Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36744 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36744 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/serlile-le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME NOME ricorre avverso l’ordinanza emessa in data 1 febbraio 2024 dal Tribunale di sorveglianza di Perugia, che ha rigettato il reclamo ex art. 18-ter, comma 6, legge 26 luglio 1975, n. 354 avverso il provvedimento del 24 aprile 2023, con il quale il Magistrato di sorveglianza di Spoleto aveva trattenuto nei suoi confronti una missiva inviata alla sorella, NOME.
Il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che le finalità dell’invio da parte del detenuto, ristretto ai sensi dell’art. 41-bis Ord. pen., non erano chiare, attesa la natura del rapporto tra i soggetti coinvolti, il tono delle espressioni usate l’eccessività delle reazioni descritte e l’utilizzo di frasi minacciose, tanto determinare un pericolo per l’ordine e la sicurezza.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 18-ter Ord. pen. e 15 Cost., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe affermato in maniera apodittica che le espressioni utilizzate nella missiva potessero determinare una situazione di pericolo concreto alle esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
Dalla lettura dell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza e del provvedimento del Magistrato di sorveglianza, infatti, non sarebbe possibile comprendere quali espressioni utilizzate dal detenuto avrebbero determinato un pericolo tanto marcato da giustificare la compromissione dì un diritto costituzionalmente garantito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova evidenziare che, ai sensi dell’art. 18-ter, comma 1, lett. b), commi 3 e 5, Ord. pen., su richiesta del pubblico ministero o su proposta del Direttore dell’Istituto, il Magistrato di sorveglianza può disporre che la corrispondenza dei detenuti sia sottoposta a visto di controllo e, quindi, anche che sia trattenuta per esigenze attinenti alle indagini, per esigenze investigative, di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’Istituto penitenziario.
Detta norma va necessariamente coordinata con quella di cui all’art. 41-bis Ord. pen. che, nel disciplinare le limitazioni cui può essere sottoposto il detenuto, prevede espressamente al comma 2-quater, lett. e), la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza per esigenze di ordine o di sicurezza pubblica e per impedire i collegamenti del detenuto con l’organizzazione criminale, terroristica od eversiva di appartenenza.
In tale contesto, il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo proposto, evidenziando che il tono delle espressioni usate, l’eccessività delle reazioni descritte nella missiva e l’utilizzo di frasi molto crude e minacciose, che apparivano sproporzionate e inconferente al contesto descritto, anche considerando che la missiva era rivolta a una persona legata al detenuto da un vincolo di sangue, rendeva poco chiare le finalità avute dal detenuto, tanto da integrare un pericolo per l’ordine e la sicurezza.
Si ritiene, quindi, che la motivazione dell’impugnato provvedimento sia sufficiente ed adeguata, atteso che in esso si fa riferimento al linguaggio ed alla terminologia usati dalla pubblicazione trattenuta, con ciò dimostrando che è stato valutato specificamente il contenuto dello scritto, e va ritenuto che l’obbligo della motivazione può ritenersi assolto qualora, come nel caso in esame, emerga che il giudice abbia preso in esame tutti gli elementi e li abbia valutati con modalità non palesemente illogiche.
La motivazione del provvedimento con cui il Tribunale di sorveglianza rigetti il reclamo del detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen. che lamenti il trattenimento di una pubblicazione indirizzatagli, ben può essere sintetica, pur dovendo da essa emergere l’effettuata, adeguata, disamina dello specifico caso concreto (Sez. 1, n. 3713 del 04/12/2008, dep. 2009, Lioce, Rv. 242525), come avvenuto nel caso di specie.
In tema di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale, inoltre, la decisione di non inoltro può essere legittimamente motivata sulla base di elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo (Sez. 1, n. 9689 del 12/02/2014, Virga, Rv. 259472).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 30/05/2024