Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 457 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 457 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN CIPRIANO D’AVERSA il 25/03/1948
avverso l’ordinanza del 25/05/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto procuratore NOME COGNOME che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilit del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 25 maggio 2023 il Tribunale di Napoli ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord.pen., avverso il decreto emesso in data 13 ottobre 2022 dal Giudice per le indagini preliminari di Napoli, che ha disposto il trattenimento di alcune missive da lui inviate ai familiari.
Il Tribunale ha ritenuto condivisibile il provvedimento impugnato, perché motivato dal fatto che il detenuto, in una lettera inviata alla moglie, aveva inserito una lettera indirizzata al figlio residente ad altro indirizzo e quindi non convivente, in violazione dello specifico divieto stabilito dal regolamento del D.A.P. per i detenuti sottoposti al regime differenziato.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., in relazione all’art. 41-bis, comma 2 quater, lett. e), Ord. Pen. e 18-ter Ord.pen.
Il Tribunale ha rigettato il reclamo richiamando un regolamento del D.A.P. non specificato, senza motivare sulle ragioni di ordine e sicurezza che imponevano il blocco delle missive in questione. Il divieto di inserire in una missiva un’altra missiva indirizzata ad un familiare non convivente non è previsto da alcuna norma dell’ordinamento penitenziario, e neppure da alcun regolamento del D.A.P. Appare quindi illegittimo il trattenimento della corrispondenza giustificato non dal suo contenuto ma solo dall’inserimento di più missive in un’unica busta, non avendo il Tribunale neppure motivato sul perché tale condotta metta in pericolo l’ordine o la sicurezza pubblici.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, per la sua manifesta infondatezza
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, e deve essere dichiarato inammissibile.
Il divieto di inserire in un’unica busta missive indirizzate a persone diverse dal destinatario e non conviventi è specificamente previsto dalla circolare del D.A.P. n. 3676/6126 del 02/10/2017, che all’art. 18 recita «Non è consentita la
spedizione in unica busta di più missive indirizzate a persone diverse ad eccezione dei familiari conviventi». L’ordinanza impugnata è quindi corretta, perché ha confermato un provvedimento di trattenimento della corrispondenza inviata dal detenuto fondato su una regolamentazione prevista da tempo dall’Amministrazione penitenziaria, e conosciuta o conoscibile dal detenuto stesso.
Il divieto imposto dalla circolare, peraltro, non appare arbitrario ma, al contrario, è legittimo in quanto disposto dall’autorità amministrativa secondo il potere attribuitogli dal legislatore con gli arlit. 41-bis, comma 2-quater, Ord.pen e 18-ter Ord.pen., in merito al controllo della corrispondenza, e in quanto determinato da evidenti ragioni di sicurezza. L’inserimento di una missiva destinata ad altra persona in una busta indirizzata ad un p reciso destinatario mira ad eludere il controllo sulla corrispondenza inviata dal detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord.pen., perché in tal modo viene occultato il nominativo del destinatario di quella missiva. Tale modalità, inoltre, è idonea a veicolare messaggi criptici o ad imporre contatti tra il destinatario manifesto e quello occultato, in quanto obbliga il primo a recapitare la missiva a quest’ultimo.
L’ordinanza impugnata è quindi sufficientemente motivata con il mero richiamo al contenuto della circolare del D.A.P., avendo l’Amministrazione penitenziaria, nell’ambito dei suoi poteri regolamentari, valutato in modo congruo e non arbitrario la sussistenza di ragioni di sicurezza che impongono l’adozione del divieto sopra indicato.
Il ricorso, pertanto, è manifestamente infondato, in quanto afferma erroneamente l’inesistenza di un provvedimento del D.A.P. relativo al divieto di inserimento di più missive in un’unica busta, e afferma altrettanto erroneamente la mancanza di giustificazioni per tale imposizione.
Esso deve perciò essere dichiarato inammissibile, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», egli deve essere condannato al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente