Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7359 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7359 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
I
NOME GLYPH nato a omissis
I
avverso la sentenza del 25/01/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
uditi i difensori:
L’avv. COGNOME conclude per l’inammissibilità, in subordine per il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni scritte unitamente alla nota spese;
L’avv. NOME COGNOME insiste nell’accoglimento del ricorso. Si rimette alla Corte per quanto riguarda la questione sulla prescrizione.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 25 gennaio 2023, la Corte d’appello di Lecce ha confermato la decisione con cui, in primo grado, GLYPH P.V. GLYPH è stata ritenuta responsabile del delitto di cui all’art. 616, secondo comma, cod. pen., e condannata alla pena ritenuta di giustizia. Dalla rubrica risulta che l’imputata, «avendo preso cognizione del contenuto di corrispondenza ch usa, destinata al coniuge, ne rivelava il contenuto senza giusta causa; in particolare, giungevano presso l’indirizzo dell’abitazione familiare comunicazioni da parte della banca destinate al coniuge relative al buon esito di quattro bonifici effettuati dallo stesso. L’imputata prendeva cognizione di tale corrispondenza bancaria, non avvertiva il marito e, senza giusta causa, ne rivelava il contenuto esibendo tale documentazione durante la prima udienza della causa civile di separazione tra i due coniugi, tenutasi in data 8 ottobre 2015 presso il Tribunale di Brindisi».
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai tre motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc pen.
2.1. Con il primo motivo, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 47, primo comma, cod. pen., per avere la Corte territoriale omesso completamente di motivare a proposito dell’esclusione dell’esimente della giusta causa dedotta in appello. La Corte d’appello avrebbe altresì errato nell’applicare la legge penale, dal momento che l’imputata aveva chiaramente illustrato quale fosse la giusta causa che l’aveva indotta a rivelare il contenuto della corrispondenza destinata al marito, producendo, in occasione dell’udienza della causa civile di separazione del 8 ottobre 2015, la documentazione bancaria. Infatti, l’imputata nutriva la ragionevole convinzione che una parte delle somme trasferite dal coniuge con i quattro bonifici bancari spettassero a lei, ai fini dell’assegno di mantenimento. Sia in sede di ,nterrogatorio sia all’udienza sopra indicata, l’imputata aveva provato di aver agito presupponendo una realtà diversa da quella effettiva.
2.2 Il secondo motivo ha oggetto, ex novo, l’esimente deka giusta causa e s’incentra sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione dell’impugnata sentenza per avere la Corte territoriale immotivatamente applicato al caso di specie un orientamento giurisprudenziale non indiscusso, secondo il quale la giusta causa di cui all’art. 616, comma secondo, cod. pen., presuppone che la produzione in giudizio della documentazione bancaria sia l’unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge-controparte, considerato che, ex art. 210 cod.
proc. civ., il giudice, può, ad istanza di parte, ordinare all’altra parte o ad un terzo, l’esibizione di documenti di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo (Sez. 5, n. 35383 del 29/03/2011, COGNOME, Rv. 250925 – 01).
In tal modo, la Corte territoriale avrebbe ingiustificatamente tralasciato un diverso orientamento di questa Corte, che ha evidenziato la fluidità del concetto di giusta causa, affidata dal legislatore al concetto generico di giustizia; spetterebbe, pertanto, al giudice valutare, di volta in volta, la liceità dei motivi che determinano il soggetto ad un certo atto o comportamento (Sez. 5, n. 8838 del 10/07/1997, COGNOME, Rv. 208613 – 01, dove la Corte ha ritenuto sussistere la giusta causa relativamente alla rivelazione del contenuto della corrispondenza del coniuge in un giudizio civile di separazione).
Nel caso di specie, l’unico mezzo processuale a disposizione dell’imputata era la produzione dei documenti attestanti la movimentazione bancaria all’udienza presidenziale sopra indicata, dal momento che, in una tale udienza, non sarebbe stato assolutamente possibile ricorrere allo strumento di cui all’articolo 210 cod. proc. civ., utilizzabile soltanto dinanzi al giudice istruttore.
2.3 Col terzo motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla denegata applicazione dell’esimente di cui all’art. 131-bis del codice di rito, non avendo la Corte territoriale fornito alcuna ragione in merito all’ipotizzato “indubbio rilievo patrimoniale” cui sarebbe stata finalizzata la condotta dell’imputata.
All’udienza del 24 ottobre 2023 si è svolta la trattazione orale del processo.
Considerato in diritto
Va, innanzitutto, rilevato che in data 8 aprile 2023 è spirato, in assenza di cause di sospensione, il termine di prescrizione di sette anni e sei mesi decorrente dal tempus commissi delitti (8 ottobre 2015). Poiché, per le ragioni che si diranno, non emerge l’evidenza di cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., la sentenza impugnata va annullata agli effetti penali, per essere il reato estinto per prescrizione. Tanto comporta l’assorbimento del terzo motivo di ricorso che investe la mancata applicazione della causa di non punibilità di c:ui all’art. 131 bis cod. pen.
Occorre, tuttavia, delibare le questioni sollevate con i primi due motivi di ricorso, alla luce della presenza di statuizioni civilistiche (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244273 – 01).
Le doglianze, esaminabili congiuntamente, sono infondate, dal momento che la Corte territoriale ha affrontato le questioni prospettate con l’atto di appello, rilevando come, al di là della smentita della tesi difensiva di avere rinvenuto la documentazione nella cartella delle comunicazioni bancarie del marito, la giusta causa di cui all’art. 616 cod. pen. non è ravvisabile nella condotta di colui che sottragga la corrispondenza bancaria inviata al coniuge per produrla nel giudizio civile di separazione; la prima presuppone infatti che la produzione in giudizio della documentazione bancaria sia l’unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge-controparte, considerato che, ex art. 210 cod. proc. civ., il giudice, può, ad istanza di parte, ordinare all’altra parte o ad un terzo, l’esibizione di documenti di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo (Sez. 5, n. 35383 del 29/03/2011, S., Rv. 250925 – 01). Tali considerazioni valgono anche con riferimento all’udienza presidenziale, ben potendo il giudice acquisire tutte le necessarie informazioni per assumere i provvedimenti provvisori ed urgenti. E ciò senza dire che, nel caso di specie, per quanto emerge dalle risultanze della sentenza di merito, più che una maggiore consistenza reddituale della controparte, appare piuttosto emergere una pretesa restitutoria di dubbia attivabilità nel processo di separazione. Ma, a parte questa considerazione, resta il rilievo sopra ricordato della assoluta assenza di una necessità difensiva.
Argomentata in tal modo la decisione di infondatezza concernente il secondo motivo di ricorso, si rileva, quanto al tema, sviluppato in particolare nel primo motivo, dell’errore sul fatto, che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, oltre alla assoluta genericità della deduzione sviluppata nell’atto di appello, deve essere valorizzata la sua manifesta infondatezza. Anche l’errata interpretazione di una legge diversa da quella penale, cui fa riferimento l’art. 47, ultimo comma ,cod. pen., richiede, ai fini dell’esclusione della punibilità, la scusabilità dell’errore (Sez. 2, n. 43309 del 08/10/2015, COGNOME, Rv. 264978 01) che, nel caso di specie, tenuto conto dell’evidente violazione della riservatezza della corrispondenza pervenuta (e non casualmente la ricorrente ha provato a sostenere di averla trovata in casa già aperta), non trova alcun obiettivo fondamento.
La soccombenza nel rapporto civilistico comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese in favore della parte civile, che vengono liquidate, alla luce delle questioni trattate, come da dispositivo.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato
è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel
presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3700,00, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano
le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 del d. Igs. n. 196 de
2003.
Così deciso in Roma, il 24/10/2023
Il Consigliere estensore