Corrispondenza Detenuto: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Reclamo
Il diritto alla comunicazione è un aspetto fondamentale anche per chi si trova in stato di detenzione. La gestione della corrispondenza detenuto è, tuttavia, soggetta a controlli rigorosi per ragioni di sicurezza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 34608/2024) fa luce sui meccanismi procedurali per contestare il trattenimento di una lettera, chiarendo quali atti siano effettivamente impugnabili e quali no.
I fatti del caso: la lettera trattenuta
Un detenuto si era visto trattenere una missiva a lui indirizzata dalla direzione dell’istituto penitenziario. L’atto di trattenimento era stato posto in essere in attesa della valutazione da parte del Magistrato di Sorveglianza, come previsto dalle norme sul controllo della corrispondenza. Ritenendo leso il proprio diritto, il detenuto ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che aveva confermato la legittimità della procedura.
I motivi del ricorso e l’analisi della Corte sulla corrispondenza detenuto
Il ricorrente basava la sua impugnazione su due motivi principali:
1. La presunta illegittimità del trattenimento operato dal direttore del carcere, considerato un atto non immediatamente comunicato all’interessato e quindi lesivo.
2. Una contestazione sulla valutazione di pericolosità del contenuto della missiva, ritenuta un vizio di motivazione.
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sulla procedura di controllo della corrispondenza detenuto.
L’atto del direttore del carcere: un passaggio intermedio non reclamabile
Il primo punto affrontato dalla Corte riguarda la natura dell’atto di trattenimento compiuto dalla direzione penitenziaria. I giudici supremi, richiamando precedenti conformi, hanno stabilito che questo atto non è un provvedimento autonomo e definitivo, ma un’azione meramente provvisoria e funzionale. Il suo unico scopo è sottoporre la lettera al Magistrato di Sorveglianza, che è l’unica autorità competente a decidere se consegnarla o meno al destinatario.
Di conseguenza, l’atto del direttore non è immediatamente reclamabile. L’unico provvedimento contro cui il detenuto può proporre reclamo è quello finale emesso dal magistrato, che sostituisce e definisce l’operato dell’autorità amministrativa.
La valutazione sulla pericolosità: una questione di merito
Quanto al secondo motivo, la Corte ha ribadito un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione non può entrare nel merito dei fatti. La valutazione sulla pericolosità del contenuto della lettera, basata su elementi oggettivi come le modalità di composizione al computer, costituisce un apprezzamento di fatto. Tale valutazione, se motivata in modo logico dal giudice di merito (in questo caso, il Tribunale di Sorveglianza), non può essere rivalutata in sede di legittimità.
Le motivazioni
La decisione della Corte si fonda su una chiara distinzione procedurale stabilita dall’art. 38 del d.P.R. 230/2000. La norma delinea un percorso a due fasi: la prima, amministrativa e provvisoria, gestita dal direttore del carcere, ha lo scopo di intercettare comunicazioni potenzialmente pericolose; la seconda, giurisdizionale e definitiva, è di competenza del Magistrato di Sorveglianza. Solo questa seconda fase produce un atto decisorio e, come tale, soggetto a impugnazione. Confondere i due piani significherebbe intasare il sistema giudiziario con ricorsi contro atti preparatori e non ancora lesivi di un diritto in via definitiva. Inoltre, la Corte sottolinea la propria funzione di giudice della legge, non dei fatti. Il tentativo del ricorrente di ottenere una nuova valutazione della pericolosità della lettera esula dalle competenze della Cassazione, la quale si limita a controllare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio in materia di diritti dei detenuti e procedura penale. In tema di controllo sulla corrispondenza detenuto, il momento per far valere le proprie ragioni sorge solo dopo la decisione del Magistrato di Sorveglianza. Il trattenimento preventivo da parte della direzione carceraria è un atto endo-procedimentale, necessario per attivare il controllo giurisdizionale, ma privo di autonoma impugnabilità. Questa pronuncia offre quindi una guida chiara agli operatori del diritto e ai diretti interessati su come e quando agire per tutelare il diritto alla corrispondenza in ambito penitenziario.
È possibile impugnare direttamente l’atto con cui il direttore del carcere trattiene una lettera indirizzata a un detenuto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’atto del direttore del carcere ha natura meramente provvisoria e funzionale a sottoporre la missiva al Magistrato di Sorveglianza. Non è un provvedimento autonomamente reclamabile.
Quale atto è reclamabile in materia di controllo sulla corrispondenza di un detenuto?
L’unico atto contro cui è possibile proporre reclamo è il provvedimento finale del Magistrato di Sorveglianza, che decide in via definitiva se trattenere o consegnare la corrispondenza al detenuto.
La Corte di Cassazione può riesaminare la valutazione sulla pericolosità del contenuto di una lettera?
No. La valutazione della pericolosità del contenuto di una missiva costituisce un apprezzamento di merito. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34608 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34608 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso proposto da NOME COGNOME e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che le censure articolate in entrambi i motivi di impugnazione non superano il vaglio preliminare di ammissibilità.
1. Il primo motivo, come già chiarito da questa Corte in un caso sovrapponibile (Sez. 7, n. 50048 del 26/09/2019, NOME, non massimata), muove rilievi in palese contrasto con i contenuto dell’art. 38 d.P.R. n. 230 del 2000 che individua nel primo intervento sulla corrispondenza del direttore ai sensi del comma sesto un atto meramente funzionale alla segnalazione al magistrato di sorveglianza senza necessità di alcuna comunicazione all’interessato che è invece imposta dal successivo comma dieci con riferimento al provvedimento di trattenimento disposto dal magistrato di sorveglianza.
In questa prospettiva la giurisprudenza h chiarito che, in tema di controllo della corrispondenza nei confronti di un detenuto in regime differenziato ex art. 41-bis Ord. pen., non è immediatamente reclamabile l’atto materiale di trattenimento di una missiva al medesimo diretta compiuto dalla direzione dell’istituto di pena ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, al fi di dare esecuzione al provvedimento con cui l’autorità giudiziaria abbia disposto il visto di controllo e la limitazione della corrispondenza ai sensi dell’art. 18-te commi 1 e 3, Ord. pen., atteso che il predetto atto ha natura meramente provvisoria e funzionale a sottoporre la missiva alla valutazione di tale autorità, unica competente a decidere in ordine alla sua consegna al destinatario, con la conseguenza che soltanto avverso il provvedimento di essa, in quanto destiNOME a sostituire l’operato dell’autorità amministrativa, può essere proposto reclamo (Sez. 1, n. 31046 del 20/10/2020, Pagano, Rv. 279993).
Il secondo motivo sollecita, nella sostanza, non consentiti apprezzamenti di merito e denunzia vizi motivazionali non rilevabili in questa sede anche tenuto conto che l’ordinanza impugnata ha desunto la pericolosità del contenuto della missiva da un dato oggettivo quali le caratteristiche con cui era stato composto al PC il biglietto allegato.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 1 luglio 2024.