosi stabilire se il reato di cui all’art.319-ter cod. pen., allorchè consista i un accordo per rendere falsa testimonianza, richieda o meno che la promessa o la dazione del prezzo del reato intervengano dopo che il corrotto abbia assunto la qualifica di testimone.
La difesa ha invocato l’applicazione di una recente sentenza di questa Corte con la quale si è affermato che ai fini della configurabilità del delitto di corruzione in atti giudiziari, il testimone acquisisce la qualifica di pubblico ufficiale a segu del provvedimento del giudice di ammissione delle prove, sicché le condotte tenute prima di tale momento, quand’anche accompagnate dalla dazione di denaro o dall’offerta di utilità, non possono costituire indizi di tale delitto (Sez.6, n. 2 del 14/10/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287454 – 01).
Si è affermato, pertanto, che prima dell’assunzione della qualifica di testimone, il delitto di cui all’art. 319-ter cod. pen. non è configurabile, in quant il “corrotto” non ha assunto la qualifica soggettiva richiesta dalla norma incriminatrice.
Le affermazioni contenute nella richiamata pronuncia sono pienamente applicabili al caso di specie, dovendosi ribadire che il reato di corruzione in atti giudiziari, stante la natura di reato proprio, non è configurabile in assenza della preventiva acquisizione della qualifica pubblicistica del corrotto.
In base alla ricostruzione del fatto, confermativa dell’editto accusatorio, l’accordo, volto a ottenere la disponibilità dell’indagato a rendere falsa testimonianza, si sarebbe definitivamente perfezionato con la dazione del denaro ben prima dell’ammissione del teste e, quindi, dell’assunzione della qualifica pubblicistica.
2.1. Una volta esclusa la sussistenza della qualifica, ne consegue l’inconfigurabilità del reato di corruzione ex art. 319-ter cod. pen., pertanto, i relazione a tale imputazione, l’ordinanza impugnata e quella genetica devono essere annullate senza rinvio.
Il secondo motivo di ricorso, con il quale ricorrente censura la ricostruzione in fatto secondo cui, sulla base dell’intercettazione nel corso della quale COGNOME offriva all’indagato la somma di €100,00, non emergerebbe affatto l’effettiva accettazione della somma di denaro, è assorbito dall’accoglimento del primo motivo.
È fondato il terzo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta configurabilità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Sul punto, la motivazione resa dal Tribunale è meramente apparente, in quanto fondata sulla presunta consapevolezza dell’indagato di agevolare, mediante la sua falsa deposizione, l’associazione capeggiata da COGNOME.
Invero, il Tribunale non ha adeguatamente valutato che il tenore delle interlocuzioni era tale da dimostrare la volontà di COGNOME di compiacere COGNOME, anche in considerazione della remunerazione ricevuta, senza che ciò debba necessariamente presuppore la consapevolezza della condotta agevolatrice in favore dell’associazione.
Esaminando l’ambito applicativo dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa in relazione all’ipotesi del favoreggiamento, si è affermato che l’aggravante è configurabile solo qualora risulti provato che la condotta sia caratterizzata dalla coscienza e volontà di favorire, unitamente ai singoli indagati, anche le rispettive cosche di appartenenza (Sez.6, n. 24883 del 15/5/2019, COGNOME, Rv. 275988).
Il principio è estensibile anche all’ipotesi della falsa testimonianza, dovendosi distinguere il caso in cui il teste abbia agito esclusivamente per favorire l’indagato, ovvero se la condotta abbia avuto di mira anche l’agevolazione dell’associazione, soprattutto qualora non vi sia una sicura e diretta correlazione tra il procedimento nell’ambito del quale è stata resa la falsa testimonianza e l’ambito operativo dell’associazione stessa.
Ai fini della configurabilità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., la finalità perseguita dall’autore del delitto, on evitare il rischio della diluizione della circostanza nella semplice contestualità ambientale, dev’essere oggetto di rigorosa verifica sotto il duplice profilo della dimostrazione che il reato è stato commesso al fine specifico di favorire l’attività dell’associazione mafiosa e della consapevolezza dell’ausilio prestato al sodalizio (Sez.3, n. 45536 del 15/9/2022, COGNOME Rv. 284199-02).
4.1. Applicando tali principi al caso di specie, si impone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, dovendo il Tribunale verificare i presupposti dell’aggravante, così come sopra indicati, valutando se la falsa testimonianza sia stata resa essenzialmente per compiacere COGNOME NOME, anche in
considerazione della dazione di denaro ricevuto, ovvero se COGNOME avesse la consapevolezza che, con la propria condotta, andava ad avvantaggiare non già il
solo COGNOME NOME (nel processo a suo carico), ma la stessa associazione di stampo mafioso.
Quest’ultima verifica, peraltro, presuppone anche l’accertamento della consapevolezza in capo a Molea dell’esistenza dell’associazione, del ruolo in esso
ricoperto da COGNOME NOME e della strumentalità dell’assoluzione di COGNOME
NOME rispetto ai fini associativi.
4.2. L’accoglimento del motivo relativo alla sussistenza dell’aggravante contestata, nonché l’esclusione del reato di corruzione in atti giudiziari, impongono
al Tribunale del riesame di rivalutare nel loro complesso la sussistenza delle esigenze cautelari, anche in relazione alla scelta della misura eventualmente
ritenuta maggiormente idonea, con conseguente assorbimento del quarto motivo di ricorso.
PQM
Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata e l’ordinanza emessa in data 14/10/2024 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo 7 e rinvia per nuovo giudizio, in relazione al capo 6, al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod.proc. pen.
Così deciso il 3 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Preside e