Corrispondenza detenuto: quando il controllo è legittimo?
La gestione della corrispondenza detenuto rappresenta un punto di delicato equilibrio tra le esigenze di sicurezza e prevenzione dello Stato e il diritto fondamentale alla comunicazione della persona privata della libertà. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito i principi che regolano il controllo giudiziale su tale corrispondenza, chiarendo i requisiti di motivazione necessari per limitarla. Questo articolo analizza la decisione, offrendo una spiegazione chiara per comprendere i confini di questo importante diritto.
I Fatti del Caso
Un detenuto presentava ricorso in Cassazione contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo provvedimento aveva imposto delle limitazioni alla sua corrispondenza. Il ricorrente contestava la legittimità di tale controllo, ritenendo che la motivazione addotta dal Tribunale non fosse sufficientemente specifica e dettagliata.
Il Controllo sulla Corrispondenza Detenuto: La Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato. I giudici supremi hanno confermato la validità del provvedimento del Tribunale di Sorveglianza, allineandosi a un orientamento giurisprudenziale consolidato.
La decisione si basa su un principio fondamentale: nel procedimento di controllo della corrispondenza di un detenuto, non è necessaria una motivazione analitica e dettagliata da parte del giudice. È invece sufficiente un “richiamo”, anche non esplicitato in modo approfondito, al contenuto della comunicazione oggetto del controllo.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha specificato che il provvedimento impugnato era coerente con la giurisprudenza di legittimità (in particolare, con la sentenza n. 17805/2021). La chiave di volta risiede nel corretto bilanciamento tra due interessi contrapposti:
1. L’interesse pubblico: volto a salvaguardare esigenze investigative o a prevenire la commissione di ulteriori reati.
2. Il diritto di difesa del detenuto: che deve essere messo in condizione di comprendere le ragioni della limitazione imposta.
Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva giustificato il diniego facendo riferimento a una parte della lettera in cui il detenuto, in un contesto privo di attinenza con il resto del testo, faceva riferimento a periodi trascorsi in libertà e dava “suggerimenti ai familiari su comportamenti da tenere”. Questo elemento è stato ritenuto sufficiente a giustificare il controllo, in quanto idoneo a far comprendere al detenuto le ragioni della limitazione, permettendogli così di esercitare pienamente il suo diritto di difesa.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La pronuncia della Cassazione ribadisce che il controllo sulla corrispondenza detenuto non richiede motivazioni eccessivamente dettagliate che potrebbero compromettere le stesse esigenze di sicurezza che intendono proteggere. È sufficiente che la motivazione, seppur sintetica, indichi gli elementi della comunicazione ritenuti problematici. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a conferma della manifesta infondatezza delle sue doglianze.
È sufficiente un riferimento generico per giustificare il controllo sulla corrispondenza di un detenuto?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, è sufficiente un “richiamo, anche non analiticamente esplicitato,” al contenuto della comunicazione, a condizione che sia assicurato un corretto bilanciamento tra le finalità di pubblico interesse e il diritto di difesa del detenuto.
Per quale motivo specifico il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché il provvedimento impugnato aveva adeguatamente motivato il diniego. La motivazione faceva riferimento a contenuti specifici della lettera, come i suggerimenti ai familiari su comportamenti da tenere, ritenuti sufficienti a giustificare la limitazione.
Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3647 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3647 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/07/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso sono manifestamente infondati, in quanto i contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, secondo cui n procedimento di controllo della corrispondenza del detenuto, è sufficiente il “richiamo, anche no analiticamente esplicitato, da parte del provvedimento giudiziale al contenuto del comunicazione, che dovrà avvenire con modalità idonee ad assicurare il corretto bilanciamento tra le finalità di pubblico interesse volte a salvaguardare le esigenze investigative prevenzione soddisfatte dal trattenimento e il diritto di difesa del detenuto sulle ragioni limitazione” (Sez. 1, Sentenza n. 17805 del 05/03/2021, Mezzasalma, Rv. 281278), giurisprudenza con cui è coerente il provvedimento impugnato che esplicita le ragioni del diniego nel riferimento formulato dal detenuto, in contesto privo di attinenza con il resto del conten della lettera, ai periodi trascorsi in libertà con suggerimenti ai familiari su comportament tenere;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitatíva, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023.