Corrispondenza 41-bis: La Cassazione sul Sequestro di Lettere Ambigue
Il controllo sulla corrispondenza 41-bis rappresenta un punto cruciale nell’equilibrio tra i diritti fondamentali del detenuto e le esigenze di sicurezza pubblica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito la legittimità del sequestro di una lettera indirizzata a un detenuto in regime speciale, basandosi sulla semplice presenza di contenuti ambigui e di dubbia finalità. Questa decisione consolida un indirizzo giurisprudenziale rigoroso, volto a prevenire ogni possibile canale di comunicazione tra i vertici delle organizzazioni criminali e l’esterno.
Il Caso: Il Reclamo del Detenuto contro il Sequestro della Posta
La vicenda trae origine dal reclamo di un detenuto, sottoposto al regime carcerario differenziato previsto dall’art. 41-bis dell’Ordinamento Penitenziario, contro la decisione del Magistrato di Sorveglianza di trattenere una missiva a lui indirizzata. Il Tribunale di Sorveglianza aveva confermato il provvedimento, ritenendolo legittimo in considerazione della presenza, nel testo, di “frasi ambigue, prive di conseguenzialità logica e con riferimenti a terze persone”, oltre a documentazione allegata di “dubbia finalità”.
Il detenuto ha quindi proposto ricorso per Cassazione, contestando la valutazione del Tribunale e sostenendo l’illegittimità del sequestro.
I Criteri per il Controllo sulla Corrispondenza 41-bis
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che le finalità del trattenimento della corrispondenza, disciplinate dall’art. 18-ter Ord. pen., sono notevolmente ampliate quando si applicano a soggetti in regime di 41-bis. L’articolo 41-bis, infatti, mira a recidere ogni legame del detenuto con l’associazione criminale di appartenenza.
Questo obiettivo comporta un “affievolimento delle facoltà di comunicazione”, pienamente giustificato dalla particolare pericolosità sociale del soggetto. Pertanto, il controllo sulla posta non è limitato alla ricerca di prove di reato, ma si estende alla prevenzione di qualsiasi messaggio, anche velato, che possa servire a mantenere vivi i contatti con l’esterno.
L’Interpretazione delle Comunicazioni Sospette
Un punto fondamentale sottolineato dalla Corte, in linea con la precedente giurisprudenza (Sez. I n. 9689 del 12.2.2014), è che non è necessario dimostrare che la missiva contenga ordini di commettere reati o messaggi espliciti. È sufficiente che vi siano “elementi concreti” che inducano a “ragionevolmente dubitare” che il contenuto apparente della lettera nasconda un messaggio diverso, finalizzato a soddisfare le esigenze di comunicazione dell’organizzazione criminale.
Nel caso di specie, le frasi ambigue e la mancanza di logica erano state correttamente interpretate dal Tribunale di Sorveglianza come indizi sufficienti a giustificare il timore di una comunicazione criptica. L’interpretazione del merito di tali passaggi, se non palesemente irragionevole, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le motivazioni
La Suprema Corte ha motivato la propria decisione evidenziando diversi punti. In primo luogo, il ricorso del detenuto è stato ritenuto generico, in quanto non si confrontava specificamente con le argomentazioni sviluppate dal Tribunale di Sorveglianza. In secondo luogo, le questioni giuridiche sollevate erano in contrasto con l’orientamento consolidato della giurisprudenza in materia di controllo sulla corrispondenza 41-bis. Infine, l’interpretazione dei passaggi della lettera fornita dal giudice di merito è stata considerata non irragionevole e, come tale, non censurabile dalla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e non riesaminare i fatti.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza la linea di rigore nel controllo delle comunicazioni dei detenuti in regime speciale. La decisione conferma che il principio di precauzione prevale: di fronte a qualsiasi elemento di ambiguità che possa far sospettare un tentativo di eludere la sorveglianza, l’autorità giudiziaria è legittimata a intervenire trattenendo la corrispondenza. Questa pronuncia offre un’ulteriore, chiara indicazione ai Tribunali di Sorveglianza su come bilanciare il diritto alla corrispondenza con le imperanti esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
Quando è legittimo sequestrare la corrispondenza di un detenuto in regime 41-bis?
È legittimo quando la missiva contiene elementi concreti, come frasi ambigue o illogiche, che facciano ragionevolmente dubitare che il suo contenuto effettivo sia diverso da quello apparente e finalizzato a trasmettere messaggi legati all’organizzazione criminale.
È necessario che una lettera contenga ordini criminali espliciti per essere sequestrata?
No, non è necessario. La giurisprudenza ha chiarito che per i detenuti in regime 41-bis è sufficiente il fondato sospetto che la lettera sia un veicolo per comunicazioni illecite, anche se non contiene istruzioni criminali esplicite.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile in questo contesto?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri l’assenza di colpa nel proporre il ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 586 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 586 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 30/09/1963
avverso l’ordinanza del 08/06/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato , infatti, che si tratta di impugnazione relativa a profili adeguatamente vagliati e disattesi da parte del Tribunale di sorveglianza di Perugia che ha evidenziato, nel respingere il reclamo del detenuto, la legittimità del provvedimento di trattenimento della corrispondenza disposto dal Magistrato di sorveglianza in considerazione dei contenuti della missiva inviata al COGNOME, essendo presenti in essa frasi ambigue, prive di conseguenzialità logica e con riferimenti a terze persone , oltre alla documentazione allegata che appariva di dubbia finalità;
Considerato, inoltre, che il ricorrente non si confronta in modo specifico con le argomentazioni sviluppate dal Tribunale di sorveglianza per rigettare il reclamo;
Ritenuto, inoltre, che con il ricorso vengono proposte questioni giuridiche in contrasto con l’indirizzo giurisprudenziale formatosi in materia poiché le finalità del trattenimento di corrispondenza – di cui all’art. 18-ter Ord. pen. – sono senza dubbio ampliate in considerazione della espressa previsione contenuta nell’art. 41bis, comma 2-quater lettera e), che realizza un affievolimento delle facoltà di comunicazione pienamente giustificato dalla condizione di particolare pericolosità soggettiva di cui è portatore il singolo soggetto sottoposto al regime differenziato, il che rende costituzionalmente legittima la citata normativa;
Ritenuto, poi, che questa Corte, inoltre, ha più volte ribadito che, ai fini dell limitazione del diritto alla corrispondenza dei detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen. non è necessario dimostrare che la missiva ordini la commissione di reati o contenga espliciti messaggi rivolti ad altri partecipi della organizzazione, ma è sufficiente che elementi concreti facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura e temere che con essa si sia inteso trasmettere un messaggio che abbia a che fare con le ‘esigenze’ indicate dal citato art. 1.8-ter (in tal senso Sez. I n. 9689 del 12.2.2014);
Considerato, quindi, che la motivazione del provvedimento impugnato rispetta tale finalità, atteso che l’interpretazione dei passaggi espressivi fornita dal Tribunale di sorveglianza non è irragionevole e non è sindacabile nella presente sede di legittimità;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, c conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cas delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in Roma il 7 dicembre 2023.