Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8414 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8414 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MESSINA il 04/10/1984
avverso l’ordinanza del 02/10/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lettetrentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stata chies declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Messina ha rigettat reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso nei suoi confronti dal Consigliere della medesima Corte, dott. NOME COGNOME con c veniva disposto il trattenimento di una missiva inviata dal suddetto, imput sottoposto al regime detentivo differenziato di cui all’art. art. 41-bis Ord. pen., nel procedimento dinanzi a detta Corte, e avente come destinatario NOME COGNOME
Ha rilevato, invero, detto Tribunale che: – il blocco della missiva ap fondato su ragioni di salvaguardia dell’ordine e della sicurezza, meritevo tutela in via prioritaria rispetto al diritto alla corrispondenza del detenu contenuto della suddetta missiva emerge la presenza di un cuoricino co all’interno lettere alfabetiche puntate tiii~ che potrebbero messaggi criptici, inviati all’esterno dal detenuto, in relazione a situa attività illecite; – la natura della relazione intrattenuta dal detenu destinataria della missiva non appare dirimente, essendo logico presumere ch vengano utilizzate proprio le persone con cui il medesimo vanta un rapporto p intimo per filtrare informazioni riservate.
Avverso tale ordinanza COGNOME ricorre, tramite il proprio difensore, cassazione.
2.1. Col primo motivo di ricorso deduce violazione di legge e in particol dell’art. 34 cod. proc. pen. per incompatibilità del Presidente del Collegio.
Lamenta il difensore che il Presidente del collegio ed estensore provvedimento impugnato è la medesima persona fisica che ha redatto il provvedimento di trattenimento della missiva. Si rileva che tale circostanza resa nota al detenuto solo con la notifica del provvedimento, non avendo medesimo partecipato all’udienza per essere stato il provvedimento assunto nel forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen., con impossibilità, quindi, di r all’istituto della ricusazione, che è proprio dell’imputato e non del suo difen
2.2. Col secondo motivo vengono dedotti violazione degli artt. 18-ter, bis, 69 I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), 2, 3, 25, 111 Cost., 3 e 6 C
vizio di motivazione in ordine alle ragioni per le quali è stato disposto i trattenimento della missiva.
Si duole la difesa che il provvedimento col quale è stato disposto il trattenimento sia privo di qualsivoglia motivazione (“V° si trattenga”); e che in merito a tale lacuna la Corte di appello non ha espresso alcun giudizio limitandosi a colmarla con una motivazione che dà atto di un’operazione ermeneutica che non coglie nel segno, essendosi, invero, spiegato con memoria difensiva che le iniziali interne al cuore (N.R.D.M.N. e non N.R.D.R.N. come indicato nel provvedimento impugnato, che travisa al riguardo il contenuto della stessa missiva) corrispondevano alle iniziali del nucleo familiare, e in particolare della coppia, NOME e NOME (N.R.), della figlia del detenuto, NOMECOGNOME, della figlia della convivente, NOMECOGNOME, e del nome scelto per l’eventuale figlio nascituro della coppia in caso di esito positivo della procedura di FIVET, NOME (N.). Rileva, inoltre, il difensore che non è stata valutata l’estraneità della Multa ad ogni contesto criminoso.
Alla luce dei suddetti motivi, la difesa insiste per l’annullamento del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Manifestamente infondata è la doglianza di cui al primo motivo di impugnazione.
Invero, il provvedimento di trattenimento risulta redatto dal Consigliere della Corte di appello di Messina NOME COGNOME che non risulta componente del Collegio che ha deciso il reclamo e ha emesso l’ordinanza oggetto di impugnazione in questa sede (come è dato evincere dalla lettura di detta ordinanza).
Peraltro, l’esistenza di una causa d’incompatibilità – che, per quanto appena osservato, non ricorre nel caso in esame – non incidendo sulla capacità del giudice non determina la nullità del provvedimento adottato, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione e ricusazione, da far valutare tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen. (per tutte Sez. 6, n. 18707 del 09/02/2016, COGNOME, Rv. 266990).
1.2. Infondato è il secondo motivo di ricorso.
Ai sensi dell’art. 18-ter, comma 1, lett. b), commi 3 e 5, Ord. pen., su richiesta del Pubblico ministero o su proposta del Direttore dell’istituto penitenziario, il giudice procedente può disporre che la corrispondenza dei detenuti sia sottoposta a visto di controllo e, quindi, anche che sia trattenuta per
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esigenze attinenti alle indagini, per esigenze investigative, di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto.
Detta norma va, poi, coordinata con quella di cui all’art. 41-bis Ord. pen. che, nel disciplinare le limitazioni cui può essere sottoposto il detenuto sottoposto a regime speciale di detenzione, prevede espressamente al comma 2quater, lett. e), la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza per esigenze di ordine e di sicurezza pubblica e per impedire i collegamenti del detenuto con l’organizzazione criminale, terroristica o eversiva di appartenenza.
In tale contesto, la Corte di appello fornisce una motivazione immune da censure laddove, nei termini specificamente sopra riportati, ritiene integrato dal contenuto della missiva un pericolo per l’ordine e la sicurezza. E lo fa, con specifico riferimento al linguaggio e alla terminologia usati nella missiva trattenuta, con ciò dimostrando che è stato specificamente valutato il contenuto dello scritto con modalità non palesemente illogiche.
Va, al riguardo, osservato che, in tema di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale, la decisione di non inoltro può essere legittimamente motivata sulla base di elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo (Sez. 1, n. 9689 del 12/02/2014, COGNOME, Rv. 259472: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva disposto il trattenimento di una missiva in ragione di anomale indicazioni di numeri e di persone).
Di contro, il motivo di ricorso dimostra la sua infondatezza, limitandosi a contestare le argomentazioni dell’ordinanza impugnata, seppure scevre da vizi logici e giuridici, e a fare leva sull’omessa considerazione di una memoria che non sembra offrire una giustificazione chiarificatrice dello scritto, considerato che il condannato risulta chiamarsi NOME e non NOME e che l’ultima iniziale viene ricollegata a un possibile futuro figlio della coppia (che, inoltre, avrebbe dovuto chiamarsi NOME e non NOME).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.