Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27781 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27781 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a TROPEA il 29/11/1971
avverso l’ordinanza del 01/04/2025 del TRIBUNALE di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Letti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i ricorsi;
rilevato che:
con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro ha rigettato il reclamo presentato da COGNOME, sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis ord. pen., avverso il provvedimento con cui era stato disposto il trattenimento di una missiva in entrata, in quanto – inviata da un mittente che non palesava la sua identità – contenente aspri rilievi critici alla scelta del detenuto di coltivar rapporto con i propri familiari, evocando la contrapposizione ad un gruppo esterno, tale da apparire suscettibile di veicolare messaggi relativi a vicende illecite, nonché in considerazione della reiterata trasmissione di missive simili, contenenti l’esternazione di sentimenti di ostilità nei confronti dei familiari del detenuto co toni sempre più accesi;
avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME (sia per mezzo del difensore che personalmente), deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 18 e 41-bis ord. pen. e motivazione illogica, avendo il Tribunale considerato esclusivamente l’anonimato della missiva ed i toni aspri in essa contenuti;
considerato, quanto al ricorso presentato dal difensore:
che la legge n. 95 del 2004 ha introdotto nell’ordinamento penitenziario l’art. 18-ter, recante disposizioni in materia di visto di controllo sulla corrispondenza dei detenuti, che individua innanzitutto quali sono le condizioni che legittimano l’attivazione dei meccanismi di controllo, individuandole nelle “esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati ovvero per ragioni di sicurezza e di ordine dell’istituto”;
la sottoposizione al visto di controllo della corrispondenza (che, pur essendo strumento a spiccata connotazione di cautela, non incide sulla possibilità stessa di esercitare pienamente il diritto di corrispondenza con l’esterno del carcere) si configura come un’ulteriore ipotesi utile al conseguimento legittimo delle finalità di tutela dell’ordine e sicurezza pubblica sottese alla norma di cui all’art. 41-bis ord. pen., allo scopo di interrompere i collegamenti tra il singolo e l’organizzazione criminosa di appartenenza;
si deve rilevare che il ricorso non si confronta con le ragioni della ordinanza impugnata, avendo il provvedimento impugnato reso con chiarezza il pericolo di veicolo di messaggi relativi a vicende illecite, idonei questi a esporre a pericolo la sicurezza e l’ordine pubblico, anche in considerazione della natura non isolata di missive dal contenuto simile;
la giurisprudenza di legittimità ha affermato che «In tema di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale ai sensi
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dell’art.
41-bis ord. pen., la decisione di non inoltro, per essere legittima, deve
essere motivata, sia pur sinteticamente e tenendo conto del bilanciamento tra ragioni ostensibili e rilievi non consentiti per esigenze investigative, sulla base di
elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo» (Sez. 5, n.
32452 del 22/02/2019, Falsone, Rv. 277527);
pertanto, il ricorso del difensore è inammissibile, risultando basato su motivi manifestamente infondati, che pongono l’accento su profili privi di decisività a
discapito delle effettive ragioni fondanti la decisione;
anche il ricorso presentato personalmente da NOME deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto da non legittimato (invero, dalla data
dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, si è esclusa la facoltà
dell’imputato, e quindi anche del condannato, di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che esso deve essere in ogni caso sottoscritto, a
pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte d cassazione – artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen.; Sez. U, n.
8914 del 21/12/2017 – dep. 2018, COGNOME, Rv. 272010);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/07/2025