Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10918 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10918 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI
COGNOME
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a CAPIZZI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a CAPIZZI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/07/2023 del GIP TRIBUNALE di COGNOME udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/.srrrtTre le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta ricorre avverso l’ordinanza del 10 luglio 2023 del G.i.p. del Tribunale di Caltanissetta che, quale giudice dell’esecuzione, ha disposto la correzione materiale della sentenza del 15 dicembre 2022, divenuta definitiva, con la quale COGNOME NOME e COGNOME NOME erano stati condannati ex art. 444 cod. proc. pen.; in particolare, il giudice dell’esecuzione ha inserito nella parte del dispositivo, prima delle parole «ritenuta la continuazione», l’inciso «riqualificati nell’ipotesi di cui primo comma dell’art. 629 c.p.».
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che l’accordo di applicazione della pena su richiesta delle parti prevedeva la riqualificazione delle fattispecie estorsive accertate, in capo a entrambi i condannati, con riferimento ai capi di imputazione b) e c), e, in capo al solo COGNOME NOME e nella forma tentata, con riferimento al capo di imputazione d), con l’esclusione – in tutti i casi – della circostanza aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen. e delle circostanze aggravanti conseguenziali.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli all’art. 629, secondo comma, cod. pen., perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di considerare che il richiamo di cui all’art. 629, secondo comma, cod. pen. non fa riferimento al quinto comma dell’art. 628 cod. pen., ma al suo secondo comma, che rappresentava l’ultimo capoverso al momento dell’emanazione del codice penale.
Secondo il ricorrente, quindi, posto che il rinvio operato dall’art. 629, secondo comma, cod. pen. deve intendersi riferito all’intero terzo comma dell’art. 628 cod. pen., ne consegue che, el caso di specie, essendo stata contestata la circostanza aggravante delle più persone riunite (contemplata dall’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen.), la condanna doveva ritenersi pronunciata per il reato di estorsione aggravata, a nulla rilevando che tale circostanza aggravante fosse stata, poi, ritenuta equivalente o sub-valente nel giudizio di bilanciamento con le ritenute circostanze attenuanti.
Secondo il ricorrente, inoltre, non era condivisibile l’inciso, contenuto dell’ordinanza impugnata, secondo cui l’aggravante delle più persone riunite avrebbe assunto rilevanza sensi dell’art. 112 cod, pen., posto che la circostanza aggravante di cui all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen. sarebbe speciale
rispetto alla predetta circostanza e che la medesima circostanza di cui all’art. 112 cod. pen. non era stata contestata, neanche implicitamente.
COGNOME NOME e COGNOME NOME, con memoria del 30 dicembre 2023, chiedono il rigetto del ricorso, evidenziando che, nell’istituto della pena su richiesta delle parti, il giudice della cognizione può decidere di accogliere l’accordo proposto oppure rigettarlo, ma non anche modificarlo.
In tal senso, gli stessi depositano il dispositivo di rigetto adottato dalla Corte di cassazione nel procedimento R.G. n. 21058/2023 relativo alla medesima vicenda nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il ricorrente, infatti, non tiene conto del fatto che, dalla lettura del verbale udienza del procedimento di cognizione, si evinceva che l’accordo raggiunto dalle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. avesse espressamente ad oggetto, oltre alla determinazione della pena, anche la riqualificazione di entrambi gli episodi estorsivi ai sensi del primo comma dell’art. 629 cod. pen.
Pertanto, il giudice dell’esecuzione, inserendo l’inciso «riqualificati nell’ipotes di cui al primo comma dell’art. 629 cod. pen.», non ha modificato un capo essenziale della decisione, frutto della valutazione discrezionale del giudice, effetto che sarebbe stato precluso al provvedimento emesso ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., ma ha emendato un errore materiale, ponendo rimedio alla divergenza tra dispositivo della sentenza di patteggiamento e verbale di udienza.
D’altronde, il giudice cui sia stato proposto accordo delle parti sulla pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. non ha alternativa tra accogliere la richiesta così come gli è stata proposta, ovvero disattenderla e procedere oltre, non avendo alcun potere discrezionale sulla misura della pena.
Pertanto, qualora le parti, in sede di accordo, abbiano dato una qualificazione giuridica diversa da quella formante oggetto dell’imputazione in origine contestata, il giudice della cognizione ha l’obbligo di verificarne la correttezza, come avvenuto nel caso di specie.
In forza di quanto sopra, ne deriva che !a sentenza di applicazione della pena e il suo dispositivo devono essere conformi alla pena e all’eventuale nuova qualificazione giuridica concordata dalle parti, così come cristallizzata dalla verbalizzazione resa dal cancelliere d’udienza.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve rigettare il ricorso.
Rigetta il ricorso. Così deciso 11 17/01/2024