Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5044 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 5044  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI SASSARI nel procedimento nei confronti di:
COGNOME NOME NOME a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/02/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
 Con ordinanza emessa in data 24 febbraio 2023 (proc. n. 2023/41 SIUS), il Tribunale di sorveglianza di Sassari accoglieva il reclamo presentato da NOME COGNOME, detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, avverso il provvedimento del 15 dicembre 2022 con il quale il Magistrato di sorveglianza di Sassari aveva disposto, ai sensi dell’art. 18-ter Ord. pen., il trattenimento di un telegramma indirizzato al reclamante da un mittente anonimo.
A ragione della decisione, osservava che il telegramma in questione doveva inserirsi nel contesto della conosciuta protesta pacifica del detenuto.
 Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Sassari, deducendo l’erronea applicazione della disciplina regolatrice, in riferimento agli artt. 18-ter e 41-bis Ord. pen., e il vizio della motivazione.
Si contesta, in ricorso, anzitutto l’interpretazione, fornita dal giudice a quo, dell’art. 18 della Circolare DAP del 2 ottobre 2017, n. 3676/2126, secondo la quale la previsione della diretta trasmissione della missiva in arrivo, priva di mittente, all’Autorità giudiziaria altro non significherebbe che quest’ultima debba effettuare una verifica caso per caso e decidere, necessariamente in base al contenuto, se disporne o meno l’inoltro della stessa al destinatario.
Secondo il Pubblico ministero ricorrente, tale interpretazione sarebbe errata, poiché proprio la circostanza di essere il mittente anonimo a rappresentare, in base alla menzionata circolare, un valido motivo di sospetto tanto da giustificare di per sé, senza neppure il controllo preliminare dell’ufficio censura, il trattenimento provvisorio.
Si aggiunge che la circostanza che la valutazione finale venga riservata al magistrato costituisce previsione coerente con i principi del nostro ordinamento in base ai quali l’ufficio di censura non potrebbe mai procedere a trattenimenti definitivi, poiché solo l’Autorità giudiziaria può imporre limiti alla libertà e segretez della corrispondenza.
In caso contrario, opina il Procuratore ricorrente, si aprirebbe un vulnus nel sistema, vanificando il regime dell’art. 41-bis, predisposto appositamente per il controllo dei contatti del detenuto con e dall’esterno al fine di evitare pericoli pe l’ordine e la sicurezza pubblica.
Ciò che rileva, dunque, per il trattenimento delle comunicazioni senza mittente non è il contenuto in sé della comunicazione, ma proprio l’anomalia rappresentata dalla mancata identificazione (cita, al riguardo, Sez. 1, n. 15624/2020).
Conclude il ricorrente criticando l’ordinanza impugnata anche sotto un altro aspetto, in quanto la mancata identificazione del mittente non consentirebbe di
contestualizzare appropriatamente il messaggio e di valutarne con correttezza l’eventuale pericolosità.
Il Procuratore generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, perciò, respinto.
Quanto al profilo in fatto, è utile sottolineare che – nel caso concreto – il soggetto mittente non è identificabile né è stato concretamente identificato, per l’assoluta carenza di indicazioni ulteriori e diverse rispetto al generico riferimento alle “compagne” e ai “compagni di RAGIONE_SOCIALE“.
Proprio tale dato oggettivo esteriore, caratterizzante la corrispondenza in arrivo, è stato considerato ostativo all’inoltro da parte del Magistrato di sorveglianza che aveva ordiNOME il trattenimento: la comunicazione, in quanto tale, è stata giudicata sospetta e, perciò, pericolosa.
Il Tribunale di sorveglianza ha, invece, ritenuto errata in ciritto l’affermazione del primo giudice, affermando che l’assenza del mittente costituisce, al più, una ragione di sospetto, tanto che l’art. 18 della Circolare DAP del 2 ottobre 2017 ne prevede l’inoltro al Magistrato di sorveglianza, il quale è chiamato a compiere una valutazione di fatto e di tipo “contenutistico” sulla pericolosità, ma non anche il divieto assoluto di consegna al destinatario.
 Tanto premesso, vale la pena di ricordare che la disciplina della corrispondenza dei detenuti è dettata dall’art. 18-ter, Ord. pen., come modificato dalla legge 8 aprile 2004, n. 95, e dall’art. 38, d.P.R. n. 230 del 2000 (Reg. esec. Ord. pen.), oltre che, sul piano amministrativo, dalla Circolare DAP n. 3676/2126 del 2 ottobre 2017.
La prima disposizione prevede, al comma 1, che per «esigenze attinenti le indagini o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza e di ordine dell’istituto» è possibile disporre limitazioni nella corrispondenza epistolare, sottoporla a visto di controllo, nonché controllarne il contenuto, aprendo l’eventuale involucro.
Il  comma 5 prevede che, qualora a seguito del visto di controllo, l’Autorità giudiziaria ritenga che la corrispondenza non debba essere consegnata al destinatario, ne dispone il trattenimento, informando immediatamente di ciò il detenuto.
Nonostante la disposizione normativa non specifichi le ipotesi in cui ciò possa avvenire, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il trattenimento può essere disposto solo qualora ricorrano i presupposti indicati dall’art. 18-ter, comma 1, Ord. pen. e, cioè, quando l’Autorità giudiziaria ritenga che sussista una situazione di pericolo concreto per le esigenze relative alle indagini o di prevenzione ei reati, di
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ordine e di sicurezza pubblica, che costituiscono i presupposti per l’adozione della prima forma di controllo.
3.1. Quanto ai detenuti sottoposti al regime speciale dell’ad, 41 -bis Ord. pen., la lett. e) del comma 2 -quater di tale disposizione prevede la sottoposizione al visto di censura di tutta la corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia.
La richiamata disposizione non indica quali siano le operazioni di controllo sulla corrispondenza e, in particolare, non descrive la disciplina del trattenimento della stessa; la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che ad essa si applichi la regolamentazione generale dettata dagli artt. 18 -ter Ord. pen. e 38 Reg. esec. ord. pen. e che, pertanto, tale trattenimento può essere disposto quando, dall’esame dei contenuti della corrispondenza, l’Autorità giudiziaria ritenga che sussista una situazione di pericolo concreto per le esigenze indicate dall’art. 18 -ter, comma 1, Ord. pen., della quale il giudice deve dare conto con una motivazione che indichi gli elementi concreti dai quali tale pericolo viene desunto (Sez. 1, n. 51187 del 17/5/2018, COGNOME, Rv. 274479; Sez. 1, n. 48365 del 21/11/2012, COGNOME, Rv. 253978).
3.2. Ulteriore limitazione, concernente la corrispondenza dei detenuti sottoposti a regime speciale, è dettata dall’art. 18 della citata Circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria 2 ottobre 2017, n. 3676/6126, recante disposizioni relative all’organizzazione del circuito detentivo speciale previsto dall’art. 41 -bis Ord. pen., il quale esclude la possibilità per i detenuti/internati di spedire corrispondenza che sia priva di indicazione del mittente.
Quanto alla corrispondenza in arrivo priva di mittente, la disposizione in parola stabilisce che la stessa non deve essere consegnata al detenuto/interNOME‘, ma deve essere direttamente inoltrata all’Autorità giudiziaria per le determinazioni di competenza.
3.3. Questo è il complesso di disposizioni che vengono in rilievo nel caso in esame.
Secondo la censura centrale formulata dal Procuratore generale ricorrente, che richiama anche Sez. 1, n. 15624 del 11/2/2020, COGNOME, non massimata, il carattere anonimo della missiva indirizzata al detenuto sottoposto al regime dell’art. 41 -bis Ord. pen. sarebbe di per sé sufficiente a disporne il trattenimento; il controllo demandato all’Autorità giudiziaria atterrebbe unicamente al carattere effettivamente anonimo dello scritto, il quale integrerebbe di per sé un elemento di pericolosità tale da disporre il definitivo trattenimento della corrispondenza.
4.1. L’interpretazione proposta dal Pubblico ministero ricorrente non è, però, pienamente aderente ai canoni ermeneutici fissati dalla giurisprLdenza di legittimità in tema di controllo della corrispondenza dei detenuti (recentemente, Sez. 1, n. 39497 del 7/7/2023, P.G. in proc. Cospito, non massimata).
4.2. Si è affermato che un’interpretazione costituzionalmeme orientata dell’art. 18-ter e dell’art. 41-bis ord. pen. – ma ciò vale ancor più per una disposizione di rango secondario quale l’art. 18 della Circolare n. 3676/6126 – ne impone una lettura tale da escludere che diritti primari di rango costituzionale, attinenti alla sfera priva e personalissima dell’individuo, possano essere sostanzialmente compressi o eliminati in via preventiva, generale e astratta, in ragione della mera appartenenza a una determinata tipologia di indagati o condannati e attraverso provvedimenti dell’amministrazione penitenziaria sui quali «l’autorità giudiziaria eserciti un controllo di legittimità che, privo di motivazione concreta e specifica, si riduce a vuoto simulacro di richiami normativi» (Sez. 5, n. 32452 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 277527).
In sostanza, il rispetto del diritto fondamentale sancito dall’art. 15 Cost. rende necessario assicurare che il controllo cui la libertà di corrispondenza è sottoposta, demandato all’Autorità giudiziaria, non sia meramente formale, ma consista in una valutazione sostanziale e concreta operata in relazione ai criteri indicati dalla legge ed alle caratteristiche del caso specifico. Tali criteri, in assenza di specifich indicazioni, non possono che essere individuati in quelli previsti dall’art. 18-ter ord. pen.
Infatti, le norme in tema di controllo, limitazione e trattenimento della corrispondenza dei detenuti, contenute nell’art. 18-ter Ord. pen,, incidono su diritti costituzionalmente protetti, con la conseguenza che la loro applicazione deve essere circoscritta entro i limiti rigorosi, stabiliti dalla legge, e deve essere supportata una congrua motivazione, che dia conto in modo puntuale delle ragioni per le quali la specifica comunicazione epistolare oggetto di trattenimento non debba essere consegnata al detenuto o inoltrata al relativo destinatario (Sez. 1, n. 31047 del 20/10/2020, Carpì, cit.).
Ciò vale anche con riguardo ai detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen., per i quali il sacrificio di interessi costituzionalmente protetti deve avvenir nel rispetto dei criteri che emergono dal coordinamento della disciplina dell’art. 18ter Ord. pen. sia con la previsione della lett. e) dell’art. 41-bis, comma 2, Ord. pen., che prevede espressamente la sottoposizione al visto di censura della corrispondenza per il soddisfacimento delle esigenze di ordine o di sicurezza pubblica e per impedire i collegamenti del detenuto con la organizzazione criminale, terrolstica o eversiva di appartenenza, sia con quella di cui alla lett. a) dello stesso articolo, finalizzata prevenire contatti e interazioni con altri detenuti appartenenti a organizzazioni criminali.
Conseguentemente, il trattenimento della corrispondenza deve essere giustificato in relazione a queste situazioni specifiche, da rinvenirsi in concreto (Sez. 1, n. 14870 del 04/3/2020, COGNOME, Rv. 279124; Sez. 1, n. 17799 del 27/3/2008, COGNOME, Rv. 239850).
Diversamente, il vaglio dell’Autorità giudiziaria si ridurrebbe ad un controllo meramente formale, in contrasto con l’art. 15 Cost., il quale, nel prevedere che le limitazioni della libertà di corrispondenza avvengano con atto motivato, richiede la verifica sostanziale ed in concreto delle ragioni che le giustificano.
4.3. Ciò comporta che, nel caso di corrispondenza anonima in ingresso, il giudice non può limitarsi a constatare che la missiva risulta priva di mittente, ma è tenuto a valutare se tale dato, che costituisce un indice di sospetto di pericolosità della missiva, costituisca effettivamente, alla luce del contenuto e del contesto entro il quale si svolge la corrispondenza, un pericolo per le esigenze attinenti alle indagini, alle esigenze investigative, di prevenzione dei reati oppure per l’ordine e la sicurezza dell’istituto, le quali meritano particolare attenzione e tutela.
Tale valutazione – è bene precisare – deve essere operata, non già in relazione ad elementi estrinseci rispetto al contenuto della missiva, quale ad esempio la pericolosità del mittente, ovvero il numero elevato e la frequenza delle comunicazioni (Sez. 1 n. 14870 del 4/03/2020, Rv. 279124; Sez. 1, n. 31047 del 20/10/2020, Carpi, Rv. 279762), bensì in considerazione del contenuto dello scritto, dal quale possa desumersi, ad esempio, che sia occultato un messaggio criptico o che esso consenta una forma vietata di contatto con ambienti esterni all’istituto penitenziario, in violazione delle specifiche previsioni relative al regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen., nonché dal contesto, complessivamente considerato, nel quale si inserisce la corrispondenza.
In presenza di una corrispondenza anonima, vi sono altri elementi, oltre al tenore criptico della missiva, che il giudice di merito è chiamato a considerare, soprattutto, in riferimento allo specifico profilo criminale del destinatario. Rivestono particolare rilievo, ad esempio, l’uso di irregolari modalità di trasmissione come nel caso di una missiva inviata per conto o anche a nome di altri; l’assenza del mittente: mentre la cartolina postale è per natura priva dell’indicazione del mittente, una lettera raccomandata, un telegramma e una lettera ordinaria devono, di norma, riportare l’indicazione del mittente; l’indicazione di un mittente inesistente, incompleto, di fantasia o simbolico, nonché con un indirizzo inesistente o incompleto, nonché la specifica finalità, desumibile dal contenuto oggettivo della missiva, perseguita dal mittente di celare la propria identità, non solo al destinatario, ma soprattutto agli organi di vigilanza.
Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto: «il carattere anonimo della missiva indirizzata al detenuto, sottoposto al regime differenziato previsto dall’art. 41-bis I. n. 354 del 1975, costituisce un indice di sospetto della pericolosità della corrispondenza da sottoporre al trattenimento previsto dagli artt. 18-ter, 41-bis, comma 2, I. n. 354 del 1975 e 18 della circolare DAP n. 3676/6126, in ragione della finalità del mittente di celare la propria identità, non tanto al destinatario, quanto ag organi di vigilanza, che tuttavia non esonera il giudice dal valutare l’effettiva
NOME.
pericolosità dello scritto alla luce del contenuto, del contesto comunicativo, del profilo del destinatario e delle modalità di trasmissione».
Alla luce dell’appena enunciato principio, deve, anzitutto, ritenersi infondata la censura di violazione di legge denunciata dal ricorrente, che fa leva esclusivamente sulla natura anonima del mittente e che implica un obbligo di automatico trattenimento da parte dell’Autorità giudiziaria, non consentito nemmeno dalle previsioni dell’art. 18 della circolare DAP n. 3676/6126 del 2017, che vieta la spedizione dei soli scritti anonimi dei detenuti, non l’inoltro di quelli in arrivo l destinati.
Va, parimenti, ritenuto infondato il dedotto vizio di motivazione.
5.1. L’ordinanza impugnata ha, infatti, correttamente affermato che l’assenza del mittente non costituisce elemento di per sé determinante per disporre il trattenimento definitivo della corrispondenza, e ha escluso il pericolo per l’ordine e la sicurezza dell’istituto sulla base di una non illogica motivazione, basata sulla considerazione che il testo del telegramma anonimo conteneva delle semplici espressioni di umana vicinanza e solidarietà in un contesto temporale in cui il detenuto persisteva nello sciopero della fame.
Il ricorso va, in conclusione, rigettato.
P.Q.M.
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 12 ottobre 2023, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presitente