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Corrispondenza detenuti 41-bis: stop a più lettere

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un carcerato in regime speciale. Il soggetto si era visto trattenere una missiva perché, all’interno della busta indirizzata alla moglie, ne aveva inserita un’altra per il figlio non convivente. La Corte ha confermato la legittimità del provvedimento, evidenziando come la normativa penitenziaria, per ragioni di sicurezza, vieti la pratica della corrispondenza detenuti 41-bis multipla in un’unica spedizione a destinatari diversi.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Corrispondenza Detenuti 41-bis: La Cassazione Conferma il Divieto di Lettere Multiple

La gestione della corrispondenza detenuti 41-bis rappresenta un tema delicato, in cui si bilanciano il diritto del carcerato a mantenere legami affettivi e le imprescindibili esigenze di sicurezza dello Stato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 457 del 2024, ha ribadito la legittimità delle restrizioni in materia, confermando il divieto di inserire più lettere, indirizzate a persone diverse e non conviventi, all’interno di un’unica busta.

I Fatti del Caso: La Corrispondenza Intercettata

Il caso ha origine dalla decisione del Giudice per le indagini preliminari di Napoli di trattenere alcune missive inviate da un detenuto sottoposto al regime differenziato previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario. Il detenuto aveva inviato una lettera alla moglie, ma all’interno della stessa busta aveva inserito un’altra missiva destinata al figlio, residente presso un altro indirizzo.

Contro questo provvedimento, il detenuto aveva proposto reclamo al Tribunale di Napoli, che lo aveva però respinto. Il Tribunale aveva motivato la sua decisione sulla base della violazione di uno specifico divieto imposto dal regolamento del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) per i soggetti in regime di 41-bis. Insoddisfatto, il detenuto ha presentato ricorso in Cassazione.

Il Controllo sulla Corrispondenza Detenuti 41-bis

La difesa del ricorrente sosteneva che il trattenimento della corrispondenza fosse illegittimo. A suo avviso, nessuna norma di legge o regolamento penitenziario prevedeva espressamente il divieto di inserire due lettere in un’unica busta. Inoltre, la difesa lamentava che il Tribunale non avesse motivato adeguatamente le ragioni di ordine e sicurezza pubblica che avrebbero giustificato il blocco delle missive, ritenendo il provvedimento basato non sul contenuto delle lettere ma sulla mera modalità di spedizione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nell’esistenza di una precisa disposizione regolamentare che disciplina la materia. Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la circolare del D.A.P. n. 3676/6126 del 02/10/2017, all’art. 18, stabilisce chiaramente: «Non è consentita la spedizione in unica busta di più missive indirizzate a persone diverse ad eccezione dei familiari conviventi».

Secondo la Cassazione, questo divieto non è né arbitrario né illegittimo. Al contrario, trova la sua giustificazione nelle evidenti ragioni di sicurezza che sono alla base del regime differenziato. L’inserimento di una lettera ‘nascosta’ all’interno di un’altra mira, infatti, a eludere il controllo sulla corrispondenza. Questa pratica ha due principali implicazioni negative:
1. Occultamento del destinatario: Viene nascosto il nominativo del reale destinatario della seconda missiva, rendendo più difficile il monitoraggio dei contatti del detenuto.
2. Veicolo di messaggi criptici: Tale modalità può essere utilizzata per trasmettere messaggi cifrati o per imporre al primo destinatario (quello ‘ufficiale’) di fungere da tramite per recapitare comunicazioni a un secondo soggetto (quello ‘occultato’).

La Corte ha specificato che il provvedimento dell’amministrazione penitenziaria, recepito dal Tribunale, è frutto di una valutazione congrua e non arbitraria delle esigenze di sicurezza, rientrando pienamente nei poteri regolamentari attribuiti dalla legge per la gestione della corrispondenza detenuti 41-bis.

Le Conclusioni: Inammissibilità e Principio di Diritto

In conclusione, la Corte di Cassazione ha affermato che il ricorso era basato su un presupposto errato, ovvero l’inesistenza di un divieto specifico. Essendo tale divieto previsto da una circolare nota (o che dovrebbe essere nota) al detenuto e giustificato da valide ragioni di sicurezza, il provvedimento di trattenimento della corrispondenza è risultato pienamente legittimo.

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, in linea con i principi stabiliti dalla Corte Costituzionale per i casi di ricorso proposto ‘senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’.

Un detenuto in regime 41-bis può inserire una lettera per un’altra persona in una busta indirizzata a un familiare?
No, non può farlo se l’altra persona non è convivente con il destinatario principale. Una specifica circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) vieta la spedizione in un’unica busta di più missive indirizzate a persone diverse, ad eccezione dei familiari conviventi.

Perché esiste questo divieto sulla corrispondenza dei detenuti in 41-bis?
Il divieto è basato su fondamentali ragioni di sicurezza. Serve a impedire che il detenuto eluda i controlli, nascondendo il vero destinatario di un messaggio, e a prevenire la veicolazione di messaggi criptici o l’imposizione di contatti tra persone all’esterno del carcere.

Cosa accade se un detenuto viola questa regola sulla corrispondenza?
Come confermato dalla sentenza, la corrispondenza inviata in violazione di questa regola può essere legittimamente trattenuta dall’autorità penitenziaria. Qualsiasi ricorso basato sulla presunta inesistenza di tale divieto è destinato ad essere dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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